Sentenza n. 263 del 1976
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SENTENZA N. 263

ANNO 1976

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori giudici:

Prof. Paolo ROSSI, Presidente

Dott. Luigi OGGIONI

Avv. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE

Avv. Leonetto AMADEI

Dott. Giulio GIONFRIDA

Prof. Edoardo VOLTERRA

Prof. Guido ASTUTI

Dott. Michele ROSSANO

Prof. Antonino DE STEFANO

Prof. Leopoldo ELIA,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 2, secondo comma, lett. a, della legge 12 agosto 1962, n. 1338 (Disposizioni per il miglioramento dei trattamenti di pensione dell'assicurazione obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia e i superstiti), e dell'art. 23 della legge 30 aprile 1969, n. 153 (Revisione degli ordinamenti pensionistici e norme in materia di sicurezza sociale), promosso con ordinanza emessa il 30 aprile 1975 dalla Corte d'appello di Potenza, nel procedimento civile vertente tra Reale Gaetano e l'Istituto nazionale della previdenza sociale, iscritta al n. 234 del registro ordinanze 1975 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 202 del 30 luglio 1975.

Udito nella camera di consiglio del 28 ottobre 1976 il Giudice relatore Michele Rossano.

Ritenuto in fatto

Nel corso del procedimento civile - promosso nei confronti dell'INPS da Gaetano Reale, titolare di pensione a carico dello Stato quale agente di custodia e di pensione di invalidità a carico dell'INPS, al fine di ottenere il ripristino dell'integrazione della pensione per invalidità, a carico dell'INPS, fino al minimo garantito - la Corte di appello di Potenza, con ordinanza 30 aprile 1975, ritenne rilevante ai fini della decisione della causa e non manifestamente infondata la questione, proposta dal Reale concernente la legittimità costituzionale del combinato disposto dell'art. 2, comma secondo, legge 12 agosto 1962, n. 1338 (disposizioni per il miglioramento dei trattamenti di pensione dell'assicurazione obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia ed i superstiti) e dell'art. 23 legge 30 aprile 1969, n. 153 (revisione degli ordinamenti pensionistici e norme in materia di sicurezza sociale), in riferimento all'art. 3 della Costituzione.

L'ordinanza é stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 202 del 30 luglio 1975.

Nel giudizio davanti a questa Corte non si sono costituite le parti e non é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri.

Considerato in diritto

1. - Con l'ordinanza indicata in epigrafe la Corte di appello di Potenza ha prospettato la questione di legittimità costituzionale se la normativa di cui al combinato disposto degli artt. 2, comma secondo, della legge 12 agosto 1962, n. 1338, e 23 della legge 30 aprile 1969, n. 153, sia in contrasto con il principio di eguaglianza - enunciato nell'art. 3 della Costituzione - nella parte in cui esclude che sia dovuto il trattamento minimo della pensione di invalidità, a carico dell'lNPS, al titolare di pensione diretta a carico dello Stato.

Secondo la Corte di appello di Potenza, le citate norme delle leggi n. 1338 del 1962 e n. 153 del 1969 determinerebbero una disparità di trattamento non giustificata tra i titolari di pensione diretta a carico dell'INPS e di pensione di riversibilità a carico dello Stato o di un fondo o gestione speciale - i quali, per effetto della sentenza n. 230 del 1974 della Corte costituzionale, hanno diritto alla pensione diretta dell'INPS nella misura del minimo garantito - ed i titolari di due pensioni dirette, l'una a carico dell'INPS e l'altrà a carico dello Stato.

2. - La questione é fondata.

L'art. 2, comma secondo, lett. a, della legge 12 agosto 1962, n. 1338, prescriveva che non era dovuto il trattamento minimo della pensione INPS a coloro che percepivano più pensioni a carico dell'assicurazione obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia ed i superstiti o di altre forme di previdenza sostitutive di detta assicurazione o che avevano dato titolo a esclusione o esonero dall'assicurazione stessa, qualora per effetto del cumulo il pensionato fruisse di un trattamento complessivo di pensione superiore al minimo garantito.

