SENTENZA N. 256
ANNO 1987
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici
Prof. Virgilio ANDRIOLI , Presidente
Dott. Francesco SAJA
Prof. Giovanni CONSO
Prof. Ettore GALLO
Prof. Aldo CORASANITI
Prof. Giuseppe BORZELLINO
Dott. Francesco GRECO
Prof. Gabriele PESCATORE
Avv. Ugo SPAGNOLI
Prof. Francesco P. CASAVOLA
Prof. Antonio BALDASSARRE
Prof. Vincenzo CAIANIELLO
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi di legittimità costituzionale dell'art. 20, lettera b, della legge 28 febbraio 1985, n. 47, (Norme in materia di controllo dell'attività urbanistico-edilizia, sanzioni, recupero e sanatoria delle opere edilizie) promossi con sei ordinanze emesse rispettivamente il 21 febbraio, 9 aprile, 28 maggio, 1 luglio, 22 settembre 1986 e 22 gennaio 1987 dal pretore di Teano nei procedimenti penali a carico di Nigro Nicola, D'Arezzo Angela, Raimo Bernardo, Della Torre Francesco ed altra, Zarone Annina e Di Nuzzo Federico ed altra, iscritte ai nn. 448, 449, 548 e 706 del registro ordinanze 1986 e nn. 50 e 87 del 1987, pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 44, 49, 58 della 1ø serie speciale dell'anno 1986 e nn. 13 e 14 della 1ø serie speciale dell'anno 1987.
Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
Udito nell'udienza pubblica del 3 giugno 1987 il Giudice relatore Aldo Corasaniti;
Udito l'Avvocato dello Stato Aldo Linguiti per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
1. Nel corso di un procedimento penale contro tale Nigro Nicola, imputato dei reati di cui all'art. 20, lett. b), legge 28 febbraio 1985, n. 47, per aver realizzato senza concessione edilizia un vano adibito a deposito del volume di mc. 37, 22, e agli artt. 17 e 20, legge 2 febbraio 1974, n. 64, come modificati dall'art. 20, legge 10 dicembre 1981, n. 741 e dalla legge reg. 7 gennaio 1983, n. 9, per aver realizzato il suddetto vano senza aver depositato il relativo progetto all'Ufficio del Genio civile ai fini antisismici, il Pretore di Teano, su richiesta di parte, ha sollevato, con ordinanza emessa il 21 febbraio 1986 (R.O. n. 448 del 1986), questione di legittimità costituzionale, in relazione all'art. 3 Cost., dell'art. 20, lett. b), legge 28 febbraio 1985, n. 47.
Nel caso di specie il deposito costruito dall'imputato, tenuto conto del volume della preesistente abitazione dell'imputato, alla quale il manufatto accede, e della superficie a disposizione, non avrebbe potuto essere realizzato perché eccedente l'indice di edificabilità della zona. L'imputato, chiesto il dissequestro al solo fine di demolire il manufatto in ottemperanza all'ordinanza sindacale, ha effettivamente demolito la piccola costruzione per la quale non poteva avere la concessione in sanatoria prevista dall'art. 13, legge n. 47 del 1985.
Secondo l'autorità rimettente, l'art. 20, lett. b), legge n. 47 del 1985, sicuramente rilevante nel procedimento in quanto rappresenta la norma incriminatrice in base alla quale dovrà essere valutata la responsabilità dell'imputato e determinata la pena da infliggere, fissando una pena minima edittale di giorni 5 di arresto e lire 10.000.000 di ammenda, viola l'art. 3 Cost. sotto due distinti profili.
2. Quanto ad un primo profilo, osserva il Pretore che la fissazione di un elevato minimo edittale per la pena pecuniaria (Lire 10.000.000), in un sistema che in via generale pone parametri diversi (cfr.art.26 c.p.),risulta incongrua rispetto a violazioni di scarso rilievo e rende sostanzialmente impossibile graduare la pena in relazione alla gravità dei fatti.
Infatti, anche a considerare la possibilità di concedere le attenuanti generiche, non si può scendere al di sotto dell'importo di lire 6.666.667 (pari, in sede di conversione, a 267 giorni di libertà controllata): rispetto all'intrinseca gravità del fatto da giudicare, tale importo appare completamente sproporzionato, sia in assoluto (riguardo al minimo valore del manufatto per cui si procede), sia con riferimento al quadro dei valori sanzionatori che si trae dall'esame dell'entità delle pene pecuniarie in genere comminate dal nostro ordinamento penale e specialmente da norme di natura affine a quella in esame (v., ad es., art. 20, legge n. 64 del 1974 che, in materia di non minor rilievo per la salvaguardia del territorio, pone un minimo edittale di lire 400.000).
