SENTENZA N. 87
ANNO 1986
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Prof. Livio PALADIN, Presidente
Prof. Antonio LAPERGOLA
Prof. Virgilio ANDRIOLI
Prof. Giuseppe FERRARI
Dott. Francesco SAJA
Prof. Giovanni CONSO
Prof. Ettore GALLO
Dott. Aldo CORASANITI
Prof. Giuseppe BORZELLINO
Dott. Francesco GRECO
Prof. Renato DELL’ANDRO
Prof. Gabriele PESCATORE, Giudici,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi di legittimità costituzionale degli artt. 2195 codice civile, 4, n. 1, della legge 9 ottobre 1971, n. 825, 28 e 51 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597 (Istituzione e disciplina dell'imposta sul reddito delle persone fisiche), 1, comma secondo, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 599 (Istituzione e disciplina dell'imposta locale sui redditi), promossi con ordinanze emesse il 10 ottobre 1981 dalla Commissione tributaria di primo grado di Reggio Emilia, il 10 dicembre 1983 dalla Commissione tributaria di secondo grado di Alessandria (n. 5 ordd.), il 19 ottobre 1983 dalla Commissione tributaria di secondo grado di Macerata, il 31 marzo 1983 dalla Commissione tributaria di primo grado di Terni (n. 2 ordd.), il 23 febbraio 1984 dalla Commissione tributaria di primo grado di Piacenza, il 20 marzo 1984 dalla Commissione tributaria di secondo grado di Rovigo, il 22 maggio 1984 e 19 giugno 1984 dalla Commissione tributaria di primo grado di Trento, il 18 ottobre 1984 dalla Commissione tributaria di primo grado di Varese, il 22 giugno 1984 dalla Commissione tributaria di primo grado di Mondovì, il 21 febbraio 1984 dalla Commissione tributaria di secondo grado di Macerata e il 12 febbraio 1985 dalla Commissione tributaria di primo grado di Treviso, iscritte rispettivamente al n. 330 del registro ordinanze 1983, ai nn. 79, 80, 81, 82, 98, 336, 553, 554, 799, 809, 927, 1016 e 1134 del registro ordinanze 1984 e ai nn. 84, 192 e 383 del registro ordinanze 1985 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 253 del 1983, nn. 109, 197, 252, 287, 294, 307 e 321 del 1984 e ai nn. 13 bis, 119 bis, 155 bis, 167 bis e 250 bis del 1985.
Visti gli atti d'intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 4 febbraio 1986 il Giudice relatore Livio Paladin.
Ritenuto in fatto
1. - Con ordinanza emessa il 10 ottobre 1981 (ma pervenuta alla Corte il 16 aprile 1983), la Commissione tributaria di primo grado di Reggio Emilia, giudicando sui ricorsi proposti da una serie di rappresentanti di commercio, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 1 del d.P.R. n. 599 del 1973, in relazione all'art. 51 del decreto n. 597 del medesimo anno ed in riferimento agli art. 3 e 53 della Costituzione, "nella parte in cui non esclude dall'ILOR i redditi di impresa derivanti dal solo lavoro". L'impossibilità di estendere alla professione esercitata dai ricorrenti il dispositivo della sentenza n. 42 del 1980, con cui questa Corte ha dichiarato illegittima l'applicazione dell'ILOR ai redditi di lavoro autonomo, determinerebbe infatti un contrasto fra la normativa stessa e il principio di eguaglianza riferito alla capacità contributiva: giacché l'attività di "rappresentante di commercio senza deposito" non richiederebbe "una maggiore disponibilità patrimoniale di quanto necessario all'apertura e conduzione di uno studio professionale".
