Sentenza n. 102 del 1982
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SENTENZA N. 102

ANNO 1982

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Prof. Leopoldo ELIA

Dott. Michele ROSSANO

Prof. Antonino DE STEFANO

Prof. Guglielmo ROEHRSSEN

Avv. Oronzo REALE

Avv. Alberto MALAGUGINI

Prof. Livio PALADIN

Prof. Virgilio ANDRIOLI

Prof. Giuseppe FERRARI

Dott. Francesco SAJA

Prof. Giovanni CONSO

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale dell'art. 2, comma 2, lett. a, della legge 12 agosto 1962, n. 1338 (disposizioni per il miglioramento dei trattamenti di pensione dell'assicurazione obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia e i superstiti), anche in combinato disposto con l'art. 23 della legge30 aprile 1969, n. 153 (revisione degli ordinamenti pensionistici e norme in materia di sicurezza sociale); dell'art. 1,comma 2, della legge 9 gennaio 1963, n. 9 (elevazione dei trattamenti minimi di pensione e riordinamento delle norme in materia di previdenza dei coltivatori diretti e dei coloni e mezzadri); degli artt. 23 e 54, comma 1, della legge 30 aprile 1969, n. 153; dell'art. 14, comma 1, del d.P.R. 27 aprile 1968, n. 488 (aumento e nuovo sistema di calcolo delle pensioni a carico della assicurazione generale obbligatoria) e del combinato disposto degli artt. 19, comma 2, della legge 22 luglio 1966, n. 613 (estensione dell'assicurazione obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia ed i superstiti agli esercenti attività commerciali ed ai loro familiari coadiutori e coordinamento degli ordinamenti pensionistici per i lavoratori autonomi) e 23 della legge 30 aprile 1969, n. 153, giudizi promossi con le ordinanze emesse il 2 maggio 1980 dal Pretore di Bergamo, il 29 aprile 1980 dal Tribunale di Salerno, il 16 luglio 1980 dal Pretore di Asti (due ordinanze), l'11 ottobre 1980 dal Pretore di Modena, l'11 gennaio 1980 dal Pretore di Avellino e il 25 giugno 1980 dal Pretore di Chieti, rispettivamente iscritte ai nn. 516, 578, 682, 683 e 882 del registro ordinanze 1980 ed ai nn. 165 e 325 del registro ordinanze 1981 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 256,298 e 325 del 1980 e nn. 63, 151 e 269 del 1981.

Visti gli atti di costituzione dell'INPS e di Grillini Don Ferdinando;

udito nell'udienza pubblica del 10 marzo 1982 il Giudice relatore Brunetto Bucciarelli Ducci;

uditi gli avvocati Luigi Maresca e Pasquale Vario, per l'INPS.

 

Ritenuto in fatto

 

1. - Con due ordinanze di rimessione emesse dal Pretore di Asti il 16 luglio 1980 (r.o. 682 e 683/1980) é stata sollevata, in riferimento all'art. 3 Cost., questione incidentale di legittimità costituzionale dell'art. 1, comma secondo, della legge 9 gennaio 1963 n. 9, nella parte in cui esclude l'integrazione al minimo della pensione diretta di invalidità a carico del fondo speciale per i coltivatori diretti, mezzadri e coloni ai titolari di pensione diretta dello Stato, qualora per effetto del cumulo sia superato il trattamento minimo garantito.

Il giudice a quo, premesso che per effetto delle sentenze di questa Corte n. 230 del 1974

 e n. 263 del 1976, dichiarative dell'illegittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 2, secondo comma, lett. a) della legge 12 agosto 1962 n. 1338 e 23 della legge 30 aprile 1969 n. 153, é stata consentita l'integrazione al minimo della pensione diretta per l'assicurazione obbligatoria INPS ai titolari di pensione di riversibilità erogate dallo Stato o da altri fondi o gestioni speciali nonché l'integrazione al minimo della pensione di invalidità INPS ai titolari di pensione diretta dello Stato, assume che la persistente esclusione per i titolari di identiche pensioni dirette dello Stato dal diritto all'integrazione al minimo della pensione di invalidità quando sia erogata da un fondo speciale come quello per i coldiretti, mezzadri e coloni, anziché dalla gestione ordinaria INPS, integra una irrazionale disparità di trattamento fra cittadini che si trovano in situazioni uguali.

