Sentenza n.46 del 1986

 

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SENTENZA N. 46

ANNO 1986

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Prof. Livio PALADIN, Presidente

Prof. Antonio LAPERGOLA

Prof. Virgilio ANDRIOLI

Prof. Giuseppe FERRARI

Dott. Francesco SAJA

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL’ANDRO

Prof. Gabriele PESCATORE,Giudici,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 67 del R.d.l. 3 marzo 1938 n. 680 (Ordinamento della Cassa di previdenza per le pensioni agli impiegati degli enti locali) promosso con l'ordinanza emessa il 16 marzo 1977 dalla Corte dei Conti sui ricorsi riuniti proposti da Mej Gian Carlo iscritta al n. 195 del registro ordinanze 1978 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 172 dell'anno 1978.

Udito nella camera di consiglio del 10 dicembre 1985 il Giudice relatore Giuseppe Borzellino.

Ritenuto in fatto

Con ordinanza emessa il 16 marzo 1977 (pervenuta il 13 marzo 1978), la Corte dei conti, sezione terza giurisdizionale, ha sollevato, in, relazione agli artt. 3 e 36 della Costituzione, questione incidentale di legittimità costituzionale dell'art. 67 R.d.l. 3 marzo 1938, n. 680 (Ordinamento della Cassa di previdenza per le pensioni agli impiegati degli enti locali), nella parte in cui tale norma "non prevede l'ammissione a riscatto del periodo di servizio prestato quale assistente volontario alle dipendenze delle Università o degli Istituti di istruzione superiore".

La questione in esame avanti al giudice a quo verte sulla riscattabilità del servizio prestato dall'avvocato Gian Carlo Mej quale assistente volontario presso la facoltà di giurisprudenza dell'Università di Roma dal 1 novembre 1947 al 31 ottobre 1955; l'interessato, nominato il 1 settembre 1956 vice segretario amministrativo del Comune di Roma, aveva impugnato avanti alla Corte dei conti il diniego avverso la sua istanza diretta ad ottenere il riscatto del periodo di volontariato, Così come previsto "per coloro che transitano nei ruoli statali ed altresl' dalle norme poste dal legislatore in materia di ricongiunzione". A fondamento, il Mej aveva dedotto la natura pubblicistica del rapporto di volontariato che, "pur configurandosi quale rapporto atipico causa la mancanza di retribuzione, é tuttavia condizionato all'emissione di atti formali per la sua nascita e per il suo annuale rinnovo".

L'ordinanza di rinvio, premessa l'inapplicabilità della normativa invocata che prevede il riscatto del servizio solo "a favore dei dipendenti statali per i quali é previsto il trattamento di quiescenza a carico del bilancio dello Stato e cioé per dei soggetti in posizione giuridica diversa da quella de ricorrente", ha rilevato, d'ufficio, la non manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 67 R.d.l. 3 marzo 1938, n. 680, con riferimento agli artt. 3 e 3 Cost., per "un difetto di proporzione giuridica" tra la cennata disposizione e le altre norme della legislazione degli Istituti di previdenza che consentono il riscatto di periodi non corrispondenti ad una attività effettiva resa all'Ente (es. i periodi di studio universitario): con la conseguenza, ravvisata "aberrante", della riscattabilità, per chi sia iscritto alla C.P.D.E.L. del periodo in cui ha seguito le lezioni universitarie e non del periodo in cui, in ipotesi, abbia aiutato il professore, quale assistente volontario, nella ricerca scientifica e nella stessa attività didattica con particolare riguardo alle esercitazioni (artt. 1 e 5 l. 18 marzo 1958 n. 349).

Altra disparità di trattamento sarebbe ravvisabile, secondo il giudice a quo, con riferimento all'ordinamento dei sanitari (artt. 25 l. 11 giugno 1954 n. 409 e 2 lett. a l. 4 febbraio 1958 n. 87) che "prevede - sia pure con la limitazione a due anni - il riscatto dei servizi effettivamente prestati in qualità di sanitario assistente volontario presso ospedali di Comuni, Province, di istituzioni pubbliche di assistenza beneficenza presso altri enti di diritto pubblico".

Viene rilevata, ancora, la "incontroversa collocazione del rapporto (tra assistente volontario ed Università) nell'ambito pubblicistico - cui non osta la gratuità della prestazione - e ciò poiché la nascita e la proroga del rapporto stesso avvengono sulla base di atti formali del Rettore ed essendo l'attività didattica e di ricerca rivolta alla "collettività tutta"; "un'illogica e irrazionale differenza di trattamento in rapporto alla stessa attività lavorativa" deriverebbe quindi, in definitiva, sul piano normativo, dal fatto che il beneficio del riscatto é previsto per i dipendenti statali dall'art. 14 lett. c) del T.U. n. 1092/1973.

