Sentenza n. 124 del 1982
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SENTENZA N. 124

ANNO 1982

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Prof. Leopoldo ELIA

Prof. Antonino DE STEFANO

Prof. Guglielmo ROEHRSSEN

Avv. Oronzo REALE

Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI

Avv. Alberto MALAGUGINI

Prof. Livio PALADIN

Dott. Arnaldo MACCARONE

Prof. Antonio LA PERGOLA

Prof. Virgilio ANDRIOLI

Prof. Giuseppe FERRARI

Dott. Francesco SAJA

Prof. Giovanni CONSO

ha pronunciato la seguente

 

 

SENTENZA

 

nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale dell'art. 119 del d.P.R. 30 marzo 1957, n. 361 ("Approvazione del testo unico delle leggi recanti norme per la elezione della Camera dei deputati") promossi con le seguenti ordinanze:

1) ordinanza emessa il 30 novembre 1979 dal Pretore di Bologna nel procedimento civile vertente tra Boschi Graziano ed altri e l'ENEL, iscritta al n. 70 del registro ordinanze 1980 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 92 del 2 aprile 1980;

2) ordinanza emessa il 16 novembre 1981 dal Pretore di Pontedera nel procedimento civile vertente tra Lazzareschi Alenio ed altri e la S.p.A. Asso Werke, iscritta al n. 802 del registro ordinanze 1981 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 68 del 10 marzo 1982;

3) ordinanza emessa il 16 novembre 1981 dal Pretore di Pontedera nel procedimento civile vertente tra Gherardini Gian Piero ed altri e la S.p.A. Piaggio e C., iscritta al n. 803 del registro ordinanze 1981 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 68 del 10 marzo 1982;

Visti gli atti di costituzione dell'ENEL e della Società Asso Werke e Piaggio e l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

Udito nell'udienza pubblica del 28 aprile 1982 il Giudice relatore Livio Paladin;

Uditi l'avv. Alessandro Benvenuti per le Società Asso Werke e Piaggio e l'avvocato dello Stato Giorgio Azzariti, per il Presidente del Consiglio dei ministri.

 

Ritenuto in fatto

 

1. - Alcuni dipendenti dell'ENEL, che avevano svolto funzioni elettorali in occasione delle consultazioni referendarie del giugno 1978, hanno convenuto l'ente datore di lavoro, premettendo di non aver ricevuto alcun compenso per l'attività espletata nelle giornate (non lavorative) di sabato 10 e domenica 11 giugno, mentre ai sensi dell'art. 119 del d.P.R. n. 361 del 1957 avrebbero avuto comunque diritto a "tre giorni di ferie retribuite"; e pertanto hanno chiesto condannarsi l'ENEL a corrispondere a ciascuno di essi il residuo "importo corrispondente a n. 2 giornate di ferie".

L'adito Pretore di Bologna ha quindi sollevato, sotto un duplice aspetto - con ordinanza emessa il 30 novembre 1979 - questione di legittimità costituzionale del citato art. 119.In primo luogo, muovendo da un'interpretazione restrittiva della norma impugnata (nel senso che essa si limiti a "consentire al lavoratore di esercitare le funzioni elettorali senza subire un pregiudizio economico", ma non gli riconosca un quindi pluris per l'attività prestata nelle eventuali giornate festive), il giudice a quo ne ipotizza il contrasto con il terzo comma dell'art. 36 Cost.: argomentando che, in tal modo, il dipendente sarebbe "compresso nel suo irrinunciabile diritto al riposo settimanale". In secondo luogo, lo stesso giudice prospetta la violazione degli artt. 53 e 3 Cost., poiché il trattamento retributivo previsto dall'art. 119 discriminerebbe i datori di lavoro, pubblici e privati, chiamandoli a concorrere ad "una spesa pubblica, il cui onere dovrebbe essere sostenuto dall'intera collettività".

2. - Nel giudizio innanzi alla Corte si é costituito l'ENEL, che ha concluso per l'illegittimità della norma impugnata nella sua totalità. "o quanto meno di quella parte che viene interpretata nel senso di porre un onere a carico del datore di lavoro".

Ha inoltre spiegato intervento il Presidente del Consiglio dei ministri, sostenendo invece l'infondatezza di entrambe le impugnative: per un verso, infatti, non sarebbe violato l'articolo 36 Cost., "che garantisce al lavoratore il diritto al riposo settimanale nell'ambito del rapporto di lavoro, ma non impedisce certamente al medesimo di occupare le giornate festive in attività, estranee al rapporto..., anche in ipotesi più faticose"; per un altro verso, non sarebbero nemmeno vulnerati gli artt. 3 e 53 Cost., poiché l'onere imposto dall'art. 119 rientrerebbe "nel sistema del diritto del lavoro", configurando un'integrazione ex lege del contenuto del contratto.

