SENTENZA N. 230
ANNO 1974
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
Prof. Francesco Paolo BONIFACIO
Dott. Giuseppe VERZÌ
Avv. Giovanni Battista BENEDETTI
Dott. Luigi OGGIONI
Dott. Angelo DE MARCO
Avv. Ercole ROCCHETTI
Prof. Enzo CAPALOZZA
Prof. Vezio CRISAFULLI
Dott. Nicola REALE
Prof. Paolo ROSSI
Avv. Leonetto AMADEI
Dott. Giulio GIONFRIDA
Prof. Edoardo VOLTERRA
Prof. Guido ASTUTI
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale dell'art. 2, secondo comma, lett. a, della legge 12 agosto 1962, n. 1338 (Disposizioni per il miglioramento dei trattamenti di pensione dell'assicurazione obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia e i superstiti), e dell'art. 23 della legge 30 aprile 1969, n. 153 (Revisione degli ordinamenti pensionistici e norme in materia di sicurezza sociale), promossi con le seguenti ordinanze:
1) ordinanza emessa il 23 febbraio 1972 dal tribunale di Rieti nel procedimento civile vertente tra Conti Emilio e l'Istituto nazionale della previdenza sociale, iscritta al n. 131 del registro ordinanze 1972 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 134 del 24 maggio 1972;
2) ordinanza emessa il 29 maggio 1972 dal tribunale di Trieste nel procedimento civile vertente tra Daneu Maria e l'Istituto nazionale della previdenza sociale, iscritta al n. 2 del registro ordinanze 1973 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 55 del 28 febbraio 1973;
3) ordinanza emessa il 17 aprile 1973 dal tribunale di Reggio Emilia nel procedimento civile vertente tra Sandri Anna e l'Istituto nazionale della previdenza sociale, iscritta al n. 232 del registro ordinanze 1973 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 198 del 10 agosto 1973.
Visti gli atti di costituzione di Conti Emilio, di Sandri Anna e dell'Istituto nazionale della previdenza sociale;
udito nell'udienza pubblica del 3 aprile 1974 il Giudice relatore Enzo Capalozza;
uditi l'avv. Pasquale Nappi, per Conti Emilio, l'avv. Paolo Barile, per Sandri Anna, e l'avv. Giovanni Battista Rossi Doria, per l'INPS.
Ritenuto in fatto
1. - Emilio Conti, titolare di una pensione diretta, per invalidità, a carico dell'assicurazione obbligatoria gestita dall'INPS, e di altra, di riversibilità, a carico dello Stato, adiva, al fine di ottenere che la prima fosse maggiorata della quota di integrazione del trattamento minimo, il tribunale di Rieti, sostenendo che l'art. 2, secondo comma, lett. a, della legge 12 agosto 1962, n. 1338, che aveva escluso i beneficiari di più pensioni da tale integrazione, era stato abrogato dall'art. 23 della legge 30 aprile 1969, n. 153.
Nel resistere alla domanda, l'Istituto convenuto osservava che quest'ultima disposizione é innovativa, nel senso indicato dall'attore, solo per le pensioni corrisposte, ad un medesimo beneficiario, da esso Istituto, avendo lasciata inalterata la precedente disciplina per l'ipotesi, quale quella di specie, in cui la pensione di reversibilità sia dovuta da altra amministrazione.
Il tribunale, ravvisando nella disciplina una disparità di trattamento tra due categorie di cittadini, in condizioni sostanzialmente identiche, con ordinanza 23 febbraio 1973 ha sollevato questione di legittimità costituzionale, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, della norma risultante dal combinato disposto degli artt. 2, secondo comma, lett. a, della legge del 1962, n. 1338, e 23 della legge del 1969, n. 1S3, nella parte in cui "viene escluso il trattamento minimo sulla pensione diretta al titolare di pensione di reversibilità a carico di fondi di previdenza sostitutivi di quello dell'Istituto nazionale della previdenza sociale".
Dinanzi a questa Corte si sono costituite le parti del giudizio a quo. Non é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri.
La difesa del pensionato chiede che la norma denunziata sia dichiarata illegittima. Dopo aver osservato che il vigente sistema previdenziale si basa sul principio della socialità e non su quello dell'assistenza, afferma che, comunque, il solo fatto che unico oppure duplice sia l'ente erogatore delle pensioni non giustificherebbe la differenza tra le due situazioni normative.
La difesa dell'INPS, pur chiedendo che si provveda come di giustizia, prospetta l'infondatezza della questione. Al riguardo precisa i limiti di estensione dell'art. 23 della legge del 1969 e ne indica la ratio nell'esiguità dell'importo delle pensioni di riversibilità corrisposte da esso Istituto, facendo presente che quelle non a suo carico sarebbero già state ragguagliate al minimo da altre disposizioni di legge. Richiama, infine, la giurisprudenza di questa Corte sulla differenza di trattamento tra dipendenti della pubblica Amministrazione e delle aziende private, anche in tema di pensioni.
