ORDINANZA N.53
ANNO 1980
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori giudici
Avv. Leonetto AMADEI Presidente
Dott. Giulio GIONFRIDA
Prof. Edoardo VOLTERRA
Prof. Guido ASTUTI
Dott. Michele ROSSANO
Prof. Antonino DE STEFANO
Prof. Leopoldo ELIA
Prof. Guglielmo ROEHRSSEN
Avv. Oronzo REALE
Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI
Avv. Alberto MALAGUGINI
Prof. Livio PALADIN
Dott. Arnaldo MACCARONE
Prof. Antonio LA PERGOLA
Prof. Virgilio ANDRIOLI
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 2 terdecies, comma prima, legge 4 agosto 1971, n. 592 (interventi in favore dell'agricoltura) promosso con ordinanza emessa il 15 gennaio 1975 dal Tribunale di Cosenza, nel procedimento civile vertente tra l'Opera per la valorizzazione della Sila e Solima Luigi ed altri, iscritta al n. 222 del registro ordinanze 1975 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 188 del 16 luglio 1975.
Visti gli atti di costituzione dell'Opera per la valorizzazione della Sila e di Solima Luigi ed altri;
visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell'udienza pubblica del 13 febbraio 1980 il Giudice relatore Virgilio Andrioli;
udito l'avvocato dello Stato Renato Carafa per l'Opera Sila e per il Presidente del Consiglio dei ministri;
ritenuto che con d.P.R. 18 dicembre 1951, n. 1410 (G. U. 31 dicembre 1951, n. 299, suppl. ord.) si dispose l'approvazione del piano particolareggiato di espropriazione, compilato dall'Opera per la valorizzazione della Sila, per i terreni ricadenti nel Comune di Bisignano della superficie di ettari 166.0l.10 nei confronti della ditta Vincenzo Solima fu Rosalbino e se ne trasferì la proprietà all'Opera Sila ordinandosene la immediata occupazione; che con altro d.P.R. 18 dicembre 1951, n. 1423, pubblicato nello stesso supplemento della G. U., si dispose l'approvazione del piano particolareggiato di espropriazione, compilato dalla Opera Sila per i terreni ricadenti nel Comune di S. Sofia Epiro della superficie di ettari 26.80.30 nei confronti della ditta Vincenzo e Francesco Solima fu Rosalbino e se ne trasferì la proprietà alla Opera Sila ordinandosene l'immediata occupazione. Il tutto sebbene in data 26 aprile 1951 fosse deceduto, ab intestato, Vincenzo Solima, alla cui successione erano stati chiamati i figli Angela, Rosario, Luigi e Marco (o Marcantonio);
che con atto 21 gennaio 1954, Rosario e Luigi Solima fu Vincenzo convennero avanti il Tribunale di Cosenza la Opera Sila perchè fosse condannata, con sentenza provvisoriamente esecutiva, < all'immediato rilascio di tutti i beni > (sia di quelli compresi nei due decreti, sia degli altri, nel cui possesso la Opera Sila, pur non essendovi compresi, si sarebbe immessa), nonché < ai frutti dalla data dell'arbitraria occupazione ed ai danni tutti, niuno escluso, spiegando che tali danni debbono comprendere anche il valore venale dei beni qualora si ritenesse l'Opera esente dall'obbligo di restituirli in natura. Con gli interessi sul capitale di condanna del 5% e col favore delle spese ed onorari di lite >;
che a sostegno della domanda gli attori denunciavano l'incostituzionalità della legge 12 maggio 1950, n. 230, in virtù della quale i decreti presidenziali erano stati adottati, nonchè dei due decreti perchè a) la espropriazione era stata disposta nei confronti del deceduto Vincenzo Solima, b) comunque, nessuno degli eredi di Vincenzo era proprietario di più di trecento ettari per ciascuno, e, pertanto, versava nelle condizioni previste nella legge n. 230/1950, c) ne, infine, i terreni, colpiti da esproprio, erano suscettibili di miglioramenti maggiori di quelli realizzati dai proprietari. Con specifico riferimento, poi, al d.P.R. n. 1410, riflettente i terreni ricadenti nel Comune di Bisignano, ne denunciavano la incostituzionalità perchè l'espropriazione era stata disposta in danno del solo Vincenzo Solima laddove il piano di scorporo era stato compilato nei confronti anche di Francesco Solima, e, pertanto, beni comuni erano stati espropriati nei confronti di uno solo dei comproprietari;