Successivamente l'art. 23 della legge 30 aprile 1969, n. 153, derogò a detta norma, stabilendo, nel primo comma, che al titolare di pensione di riversibilità, che fosse anche beneficiario di altra pensione a titolo proprio a carico dell'assicurazione obbligatoria, era garantito il trattamento minimo sulla pensione diretta; e, nel secondo comma, che la pensione di riversibilità, in tale caso, era calcolata in conformità di quanto previsto dall'art. 2 della legge 21 luglio 1965, n. 903, e non veniva integrata al trattamento minimo.

L'inciso in tale articolo "a carico dell'assicurazione obbligatoria" e la previsione che la pensione di riversibilità "in tal caso" non veniva integrata al trattamento minimo, hanno indotto questa Corte, con la sentenza n. 230 del 1974, ad accogliere l'interpretazione secondo cui, qualora le pensioni non fossero a carico della medesima assicurazione obbligatoria, restava fermo il divieto posto dall'art. 2, comma secondo, lett. a, della legge n. 1338 del 1962, innanzi riportato.

In particolare questa Corte osservò che non era razionalmente fondata la disciplina di favore stabilita nella normativa censurata nelle due analoghe situazioni, ad essa prospettate, della non integrabilità della pensione diretta a carico dell'INPS quando il titolare della pensione stessa aveva diritto: a) anche ad una pensione di riversibilità a carico di fondi o gestioni speciali; b) ad una pensione di riversibilità a carico di una amministrazione dello Stato. Nel primo caso ritenne non giustificata la disciplina di favore riservata dalla legge, disattendendo l'assunto difensivo dell'INPS, secondo cui i fondi speciali assicurerebbero ai pensionati un trattamento migliore. Nel secondo caso ritenne irrazionale il divieto di integrazione allorché fosse lo Stato ad erogare altra pensione in aggiunta a quella diretta dell'INPS, non essendo giustificato l'assunto dell'INPS per la medesima ragione e anche in quanto l'art. 11, comma secondo, d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1032 (t.u. delle norme sulle prestazioni previdenziali a favore dei dipendenti civili e militari dello Stato), aveva disposto che l'assegno vitalizio era cumulabile con la pensione sociale e con altri trattamenti previdenziali conseguenti a forme di assicurazione volontaria.

Tali osservazioni pongono in luce l'anormalità di una tutela dei titolari della pensione di riversibilità più completa di quella dei titolari della pensione diretta, nell'ipotesi di cumulo con una pensione dell'INPS. Il particolare riferimento al principio, sancito dall'art. 11, secondo comma, del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1032, della cumulabilità dell'assegno vitalizio con la pensione sociale e con altri trattamenti previdenziali, rivela l'intento di assicurare ai lavoratori mezzi adeguati alle loro esigenze di vita, in applicazione dell'art. 38, secondo comma, della Costituzione, con la corresponsione di un minimo, il cui ammontare é riservato ad apprezzamenti del legislatore, nell'osservanza peraltro del principio di razionalità. Conseguenze irragionevoli, che potrebbero derivare dall'attuale disciplina nelle concrete applicazioni, sono state opportunamente indicate nell'ordinanza di rinvio (al titolare di due pensioni di riversibilità non compete su quella dell'INPS il trattamento minimo, che, invece, é riconosciuto sulla diretta a chi invece gode, insieme a questa, di altre due pensioni di riversibilità; trattamento di particolare favore di una pensione di riversibilità rispetto al titolare di una pensione diretta, anche di ammontare minimo). Queste considerazioni danno fondamento alla questione di costituzionalità come prospettata nell'ordinanza.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara l'illegittimità costituzionale del combinato disposto dell'art. 2, comma secondo, lett. a, della legge 12 agosto 1962, n. 1338 (Disposizioni per il miglioramento dei trattamenti di pensione dell'assicurazione obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia e i superstiti), e dell'art. 23 della legge 23 aprile 1969, n. 153 (Revisione degli ordinamenti pensionistici e norme in materia di sicurezza sociale), nella parte in cui esclude che sia dovuto il trattamento minimo della pensione diretta per l'invalidità, a carico dell'INPS, ai titolari di pensione diretta a carico di amministrazioni dello Stato.

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 21 dicembre 1976.

Paolo ROSSI - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI - Nicola REALE - Leonetto AMADEI - Giulio GIONFRIDA - Edoardo VOLTERRA - Guido ASTUTI - Michele ROSSANO - Antonino DE STEFANO - Leopoldo ELIA.

Arduino SALUSTRI - Cancelliere

 

Depositata in cancelleria il 29 dicembre 1976.