SENTENZA N. 221
ANNO 1985
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Prof. Guglielmo ROEHRSSEN, Presidente
Avv. Oronzo REALE
Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI
Avv. Alberto MALAGUGINI
Prof. Livio PALADIN
Prof. Antonio LA PERGOLA
Prof. Virgilio ANDRIOLI
Prof. Giuseppe FERRARI
Dott. Francesco SAJA
Prof. Giovanni CONSO
Prof. Ettore GALLO
Dott. Aldo CORASANITI
Prof. Giuseppe BORZELLINO
Dott. Francesco GRECO, Giudici,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale degli artt. 205, lett. a e c, e 213 del d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124 (T.U. delle disposizioni per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali), promossi con le seguenti ordinanze:
1) ordinanza emessa il 24 gennaio 1978 dal Pretore di Modena nel procedimento civile vertente tra Malaguti Severino c/INAIL, iscritta al n. 133 del registro ordinanze 1978 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 121 dell'anno 1978;
2) ordinanza emessa il 30 marzo 1978 dal Pretore di Modena nei procedimenti civili riuniti vertenti tra Bertacchini Alfio ed altri c/INAIL, iscritta al n. 277 del registro ordinanze 1978 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 243 dell'anno 1978;
3) ordinanza emessa il 30 novembre 1978 dal Pretore di Modena nei procedimenti civili riuniti vertenti tra Preti Diva ed altri c/INAIL, iscritta al n. 56 del registro ordinanze 1979 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 87 dell'anno 1979;
4) ordinanza emessa il 9 novembre 1979 dal Pretore di Bologna nel procedimento civile vertente tra Paderni Onelia c/INAII,, iscritta al n. 170 del registro ordinanze 1980 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 138 dell'anno 1980;
5) ordinanza emessa il 14 novembre 1979 dal Pretore di Enna nel procedimento civile vertente tra Parisi Luigi c/ INAIL, iscritta al n. 193 del registro ordinanze 1980 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 131 dell'anno 1980;
6) ordinanza emessa il 12 febbraio 1980 dal Pretore di Modena nel procedimento civile vertente tra Andreoli Giovanna c/INAIL, iscritta al n. 222 del registro ordinanze 1980 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 145 dell'anno 1980;
7) ordinanza emessa il 27 febbraio 1980 dal Pretore di Ancona nel procedimento civile vertente tra Golini Gina c/ INAIL, iscritta al n. 365 del registro ordinanze 1980 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 187 dell'anno 1980;
8) ordinanza emessa il 15 luglio 1981 dal Tribunale di Lanusei nel procedimento civile vertente tra INAIL c/Pistis Mario, iscritta al n. 4 del registro ordinanze 1982 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 109 dell'anno 1982.
Visti gli atti di costituzione dell'INAIL, di Malaguti Severino, di Bertacchini Alfio, di Preti Diva ed altri, di Paderni Onelia, di Parisi Luigi, nonché gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell'udienza pubblica dell'11 giugno 1985 il Giudice relatore Francesco Greco;
uditi l'avv. Elena Passanti Scola e Pier Luigi Terenziani per Malaguti, Bertacchini, Preti e Paderni, l'avv. Pasquale Napolitano per l'INAIL e l'Avvocato dello Stato Sergio Laporta per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
Malaguti Severino, a seguito di infortunio occorsogli il 21 giugno 1974, durante l'esercizio dell'abituale attività lavorativa manuale, prestata quale socio di una cooperativa di lavoro conduttrice di un'azienda agricola, adiva il Pretore di Modena chiedendo l'accertamento del proprio diritto alla corresponsione dell'indennità giornaliera per inabilità temporanea assoluta, rifiutatagli dall'INAIL.
Il giudice adito riteneva legittimo tale rifiuto osservando che l'art. 213 del d.P.R. n. 1124 del 30 giugno 1965, fra le categorie di aventi diritto alla suddetta prestazione assicurativa, in caso di infortunio agricolo, menzionando esclusivamente i soggetti di cui alle lettere a e c del precedente art. 205, esclude, quindi, sia i lavoratori agricoli autonomi, elencati nella lettera b del medesimo articolo, sia i soci di cooperative, che, ad avviso del giudicante, non sarebbero, almeno ai suddetti fini, assimilabili a lavoratori dipendenti.