2. - In un'analoga controversia tra l'INPS e Maria Daneu vedova Tabor, beneficiaria di una pensione diretta, per invalidità, a carico dell'INPS e di altra, di riversibilità, erogata dallo Stato, per altra forma di previdenza, il tribunale di Trieste, con ordinanza 29 maggio 1972, ha sollevato questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 3 e 38, primo comma, Cost., dell'art. 23 della legge n. 153 del 1969, per "disparità di trattamento tra i soggetti titolari di assegni similari", non riconducibile "a logiche motivazioni obiettive".
Dinanzi a questa Corte si é costituito soltanto l'INPS, la cui difesa, mentre chiede che si provveda come di giustizia, prospetta, per altro, l'infondatezza della questione e rileva l'estraneità del richiamo all'art. 38 della Costituzione.
Con successiva memoria, l'INPS, ricorda la motivazione della sentenza n. 128 del 1973 di questa Corte e sostiene che i principi ivi accolti consentono di risolvere anche l'odierna questione.
Al riguardo precisa che le norme denunziate rappresentano lo strumento tecnico con il quale il legislatore ha inteso graduare l'attuazione dell'art. 38 della Costituzione. Ciò in quanto una razionale considerazione delle risorse utilizzabili e delle esigenze di vita degli assicurati avrebbe persuaso di non poter riconoscere, se non con le limitazioni poste dall'art. 23 della legge n. 153 del 1969, il trattamento minimo della pensione di reversibilità a chi fruisca di pensione diretta, la cui concessione sarebbe di per sé sufficiente a soddisfare l'esigenza garantita dal richiamato precetto costituzionale.
3. - Con ordinanza 17 aprile 1973, sostanzialmente identica a quella del tribunale di Rieti, é stata sollevata, negli stessi termini, dal tribunale di Reggio Emilia, questione di legittimità costituzionale, in riferimento all'art. 3 Cost., del combinato disposto degli artt. 2, secondo comma, lett. a, della legge del 1962 e 23 della legge del 1969, nella causa iniziata nei confronti dell'INPS da Anna Sandri, titolare di pensione diretta, per invalidità, erogata dall'INPS, e di altra, di reversibilità, a carico del Fondo di previdenza dei dipendenti delle aziende elettriche.
Nel giudizio dinanzi a questa Corte si sono costituiti la pensionata e l'INPS. Non vi é stato intervento del Presidente del Consiglio dei ministri.
La difesa della parte privata, a sostegno della tesi della illegittimità, deduce che, in mancanza di criteri quantitativi di reddito della pensione di reversibilità, la disposizione censurata potrebbe condurre alla esclusione dal trattamento minimo anche dei titolari di una pensione di ammontare inferiore a quello della stessa pensione a carico dell'INPS.
Fa, infine, presente che il Fondo di previdenza degli elettrici, sostitutivo dell'assicurazione generale obbligatoria, é inquadrato nell'ambito di essa, con regolamentazione in parte comune e con disciplina affine.
La difesa dell'INPS svolge argomenti e formula conclusioni nei medesimi termini risultanti dalle sue deduzioni depositate nel giudizio di legittimità costituzionale per la questione sollevata dal tribunale di Rieti.
La difesa della Sandri ha presentato memoria, insistendo a che la disposizione denunziata sia dichiarata illegittima.
Premesso un breve cenno sulla interpretazione di tale norma, richiama la giurisprudenza costituzionale ed ordinaria sul cumulo delle diverse prestazioni previdenziali, nonché le disposizioni di legge sulla compatibilità tra pensioni di vecchiaia ed altri trattamenti di quiescenza. Lo stesso principio sarebbe stato seguito dalla legge del 1969, n. 153, per il cumulo tra pensione di reversibilità e pensione diretta a carico dell'assicurazione obbligatoria. Per altro, la limitazione di tale principio a danno di alcune categorie di assicurati mancherebbe di qualsiasi ragionevolezza. Infatti, la pensione di reversibilità sarebbe del tutto autonoma e svincolata dalla pensione o retribuzione da cui deriva; d'altro canto, la frammentarietà e la contingenza dei provvedimenti che hanno introdotto la tutela previdenziale nei settori che non rientrano nella diretta area d'intervento del regime di assicurazione obbligatoria non escluderebbe che "tali forme di tutela vengano attratte nell'ambito del regime generale, ogni volta che le altre posizioni nei singoli ordinamenti non conseguano gli scopi per i quali sono funzionalizzate".
Considerato in diritto
1. - Con le tre ordinanze indicate in epigrafe, é stata denunziata a questa Corte, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, dal tribunale di Rieti e da quello di Reggio Emilia, e, anche in riferimento all'art. 38, primo comma, dal tribunale di Trieste, la normativa risultante dal combinato disposto degli artt. 2, secondo comma, lett. a, della legge 12 agosto 1962, n. 1338, e 23 della legge 30 aprile 1969, n. 153, nella parte in cui esclude dalla integrazione del trattamento minimo di pensione INPS i titolari di pensione di reversibilità a carico di altro fondo, gestione o amministrazione, allorquando, per effetto del cumulo, essi vengano a fruire di un trattamento complessivo superiore al minimo garantito dall'INPS.