La stessa disparità di trattamento é denunciata anche dal Pretore di Avellino con ordinanza di rimessione dell'11 gennaio 1981 (r.o. 165/1981), nella quale però viene impugnato l'art. 2, secondo comma, lettera a) della legge n. 1338 del 1962,(che sancisce i casi di esclusione dell'integrazione delle pensioni a carico dell'assicurazione generale obbligatoria) anziché l'art. 1, secondo comma, della legge n. 9 del 1963 (che stabilisce tale esclusione nell'ipotesi specifica delle pensioni a carico del fondo speciale oggetto del procedimento de quo).

2. - Una questione analoga viene anche sollevata, sempre in riferimento all'art. 3 Cost., con l'ordinanza di rimessione del Pretore di Chieti del 25 giugno 1980 (r.o. 325/1981) che impugna il combinato disposto degli artt. 19, secondo comma, della legge 22 luglio 1966, n. 613, e 23 della legge 30 aprile 1969, n. 153, nella parte in cui esclude l'integrazione al minimo della pensione diretta a carico della gestione speciale commercianti per chi sia già titolare di pensione diretta dello Stato.

Assume il pretore che le argomentazioni svolte dalla Corte costituzionale nelle citate sentenze nn. 230 del 1974 e 263 del 1976 non possono non valere anche nell'ipotesi di specie, solo perché anziché di lavoratori dipendenti si tratta di lavoratori autonomi.

3. - Con l'ordinanza di rimessione del Pretore di Bergamo del 2 maggio 1980 (r.o. 516/1980) viene invece sollevata, in riferimento all'art. 3 Cost., questione di illegittimità costituzionale del citato art. 2, secondo comma, lett. a) della legge 12 agosto 1962, n. 1338, nella parte in cui esclude l'integrazione al minimo della pensione di riversibilità INPS ai titolari di pensione diretta dello Stato.

Alla luce, infatti, della situazione della normativa in materia di trattamenti minimi, che si é venuta a determinare a seguito delle citate sentenze della Corte costituzionale nn. 230/1974 e 263/1976, non si ravvisano - secondo il giudice a quo - motivi giuridicamente validi per escludere dal trattamento minimo della pensione di riversibilità a carico dell'INPS i titolari di pensione diretta dello Stato.

4. - Il Tribunale di Salerno, con ordinanza del 29 aprile 1980 (r.o. 578/1980), solleva questione di legittimità costituzionale dello stesso art. 2, comma secondo, lett. a) della legge n. 1338 del 1962, nonché dell'art. 23 della legge 30 aprile 1969, n. 153, nella parte in cui esclude l'integrazione al minimo della pensione diretta corrisposta dall'assicurazione generale obbligatoria INPS ai titolari di pensione a carico di altro fondo esonerativo della assicurazione generale obbligatoria e in particolare del fondo interno INAIL.

Richiamando le note decisioni di questa Corte sopra citate, il giudice a quo rileva l'arbitraria disparità di trattamento tra lavoratori che si trovano in identiche condizioni che la normativa impugnata viene a realizzare.

5. - Infine con l'ordinanza dell'11 ottobre 1980 (r.o 882/1980) il Pretore di Modena solleva questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 3 e 38 Cost., dell'art. 2, secondo comma, lett. a) della legge 12 agosto 1962, n. 1338, nella parte in cui esclude il trattamento minimo della pensione di vecchiaia a carico dell'INPS ai titolari di pensione diretta a carico dello Stato.

In subordine, in caso di mancato accoglimento della precedente questione, solleva questione di legittimità costituzionale dell'art. 14, primo comma, d.P.R. 27 aprile 1968, n. 488, nella parte in cui esclude le pensioni aventi decorrenza posteriore al 31 dicembre 1970 dalla liquidazione effettuata secondo le disposizioni anteriori all'1 maggio 1968, e dell'art. 54, primo comma, della legge 30 aprile 1969, n. 153, nella parte in cui limita al 31 dicembre 1971 l'esercizio della facoltà di opzione di cui al citato art. 14, primo comma, d.P.R. n. 488 del 1968.

