Sentenza n. 275 del 1983

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SENTENZA N. 275

ANNO 1983

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

Prof. Leopoldo ELIA, Presidente

Dott. Michele ROSSANO

Avv. Oronzo REALE

Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI

          Avv. Alberto MALAGUGINI

          Prof. Livio PALADIN      

          Dott. Arnaldo MACCARONE

          Prof. Antonio LA PERGOLA

          Prof. Virgilio ANDRIOLI  

          Prof. Giuseppe FERRARI

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO,

          ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale della legge 10 maggio 1976, n. 319 (Norme per la tutela delle acque dall'inquinamento), promossi con ricorsi delle Province autonome di Bolzano e di Trento, rispettivamente notificati il 25 ed il 28 giugno 1976, depositati in cancelleria il 5 ed il 13 luglio successivi, iscritti ai nn. 25 e 29 del registro ricorsi 1976 e dei quali é stata data notizia nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 184 e 198 dell'anno 1976.

Visti gli atti di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 10 maggio 1983 il Giudice relatore Alberto Malagugini;

uditi l'avv. Paolo Mercuri per la Provincia autonoma di Bolzano e l'avvocato dello Stato Giorgio Azzariti per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1. - Con ricorso notificato il 25 giugno 1976 la Provincia autonoma di Bolzano ha impugnato l'intera legge 10 maggio 1976 n. 319 recante "Norme per la tutela delle acque dall'inquinamento".

Ha ricordato la ricorrente di avere competenza legislativa primaria nelle seguenti materie: urbanistica e piani regolatori (art. 8, n. 5, dello Statuto), tutela del paesaggio (art. 8, n. 6), acque minerali e termali (art. 8, n. 14), caccia e pesca (art. 8, n. 15), acquedotti e lavori pubblici (art. 8, n. 17), assunzione diretta di servizi pubblici e loro gestione (art. 8, n. 19), agricoltura e foreste (art. 8, n. 12); di essere, inoltre, titolare di potestà legislativa concorrente in materia di incremento della produzione industriale (art. 9, n. 8), utilizzazione delle acque pubbliche (art. 9, n. 9), igiene e sanità (art. 9, n. 10).

In tutte tali materie la Provincia risulterebbe - ai sensi dell'art. 16 dello Statuto - anche attributaria delle relative funzioni amministrative, come puntualmente definite dalle norme di attuazione della Carta di autonomia (in particolare, d.P.R. 20 gennaio 1973 n. 115; d.P.R. 22 marzo 1974 n. 279; d.P.R. 22 marzo 1974 n. 381; d.P.R. 28 marzo 1975 n. 474).

La normativa statale impugnata (nella misura in cui si ritenga estensibile al territorio della Provincia di Bolzano), sarebbe, pertanto, costituzionalmente illegittima, integrando - nel complesso delle sue disposizioni - una evidente violazione della sfera delle predette competenze legislativa ed amministrativa.

In particolare, l'attribuzione ad un organo statale delle funzioni di cui all'art. 2, la definizione autoritativa dei compiti spettanti in subjecta materia agli enti territoriali ed ai consorzi (cfr. artt. 4 e segg.), la predisposizione di una normativa di dettaglio (valevole per l'intero territorio nazionale) per la regolamentazione delle varie forme di scarico di residui industriali costituirebbe un'inammissibile menomazione delle prerogative normative della Provincia nelle materie enunciate.

2. - L'Avvocatura di Stato, per il costituito Presidente del Consiglio dei ministri, ha chiesto respingersi il ricorso, assumendo che il settore disciplinato dalla legge statale impugnata rientrerebbe nella materia dell'industria (cfr. sentenze Corte n. 203/1974 e 23/1957) e non in quella della pesca o nelle altre elencate agli artt. 8 e 9 dello Statuto della Regione Trentino-Alto Adige.