che con ordinanza 9 luglio 1958, l'adito Tribunale dichiarò non manifestamente infondate le questioni di costituzionalità rinviandone l'esame a questa Corte, che con sentenza 9 luglio 1959, n. 41, le dichiarò non fondate in riferimento alla legge n. 230/1950 e al d.P.R. 18 dicembre 1951, n. l423, attinente ai terreni situati nel Comune di S. Sofia Epiro: più precisamente, in ordine agli artt. 5 e 8 della legge n. 230/1950 ribadì gli orientamenti giurisprudenziali della Corte e della Cassazione in virtù dei quali a) i provvedimenti di scorporo adottati dal Governo in attuazione dell'art. 5 hanno natura formalmente e sostanzialmente legislativa e non meramente esecutiva e, pertanto, non sussiste la elusione del precetto contenuto nell'art. 113 Cost., il quale riguarda gli atti amministrativi, e b) il pagamento dell'indennizzo in titoli anziché in denaro e la redimibilità di tali titoli solo ad una certa epoca non implicano violazione dell'art. 42 Cost.; ritenne poi insussistenti i due eccessi di delega, che, a giudizio del Tribunale di Cosenza, avrebbero viziato il d.P.R. n. 1423/1951, in quanto, in base al ripetuto art. 2, il provvedimento doveva essere intestato a Vincenzo Solima, proprietario al 15 novembre 1949 e al 20 maggio 1950, sebbene egli fosse deceduto il 26 aprile 1951, ed i figli di lui, proprietari alla data della espropriazione, mai avessero individualmente posseduto, fino al momento dello scorporo, una quantità di terreni superiore a trecento ettari. Con riferimento invece, al d.P.R. 18 dicembre 1951, n. 1410, con ordinanza 9 luglio 1959, n. 42, dispose che gli atti fossero restituiti al Tribunale di Cosenza perchè chiarisse 1) se e a chi fosse intestato il piano di scorporo dei terreni ricadenti nel Comune di Bisignano, 2) quali fossero le complessive consistenze terriere, al 14 novembre 1949, di ciascuno dei germani Vincenzo e Francesco Solima, 3) a chi effettivamente appartenessero e a chi fossero intestati in catasto al 14 novembre 1949 i terreni espropriati con il d.P.R. n. 1410/195l. Riassunta avanti il giudice a quo la causa, nella quale intervennero i due altri eredi di Vincenzo e cioè Angela e Marco (o Marcantonio) Solima, ed esperita consulenza ad opera dell'ing. Italo Caracciolo, il quale, tra l'altro, precisò che, a suo avviso, l'Opera Sila non aveva occupato, in danno dei Solima, terreni che non fossero compresi nei decreti presidenziali di esproprio, il Tribunale di Cosenza, con ordinanza del 16 aprile 1963, rimise di bel nuovo le parti avanti la Corte costituzionale, che, con sentenza 23 maggio 1964, n. 41, ritenne insussistenti i due eccessi di delega, sostanzialmente identici a quelli già disattesi in riguardo al d.P.R. n. 1423/ 1951, ma dichiarò l'illegittimità, per eccesso di delega rispetto agli artt. 4 e 5 della legge n. 230/1950 e in riferimento agli artt. 76 e 77, comma primo, Cost., del d.P.R. n. 1410/1951 perchè emesso in danno del solo comproprietario Vincenzo anche per la quota di comproprietà, di cui il piano di scorporo aveva previsto l'espropriazione in danno di Francesco Solima;
che, riassunto il giudizio di merito con atto 12 giugno 1964, l'adito Tribunale, con sentenza non definitiva 27 gennaio - 1° marzo 1965, 1) respinse i capi della domanda attrice, relativi ai beni espropriati con il d.P.R. n. 1423/1951, siti nel Comune di S. Sofia Epiro, 2) in accoglimento, invece, della domanda attrice nella parte riflettente i beni ricadenti nel Comune di Bisignano, dichiarò che detti beni non erano mai usciti dal patrimonio dei germani Vincenzo e Francesco Solima e, pertanto, 3) condannò l'Opera Sila al risarcimento dei danni subiti dagli attori e intervenienti eredi di Vincenzo Solima in conseguenza della mancata restituzione dei beni stessi nei limiti precisati in motivazione;
che, con separata ordinanza designò consulente il dottor Nicola Catanzaro cui affidò l'incarico di determinare i danni rimettendo le parti, che avevano formulato riserva di appello avverso la sentenza non definitiva, avanti il giudice istruttore. Depositata la relazione, alla quale mossero critiche tutte le parti, e restituita la causa al Collegio, questo, con sentenza definitiva 25 gennaio-5 febbraio 1969, condannò la Opera Sila al pagamento, in favore dei germani Solima, della somma di lire 559.736.883, con gli interessi legali dal 21 gennaio 1967 al soddisfo, e a tre quarti delle spese di giudizio, respingendo le altre domande dei Solima e compensando l'altro quarto di spese;