Il pretore svolge, a sostegno dell'eccezione principale, argomentazioni analoghe a quelle contenute nelle altre ordinanze di rimessione.

6. - L'Istituto Nazionale della Previdenza Sociale si é costituito nel giudizio introdotto dall'ordinanza del Pretore di Avellino (r.o. 165/1981) con atto di deduzioni del 15 giugno 1981, eccependo la irrilevanza della questione, così come erroneamente prospettata dal giudice a quo, in quanto la denuncia di una normativa estranea all'ipotesi specifica oggetto del giudizio (ved. sopra sub 1) fa sì che l'eventuale accoglimento dell'eccezione proposta non incida sulla decisione del giudizio de quo.

L'INPS si é costituito anche nel giudizio introdotto dall'ordinanza del Pretore di Chieti (r.o. 325/1981) con atto di deduzione del 10 ottobre 1981, rilevando la stretta analogia tra la questione proposta e quella decisa con la sentenza di questa Corte n. 34 del 12 febbraio 1981, "apparendo in tutta evidenza la identità formale e funzionale dell'art. 19, secondo comma, l. 613/1966 con l'art. 1, secondo comma, l. 12 agosto 1962, n. 1339 (concernente la gestione speciale artigiani), dichiarato costituzionalmente illegittimo con la citata recente sentenza n. 34/1981".

Costituendosi nel giudizio introdotto dall'ordinanza del Tribunale di Salerno (r.o. 578/1980) con atto di deduzioni del 14 novembre 1980 l'INPS, nel sostenere l'infondatezza della questione sollevata osserva in particolare che per le categorie dei lavoratori subordinati iscritti a fondi esonerativi dell'assicurazione generale obbligatoria - come nella specie - le rispettive leggi istitutive prevedono norme del tutto diverse da quelle dei lavoratori iscritti all'assicurazione generale obbligatoria, in ordine alle voci della retribuzione imponibile e di quella pensionabile, nonché in merito ai particolari aspetti tenuti in considerazione diversamente che per la generalità dei lavoratori, cosicché la diversità sostanziale dei criteri di copertura contributiva e la profonda diversità dell'assetto normativo fra i due regimi previdenziali sembrano giustificare la disparità di normativa concernente il trattamento minimo.

Infine l'INPS, costituitosi con atto del 21 marzo 1981 nel giudizio introdotto dall'ordinanza del Pretore di Modena (r.o. 882/80), rileva come la questione sollevata in via principale sia già stata decisa con la sentenza della Corte costituzionale n. 34 del 1981, cosicché la questione di costituzionalità proposta in via subordinata deve ritenersi assorbita dall'accoglimento della questione principale, non essendovi alcun interesse della parte privata all'accoglimento della questione subordinata.

7. - Nello stesso giudizio introdotto dal Pretore di Modena si é costituita la parte privata Don Ferdinando Grillini, rappresentata e difesa dal prof. avv. Mattia Persiani, svolgendo argomentazioni analoghe a quelle contenute nell'ordinanza di rimessione.

Con successiva memoria presentata fuori termine la difesa della parte prende atto dell'identità della questione sollevata con quella decisa con la citata sentenza n. 34/1981 di questa Corte e chiede che tale decisione venga estesa al presente giudizio.

 

Considerato in diritto

 

1. - L'identità di talune questioni prospettate e l'analogia di altre inducono a riunire i relativi giudizi ed a definirli con unica sentenza.

2. - La prima questione che la Corte costituzionale é chiamata a decidere é se contrasti o meno con l'art. 3 della Costituzione l'art. 1, comma secondo, della legge 9 gennaio 1963, n. 9, nella parte in cui esclude per i titolari di pensione diretta dello Stato l'integrazione al minimo della pensione di invalidità erogata dal fondo speciale per i coltivatori diretti, mezzadri e coloni, qualora per effetto del cumulo sia superato il trattamento minimo garantito.

