SENTENZA N. 52
ANNO 1981
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori giudici
Avv. Leonetto AMADEI, Presidente
Dott. Giulio GIONFRIDA
Prof. Edoardo VOLTERRA
Dott. Michele ROSSANO
Prof. Antonino DE STEFANO
Prof. Leopoldo ELIA
Prof. Guglielmo ROEHRSSEN
Avv. Oronzo REALE
Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI
Prof. Livio PALADIN
Dott. Arnaldo MACCARONE
Prof. Antonio LA PERGOLA
Prof. Virgilio ANDRIOLI
Prof. Giuseppe FERRARI
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 3 d.l C.p.S. 4 aprile 1947, n. 207 (trattamento giuridico ed economico del personale civile non di ruolo in servizio nelle Amministrazioni dello Stato) promosso con ordinanza emessa il 1 dicembre 1976 dal Tribunale Amministrativo regionale del Lazio nel procedimento civile vertente tra Evangelisti Sergio e il Provveditorato agli studi di Latina, iscritta al n. 55 del registro ordinanze 1977 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 73 del 1977.
Visti gli atti di costituzione di Evangelisti Sergio e del Provveditorato agli studi di Latina e l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell'udienza pubblica del 12 novembre 1980 il Giudice relatore Michele Rossano;
uditi l'avv. Giulio Pizzuti per Evangelisti Sergio e l'avvocato dello Stato Mario Imponente per il Provveditorato agli studi di Latina e per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
Con decreto 21 dicembre 1974 il Provveditorato agli Studi di Latina disponeva il licenziamento di Sergio Evangelisti, nominato applicato di segreteria non di ruolo con provvedimento 26 febbraio 1974, in servizio presso la Scuola Media di Aprilia n. 3, perchè lo stesso aveva superato il limite di tre mesi di assenza per malattia previsto dall'art. 3 d.l. C.p.S. 4 aprile 1947, n. 207 (trattamento giuridico ed economico del personale civile non di ruolo in servizio nelle Amministrazioni dello Stato).
Avverso il decreto di licenziamento l'Evangelisti, con atto 19 febbraio 1975, proponeva ricorso al Tribunale Amministrativo regionale del Lazio.
Con ordinanza 1 dicembre 1976 il suddetto Tribunale sollevava, di ufficio, due questioni di legittimità costituzionale dell'art. 3 d.l. C.p.S. 4 aprile 1947, n. 207, in riferimento all'art. 3 della Costituzione.
L'ordinanza era pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 73 del 16 marzo 1977.
Nel giudizio davanti a questa Corte interveniva il Presidente del Consiglio dei ministri e si costituiva il Provveditorato agli Studi di Latina, entrambi rappresentati e difesi dall'Avvocato generale dello Stato, con unico atto depositato in data 26 marzo 1977, chiedendo che le questioni di legittimità costituzionale venissero dichiarate non fondate.
Si costituiva anche la parte privata, Sergio Evangelisti, con atto depositato il 5 aprile 1977, chiedendo alla Corte costituzionale di dichiarare illegittimo, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, l'art. 3 d.l. C.p.S. 4 aprile 1947, n. 207, nella parte in cui limita la conservazione del rapporto di lavoro per sei mesi agli impiegati, assunti a tempo indeterminato, con almeno cinque anni di servizio.
Considerato in diritto
1. - Secondo il Tribunale Amministrativo del Lazio l'articolo 3 d.l. C.p.S. 4 aprile 1947, n. 207 - limitatamente al personale non di ruolo delle Amministrazioni dello Stato assunto a tempo indeterminato - sarebbe, in via principale, in contrasto con l'art. 3 della Costituzione in quanto - stabilendo che, nelle ipotesi di assenza dal servizio per infermità, il rapporto di impiego è mantenuto per tre mesi o per sei mesi, se l'anzianità di servizio sia inferiore o superiore a cinque anni - determinerebbe una non giustificata disparità di trattamento tra impiegati non di ruolo e impiegati di ruolo, che si troverebbero nella medesima situazione. Sarebbero, infatti, identiche le condizioni di salute e, sotto il profilo delle esigenze funzionali della Pubblica Amministrazione, il rapporto di impiego non di ruolo a tempo indeterminato si atteggerebbe sostanzialmente come quello di ruolo, per il quale gli artt. 37, 66 e 68 d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3 (Statuto degli impiegati civili dello Stato) prevedono congedi straordinari e collocamenti in aspettativa per infermità fino a 18 mesi, prescindendo da qualsiasi anzianità di servizio.