Cosicché la denunciata disparità non troverebbe sufficiente giustificazione "né in relazione al pluralismo degli ordinamenti pensionistici, né, a monte, in rapporto alle diversità di scelta della definitiva sistemazione del soggetto, confluita nell'uno e nell'altro caso nell'area lavorativa pubblicistica".

Considerato in diritto

1. - La questione sollevata dalla Corte dei conti, con riferimento agli artt. 3 e 36 della Costituzione, ha per oggetto l'art. 67 del R.d.l. 3 marzo 1938 n. 680 concernente, per gli impiegati degli enti locali, l'ammissione a riscatto di servizi progressi, in quanto non é ivi previsto il riscatto dell'attività prestata quale assistente volontario nelle Università o negli Istituti di istruzione superiore.

Sotto il profilo della violazione del principio di uguaglianza la norma creerebbe, secondo il giudice a quo, "un'evidente lesione nella sfera giuridico-patrimoniale ed una illogica e irrazionale differenza di trattamento", in rapporto a quanto previsto, invece, per i dipendenti statali, i quali godono del riferito beneficio per effetto, oggi, dell'art. 14 lett. c) del d.P.R. 29 dicembre 1973 n. 1092.

La diversa disciplina non troverebbe valida giustificazione "né in relazione al pluralismo degli ordinamenti pensionistici né, a monte, in rapporto alle diversità di scelta della definitiva sistemazione del soggetto, confluito nell'uno e nell'altro caso nell'area lavorativa pubblicistica".

2. - La questione é fondata.

Le situazioni poste a confronto rivestono espliciti caratteri di omogeneità che giustificano un identico trattamento normativo, per i fini della previsione dell'assistentato volontario tra i periodi di servizio riscattabili agli effetti della pensione.

Non appare sorretta, infatti, da razionale fondamento la diversità di trattamento emergente dalle due norme messe a raffronto (art. 67 R.d.l. 3. marzo 1938 n. 680 e art. 14 lett. c) d.P.R. 29 dicembre 1973 n. 1092), a tenore delle quali chi abbia prestato servizio in qualità di assistente volontario e siasi, poi, immesso nei ruoli del personale dipendente dagli enti locali non ha la possibilità di riscattare il detto periodo, facoltà spettante, per converso, a chi sia transitato nei ruoli del personale statale.

É bastevole, invero, a suffragare la avvertita, discriminante irrazionalità - con la connessa esigenza di una equiparazione dei detti trattamenti normativi nell'ambito della presente fattispecie - considerare la comune matrice nell'attività lavorativa delle due categorie poste a confronto, esercitata e svolta in aree indubbiamente contigue della pubblica amministrazione, quanto ad essenza e finalità, tali da esigere, nelle carriere direttive, personale parimenti idoneo per preparazione e cultura, da porre - pertanto - su di una congenere piattaforma di status (sentenza n. 128 del 1981).

Né ciò contrasta con la più volte riconosciuta discrezionalità spettante al legislatore nel dettare discipline diverse, relativamente ai due ordinamenti pensionistici posti a confronto, i quali innegabilmente presentano differenze, attinenti, peraltro, ad aspetti meramente particolari (determinazione dei periodi di tempo ammessi a riscatto, misura della relativa contribuzione), rientranti, cioé, nella strutturazione propria, interna alla agibilità del singolo ordinamento (sentenze n. 73 del 1979; n. 218 del 1984).

In definitiva, la rilevata discriminazione appare essere frutto di un mancato adeguamento della disposizione denunciata, risalente al 1938 e non più sorretta, a fronte della evoluzione in materia qui sopra puntualizzata, da fondamento razionale alcuno ex art. 3 Cost. (il che assorbe ogni ulteriore verifica sul piano costituzionale).

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

Dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 67 R.d.l. 3 marzo 1938 n. 680 (Ordinamento della Cassa di previdenza per le pensioni agli impiegati degli enti locali) nella parte in cui non prevede la facoltà di riscattare il servizio prestato in qualità di assistente volontario nelle Università o negli Istituti di istruzione superiore.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 7 marzo 1986.

 

Livio PALADIN - Antonio LAPERGOLA - Virgilio ANDRIOLI - Giuseppe FERRARI - Francesco SAJA - Giovanni CONSO - Ettore GALLO - Aldo CORASANITI - Giuseppe BORZELLINO - Francesco GRECO - Renato DELL’ANDRO – Gabriele PESCATORE

 

Depositata in cancelleria il 12 marzo 1986.