ORDINANZA N.453
ANNO 1988
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
Prof. Francesco SAJA Presidente
Prof. Giovanni CONSO
Prof. Ettore GALLO
Dott. Aldo CORASANITI
Prof. Giuseppe BORZELLINO
Dott. Francesco GRECO
Prof. Renato DELL'ANDRO
Prof. Gabriele PESCATORE
Avv. Ugo SPAGNOLI
Prof. Francesco Paolo CASAVOLA
Prof. Antonio BALDASSARRE
Prof. Vincenzo CAIANIELLO
Avv. Mauro FERRI
Prof. Luigi MENGONI
Prof. Enzo CHELI
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nei giudizi di legittimità costituzionale dell'art. 217, secondo comma, del r.d. 16 marzo 1942, n. 267 (Disciplina del fallimento, del concordato preventivo, dell'amministrazione controllata e della liquidazione coatta amministrativa) promossi con ordinanze emesse il 6 giugno 1984 ed il 28 novembre 1984 dal Pretore di Fermo, iscritte rispettivamente ai nn. 785 e 784 del registro ordinanze 1985 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 10/1a s.s. dell'anno 1986.
Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 16 dicembre 1987 il Giudice relatore Renato Dell'Andro.
Ritenuto che il Pretore di Fermo, con ordinanze del 6 giugno e del 28 novembre 1984, ha sollevato questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 24 e 25, secondo comma, Cost., dell'art. 217, secondo comma, del r.d. 16 marzo 1942, n. 267 (Disciplina del fallimento, del concordato preventivo, dell'amministrazione controllata e della liquidazione coatta amministrativa) nella parte in cui punisce l'imprenditore fallito che ha tenuto le scritture contabili <in maniera irregolare>, sotto il profilo che tale generica dizione non permetterebbe al giudice di stabilire di quale irregolarità si tratti (se di fatto o normativa) e quali norme dell'ordinamento vadano richiamate e pertanto non permetterebbe di qualificare legislativamente la tipicità dei fatti che concretano l'elemento materiale e normativo della fattispecie;
che nei giudizi é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri chiedendo che le questioni siano dichiarate infondate.
Considerato che, per l'identità delle questioni, i giudizi possono essere riuniti;
che é giurisprudenza costante di questa Corte, in tema di reati a forma libera, che il principio di legalità non é violato quando il legislatore, per l'individuazione del fatto-reato, ricorre a concetti extragiuridici diffusi e generalmente compresi nella collettività nella quale il giudice opera (cfr. sentt. n. 42 del 1972, n. 191 del 1970, n. 49 del 1980, ordd. nn. 159, 169 e 194 del 1983, ord. n. 5 del 1984);
che nella specie, inoltre, poichè la norma fa riferimento agli obblighi imposti all'imprenditore dal codice civile, e in particolare dagli artt. 2214 e segg., il legislatore é in realtà ricorso a concetti giuridici tali da porre l'obbligato nella con dizione di conoscere il divieto che forma oggetto della norma incriminatrice, così che la fattispecie non é indeterminata ed anzi il fatto reato risulta individuato con precisione;
che, pertanto, la questione va dichiarata manifestamente infondata.
Visti gli artt. 26, secondo comma, legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9 delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi,
dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 217, secondo comma, del r.d. 16 marzo 1942, n. 267 (Disciplina del fallimento, del concordato preventivo, dell'amministrazione controllata e della liquidazione coatta amministrativa) sollevata, in riferimento agli artt. 24 e 25, secondo comma, Cost., dal Pretore di Fermo con le ordinanze indicate in epigrafe.
Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 25/03/88.
Francesco SAJA, PRESIDENTE
Renato DELL'ANDRO, REDATTORE
Depositata in cancelleria il 14 Aprile 1988.