Così disponendo, il legislatore ha imposto un medesimo trattamento penale a situazioni obiettivamente diverse, quali quelle dello speculatore edilizio che edifichi illegittimamente migliaia di mc. di volume, e quella del privato che edifichi, a fini familiari, manufatti di modesta entità.
3. Quanto al secondo profilo, ritiene il Pretore che illegittimamente l'art. 20, lett. b), abbia parificato, quanto al trattamento sanzionatorio previsto, la situazione di colui che, avendo costruito illegittimamente, ottemperi spontaneamente alla diffida a demolire pronunziata dal Sindaco, così ripristinando l'ordine giuridico e ritornando al rispetto del territorio, a quella di colui che invece non ottemperi all'ordine di demolizione.
Pur avendo presente il rischio che simile profilo potrebbe apparire teso ad ottenere una inammissibile sentenza additiva (previsione di una attenuante o dell'estinzione del reato per chi prima del giudizio elimini il fabbricato illegittimamente realizzato), ritiene l'autorità remittente che il fatto di non poter scendere, anche in presenza dello spontaneo e tempestivo ripristino dei luoghi, al di sotto della pena pecuniaria di lire 6.666.667 (e ciò nonostante la presenza dell'art. 133, comma secondo, c.p., che permette di prendere in considerazione, ai fini della determinazione della pena, il comportamento del reo in epoca successiva alla consumazione del reato), costituisce circostanza che ulteriormente dimostra come il minimo edittale previsto dall'art. 20, lett. b), legge n. 47 del 1985, risulti eccessivo, irrazionale e tale da imporre l'uniforme trattamento di situazioni oggettivamente differenziate, il cui diverso grado di gravità deve trovare riscontro in una adeguata graduazione della pena.
4. Nel giudizio così instaurato, si é costituito, a mezzo dell'Avvocatura dello Stato, il Presidente del Consiglio dei ministri, chiedendo che la questione di legittimità costituzionale dell'art. 20, lett. b), legge n. 47 del 1985, venga dichiarata infondata, sia perché la questione é diretta ad incidere sulla misura della pena pecuniaria edittale, vale a dire su una determinazione riservata alla discrezionalità del legislatore (ed il richiesto intervento manipolativo della Corte impingerebbe sul principio di riserva assoluta di legge in materia penale stabilito dall'art. 25, comma secondo, Cost.), sia perché la gravità della sanzione edittale minimale non contrasta con il principio di ragionevolezza, in quanto la valutazione dell'entità della pena é correlabile alla nota situazione di degrado urbanistico, cui, in via transitoria, ha inteso porre rimedio il provvedimento di condono, previsto nella legge n. 47 del 1985.
5. La medesima autorità, con ordinanza emessa il 28 maggio 1986 (R. O. n. 548 del 1986), ha sollevato d'ufficio la medesima questione (v. nn. 1, 2 e 3) nel procedimento penale contro tale Raimo Bernardo, imputato dei medesimi reati per una costruzione illegittima, per la quale non poteva essere ottenuta la concessione in sanatoria prevista dall'art. 13 della legge n. 47 del 1985. Anche nel caso di specie, l'imputato aveva spontaneamente ottemperato all'ordinanza sindacale di demolizione.
6. Medesima questione é stata altresì sollevata d'ufficio dalla medesima autorità con ordinanza emessa il 9 aprile 1986 (R.O. n. 449 del 1986) nel procedimento penale a carico di tale D'Arezzo Angela, relativo alla violazione dell'art. 20, lett. b), legge n. 47 del 1985, per aver realizzato senza concessione edilizia ed in contrasto con le norme del P.R.G. un bagno del volume di mc. 7 circa al servizio della propria abitazione; con ordinanza emessa il primo luglio 1986 (R.O. n. 706 del 1986) nel procedimento penale a carico di tale Della Torre Francesco e tale Paolisso Antonietta; con ordinanza emessa il 22 settembre 1986 (R. O. n. 50 del 1987) nel procedimento penale a carico di tale Zarone Annina; con ordinanza emessa il 22 gennaio 1987 (R. O. n. 87 del 1987) nel procedimento penale a carico di tale Di Nuzzo Federico e tale Palumbo Lucia (in tutti questi casi non era applicabile il più elastico regime autorizzatorio previsto - a condizione del rispetto degli strumenti urbanistici vigenti - dall'art. 7, d. l. n. 9 del 1982, convertito con legge n. 94 del 1982).
In questi quattro procedimenti, mancando l'ordine di demolizione e/o il relativo spontaneo adempimento, l'autorità remittente contesta la legittimità costituzionale dell'art. 20, lett. b), della legge n. 47 del 1985, sotto il solo profilo riportato sopra sub n. 2.