3. - La legge n. 319/1976 ha formato oggetto di impugnazione anche da parte della Provincia autonoma di Trento, che, con ricorso notificato il 28 giugno 1976, ne ha dedotto il contrasto con gli artt. 8 (nn. 5, 15, 17,21,24) 9 (nn. 9 e 10) 14, 16 e 68 dello Statuto di autonomia (d.P.R. 1972 n. 670) nonché 8, lett. c) d.P.R. 20 gennaio 1973 n. 115 e 5 d.P.R. 22 marzo 1974, n. 381.

La Provincia ha innanzitutto ricordato che la legge n. 319/76 configura un complesso sistema normativo avente ad oggetto, non solo la disciplina degli scarichi, ma anche la formulazione di criteri generali per l'utilizzazione delle acque, l'organizzazione dei pubblici servizi di acquedotto, fognatura e depurazione, la redazione di un piano generale di risanamento delle acque, nonché il rilevamento sistematico delle caratteristiche qualitative e quantitative dei corpi idrici (art. 1).

Su tale premessa, la ricorrente ha poi rilevato che la legge, nel prevedere le competenze statali e i compiti degli enti territoriali, ha seguito un criterio di riparto di poteri secondo una logica di gerarchia, per cui le funzioni organizzative e normative appartengono allo Stato, dal quale si dipartono indicazioni e prescrizioni vincolanti fatte ricadere dapprima sulle regioni e quindi, attraverso queste, sugli altri enti locali e loro consorzi; restando così attribuite alle regioni competenze del tutto subordinate e di carattere integrativo, attuativo ed esecutivo nei confronti di norme, criteri ed indirizzi stabiliti da un Comitato dei ministri nel quadro delle disposizioni della stessa legge n. 319.

Alle regioni sono poi parificate a tutti gli effetti le province di Trento e di Bolzano (art. 4, ultimo comma), il che importa che, nell'ambito della legge e secondo le finalità della stessa, l'autonomia speciale di queste province viene appiattita al grado delle autonomie ordinarie.

In correlazione con questa inammissibile condizione di subordinazione a danno della ricorrente, la legge stessa avrebbe inciso - é questo il punto focale dell'impugnazione - in numerose ed importanti materie attribuite dallo Statuto speciale alla competenza legislativa ed amministrativa, quasi sempre esclusiva, della provincia di Trento, quali in particolare l'urbanistica, la pesca, gli acquedotti e lavori pubblici di interesse provinciale, l'agricoltura, le foreste, il patrimonio zootecnico ed ittico e la bonifica, le opere idrauliche, l'utilizzazione delle acque pubbliche e l'igiene e sanità (artt. 8 nn. 5, 15, 17, 21 e 24; art. 9, nn. 9 e 10 e art. 16 del d.P.R. 31 agosto 1972 n. 670). Tali violazioni delle norme statutarie, per di più, sarebbero avvenute in presenza di una serie di norme di attuazione dello statuto speciale di autonomia (d.P.R. 22 marzo 1974, n. 381: urbanistica e lavori pubblici; d.P.R. 22 marzo 1974 n. 279: agricoltura e foreste; d.P.R. 28 marzo 1975 n. 474: igiene e sanità), intese a definire l'ambito delle attribuzioni di competenza della provincia e dalle quali non emergerebbe alcuna riserva a favore dello Stato in ordine alla tutela delle acque dall'inquinamento (come é stato invece disposto dall'art. 6 n. 7 del d.P.R. 14 gennaio 1972 n. 4 per le regioni a statuto ordinario). Esse, al contrario, riaffermerebbero, precisandola in senso positivo, la competenza della provincia in ordine ai diversi profili di interesse pubblico afferenti le acque, per quanto concerne l'utilizzazione e le opere di difesa, e specificamente la tutela dagli inquinamenti, con i soli limiti derivanti dallo statuto (opere idrauliche di prima e seconda categoria, grandi derivazioni a scopo idroelettrico).

Nel quadro di siffatta denunzia di illegittimità costituzionale della legge 319 nella sua globalità, il ricorso ne ha poi illustrato ulteriormente alcuni aspetti.