Lo stesso giudice, tuttavia, accogliendo l'eccezione, subordinatamente proposta dalla difesa della parte attrice, con ordinanza emessa il 24 gennaio 1978 (R.O. n. 133/78) ha sollevato l'eccezione di incostituzionalità dell'art. 213, primo comma, del citato d.P.R. n. 1124 del 1965, nella parte in cui sancisce detta esclusione nei confronti dei soci di cooperative conduttrici di aziende agricole o forestali e dei partecipanti ad affittanze collettive che nei lavori agricoli o equiparati prestino opera manuale abituale ovvero esercitino funzioni di direzione o di sorveglianza del lavoro manuale altrui.
Ha anzitutto ritenuto la rilevanza della questione perché la rivendicata prestazione non potrebbe essere altrimenti riconosciuta al nominato lavoratore se non attraverso la rimozione della norma impugnata. Ha osservato, in particolare, che la norma denunciata violerebbe anzitutto l'art. 3, comma primo, Cost. per deteriore trattamento irrazionalmente riservato ai soci di cooperative agricole rispetto a quelli di cooperative operanti nel settore industriale ai quali é riconosciuto, invece, il diritto anche all'indennità per inabilità temporanea assoluta.
Ha assunto, poi, che la sperequazione, a maggior ragione, risulterebbe ingiustificata in presenza di un principio di sostanziale equiparazione fra lavoratori autonomi e subordinati, recepito, ai fini della tutela assicurativa, per il suddetto settore produttivo, dallo stesso d.P.R. n. 1124/65, nonché da interventi della Corte Costituzionale (sent. n. 262 del 1976) intesi a far cessare analoghe situazioni discriminatorie in danno dei lavoratori agricoli.
Risulterebbe, inoltre, violato anche l'art. 38 Cost. poiché la qualità di socio di una cooperativa non esclude che il trattamento economico del lavoratore sia fondamentalmente proporzionato all'entità dell'impegno profuso in favore dell'organismo sociale, sicché la temporanea inabilità assoluta implica necessariamente una perdita patrimoniale per il lavoratore stesso; la circostanza che quest'ultimo non possa porvi rimedio fruendo della prestazione assicurativa in questione si risolve in una carente tutela di un soggetto impedito a procacciare, per sé e per i familiari, i necessari mezzi di sostentamento.
Identica questione é stata riproposta dallo stesso Pretore di Modena con due successive ordinanze, rispettivamente emesse il 30 marzo 1978 (R.O. n. 277/78) ed il 30 novembre 1978 (R.O. n. 56/79), nonché dal Pretore di Bologna, con ordinanza emessa il 9 novembre 1979 (R.O. n. 170/80) e dal Tribunale di Lanusei, con ordinanza emessa il 15 luglio 1981 (R.O. n. 4/82).
Tutte le ordinanze, ritualmente notificate e comunicate, sono state pubblicate con la Gazzetta Ufficiale del 3 maggio 1978, n. 121; del 30 agosto 1978, n. 243; del 28 marzo 1979, n. 87; del 21 maggio 1980, n. 138 e del 21 aprile 1982, n. 109.
Davanti a questa Corte si sono costituiti alcuni dei lavoratori infortunati depositando memorie di contenuto sostanzialmente adesivo rispetto alle argomentazioni svolte dai giudici a quibus.
Ha spiegato intervento il Presidente del Consiglio dei ministri. Con la memoria all'uopo depositata ha posto, in primo luogo, un problema di rilevanza della questione, osservando che dalle ordinanze considerate non emerge se gli infortuni in contestazione siano o meno collegati all'uso di macchine mosse da agente inanimato: nell'ipotesi affermativa si dovrebbe, invero, fare applicazione dell'art. 209 del d.P.R. n. 1124/65, con conseguente operatività del trattamento assicurativo proprio del settore industriale ed erogazione, anche nella fattispecie in esame, dell'indennità per inabilità temporanea assoluta.
Nel merito ha osservato che il diverso trattamento riservato in parte qua ai soci di cooperative di lavoro agricolo, rispetto a quelli di cooperative operanti nel settore industriale, trae ragionevole giustificazione dal più elevato livello di rischio che caratterizza gli ambienti ed i mezzi propri dei processi lavorativi in tale settore, come é confermato anche dalla norma testé citata, alla cui stregua la discriminazione cessa allorché anche il lavoratore agricolo faccia uso di strumenti meccanici suscettibili di determinare analoghi livelli di rischio. Per altro verso, poi, nell'ambito specifico del settore agricolo, il diverso trattamento dei lavoratori dipendenti da un lato e di quelli autonomi e dei soci di cooperative di lavoro dall'altro, é giustificato dal fatto che questi ultimi trovano il corrispettivo della propria opera nei prodotti dell'azienda agricola e cioé nel risultato di un'attività riferibile non esclusivamente al singolo, ma al gruppo (famiglia colonica, società) e perciò suscettibile di prosecuzione da parte degli altri componenti, il cui solidale contributo rende meno significativa la temporanea inabilità dell'infortunato, stante anche la consuetudine di accantonamento di derrate che consentono di far fronte a necessità contingenti.