Si dubita della costituzionalità della norma impugnata in quanto tale esclusione verrebbe a determinare una ingiustificata disparità di trattamento rispetto a chi sia titolare della stessa pensione dello Stato e chieda l'integrazione al minimo della pensione di invalidità a carico della gestione ordinaria dell'INPS, che, per effetto della sentenza di questa Corte n. 263 del 1976, é sempre integrabile.

La questione é stata sollevata con due ordinanze dal Pretore di Asti (r.o. nn. 682 e 683/1980) e sostanzialmente sotto lo stesso profilo con l'ordinanza del Pretore di Avellino (r.o. n. 165/1981), il quale - come si é già osservato in narrativa - anziché impugnare l'art. 1, secondo comma, della legge n. 9 del 1963, che disciplina l'esclusione lamentata, ha impugnato l'art. 2, secondo comma, lett. a), della legge n. 1338 del 1962, che riguarda invece l'assicurazione generale obbligatoria e che é stato peraltro già oggetto della sentenza di questa Corte n. 34 del 1981.

3. - La questione é fondata e merita accoglimento alla luce dei principi enunciati nella citata sentenza n. 34/1981 di questa Corte, nella quale si afferma il contrasto con l'art. 3 della Costituzione del diniego del trattamento minimo sulle pensioni dirette INPS (di invalidità o di vecchiaia) a chi sia già titolare di altra pensione di riversibilità o di altra pensione diretta a carico dello Stato o di altri fondi. Una volta, infatti, che la regola generale contenuta nell'art. 2, secondo comma, lett. a) della legge n. 1338/1962 (che vietava il cumulo fra pensione INPS integrata al minimo ed altri trattamenti previdenziali quando l'importo complessivo delle pensioni cumulate superasse il minimo garantito) aveva subito numerose deroghe per effetto della successiva legislazione (art. 23 legge n. 153 del 1969) e delle pronunce di questa Corte (sentenze nn. 230/1974

 e 263/1976), del tutto arbitraria e priva di razionale giustificazione veniva a risultare la persistenza dello stesso divieto in situazioni del tutto analoghe e meritevoli della medesima tutela costituzionale.

La funzione eminentemente sociale e solidaristica riconosciuta alla pensione minima fa sì che essa non possa tollerare trattamenti differenziati quando la rispettiva ratio discenda da identici presupposti di fatto, cioè la diminuita capacità di guadagno per infermità o per età, che rende il soggetto meritevole di eguale protezione.

In applicazione di tali principi la sentenza n. 34 del 1981 ha ritenuto tra l'altro priva di giustificazione razionale l'esclusione, per chi sia già titolare di pensione statale, del diritto all'integrazione al minimo per la pensione diretta erogata dalla gestione speciale per i lavoratori autonomi (sempre qualora per effetto del cumulo sia superato il trattamento minimo garantito), dal momento che tale pensione assolve, per la particolare categoria degli artigiani, esattamente la stessa funzione svolta per gli altri lavoratori dalla pensione diretta a carico dell'assicurazione ordinaria INPS. "L'identità della funzione dei due trattamenti - si legge nella sentenza sopra ricordata - che é quella di assicurare al lavoratore anziano o invalido un minimo vitale, rende arbitraria la diversità di disciplina data a due identici istituti a seconda che il pensionato sia assicurato dall'INPS o dalla gestione speciale lavoratori autonomi sempre gestita dall'INPS, non essendovi alcun motivo economico o sociale che valga a spiegare una discriminazione tra lavoratori dipendenti e lavoratori autonomi in riferimento al minimo vitale".

Le medesime considerazioni possono ripetersi a proposito del trattamento minimo della pensione di invalidità erogata dal fondo speciale per i coltivatori diretti, mezzadri e coloni, oggetto della questione ora sottoposta all'esame della Corte. Qui il trattamento pensionistico assolve all'identica funzione di assicurare al lavoratore agricolo autonomo, colpito da invalidità, un minimo vitale.