Si ribadisce così che gli interventi e le funzioni previste nella legge e in particolare nell'art. 1 rientrano separatamente nell'ambito di materie riservate alla competenza esclusiva della provincia, e ne costituiscono il normale svolgimento, anche se colte dal punto di vista artificiosamente unitario della tutela delle acque dall'inquinamento.

Si sottolinea ancora che le norme statutarie e quelle di attuazione, particolarmente in materia urbanistica e di opere pubbliche, configurano compiutamente i rapporti fra Stato e provincia in modo da comprendere qualsiasi ipotesi di coordinamento "sulla base dell'attribuzione alla provincia delle competenze in materia di utilizzazione delle acque pubbliche, qui comprese la polizia idraulica e la difesa delle acque dall'inquinamento in relazione all 'acquisto da parte della provincia della titolarità del demanio idrico".

Si rileva altresì che l'esigenza cui sembra voler soddisfare la legge impugnata, e cioè di coordinare in modo unitario l'azione dei poteri pubblici in funzione della difesa dall'inquinamento, non autorizza la sovrapposizione di una disciplina e di una organizzazione statale, ma deve essere soddisfatta col ricorso ai normali coordinamenti impliciti nella disciplina costituzionale dell'autonomia speciale e con questa comunque compatibili. L'art. 14 dello Statuto speciale e gli artt. 7 e 10 del citato d.P.R. 22 marzo 1974 n. 381 prevedono appunto le modalità di armonizzazione degli interessi statali e provinciali rinviando ad appositi piani per le opere idrauliche e per l'utilizzazione delle acque pubbliche, stabiliti d'intesa tra i rappresentanti dei due enti in seno ad un apposito comitato.

Questo sistema di rapporti tra la pianificazione provinciale e quella nazionale, verrebbe invece ostacolato dall'art. 2 della legge, il quale configura il rapporto tra il piano nazionale di risanamento e quelli regionali in modo che il primo sia in ogni caso destinato a prevalere e che i piani regionali possano essere vanificati in esito a un controllo discrezionale di compatibilità riservato allo Stato.

Inoltre la competenza provinciale in materia di acque e d'igiene (quest'ultima pienamente riconosciuta dall'art. 1 d.P.R. 28 marzo 1975, n. 474 in attuazione dell'art. 9, n. 10 St.), alla stregua delle funzioni attribuite al comitato dei ministri dal predetto art. 2, viene nel suo complesso menomata e impoverita, giacché ogni decisione della provincia su tali oggetti ne resta condizionata e pregiudicata.

Con riguardo alla dedotta violazione dell'art. 68 dello Statuto speciale, in relazione all'art. 8 n. 5 nonché alle sopra indicate norme di attuazione, si sostiene infine nel ricorso che l'attribuzione alla provincia della titolarità del demanio idrico comporta che ad essa spettino anche le attribuzioni concernenti la difesa delle acque dall'inquinamento, come espressamente previsto dall'art. 5 del d.P.R. n. 381 del 1974.

D'altra parte questo testimonierebbe che i detti poteri relativi alla difesa dall'inquinamento, in quanto rientranti nel complesso delle materie dell'urbanistica e dei lavori pubblici, ricadono nell'ambito della competenza legislativa esclusiva della provincia.

In ogni caso l'esercizio di tutte le potestà che sono connesse con la titolarità del demanio non ammetterebbe interruzioni del rapporto tra l'ente pubblico e il bene mediante l'esercizio di competenze altrui, e anche sotto questo ulteriore profilo la legge impugnata sarebbe illegittima, in quanto incidente nel rapporto di demanialità e nella correlativa competenza esclusiva della provincia.

4. - L'Avvocatura dello Stato, per il Presidente del Consiglio dei ministri, ha concluso per la infondatezza del ricorso, con argomentazioni identiche a quelle svolte in relazione all'impugnativa della Provincia di Bolzano.