3. - Convocata la Corte in camera di consiglio, l'ENEL ha richiesto - data la novità dei profili evidenziati dal giudice a quo, rispetto a quelli già esaminati nelle sentenze n. 35 e n. 40 del 1981 - che le questioni venissero invece discusse in pubblica udienza. Ed in tal senso la Corte ha disposto, con ordinanza n. 170 del 1981.

4. - In altri due procedimenti civili - aventi ad oggetto analoghe istanze di corresponsione del trattamento economico previsto dall'art. 119 del d.P.R. n. 361 del 1957, anche per le due giornate non lavorative, impegnate dai ricorrenti presso i seggi elettorali, in occasione delle consultazioni referendarie del 1981 - il Pretore di Pontedera, con due ordinanze di identico contenuto in data 16 novembre 1981, ha risollevato questione di legittimità costituzionale del predetto articolo. Le censure sono argomentate sotto tre distinti profili.

Relativamente ai soggetti obbligati, l'accento é posto sulla violazione dell'art. 53, primo comma, della Costituzione: in considerazione del fatto che la norma impugnata, facendo carico ai datori di lavoro di retribuire l'attività svolta dai propri dipendenti in occasione del servizio elettorale, "non distingue... l'ampia gamma di situazioni diversificate,... prescindendo, così, dal criterio della capacità contributiva di ciascuno" dei datori stessi.

Relativamente all'oggetto della prestazione, il ventaglio delle norme richiamate si apre con l'art. 51 (che si limiterebbe a contemplare la conservazione del posto di lavoro per il cittadino chiamato a funzioni elettive, senza "onere od obbligo alcuno a carico del datore di lavoro"); coinvolge inoltre l'art. 2 (in quanto, inteso l'obbligo di retribuzione del servizio elettorale come "manifestazione di solidarietà politico - economica", non se ne giustificherebbe l'accollo alla sola categoria dei datori di lavoro); e soprattutto fa perno sull'art. 3 Cost. il diritto dei lavoratori dipendenti a fruire di "ferie retribuite", aggiunte all'indennità già posta a carico dello Stato, determinerebbe infatti "una situazione sperequata in danno dei cittadini che, pur svolgendo un ufficio pubblico in sede di consultazione elettorale, non sono lavoratori dipendenti"; e, per di più, darebbe luogo "ad un ingiustificato arricchimento... in danno del datore di lavoro, atteso che il rapporto di lavoro dipendente é pur sempre un contratto sinallagmatico".

Relativamente ai soggetti beneficiari, il Pretore prospetta, infine, una ulteriore violazione del principio di eguaglianza, concernente i rappresentanti di lista: che sarebbero esclusi dalla previsione dell'art. 119, nonostante collaborino al medesimo ufficio elettorale.

5. - Si é costituita nel giudizio instaurato dalla prima di tali ordinanze la società Asso Werke, aderendo alle argomentazioni sviluppate dal giudice a quo, salvo che per la parte riguardante i rappresentanti di lista. La posizione di questi non sarebbe in realtà assimilabile a quella dei componenti di seggio, che adempiono le vere e proprie funzioni elettorali.

Identiche conclusioni ha rassegnato la società Piaggio, costituitasi nel giudizio instaurato dall'altra ordinanza del Pretore di Pontedera; per poi ribadirle in una memoria aggiuntiva, tuttavia depositata fuori termine.

Alla pubblica udienza la difesa di tale società ha per altro insistito negli assunti già svolti nella memoria predetta, criticando in particolar modo le contrarie affermazioni fatte dalla Corte nella sentenza n. 193 del 1981.