Deve, quindi, essere dichiarata l'illegittimità costituzionale dell'art. 1, comma secondo, della legge n. 9 del 1963.

4. - Alla stessa conclusione si deve pervenire - alla stregua delle considerazioni sopra esposte - anche per la seconda questione, sollevata dal Pretore di Chieti, che la Corte é chiamata a decidere: se contrasti o meno con l'art. 3 della Costituzione il combinato disposto degli artt. 19, secondo comma, della legge 22 luglio 1966, n. 613, e 23 della legge 30 aprile 1969, n. 153, nella parte in cui ripete, per i titolari di pensione diretta statale, la regola dell'esclusione del trattamento integrato al minimo della pensione di invalidità erogata dalla gestione speciale commercianti, sempre qualora per effetto del cumulo sia superato il trattamento minimo garantito.

Non sussiste, infatti, alcuna motivazione economica o sociale che valga a spiegare una discriminazione tra lavoratori dipendenti e lavoratori autonomi nel settore del commercio in ordine al minimo vitale. Una volta che per i primi é consentita l'integrazione al minimo della pensione di invalidità INPS, anche in presenza di altri trattamenti pensionistici che, cumulati con la pensione INPS, superino il minimo garantito, non vi é motivo perché tale integrazione debba essere negata a chi si trovi già in possesso della medesima pensione diretta dello Stato, solo perché la pensione di invalidità é erogata dalla gestione speciale commercianti anziché dalla gestione ordinaria INPS.

Come già osservato nella sentenza n. 34 del 1981, nessuna pronuncia deve essere adottata in ordine all'art. 23 della legge n. 153 del 1969, che viene invocato come semplice elemento di raffronto, non essendo esso in effetti oggetto dell'impugnazione. Risale, infatti, a tale norma la prima deroga introdotta dal legislatore alla regola generale originaria del divieto dell'integrazione al minimo della pensione diretta INPS quando il suo cumulo con altra pensione superasse il trattamento minimo garantito.

Va, pertanto, dichiarata l'illegittimità costituzionale anche dell'art. 19, comma secondo, della legge n. 613 del 1966 sotto il profilo proposto.

5. - La terza questione, sollevata dal Pretore di Bergamo, sulla quale la Corte é chiamata a decidere, é se sia in contrasto con l'art. 3 della Costituzione l'art. 2, lettera a) della legge 12 agosto 1962, n. 1338, nella parte in cui esclude per i titolari di pensione diretta dello Stato l'integrazione al minimo della pensione di riversibilità INPS, qualora il cumulo delle due pensioni superi il trattamento minimo garantito.

Dubita il giudice a quo che tale disposizione realizzi un'ingiustificata disparità di trattamento in raffronto al diritto all'integrazione della pensione diretta INPS, già riconosciuto allo stato attuale della normativa - ai titolari di pensione diretta dello Stato o di pensione di riversibilità a carico dello Stato stesso, dell'INPS o di altri fondi.

La questione, mai proposta sotto questo profilo, é fondata.

Non si ravvisa, infatti, alcuna razionale giustificazione economica o sociale, che valga a spiegare la disparità lamentata, in quanto una volta riconosciuto al titolare di pensione diretta dello Stato il diritto ad integrare al minimo la pensione diretta INPS, non si vede come si possa negare al titolare della medesima pensione statale il diritto ad integrare al minimo la pensione di riversibilità INPS, che é strutturalmente di importo inferiore alla pensione diretta.

Anche sotto questo profilo, pertanto, la norma impugnata va dichiarata costituzionalmente illegittima.

6. - Non ignora la Corte la situazione che si é venuta a determinare nella normativa previdenziale a seguito delle deroghe al principio originario (che vietava l'integrazione al minimo della pensione INPS quando questa veniva a cumularsi con altri trattamenti pensionistici e con tale cumulo si veniva a superare il minimo garantito) introdotte dal legislatore e dalle conseguenziali decisioni di questa stessa Corte, che hanno esteso tali deroghe a situazioni analoghe, a tutela del principio costituzionale d'eguaglianza.