5. - La Provincia di Trento con una memoria aggiunta, e la Provincia di Bolzano all'udienza del 10 maggio 1983, hanno chiesto - a mezzo dei rispettivi difensori - che venisse dichiarata cessata la materia del contendere: e ciò, in ragione del disposto dell'art. 7, secondo comma, della sopravvenuta legge 24 dicembre 1979, n. 650, con cui si é stabilito che "restano ferme le competenze" delle Province ricorrenti stabilite dallo Statuto di autonomia e dalle relative norme di attuazione. L'Avvocatura dello Stato si é associata a tale richiesta.

Considerato in diritto

1. - I ricorsi delle Province autonome di Bolzano e Trento hanno il medesimo oggetto. Essi possono quindi venire riuniti e decisi con un'unica sentenza.

2. - I ricorsi in oggetto traggono motivo, essenzialmente, dal disposto dell'ultimo comma dell'art. 4 della legge n. 319 del 1976, a termini del quale "i compiti che dalla presente legge sono attribuiti alle regioni s'intendono conferiti per il Trentino-Alto Adige alle provincie autonome di Trento e Bolzano". Queste ultime lamentano che la speciale autonomia loro garantita dallo Statuto (d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670) e dalle relative norme di attuazione sia stata in tal modo appiattita al grado delle autonomie ordinarie e che la legge impugnata, nel provvedere - ai fini del raggiungimento delle finalità generali enunciate nell'art. 1 - al riparto delle competenze tra Stato e regioni (quindi, tra lo Stato ed esse province autonome, equiparate alle regioni), abbia adottato una "logica di gerarchia", riservando allo Stato le funzioni organizzativa e normativa primarie (art. 2) ed attribuendo alle regioni ed agli altri enti territoriali (artt. 4 segg.) competenze del tutto subordinate e di carattere integrativo, attuativo ed esecutivo delle norme, criteri ed indirizzi stabiliti dall'apposito comitato dei ministri di cui all'art. 3.

Con l'art. 7, secondo comma, della legge 24 dicembre 1979, n. 650 (recante "integrazioni e modifiche delle leggi 16 aprile 1973, n. 171 e 10 maggio 1976, n. 319, in materia di tutela delle acque dall'inquinamento"), peraltro, il citato art. 4, ult. comma, l. 319/76 é stato "sostituito dal seguente: " Restano ferme le competenze delle province autonome di Trento e di Bolzano ai sensi del testo unico delle leggi sullo Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1972, n. 670, e delle relative norme di attuazione".

Dato il chiaro tenore della disposizione, non vi é dubbio che la lesione della sfera di competenza lamentata dalle province ricorrenti - anche ove in ipotesi verificatasi - sia stata radicalmente eliminata.

La circostanza poi che la medesima legge n. 650 del 1979 (art. 1) abbia prorogato i termini originariamente concessi alle regioni (ed alle province ricorrenti) per il compimento delle attività (essenzialmente, censimento dei corpi idrici e piani di risanamento) rispetto alle quali i poteri sovraordinati dello Stato si sarebbero dovuti esplicare, dimostra che il conferimento dei poteri stessi (anche ove esercitati medio tempore) non comporta attualmente alcun effetto lesivo della sfera di autonomia rivendicata dalle province ricorrenti; e di ciò il comportamento processuale di queste é, del resto chiara dimostrazione.

Deve perciò concludersi che é nella specie venuta meno la materia del contendere.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara cessata la materia del contendere in ordine ai ricorsi delle Province autonome di Trento e di Bolzano indicati in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 21 settembre 1983.

Leopoldo ELIA - Michele ROSSANO - Oronzo REALE - Brunetto BUCCIARELLI DUCCI - Alberto MALAGUGINI - Livio PALADIN - Arnaldo MACCARONE -  Antonio LA PERGOLA - Virgilio ANDRIOLI - Giuseppe FERRARI - Giovanni CONSO - Ettore GALLO

Giovanni VITALE - Cancelliere

         Depositata in cancelleria il 21 settembre 1983.