 

Considerato in diritto

 

1. - Tanto il Pretore di Bologna quanto il Pretore di Pontedera sottopongono all'esame della Corte questioni concernenti la legittimità costituzionale dell'art. 119 del d.P.R. 30 marzo 1957, n. 361 (per cui "le Amministrazioni dello Stato, degli Enti pubblici ed i privati datori di lavoro sono tenuti a concedere ai propri dipendenti, chiamati ad adempiere funzioni presso gli Uffici elettorali, tre giorni di ferie retribuite..."): norma applicabile - secondo entrambi i giudici alle consultazioni referendarie delle quali si tratta nei giuditia quibus, in forza del richiamo operato dall'art. 50 della legge 25 maggio 1970, n. 352. Ma le impugnative così sollevate non coincidono fra loro, né per le prospettive rispettivamente assunte nell'interpretazione della norma impugnata, né per i parametri costituzionali cui le tre ordinanze di rimessione fanno riferimento.

il Pretore di Bologna ritiene, da una parte, che l'art. 119 si sia limitato a garantire ai lavoratori interessati l'intera retribuzione per i tre giorni normalmente destinati all'esercizio delle funzioni elettorali, ma non abbia attribuito loro alcun diritto a ricevere un quid pluris, quale compenso per l'attività prestata nelle eventuali giornate festive; e pertanto assume che la norma in questione contraddica il terzo comma dell'art. 36 Cost., comprimendo l'"irrinunciabile diritto al riposo settimanale". D'altra parte, però, lo stesso giudice dubita che l'onere in tal modo posto a carico dei datori di lavoro, anziché dell'intera collettività, sia conforme ai principi di eguaglianza e di capacità contributiva, sanciti dagli artt. 3 e 53 della Costituzione.

A loro volta, ambedue le ordinanze del Pretore di Pontedera contestano anzitutto la legittimità costituzionale dell'articolo 119, sotto il secondo dei due profili messi in evidenza dal Pretore di Bologna; ed a questo fine traggono argomento non solo dagli artt. 3 e 53, primo comma, ma anche dagli artt. 3 e 51 Cost. Relativamente ai soggetti beneficiari della norma impugnata, tali ordinanze prospettano per altro un ulteriore dubbio, riguardante l'asserita esclusione dei rappresentanti di lista, il cui deteriore trattamento, rispetto ai veri e propri componenti dei seggi elettorali, verrebbe nuovamente a ledere l'art. 3 della Costituzione.

Tuttavia, i nessi comunque riscontrabili fra le questioni in esame consentono alla Corte di riunire i tre giudizi, per deciderli con una sola pronuncia.

2. - Dev'essere affrontata in primo luogo la principale delle questioni sollevate dal Pretore di Pontedera. L'accoglimento della questione medesima, esonerando i datori di lavoro dall'onere previsto nell'art. 119 del d.P.R. n. 361 del 1957, renderebbe infatti inoperante l'intera disciplina impugnata, quali che siano le interpretazioni e le applicazioni di essa.

Ma l'impugnativa é infondata, per le ragioni che questa Corte ha già esposto, nelle sentenze n. 35 e n. 193 del 1981. La prima di tali decisioni avverte che il terzo comma dell'art. 51 Cost., pur limitandosi "a stabilire il principio della conservazione del posto di lavoro" quanto ai lavoratori interessati, non esclude a priori - come invece vorrebbe il giudice a quo - l'obbligo di retribuire il periodo di assenza dal lavoro, nel corso del quale la prestazione lavorativa sia resa impossibile od inesigibile dall'esercizio delle funzioni elettorali. E la seconda delle due pronunce testé ricordate chiarisce ulteriormente che l'art. 51 "salva la discrezionalità del legislatore ordinario nel disporre che il tempo impiegato nella funzione pubblica elettiva dal lavoratore sia o no retribuito, e in quale misura, dal datore di lavoro e dalla collettività".

In quest'ultima occasione, la Corte ha poi precisato che dalla previsione costituzionale dell'art. 53, primo comma, non é dato desumere l'illegittimità di ogni norma che ponga a carico del datore di lavoro il costo dell'espletamento di pubbliche funzioni. Va infatti tenuto presente il disposto dell'art. 51,terzo comma, che già impone al datore di lavoro un onere di non poco rilievo, qual é la conservazione del posto di lavoro: "dimostrando in tal modo che la soddisfazione dell'interesse costituzionale alla possibilità di tutti i cittadini di concorrere alle cariche elettive, ben può giustificare un ragionevole sacrificio dell'interesse dei privati datori di lavoro". E la conclusione non può essere diversa nel caso in questione, sebbene l'art. 119 del d.P.R. n. 361 del 1957 non riguardi i titolari di cariche elettive, bensì i componenti degli uffici elettorali: l'indiscutibile interesse costituzionale al regolare svolgimento delle consultazioni giustifica, cioè, la scelta operata dal legislatore, non diversamente che nel caso considerato dalla sentenza n. 193 del 1981.