Identica questione é stata sollevata dalla Commissione tributaria di secondo grado di Alessandria, con cinque ordinanze datate 10 dicembre 1983 (nonché dalla Commissione tributaria di secondo grado di Macerata, con due ordinanze rispettivamente datate 19 ottobre 1983 e 21 febbraio 1984, dalla Commissione tributaria di primo grado di Mondovì, con ordinanza del 22 giugno 1984, e dalla Commissione tributaria di primo grado di Treviso, con ordinanza del 12 febbraio 1985), nella parte in cui la norma impugnata "non esclude dall'ILOR i redditi dei rappresentanti di commercio senza deposito"; mentre la Commissione tributaria di primo grado di Terni, con due ordinanze del 31 marzo 1983 (pervenute a questa Corte il 2 maggio 1984), ha impugnato anch'essa l'art. 1 del d.P.R. n. 597 (rectius: n. 599), in riferimento ai predetti parametri costituzionali, "nella parte in cui tale norma non esclude dall'ILOR i redditi di impresa derivanti dal solo lavoro" dei rappresentanti di commercio senza deposito; e la Commissione tributaria di primo grado di Piacenza, con ordinanza del 23 febbraio 1984, ha invece posto l'accento - nei medesimi termini - sui "redditi prodotti dagli agenti di commercio" (al pari della Commissione tributaria di primo grado di Trento, che per altro impugna - con due ordinanze emesse il 22 maggio e il 19 giugno 1984 - tanto l'art. 4 n. 1 della legge n. 825 del 1971 e l'art. 1, secondo comma, del d.P.R. n. 599 del 1973, quanto l'art. 51 del contemporaneo d.P.R. n. 597).
A sua volta, la Commissione tributaria di secondo grado di Rovigo, con ordinanza del 20 marzo 1984, ha impugnato l'art. 1 del d.P.R. n. 599 cit., sempre in relazione all'art. 51 del d.P.R. n. 597 ed in riferimento agli artt. 3 e 53 Cost., nella parte riguardante i redditi degli artigiani, "tutte le volte ed in tutti i casi in cui l'effettivo apporto del lavoro é sicuramente prevalente al capitale nella formazione del reddito". E la Commissione tributaria di primo grado di Varese, con ordinanza del 18 ottobre 1984, ha infine contestato la legittimità costituzionale dell'art. 1 del d.P.R. n. 599, come pure degli artt. 51 e 28 del d.P.R. n. 597 cit., nonché dell'art. 2195 cod. civ., "nella parte in cui permettono la sottoposizione al regime fiscale dell'ILOR dei procacciatori d'affari in campo assicurativo con lavoro autonomo non organizzato in forma d'impresa".
2. - In tutti questi giudizi - fatta eccezione quello instaurato dall'ordinanza 21 febbraio 1984 della Commissione tributaria di secondo grado di Macerata - é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, concludendo nel senso della non fondatezza.
Premesso che quello prodotto dai rappresentanti od agenti di commercio, anche senza deposito, costituirebbe reddito d'impresa e non di lavoro autonomo, l'Avvocatura dello Stato rileva che la questione proposta alla Corte si risolverebbe in un problema di merito, attinente "alla insindacabile sfera della discrezionalità del legislatore": giacché questi avrebbe "solo recepito una assimilazione che era stata già operata dall'ordinamento" (ex art. 51 del d.P.R. n. 597 del 1973) e sulla quale non avrebbe affatto inciso la ricordata sentenza n. 42 del 1980. Al contrario, tale sentenza fornirebbe argomento per respingere l'attuale impugnativa, avendo ritenuto legittima la sottoposizione all'ILOR degli stessi redditi di lavoro autonomo, "dove sussistano valide ragioni per assimilarli ai redditi di impresa".
Quanto all'ordinanza 20 marzo 1984 della Commissione tributaria di secondo grado di Rovigo, l'Avvocatura dello Stato ha per altro eccepito l'inammissibilità della questione concernente i redditi artigiani, notando che "essi possono appartenere alla categoria dei redditi di impresa od a quella dei redditi di lavoro autonomo, a secondo dell'organizzazione data all'attività"; sicché non sarebbe "effettivamente motivata la rilevanza" della questione medesima ai fini del caso di specie.
Considerato in diritto
1. - I diciassette giudizi si prestano ad essere riuniti e congiuntamente decisi. Tutte le ordinanze in esame hanno infatti in comune l'impugnazione dell'art. 1, secondo comma, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 599 (Istituzione e disciplina dell'imposta locale sui redditi), nella parte in cui non esonera dall'ILOR talune specie di redditi, giuridicamente inclusi nella figura del reddito d'impresa, pur appartenendo - in realtà - all'area del lavoro autonomo; sicché la loro mancata esclusione contrasterebbe con il principio dell'eguaglianza tributaria, desumibile dal combinato disposto degli artt. 3 e 53 della Costituzione, come ricostruito dalla Corte nella sentenza n. 42 del 1980
.2. - La questione si dimostra inammissibile, per un duplice concorrente motivo.