Ha dedotto, poi, che non sussiste violazione dell'art. 38 Cost. poiché, secondo l'insegnamento della Corte Costituzionale (sent. n. 22 del 1967), questa norma non impedisce al legislatore di disciplinare variamente i singoli ordinamenti per meglio adattarli alle necessità delle particolari situazioni considerate e poiché, tenuto conto, per ciò che concerne i soci di cooperative di lavoro agricolo, delle superiori considerazioni, é da negare che il difetto di erogazione dell'indennità in questione possa risolversi in una carenza di mezzi di sostentamento per il lavoratore infortunato e per la di lui famiglia.
Considerazioni non dissimili ha svolto, infine, anche l'INAIL, che, con il proprio atto di costituzione, si sofferma in particolare sulle specifiche caratteristiche dell'attività di socio di cooperativa di lavoro agricolo (come dei lavoratori agricoli autonomi, in genere), alla stregua delle quali essa non é assimilabile né a quella dei lavoratori subordinati (braccianti, giornalieri, avventizi, ecc.) dello stesso settore agricolo, né a quella dei soci lavoratori del settore industriale.
Con altro gruppo di ordinanze, rispettivamente rese dal Pretore di Enna il 14 novembre 1979 (R.O. n. 193/80), ancora dal Pretore di Modena il 12 febbraio 1980 (R.O. n. 222/80) e dal Pretore di Ancona il 27 febbraio 1980 (R.O. n. 365/80), lo stesso art. 213 del d.P.R. n. 1124/65 risulta ulteriormente investito dal dubbio di illegittimità per violazione degli artt. 3 e 38 Cost., ma sotto il più generale profilo dell'esclusione dei lavoratori agricoli non dipendenti dal diritto alla corresponsione dell'indennità per inabilità temporanea assoluta conseguente ad infortunio sul lavoro sicché, a differenza delle precedenti, tale censura riguarda non specificamente ed esclusivamente la posizione di soci di cooperative di lavoro, bensì quella dei soggetti elencati dalla lettera b dell'art. 205 del citato d.P.R. in quanto autonomamente dediti alla diretta coltivazione del fondo.
In tutte le ordinanze si osserva che detta esclusione non é coerente con il processo in atto che tende ad assimilare il trattamento assicurativo antinfortunistico del settore agricolo a quello proprio del settore industriale nell'ambito del quale anche lavoratori autonomi, come gli artigiani, hanno diritto alla indennità in questione (artt. 66, 68 e 4 n. 3 del d.P.R. n. 1124 del 1965). Si aggiunge anche (Pret. di Enna) che un sintomo preciso di siffatta incoerenza é dato dallo stesso art. 209 del d.P.R. n. 1124/65 che pur prevede ipotesi di infortunio agricolo con "trattamento industriale".
Si sottolinea, inoltre (Pret. di Modena), che, accanto alla disparità di trattamento cosi irragionevolmente costituita fra i lavoratori dell'industria e quelli dell'agricoltura, un'altra se ne determina nell'ambito di questi ultimi, ugualmente ingiustificata, fra lavoratori autonomi e lavoratori dipendenti. Si deduce cioé che, come lo stesso legislatore, in subiecta materia, ha ritenuto di non poter attribuire rilievo discriminante al vincolo di dipendenza con riferimento al settore industriale, identico rilievo avrebbe dovuto, per le medesime ragioni, negarsi anche con riferimento al settore agricolo. Né valida giustificazione della discriminazione denunciata potrebbe ravvisarsi nella comunemente addotta circostanza che il conduttore del fondo agricolo é titolare di un reddito professionale non assimilabile al salario propriamente detto, in quanto partecipe degli utili dell'azienda.