7. Nei procedimenti di cui ai nn. 5 e 6 si é costituito, a mezzo dell'Avvocatura dello Stato, il Presidente del Consiglio dei ministri, concludendo - sulla base delle argomentazioni riportate al n. 4 - per l'infondatezza della questione.
Considerato in diritto
1. Le sei ordinanze di rimessione presentano identità di oggetto, sicché i relativi giudizi possono essere riuniti e decisi con un'unica sentenza.
2. É impugnato l'art. 20, lett. b), della legge 28 febbraio 1985, n. 47, che sanziona con l'arresto fino a due anni e l'ammenda da Lire 10.000.000 a Lire 100.000.000 l'esecuzione di lavori in totale difformità o assenza della concessione e la prosecuzione degli stessi nonostante l'ordine di sospensione.
A giudizio dell'autorità remittente, la disposizione impugnata, prevedendo un minimo edittale pecuniario eccessivamente elevato, violerebbe l'art. 3 Cost., sotto due distinti profili: a) perché, risultando il minimo incongruo rispetto a violazioni di scarso rilievo, sarebbe sostanzialmente impossibile graduare la pena in relazione alla gravità dei fatti e si equiparerebbero situazioni obiettivamente diverse; b) perché sarebbero equiparate le situazioni, obiettivamente diverse, di colui che, avendo costruito illegittimamente, abbia poi ottemperato alla diffida a demolire pronunziata dal sindaco, e di colui che invece non ottemperi all'ordine di demolizione (profilo, questo secondo, prospettato con le ordinanze nn. 448 e 548 del 1986, relativamente alle fattispecie da esse considerate).
3. La questione non é fondata.
La giurisprudenza di questa Corte é costante nel ritenere che la configurazione delle fattispecie criminose e le valutazioni in ordine alla congruità delle pene sono censurabili in sede di giudizio di legittimità costituzionale solo nel caso di irragionevolezza delle previsioni normative di tal misura da condurre a sperequazioni palesemente inique (cfr. da ultime sent. n. 132 del 1986; ord. n. 84 del 1984).
La determinazione di un elevato minimo edittale é, nel caso in questione, chiaramente giustificata dall'esigenza, correlata all'intento perseguito dal legislatore di predisporre strumenti che garantiscano il controllo dell'uso del territorio, di assicurare mediante l'inasprimento del regime sanzionatorio l'effettività degli strumenti stessi ( per una simile valutazione - in diversa materia v. sent. n. 45 del 1970): l'inasprimento (sia rispetto alla legge 28 febbraio 1977, n. 10, sia rispetto al dato normativo offerto dalla legge 2 febbraio 1974, n. 64) va collegato - oltre che alla notoria diminuzione di potere d'acquisto della moneta nei periodi di tempo intercorsi - all'accrescimento di sensibilità del legislatore verso i fenomeni di degrado urbanistico.
Giova in proposito ricordare che la normativa impugnata si inserisce in un orientamento legislativo di maggior rigore verso gli illeciti urbanistici ed edilizi: così il d.P.R. 16 dicembre 1986, n. 865 esclude l'applicazione dell'amnistia a tutti i reati urbanistici ed edilizi, anche quelli meno gravi, modificando il precedente orientamento, in cui agli illeciti meno gravi veniva riservato un trattamento di maggior favore (cfr., da ultimo, il d.P.R. 4 agosto 1978, n. 413).
4. Per quanto riguarda, infine, i singoli profili messi in evidenza nelle ordinanze di rimessione, é sufficiente sottolineare, da un lato, che la previsione di un minimo e di un massimo edittale, tra loro ampiamente distanziati, permette di graduare ex art. 133 c.p. la sanzione secondo la gravità del reato, fermo rimanendo un elevato minimo di pena, che esprime l'oggettiva gravità dell'illecito, quale che ne sia la concreta dimensione quantitativa; dall'altro (relativamente ai casi oggetto delle ordinanze n. 448 e n. 548 del 1986) che la eventuale spontanea ottemperanza all'ordinanza sindacale di demolizione può essere valutata - come peraltro ha rilevato l'autorità remittente - ai fini dell'applicazione delle attenuanti generiche, così restando ampliata l'area delle sanzioni applicabili.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi;
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 20, lett. b), della legge 28 febbraio 1985, n. 47, (Norme in materia di controllo dell'attività urbanistico-edilizia, sanzioni, recupero e sanatoria delle opere edilizie) sollevata, in riferimento all'art. 3 Cost., dal Pretore di Teano con le ordinanze indicate in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 2 luglio 1987.
Il Presidente: ANDRIOLI
Il Redattore: CORASANITI
Depositata in cancelleria il 13 luglio 1987.
Il direttore della cancelleria: MINELLI