La Corte costituzionale, con la sentenza n. 39 del 1 marzo 1972, avrebbe rilevato che non esistevano ragioni per differenziare, in ordine alla tutela da accordare in caso di infermità, il trattamento del personale civile di ruolo e non di ruolo dello Stato.
In via subordinata, sussisterebbe contrasto tra l'art. 3 della Costituzione e il citato art. 3 d.l. C.p.S. n. 207 del 1947 perchè tale nomina, - nel prevedere, nei casi di assenza dal servizio per malattia, il mantenimento del rapporto di impiego per tre mesi o per sei mesi se l'anzianità di servizio sia inferiore o superiore a cinque anni - riserverebbe agli impiegati civili non di ruolo dello Stato trattamento differenziato secondo l'anzianità di servizio, trattamento da ritenere non giustificato perchè, venendo in considerazione un'attività da esplicare in tempo non determinato, la prolungata assenza per malattia produrrebbe i medesimi inconvenienti sia nel primo anno, sia nel sesto anno di servizio.
2. - Le questioni non sono fondate.
In ordine a quella proposta in via principale si osserva che l'art. 3, comma primo, d.l. C.p.S. n. 207 del 1947 prevedeva, nel testo originario, che nei casi di assenza dal servizio per malattia, accertata dall'Amministrazione, al personale non di ruolo era mantenuto il rapporto di impiego per un periodo di tre mesi se avesse avuto almeno un anno di servizio e per un periodo di sei mesi se avesse avuto un'anzianità di servizio superiore a cinque anni.
Questa norma venne dichiarata costituzionalmente illegittima con la sentenza 1 marzo 1972, n. 39 - richiamata dal Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio - limitatamente alla parte in cui, nei casi di assenza per malattia, condizionava il mantenimento del rapporto di impiego per tre mesi al compimento di un anno di servizio.
L'esclusione assoluta del diritto dell'impiegato non di ruolo a un qualsiasi periodo di assenza per malattia prima del compimento di un anno di servizio fu ritenuta priva di valida e razionale giustificazione da questa Corte, che ravvisò la violazione del principio di eguaglianza per diversità di trattamento tra impiegati non di ruolo e impiegati di ruolo, non soggetti nel caso di malattia alla stessa condizione del compimento dell'anno di servizio.
Nella particolare fattispecie, allora sottoposta al suo esame e limitatamente ad essa, questa Corte rilevò che non vi era ragione di differenziare il personale di ruolo da quello non di ruolo. Non può, quindi, contrariamente a quanto afferma il Tribunale Regionale Amministrativo del Lazio, ritenersi che con la menzionata sentenza n. 39 del 1972 sia stata effettuata una totale equiparazione del personale di ruolo e non di ruolo in ordine alla tutela da accordare in caso di infermità, con la conseguenza che non sia consentito al legislatore realizzare tale tutela in modi diversi a seconda della peculiare natura del rapporto di impiego non di ruolo.
Il rapporto di impiego non di ruolo si differenzia da quello di ruolo perchè ha la funzione di soddisfare esigenze eccezionali ed indilazionabili, ma transitorie della Pubblica Amministrazione; quindi, carattere fondamentale di esso è la precarietà e la sua disciplina giuridica, in linea generale, è ben diversa da quella dell'impiego di ruolo.
In aderenza al principio - affermato dall'art. 97, comma terzo, della Costituzione - che agli impieghi pubblici si accede solo mediante concorso, salvo i casi stabiliti dalla legge, le assunzioni di personale statale non di ruolo sono consentite solo nei casi espressamente contemplati da disposizioni particolari, che dichiarano nulle di diritto le assunzioni stesse e sanciscono la responsabilità patrimoniale del funzionario, che le ha disposte, verso lo Stato (art. 12 d.l. C.p.S. n. 207 del 1947; artt. 1 e 4 d.P.R. 31 marzo 1972, n. 276 - assunzioni temporanee di personale presso le Amministrazioni dello Stato).