Rimarrebbe, invero, pur sempre insuperato il rilievo che analoghe ragioni non sono state considerate idonee dal legislatore stesso nei confronti dei titolari di imprese artigiane o dei loro familiari e che, comunque, l'invalidità temporanea assoluta di uno dei titolari dell'impresa agricola si traduce inevitabilmente in un minor rendimento del fondo per minore apporto di lavoro ovvero nel maggior costo del lavoro sopportato per ovviare, con l'apporto di terzi retribuiti, alla temporanea indisponibilità dell'infortunato.
Anche queste ordinanze, ritualmente notificate e comunicate, sono state pubblicate con la Gazzetta Ufficiale del 14 maggio 1980, n. 131; del 28 maggio 1980, n. 145; del 9 luglio 1980, n. 187.
É intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri e si sono costituiti l'INAIL e taluni lavoratori infortunati. I rispettivi scritti difensivi ribadiscono le argomentazioni già esaminate nella parte che precede.
Nell'imminenza dell'udienza hanno presentato memorie illustrative la difesa dei lavoratori costituiti e l'INAIL.
La difesa dei lavoratori, osservando che nell'ordine logico si pone anzitutto il problema dell'esattezza dell'interpretazione delle norme di previsione data dal Pretore di Modena, ha affermato che essa non é conforme a quella che risulta dal collegamento con le norme che riguardano il trattamento dell'indennità temporanea. Ha rilevato, anzitutto, che, siccome il secondo comma dell'art. 205 del citato d.P.R. del 1965 prevede l'obbligo assicurativo dei soci di cooperative agricole quando siano occupati ai termini della precedente lettera b, cioé quando prestino opera manuale abituale nelle rispettive aziende, si può ritenere che i soci delle cooperative siano assimilati a tutti gli effetti, e, quindi, anche ai fini dell'indennità di cui trattasi, ai proprietari, ai mezzadri, agli affittuari; che, in realtà, invece, l'art. 213 non si occupa di essi e non sancisce l'esclusione dal diritto all'indennità; invece si attua, ai sensi dell'art. 212 dello stesso d.P.R., il rinvio al settore industriale in quanto non é diversamente disposto nel titolo II della legge. Riprova dell'esattezza del ragionamento la si rinviene nell'art. 4 della legge 10 maggio 1982, n. 251, che ha esteso l'indennità giornaliera per inabilità temporanea per gli infortuni in agricoltura alle persone di cui all'art. 205, lett b, del d.P.R. n. 1124 del 1965 e non anche a coloro che erano previsti nell'art. 205, secondo comma.
Ha aggiunto, poi, che, se si dovesse confermare l'interpretazione del Pretore, la questione sollevata sarebbe da ritenersi fondata in quanto la stessa legge n. 251 del 1982 mette in risalto l'ingiustificata disparità di trattamento nel rapporto soci di cooperative agricole e soci di cooperative industriali e tra questi ultimi ed i proprietari, i mezzadri e gli affittuari.
Ha insistito, infine, nella validità delle argomentazione poste a base del contrasto con l'art. 38 Cost..
La difesa dell'INAIL ha ribadito la differenza tra le situazioni da prendersi in considerazione e cioé quella del lavoratore dipendente da quella del coltivatore diretto in ordine agli effetti dell'infortunio. E cioé l'incidenza diretta sul salario che per il primo é l'unico mezzo di sussistenza, onde la necessità che ad esso si sostituisca l'indennità giornaliera temporanea; e, per l'altro, sul reddito che é annuale e che é prodotto, oltre che dall'infortunato, anche dai componenti del nucleo familiare diretto coltivatore che sopporta più facilmente il danno derivante dalla inabilità temporanea del titolare dell'azienda o del suo familiare che, comunque, potrà anche seguitare a prestare la sua opera, specie se di dirigenza o di sorveglianza.
Ha rilevato, poi, che diversa é anche la situazione dei soci di cooperative che possono attingere al patrimonio sociale, ottenere prestiti ed anticipazioni dalla cooperativa, per cui essi sono economicamente più forti dei lavoratori dipendenti.
Ha ribadito, infine, la diversità che sussiste tra i lavoratori dell'agricoltura e dell'industria, sia sotto il profilo tecnologico, sia del rischio dell'occupazione e del collocamento.
Per quanto riguarda la violazione dell'art. 38 Cost., la difesa dell'Istituto ha insistito sulla circostanza che il legislatore, con propria valutazione congrua e legittima, proprio per la posizione sociale-economica del socio-lavoratore, non ha riconosciuto gli stessi mezzi adeguati alle esigenze di vita che al lavoratore dipendente, adeguando la disciplina alla particolarità delle situazioni.
