Sentenza n.26 del 1987

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SENTENZA N. 26

ANNO 1987

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici

Prof. Antonio LA PERGOLA, Presidente

Prof. Virgilio ANDRIOLI

Prof. Giuseppe FERRARI

Dott. Francesco SAJA

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Prof. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco P. CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di ammissibilità, ai sensi dell'art. 2, primo comma, della legge costituzionale 11 marzo 1953, n. 1, della richiesta di referendum popolare per l'abrogazione degli articoli 55, 56 e 74 del codice di procedura civile, approvato con regio decreto 28 ottobre 1940, n. 1443, iscritta al n. 34 del registro referendum;

Vista l'ordinanza 15 dicembre 1986, con la quale l'Ufficio centrale per il referendum presso la Corte di cassazione ha dichiarato la legittimità della suddetta richiesta;

Udito nella camera di consiglio del 14 gennaio 1987 il Giudice relatore Giovanni Conso;

Udito l'avv. Mauro Mellini per il Comitato promotore;

Ritenuto in fatto

1. - L'Ufficio centrale per il referendum costituito presso la Corte di cassazione, ha esaminato, in applicazione della legge 25 maggio 1970, n. 352, e successive modificazioni, la richiesta di referendum popolare presentata il 13 marzo 1986 da Biondi Alfredo ed altri 22 cittadini italiani, sul seguente quesito: "Volete voi l'abrogazione degli articoli 55, 56 e 74 del codice di procedura civile approvato con regio decreto 28 ottobre 1940, n. 1443?".

2. - Con ordinanza depositata il 15 dicembre 1986, l'Ufficio Centrale ha dato atto che la richiesta é stata preceduta dall'attività di promozione conforme ai requisiti di legge, che é stata presentata da soggetti legittimati, che il deposito é avvenuto nel termine di tre mesi dalla vidimazione dei fogli, che la richiesta di abrogazione delle norme su indicate é stata regolarmente formulata e trascritta nella facciata contenente le firme di ciascun foglio, che il numero definitivo delle sottoscrizioni regolari supera quello di 500.000 voluto dalla Costituzione; e, considerato che é indubbio il carattere legislativo dell'atto normativo sottoposto a referendum e che al riguardo non sono intervenuti atti di abrogazione, né pronunce di illegittimità costituzionale, ha dichiarato legittima la richiesta anzidetta.

3. - Ricevuta comunicazione dell'ordinanza dell'Ufficio centrale, il Presidente di questa Corte ha fissato per la conseguenziale deliberazione il giorno 14 gennaio 1987, dandone comunicazione ai presentatori della richiesta ed al Presidente del Consiglio dei ministri, ai sensi dell'art. 33, secondo comma, della legge n. 352 del 1970.

Con memoria presentata l'8 gennaio 1987, il Comitato promotore ha svolto considerazioni a sostegno dell'ammissibilità della richiesta.

Nella camera di consiglio del 14 gennaio 1987, é stato udito l'avv. Mauro Mellini per il Comitato promotore, il quale ha insistito per l'ammissibilità del proposto referendum.

Considerato in diritto

1. - La richiesta di referendum abrogativo, dichiarata legittima con ordinanza del 15 dicembre 1986 dall'Ufficio centrale per il referendum costituito presso la Corte di cassazione, ha per oggetto gli artt. 55, 56 e 74 del codice di procedura civile, approvato con regio decreto 28 ottobre 1940, n. 1443. Fra essi, l'art. 55 delimita i casi nei quali il giudice é civilmente responsabile; l'art. 56 condiziona in vario modo l'esercizio della relativa azione; l'art.74 estende tali norme anche ai magistrati del pubblico ministero che intervengono nel processo civile.

2. - La richiesta referendaria deve essere ammessa.

Non é dato, infatti, di ravvisare né alcuna delle cause ostative espressamente indicate nell'art. 75, secondo comma, della Costituzione, né alcuna delle ragioni di inammissibilità desumibili dall'ordinamento costituzionale (v. sentenza n.16 del 1978).

3. - Più in particolare, non appare seriamente contestabile l'omogeneità ed univocità di un quesito con cui si viene a coinvolgere nella sua interezza lo specifico regime che, allo stato attuale della legislazione, contraddistingue la responsabilità civile dei magistrati.

Del pari, non sembra sostenibile che si sia in presenza di disposizioni legislative assimilabili alle norme costituzionali sotto il profilo della resistenza all'abrogazione e, quindi, tali da fruire di una precisa "copertura costituzionale": gli articoli del codice di procedura civile oggetto del quesito referendario non sono certo dotati di una forza passiva che li renda insuscettibili di essere validamente abrogati da una legge ordinaria successiva.

Né può dirsi, infine, che si tratti di disposizioni legislative "a contenuto costituzionalmente vincolato", nel senso che esse, considerate nel loro nucleo normativo, darebbero vita all'unica disciplina della materia consentita dalla Costituzione.

4. - Che qui vi sia posto per scelte legislative discende proprio dall'art. 28 della Costituzione, dove - come questa Corte ha già avuto modo di precisare (v. sentenza n. 2 del 1968) - trova affermazione "un principio valevole per tutti coloro che, sia pure magistrati, svolgono attività statale: un principio generale che da una parte li rende personalmente responsabili, ma dall'altra non esclude, poiché la norma rinvia alle leggi ordinarie, che codesta responsabilità sia disciplinata variamente per categorie o per situazioni". Scelte plurime, anche se non illimitate, in quanto la peculiarità delle funzioni giudiziarie e la natura dei relativi provvedimenti suggeriscono condizioni e limiti alla responsabilità dei magistrati, specie in considerazione dei disposti costituzionali appositamente dettati per la Magistratura (artt. 101 e 113), a tutela della sua indipendenza e dell'autonomia delle sue funzioni.

5. - Quanto all'eventualità che un favorevole risultato del referendum non accompagnato da un immediato intervento del legislatore dia luogo a situazioni normative non conformi alla Costituzione, va ancora una volta ribadito (v. già sentenze n. 251 del 1975, n. 16 del 1978, n. 24 e n. 26 del 1981) che in questa sede "non viene di per sé in rilievo l'eventuale effetto abrogativo del referendum". La prospettata illegittimità costituzionale di una sua possibile conseguenza "non può esser presa in considerazione e vagliata al fine di pervenire ad una pronuncia di inammissibilità del quesito referendario", "tanto più che la conseguente situazione normativa potrebbe dar luogo, se e quando si realizzi, ad un giudizio di legittimità costituzionale, nelle forme, alle condizioni e nei limiti prescritti" (sentenza n. 24 del 1981).

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

ammette la richiesta di referendum popolare per l'abrogazione degli artt. 55, 56 e 74 del codice di procedura civile, approvato con regio decreto 28 ottobre 1940, n. 1443, dichiarata legittima, con ordinanza del 15 dicembre 1986, dall'Ufficio centrale per il referendum costituito presso la Corte di cassazione.

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 16 gennaio 1987.

 

Il Presidente: LA PERGOLA

Il Redattore: CONSO

Depositata in cancelleria il 3 febbraio 1987.

Il direttore della cancelleria: VITALE