Le suddette esigenze eccezionali ed indilazionabili - che, in ipotesi tassativamente determinate dalla legge, consentono la nomina dell'impiegato non di ruolo - non possono essere più soddisfatte quando tale impiegato non sia in condizione di riprendete servizio dopo il previsto periodo di assenza per malattia. Un periodo di assenza maggiore di quello stabilito dal legislatore può incidere sul buon andamento della Pubblica Amministrazione, che è interesse costituzionalmente protetto ai sensi dell'art. 97, comma primo, della Costituzione. Tale principio, come questa Corte ha già affermato con le sentenze n. 124 del 1968 e n. 68 del 1980, non riguarda esclusivamente l'organizzazione interna dei pubblici uffici, ma si estende alla disciplina del pubblico impiego in quanto possa influire sull'andamento dell'amministrazione. E innegabile che la disciplina dell'impiego è pur sempre strumentale, mediatamente o immediatamente, rispetto alle finalità istituzionali assegnate agli uffici in cui si articola la pubblica amministrazione.
Peraltro, va rilevato che l'impugnato art. 3, comma primo, decreto n. 207 del 1947 non prevede la risoluzione "ipso iure" del rapporto di impiego non di ruolo nei casi di assenza per malattia superiore ai tre mesi o ai sei mesi, a seconda dell'anzianità di servizio, ma attribuisce alla Pubblica Amministrazione la facoltà di disporre la risoluzione solo dopo la scadenza dei suddetti periodi. Tale norma, quindi, funziona da garanzia a favore dell'impiegato non di ruolo e non incide sulla normale potestà discrezionale della Pubblica Amministrazione, che potrebbe ancora ritenere compatibile con le esigenze superiori del pubblico interesse, da essa valutate, la ulteriore permanenza in servizio del dipendente che sia stato assente per periodi superiori a quelli stabiliti dalla legge. E ulteriore garanzia per l'impiegato non di ruolo è costituita dalla possibilità di impugnare il provvedimento di licenziamento con ricorso al Tribunale Amministrativo Regionale.
Queste diversità di struttura e di disciplina giuridica tra le due forme di rapporto di pubblico impiego, di ruolo e non di ruolo, escludono che, nella fattispecie in esame, la situazione dei dipendenti non di ruolo possa considerarsi uguale o assimilabile a quella dei dipendenti di ruolo.
Si tratta di situazioni diverse, la cui differente disciplina trova razionale giustificazione; non sussiste, pertanto, la denunciata violazione del principio di eguaglianza.
3. - Priva di fondamento è anche la seconda censura, proposta in via subordinata, di violazione dello stesso art. 3 della Costituzione per la diversità di trattamento riservata a impiegati non di ruolo dalla norma impugnata, la quale prevede - nei casi di assenza dal servizio per malattia - il mantenimento del rapporto di impiego per tre mesi o per sei mesi se l'anzianità di servizio sia inferiore o superiore a cinque anni.
Invero, la denunciata disparità di trattamento trova razionale giustificazione nell'evidente interesse della Pubblica Amministrazione a mantenere per un periodo più lungo il rapporto di impiego con il dipendente, che ha acquisito una maggiore esperienza, avendo prestato la sua attività per oltre cinque anni.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 3 d.l. C.p.s. 4 aprile 1947, n. 207 (trattamento giuridico ed economico del personale civile non di ruolo in servizio nelle Amministrazioni dello Stato) in riferimento all'art. 3 della Costituzione, proposte dal Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio con ordinanza 1 dicembre 1976.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 25 marzo 1981.
Leonetto AMADEI – Giulio GIONFRIDA - Edoardo VOLTERRA - Michele ROSSANO - Antonino DE STEFANO - Leopoldo ELIA - Guglielmo ROEHRSSEN - Oronzo REALE - Brunetto BUCCIARELLI DUCCI - Livio PALADIN - Arnaldo MACCARONE - Antonio LA PERGOLA - Virgilio ANDRIOLI - Giuseppe FERRARI.
Giovanni VITALE – Cancelliere
Depositata in cancelleria il 7 aprile 1981.