Ciò rende quanto mai opportuno e urgente un intervento del legislatore che riesamini sul piano generale, ispirandosi ai principi contenuti negli artt. 3 e 38 Cost., la materia relativa al diritto alla integrazione al minimo delle pensioni INPS. Va da sé che lo stesso legislatore, sempre tenendo presenti i suddetti principi, dovrà riconsiderare in particolare il fondamento del criterio derogatore che é stato all'origine della sequenza giurisprudenziale di questa Corte.

7. - Un'altra questione sottoposta all'esame della Corte é se contrasti con l'art. 3 della Costituzione lo stesso art. 2, secondo comma, lett. a) della legge n. 1338 del 1962, nella parte in cui esclude per i titolari di pensione diretta erogata dal fondo interno INAIL l'integrazione della pensione diretta a carico dell'INPS, sempre qualora per effetto del cumulo sia superato il trattamento minimo garantito.

Si dubita nell'ordinanza di rimessione del Tribunale di Salerno che tale esclusione realizzi una ingiustificata disparità di trattamento in raffronto al diritto all'integrazione delle pensioni dirette INPS, sempre riconosciuto ai titolari di pensione di riversibilità, e al diritto all'integrazione della pensione diinvalidità INPS, riconosciuto ai titolari di pensione diretta dello Stato.

La motivazione dell'ordinanza, tuttavia, appare insufficiente e generica circa la rilevanza della questione sollevata nel giudizio a quo, in quanto non contiene alcuna precisazione sul carattere esonerativo dall'assicurazione generale obbligatoria del fondo interno dell'INAIL, che costituisce in concreto la premessa di fondo della rilevanza della questione prospettata.

Gli atti devono, quindi, essere restituiti al Tribunale di Salerno affinché compia una approfondita e necessaria indagine sulla rilevanza del quesito proposto nel giudizio a quo.

8. - L'ultima questione, infine, sollevata dal Pretore di Modena, é già stata esaminata sotto lo stesso profilo e decisa da questa Corte, successivamente all'emanazione dell'ordinanza di rimessione, con la citata sentenza n. 34 del 1981, che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 2, secondo comma, lett. a) della legge n. 1338 del 1962 nella parte impugnata.

La questione così proposta va, quindi, dichiarata manifestamente infondata.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

a) dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 1, comma secondo, della legge 9 gennaio 1963, n. 9, nella parte in cui esclude per i titolari di pensione diretta dello Stato l'integrazione al minimo della pensione di invalidità erogata dal fondo speciale per i coltivatori diretti, mezzadri e coloni, qualora per effetto del cumulo sia superato il trattamento minimo garantito.

b) dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 19, comma secondo, della legge 22 luglio 1966, n. 613, nella parte in cui esclude per i titolari di pensione diretta statale l'integrazione al minimo della pensione di invalidità erogata dalla gestione speciale commercianti, qualora per effetto del cumulo sia superato il trattamento minimo garantito.

c) dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 2, secondo comma, lett. a) della legge 12 agosto 1962, n. 1338, nella parte in cui esclude per i titolari di pensione diretta dello Stato l'integrazione al minimo della pensione di riversibilità INPS, qualora per effetto del cumulo sia superato il trattamento minimo garantito.

d) dichiara manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dello stesso art. 2, secondo comma, della legge 12 agosto 1962, n. 1338, sollevata dal Pretore di Modena con ordinanza n. 882 del 1980, già dichiarato costituzionalmente illegittimo, nella parte impugnata, con sentenza n. 34 del 1981.

e) ordina la restituzione al giudice a quo degli atti relativi alla questione sollevata con ordinanza del Tribunale di Salerno n. 578 del 1980.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 20 maggio 1982.

 

Leopoldo ELIA - Michele ROSSANO - Antonino DE STEFANO - Guglielmo ROEHRSSEN - Oronzo REALE - Brunetto  - Alberto MALAGUGINI - Livio PALADIN - Virgilio ANDRIOLI - Giuseppe FERRARI - Francesco SAJA - Giuseppe CONSO.

Giovanni VITALE - Cancelliere

 

Depositata in cancelleria il 27 maggio 1982.