Ha rilevato, poi, la insussistenza di un contrasto con la nuova disciplina apprestata con la legge innovatrice n. 251 del 1982, che ha esteso il beneficio dell'indennità temporanea anche alla categoria dei coltivatori diretti, ritenendola giustificata dall'apprezzamento del mutamento intervenuto delle condizioni economiche e sociali; ed, infine, la costante interpretazione delle norme da prendersi in esame, effettuata anche dalla Corte di cassazione che ha più volte ribadito la diversità delle situazioni prese in esame.
Considerato in diritto
1. - Le questioni sollevate da tutte le ordinanze de quibus, anche per l'interpretazione data dai giudici del rinvio al rapporto socio di cooperativa di lavoro agricolo e cooperativa, come più diffusamente si dirà in seguito, sono sostanzialmente identiche, sicché possono essere decise con un'unica sentenza.
2. - Il Pretore di Modena, con le ordinanze del 24 gennaio 1978 (R.O. n. 133/78); del 30 marzo 1978 (R.O. n. 277/78); del 30 novembre 1978 (R.O. n. 56/79); il Pretore di Bologna, con l'ordinanza del 9 novembre 1979 (R.O. n. 170/80); il Tribunale di Lanusei, con l'ordinanza del 15 luglio 1981 (R.O. n. 4/82), hanno denunciato l'illegittimità costituzionale degli artt. 213, primo comma, del d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, e 205, lett. a e c, dello stesso d.P.R., nella parte in cui non comprendono i soci di cooperative agricole di lavoro tra gli aventi diritto all'indennità per inabilità temporanea assoluta, conseguente a infortunio sul lavoro in agricoltura, non assoggettato a trattamento industriale, in riferimento agli artt. 3, primo comma Cost. e 38, secondo comma Cost..
Il Pretore di Enna, con l'ordinanza del 14 novembre 1979 (R.O. n. 193/80); il Pretore di Modena, con l'ordinanza del 12 febbraio 1980 (R.O. n. 222/80); il Pretore di Ancona, con l'ordinanza del 27 febbraio 1980 (R.O. n. 365/80), hanno sollevato il dubbio di costituzionalità degli stessi articoli sempre in riferimento agli artt. 3, primo comma, e 38, secondo comma Cost., in quanto non comprendono tra gli aventi diritto alla detta indennità i coltivatori diretti, da considerarsi lavoratori autonomi, e le loro mogli.
La questione, in sostanza, si pone negli stessi termini in quanto i giudici, nelle ordinanze del primo gruppo, hanno testualmente affermato che l'art. 205, secondo comma del d.P.R. n. 1124 del 1965 estende l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro ai soci di cooperative di lavoro agricolo ed ai partecipanti di affittanze collettive, quando presso aziende agricole forestali siano addetti a lavori agricoli e dispone, inoltre, espressamente la loro assimilazione ai proprietari, mezzadri ed affittuari che prestino abitualmente opera manuale nelle rispettive aziende, sicché anche essi, siccome inclusi nella lettera b dell'art. 205 del d.P.R. citato, non sono compresi tra coloro che hanno diritto a percepire l'indennità giornaliera per inabilità temporanea assoluta, a seguito di infortunio agricolo senza trattamento industriale, ai sensi dell'art. 213 del detto d.P.R..
Pertanto, questa Corte, secondo l'interpretazione dei giudici a quibus per quanto riguarda i soci di cooperative agricole e di lavoro e ritenendo che sono certamente da comprendersi tra i lavoratori autonomi i coltivatori diretti alla stessa stregua dei mezzadri ed affittuari, deve risolvere il dubbio di costituzionalità delle citate norme (artt. 213, primo comma, e 205, lett. a e c, del d.P.R. n. 1124 del 1965) nella parte in cui non comprendono, tra gli aventi diritto all'indennità giornaliera per inabilità temporanea assoluta, i lavoratori autonomi e gli assimilati, ai sensi della lett. b del citato art. 205 del detto d.P.R.; e cioé in riferimento all'art. 3, primo comma, Cost., per il diverso e deteriore trattamento riservato ai suddetti lavoratori (compresi i soci di cooperative agricole di lavoro) rispetto a quelli che prestano la loro opera, in analoga condizione, nel settore industriale, nonché rispetto agli stessi lavoratori agricoli dipendenti o subordinati; nonché in riferimento all'art. 38, secondo comma Cost., in quanto detta esclusione si tradurrebbe nella mancanza di tutela di lavoratori impossibilitati a procacciare, per essi e per i propri familiari, adeguati mezzi di sussistenza, siccome inabili.