2. - I tre giudizi attengono alla stessa materia e possono, quindi, essere riuniti e decisi con unica sentenza.
3. - L'art. 2, secondo comma, lett. a, della legge 12 agosto 1962, n. 1338, escludeva dalla maggiorazione del trattamento minimo della pensione INPS il titolare di più pensioni - diretta o di reversibilità - sia a carico dell'assicurazione obbligatoria, sia a carico di gestioni sostitutive di diversa qualificazione, ogniqualvolta il trattamento minimo fosse superato dall'ammontare complessivo delle diverse pensioni.
Per altro, con l'art. 23 della successiva legge 30 aprile 1969, n. 153, si é stabilito che "al titolare di pensione di reversibilità che sia anche beneficiario di altra pensione a titolo proprio a carico dell'assicurazione obbligatoria é garantito il trattamento minimo nella pensione diretta".
Secondo l'attuale giurisprudenza, seguita dai giudici a quibus, l'inciso "a carico dell'assicurazione obbligatoria" va interpretato restrittivamente, nel senso che entrambe le pensioni siano erogate dall'INPS. Interpretazione, invero, che é suffragata dal secondo comma dello stesso art. 23, per il quale "la pensione di reversibilità in tal caso (...) non viene integrata al trattamento minimo".
Pertanto, qualora le pensioni non siano erogate dalla medesima assicurazione obbligatoria, resta fermo il divieto posto dall'art. 2, secondo comma, lett. a, della legge n. 1338 del 1962.
Di qui la prospettata violazione degli artt. 3 e 38, primo comma, della Costituzione.
4. - Vengono prospettate a questa Corte due diverse, ma analoghe situazioni: la non integrabilità della pensione diretta a carico dell'INPS, quando il titolare abbia anche diritto:
a) ad una pensione di reversibilità a carico di fondi o gestioni speciali (tribunale di Reggio Emilia);
b) ad una pensione di reversibilità a carico di una amministrazione dello Stato (tribunali di Rieti e di Trieste).
5. - Nel primo caso, non é razionalmente fondata la disciplina di favore che la legge fa ai pensionati INPS. Né é decisivo l'accenno della difesa dell'Istituto, secondo cui il beneficio sarebbe volto a rimediare a uno squilibrio, dato che i fondi speciali farebbero un trattamento migliore; sicché la giustificazione, sul piano dell'art. 3 Cost., discenderebbe dalla maggiore sicurezza sociale dei pensionati di questi fondi.
Va osservato che l'art. 11 della legge n. 153 del 1969, di cui si tratta, stabilisce per i pensionati INPS la misura massima di pensione nella percentuale del 74 per cento della retribuzione per le pensioni con decorrenza successiva al 31 dicembre 1968 e dell'80 per cento per le pensioni con decorrenza successiva al 31 dicembre 1975. In sostanza, dunque, vista in prospettiva, la disciplina pensionistica INPS non può dirsi, in linea di principio, meno favorevole di quella di taluni fondi e gestioni speciali che traggono la loro autonoma normativa e la loro "specialità" non da finalità preferenziali, bensì dalle particolari caratteristiche del rapporto di lavoro cui ineriscono (pericolosità, gravosità, ecc.).
6. - Alla medesima conclusione deve pervenirsi, allorché sia una amministrazione dello Stato ad erogare altra pensione in aggiunta a quella diretta dell'INPS, perché identica irrazionalità si ravvisa nel divieto di integrazione, anche a tacere che la pensione statale di reversibilità é spesso inferiore a quella di fondi speciali.
Del resto, quanto ai dipendenti statali, é ora vigente l'articolo 11, secondo comma, del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1032 (t.u. delle norme sulle prestazioni previdenziali a favore dei dipendenti civili e militari dello Stato), per il quale "l'assegno vitalizio é (...) cumulabile con la pensione sociale e con altri trattamenti previdenziali conseguenti a forme di assicurazione volontaria.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara l'illegittimità costituzionale del combinato disposto dell'art. 2, secondo comma, lett. a, della legge 12 agosto 1962, n. 1338 (Disposizioni per il miglioramento dei trattamenti di pensione dell'assicurazione obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia e i superstiti), e dell'art. 23 della legge 30 aprile 1969, n. 153 (Revisione degli ordinamenti pensionistici e norme in materia di sicurezza sociale), nella parte in cui esclude che sia dovuto il trattamento minimo della pensione diretta per l'assicurazione obbligatoria INPS ai titolari di pensione di reversibilità a carico di altri fondi o gestioni speciali di previdenza oppure a carico di amministrazioni dello Stato.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 9 luglio 1974.
Francesco Paolo BONIFACIO - Giuseppe VERZÌ- Giovanni Battista BENEDETTI - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele - Vezio CRISAFULLI - Nicola REALE - Paolo ROSSI - Leonetto AMADEI - Giulio GIONFRIDA - Edoardo VOLTERRA - Guido ASTUTI.
Arduino SALUSTRI - Cancelliere
Depositata in cancelleria il 17 luglio 1974.