D'altra parte, non giova richiamarsi all'art. 3 Cost., denunciando la disparità di trattamento che la norma impugnata introdurrebbe fra i lavoratori dipendenti, in quanto beneficiari delle "ferie retribuite" previste dalla norma stessa, e i lavoratori autonomi (o i disoccupati), aventi diritto alle sole indennità che spettano a tutti i componenti dei seggi elettorali. Per avere la prova dell'inconsistenza di tale censura, basta riflettere al divario che passa, sullo stesso piano costituzionale, fra il lavoro autonomo e il lavoro dipendente: come é dimostrato, ancora una volta, da quanto stabilisce il terzo comma dell'art. 51, nonché il capoverso dell'art. 52 Cost. (là dove si dispone che l'adempimento del servizio militare "non pregiudica la posizione di lavoro del cittadino").

Né la soluzione può mutare in vista dell'art. 2 Cost., cui le ordinanze del Pretore di Pontedera fanno specifico riferimento, ma con il solo scopo di sottolineare quel "generale dovere di contribuzione alle spese pubbliche", inteso come "fondamentale manifestazione di solidarietà politico - economica", che la Costituzione proclama nel primo comma dell'art. 53; sicché la dichiarazione di non fondatezza, relativa al principio di capacità contributiva, coinvolge la censura basata sulla dichiarazione costituzionale dei "doveri inderogabili" dell'uomo.

3. - il rigetto dell'impugnativa proposta in prima linea dal Pretore di Pontedera comporta che nei medesimi termini debba esser decisa l'analoga questione sollevata dal Pretore di Bologna, in riferimento agli artt. 3 e 53 della Costituzione.

Quanto invece alla pretesa violazione dell'art. 36, terzo comma, ipotizzata da parte di questo stesso giudice, ne va dichiarata la manifesta infondatezza. Già nella sentenza n. 40 del 1981, la Corte ha in effetti precisato che tale questione si rivela non fondata, quand'anche si aderisca all'interpretazione restrittiva della norma impugnata, da cui prende le mosse il giudice a quo. E l'ordinanza in esame non aggiunge alcun motivo, che possa indurre la Corte a modificare la sua giurisprudenza.

4. - Infondata é anche l'altra impugnativa promossa dal Pretore di Pontedera in riferimento all'art. 3 Cost., sulla base dell'assunto che l'art. 119 del d.P.R. n. 361 del 1957 non consideri i rappresentanti di lista e pertanto li escluda dai benefici attribuiti ai componenti dei seggi elettorali. Le due situazioni che il giudice a quo vorrebbe equiparare non sono infatti identiche, né così omogenee che il loro diverso trattamento concreti una lesione del principio di eguaglianza.

Certo é che i rappresentanti di lista non sono tenuti ad adempiere funzioni presso gli uffici elettorali, al pari dei veri e propri componenti gli uffici medesimi, ma possono venire designati dai rispettivi partiti o gruppi politici organizzati (sia pure per il tramite dei delegati di lista, secondo gli artt. 20,ultimo comma, e 25 del d.P.R. n. 361 del 1957), senza svolgere un ufficio obbligatorio per legge (come é confermato dall'art. 40, primo comma, del predetto testo unico). E non é casuale che ai soli componenti degli uffici (cioè al presidente, agli scrutatori ed al segretario) spettino le indennità già previste dall'art. 39 del d.P.R. n. 361 ed ora rideterminate dalla legge 13 marzo 1980, n. 70.

Così come prospettata dal Pretore di Pontedera, anche questa impugnativa dev'essere dunque respinta.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

1) dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 119 del d.P.R. 30 marzo 1957, n. 361, in riferimento all'art. 36, terzo comma, della Costituzione, sollevata dal Pretore di Bologna con l'ordinanza indicata in epigrafe;

2) dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 119 del d.P.R. n. 361 del 1957 - in riferimento agli artt. 2, 3, primo comma, 51 e 53, primo comma, della Costituzione - sollevate dai Pretori di Bologna e di Pontedera, con le ordinanze indicate in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 30 giugno 1982.

 

Leopoldo ELIA - Antonino DE STEFANO - Guglielmo ROEHRSSEN - Oronzo REALE - Brunetto BUCCIARELLI DUCCI - Alberto MALAGUGINI - Livio PALADIN - Arnaldo MACCARONE - Antonio LA PERGOLA - Virgilio ANDRIOLI - Giuseppe FERRARI - Francesco SAJA - Giuseppe CONSO.

Giovanni VITALE - Cancelliere

 

Depositata in cancelleria l'8 luglio 1982.