3. - Passando all'esame della questione, questa Corte rileva, anzitutto, che ormai la legge 10 maggio 1982, n. 251, che ha dettato ulteriori norme in materia di assicurazione contro gli infortuni e le malattie professionali, all'art. 4 ha riconosciuto il diritto alla corresponsione della indennità giornaliera di cui trattasi anche ai lavoratori compresi nella lett. b dell'art. 205 del d.P.R. n. 1124 del 1965 ed interessati nella controversia, quando dall'infortunio subito derivi l'astensione dal lavoro per più di tre giorni, a partire dal quarto giorno e per tutta la durata dell'inabilità, compresi i giorni festivi. Ma, siccome ai sensi dell'art. 21 della stessa legge, l'estensione opera dal 1 gennaio 1982, non essendo stata prevista una diversa decorrenza, il prospettato dubbio di legittimità costituzionale delle citate norme rimane in quanto gli infortuni, di cui alle fattispecie, sono accaduti in periodi anteriori alla nuova legge che testualmente non ha efficacia retroattiva.
4. - Può, quindi, passarsi all'esame delle eccezioni preliminari.
L'Avvocatura dello Stato, in ordine alla rilevanza della questione, ha eccepito che non vi é sul punto motivazione sufficiente in quanto i giudici a quibus non hanno accertato se gli infortuni in contestazione fossero o meno collegati all'uso di macchine mosse da fattori inanimati, il ché era rilevante in quanto, se ciò si dovesse ritenere, essendo in tal caso gli infortuni nell'agricoltura assimilati in tutto e per tutto a quelli nell'industria, la questione sollevata sarebbe inammissibile.
L'eccezione non é fondata.
Invero, dagli atti risulta certo che quelli di cui si tratta sono infortuni agricoli puri e semplici, accaduti in occasione di lavori agricoli senza uso di mezzi meccanici.
5. - Altra questione preliminare é stata posta dalla difesa dei soci di cooperative agricole di lavoro. Essa ha sostenuto che il diritto dei suoi rappresentati alla percezione dell’indennità di cui trattasi sarebbe loro riconosciuto dall'impugnato d.P.R. del 1965, n. 1124. I suddetti lavoratori sarebbero compresi tra i prestatori di opera manuale abituali nelle rispettive aziende in base al secondo comma dell'art. 205 del citato d.P.R. ma, ai fini che interessano, non sarebbero stati, poi, inclusi nella previsione del successivo art. 213 sicché, proprio per effetto di detta esclusione, opererebbe il rinvio al settore industriale, previsto per tutti gli esclusi dall'art. 212 sempre del detto d.P.R. proprio perché non sarebbe stato diversamente disposto dal titolo II del d.P.R. nel quale é incluso l'art. 213.
L'assunto non può condividersi.
Come già detto innanzi, i giudici a quibus, interpretando la norma di previsione, hanno ritenuto che i soci delle cooperative di lavoro agricolo sono assimilabili ai lavoratori elencati nella lett. b dell'art. 205 del d.P.R. n. 1124 del 1965, il quale si riferisce, genericamente, a tutti gli associati piccoli imprenditori, onde la loro esclusione dagli aventi diritto alla indennità di cui trattasi é prevista espressamente.
6. - Può, quindi, passarsi all'esame del merito.
La questione proposta é infondata.
Non sussiste, invero, la denunciata disparità di trattamento tra i lavoratori autonomi dell'industria ed i lavoratori autonomi dell'agricoltura (compresi in detta categoria i soci di cooperative) e quella tra lavoratori autonomi e lavoratori dipendenti nell'agricoltura.
La diversità di trattamento, effettuata dalle norme denunciate, ai lavoratori autonomi del settore industriale rispetto a quelli del settore agricolo, al momento della apprestata disciplina normativa trovava adeguata e ragionevole giustificazione nel differente livello di rischio che caratterizzava gli ambienti ed i mezzi propri dei processi lavorativi del settore agricolo rispetto a quelli del settore industriale e propriamente, poi, nel fatto che i mezzi meccanici, come causa del differente livello di rischio, trovavano scarso impiego nel settore agricolo rispetto al settore industriale nel quale, invece, le macchine erano largamente utilizzate.
Né può dubitarsi, in via generale, che l'esposizione al rischio corrispondente alle varie fattispecie previdenziali, e, cioé, agli eventi protetti, costituisce il parametro in base al quale non solo risulta determinato l'ambito della garanzia previdenziale, ma anche il criterio di valutazione della differenza del trattamento providenziale e delle situazioni da prendersi in esame. In altri termini, si deve riconoscere che, ai fini dell'assicurazione contro gli infortuni, l'attribuzione della titolarità delle situazioni protette ai vari assicurati va posta in rapporto ai rischi che le forme assicurative e previdenziali intendono proteggere (cfr. Corte cost., sent. 29 dicembre 1976, n. 262).
Conferma se ne trae dalla stessa disciplina legislativa, sia da quella in esame che da quella più recente.
Invero, l'art. 209, d.P.R. n. 1124/65 ha previsto espressamente lo stesso trattamento del settore industriale allorché i lavoratori agricoli sono addetti a macchine mosse da agente inanimato, ovvero, non direttamente dalla persona che ne usi, quando sono colpiti da infortunio, lavorando al servizio delle dette macchine proprio perché fanno uso di strumenti meccanici suscettibili di creare livelli di rischio analoghi a quelli del settore industriale.
Inoltre, il legislatore ha successivamente esteso (art. 4, legge 10 maggio 1982, n. 251) il trattamento del settore industriale a quelli del settore agricolo (lavoratori di cui alla lett. b dell'art. 205, d.P.R. n. 1124/65) proprio perché l'impiego generalizzato di mezzi meccanici nell'agricoltura, ormai quasi totalmente meccanizzata, non giustificava più la disciplina normativa più restrittiva. Tra l'attività agricola e l'attività industriale non esiste più una rilevante differenza oggettiva; tra le lavorazioni di tipo agricolo e quelle di tipo industriale non esiste più una differenza tale da fondare una differenziazione di trattamento ai fini che interessano.
Lo stesso legislatore ha incentivato questa opera di ammodernamento nell'agricoltura con la concessione di contributi e mutui agevolati per l'acquisto delle macchine, sicché si sono introdotti anche nell'agricoltura sistemi di lavorazione non dissimili da quelli in atto nell'industria. E ciò anche al fine di rendere l'agricoltura del Paese competitiva con quella degli altri Paesi europei.
Va anche considerato che il termine "agricoltura" comprende anche i lavori forestali e le lavorazioni connesse, complementari ed accessorie, dirette alla trasformazione ed all'alienazione di prodotti agricoli e che sono di tipo industriale.
Ma l'assimilazione dell'agricoltura all'industria, per la sempre maggiore introduzione delle macchine, della loro utilizzazione e del loro impiego nei lavori agricoli, si é verificata gradualmente, senza che si possa nettamente individuare il momento in cui sia avvenuta la completa o quanto meno la quasi completa parificazione dei due tipi di lavorazione. Sicché resta al giudice difficile individuare con esattezza il momento in cui essa si é verificata in concreto, onde le situazioni, da non omogenee, siano divenute omogenee, sicché si possa dichiarare, accertare la disparità di trattamento.
Solo il legislatore ha potuto tener conto di questo evento e far venir meno definitivamente la diversità della disciplina che egli stesso aveva apprestato.
7. - Nemmeno sussiste la denunciata disparità di trattamento tra i lavoratori dipendenti ed i lavoratori autonomi nella stessa agricoltura. Essa, nella vigenza delle norme denunciate, ha avuto adeguata e ragionevole giustificazione.
Il legislatore aveva considerato che l'infortunio incideva per il dipendente direttamente sul salario, del quale egli rimaneva privato e, siccome il salario costituiva l'unico mezzo di sussistenza, era giusto e necessario che ad esso salario si sostituisse l'indennità per tutta la durata della inabilità temporanea assoluta.
Per i lavoratori autonomi in agricoltura, invece, l'infortunio incideva sul reddito che normalmente é annuale, tanto vero che il premio é rapportato al capitale e non alla retribuzione.
In altri termini, la temporanea inabilità conseguente all'infortunio era meno significativa per i lavoratori autonomi in quanto essi traevano il corrispettivo della propria opera da un'attività che era riferibile non esclusivamente a lui come singolo ma al gruppo (famiglia colonica o società), mentre la stessa attività dell'infortunato poteva essere proseguita da altri componenti del gruppo il cui solidale contributo attenuava, fino ad annullarli, gli effetti della temporanea inabilità. Era anche tenuta in considerazione sia la consuetudine di accantonare le derrate, onde la possibilità di far fronte agevolmente alle necessità contingenti, sia la possibilità, per l'infortunato, di continuare a prestare la sua opera a favore del gruppo in attività di direzione e di sorveglianza.
Per il socio di cooperative si aggiungeva anche la possibilità di ottenere dalla cooperativa interventi vari che quanto meno potevano attenuare, se non proprio annullare, le perdite economiche conseguenti all'infortunio.
Ragionevole, quindi, era anche la diversità di trattamento dell'artigiano il quale, anche se non percepisce un salario giornaliero, ha comunque un coacervo di compensi e non può contare, per attenuare le conseguenze dell'infortunio, sulla solidarietà del gruppo sociale.
Comunque, l'unificazione dei trattamenti previdenziali ed assicurativi, che non tengono più conto delle qualità di lavoro e della distinzione tra lavoro autonomo e lavoro dipendente, é avvenuta gradualmente da parte del legislatore il quale persegue fini di giustizia sociale; che, in un più ampio contesto, attua il principio della sicurezza sociale realizzando un'estensione delle forme di previdenza e di assistenza sociale a tutti i cittadini che versano in istato di bisogno, sicché risultino coperti tutti i rischi connessi o derivanti dal lavoro qualunque esso sia, nonché tutte le cause di bisogno.
Sono espressioni di questa tendenza, oltre la generalizzazione delle forme di previdenza ed assistenza che hanno origine ex lege, l'applicazione generalizzata del principio della automaticità delle prestazioni, l'unificazione della riscossione delle contribuzioni e la stessa fiscalizzazione degli oneri sociali con l'assunzione da parte dello Stato di oneri che altrimenti sarebbero ricaduti sull'imprenditore che viene esonerato da rischi nuovi o diversi. E ciò anche in osservanza dei principi della solidarietà (art. 2 Cost.), della garanzia del diritto alla salute (art. 32 Cost.) intesa come diritto dell'individuo ed interesse della collettività per la incidenza che la salute del cittadino-lavoratore in ispecie ha sull'ordine economico; della tutela del lavoro (art. 4) in tutte le sue forme ed applicazioni, del diritto del cittadino inabile al lavoro ai mezzi di sostentamento adeguati alle esigenze di vita tra l'altro in caso di infortunio (art. 38 Cost.).
Il legislatore ha emesso i relativi provvedimenti scegliendo i tempi, le circostanze, i modi e i mezzi delle tutele per l'evoluzione delle situazioni.
Il giudice, invece, e lo si afferma anche per il profilo esaminato, non può cogliere e sancire il momento in cui questa scelta sia divenuta necessaria, sicché la mancanza o la diversità di tutela per alcune categorie rispetto ad altre possa fondare ragionevolmente una concreta e seria disparità di trattamento.
8. - Non é fondata nemmeno la denunciata illegittimità costituzionale delle norme di cui trattasi, in riferimento all'art. 38, secondo comma Cost., poste in relazione all'art. 3 Cost., nella considerazione dei giudici a quibus secondo cui l'esclusione dal trattamento di indennità giornaliera temporanea per inabilità temporanea assoluta dei lavoratori di cui trattasi, si tradurrebbe in una mancanza di tutela dei lavoratori che, siccome inabili per infortunio, sono impossibilitati a procacciarsi, per sé e per i propri familiari, i mezzi di sussistenza.
Se lo Stato ha ritenuto le assicurazioni sociali le più idonee a garantire ai beneficiari la sicurezza del soddisfacmento delle necessità di vita a seguito della cessazione o riduzione delle attività lavorative o per vecchiaia o per malattia o per invalidità o per infortunio o per disoccupazione, si ribadisce che é certamente demandata alla discrezione del legislatore la scelta dei tempi per l'attuazione della completa parificazione di situazioni che pure, fino a quel momento, erano tali da giustificare, ragionevolmente, una diversità di trattamento facendo cessare squilibri e sperequazioni verificatesi tra categorie e categorie.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione di illegittimità costituzionale degli. artt. 205, lett. a e c, e 213 d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, in riferimento agli artt. 3 e 38 Cost., sollevata con le ordinanze di cui in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 12 luglio 1985.
Guglielmo ROEHRSSEN - Francesco GRECO
Depositata in cancelleria il 25 luglio 1985.