che, spiegati tempestivamente appelli principale della Opera Sila e incidentale dei germani Solima, con sentenza 27 gennaio-18 febbraio 1971, notificata, ad istanza dei germani Solima alla Opera Sila, il 13 marzo 1971 (e, quindi, passata in giudicato il 12 maggio 1971), 1) dichiarò cessata la materia del contendere relativa ai motivi d'impugnazione della Opera Sila, riferentisi alla parziale illegittimità del d.P.R. n. 1410/ 1951, per avvenuta rinuncia da parte dell'Opera stessa la quale riconobbe che la Corte costituzionale aveva dichiarato l'illegittimità del decreto n. 1410/1951 nel suo insieme, e confermò per il resto la sentenza non definitiva 27 gennaio - 1° marzo 1965 del Tribunale di Cosenza, 2) in parziale riforma della sentenza definitiva del Tribunale condannò l'Opera Sila al pagamento della somma di lire 27l.856.200, oltre gli interessi legali su detta somma dal 21 gennaio 1954 sino all'effettivo pagamento; 3) dichiarò interamente compensate tra le parti le spese del giudizio di secondo grado;
che, avverso l'atto di precetto, intimato, sotto la data del 13 ottobre 1971, da Luigi Solima in proprio e in qualità di procuratore generale dei tre suoi germani, per il pagamento della sorte e degli interessi portati dalla sentenza della Corte d'appello di Catanzaro nel frattempo passata in giudicato, con detrazione di lire cento milioni corrisposte il 22 giugno 1971 dalla Opera Sila, spiegò opposizione la Opera Sila con atto, notificato il 15 ottobre 1971, deducendo che nella Gazzetta Ufficiale n. 205 del 14 agosto 1971 era stata pubblicata la legge 4 agosto 1971, n. 592 (entrata, quindi, in vigore il 29 agosto 1971), per l'art. 2, terdecies, primo comma, della quale < al pagamento di somme dovute in forza sia di sentenze, sia di transazioni conseguenti a decisioni della Corte costituzionale, in dipendenza di espropriazioni disposte ai sensi delle leggi di riforma fondiaria, si provvede mediante rilascio di titoli del prestito per la riforma fondiaria redimibile 5 per cento, di cui alla legge 21 ottobre 1950, n. 841, da emettere con l'osservanza delle modalità stabilite con decreto del Ministro per il tesoro del 28 giugno 1951, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 146 del 30 successivo >, e chiedendo, quindi, dichiararsi più non essere tenuta essa Opera al pagamento. I Solima, costituitisi mediante comparsa di risposta 16 novembre 1971, obiettarono che non il giudice ordinario, ma il Consiglio di Stato ai sensi dell'art. 27, n. 4, t.u. del 1924 era competente a statuire sulla vicenda, che l'art. 2, terdecies, comma primo, della legge n. 592/1971 era inapplicabile per essere la sentenza della Corte d'appello di Catanzaro, mandata ad esecuzione, già passata in giudicato, che la ripetuta disposizione, ove la si fosse ritenuta applicabile, era affetta da illegittimità per contrasto con gli artt. 24,42 e 113 Cost., che, comunque, la Opera Sila era tenuta a promuovere la emissione dei titoli della riforma fondiaria e a procurarne la consegna ai creditori, nonché a corrispondere gli interessi in moneta contante e la differenza tra il prezzo di mercato e il tasso di emissione; pertanto, chiesero il pagamento in contanti della somma di lire 54.160.000, oltre gli interessi legali dal 23 febbraio 1973 al soddisfo, previa declaratoria d'illegittimità costituzionale dell'art. 2, terdecies, comma primo, legge n. 592/1971;
che successivamente la Opera Sila comunicò ai Solima che il Ministero dell'Agricoltura e delle Foreste, con suo decreto 18 dicembre 1971, aveva autorizzato il pagamento della somma capitale liquidata in lire 27l.856.209, degli interessi al 21 dicembre 1971 liquidati in lire 243.925.780 e delle spese al netto in lire 13.075.000, da corrispondere in titoli del prestito della riforma fondiaria, depositati presso la Cassa di Risparmio di Calabria e Lucania, ed aveva ordinato che tutti i detti titoli venissero svincolati a favore dei Solima. Costoro, con ogni riserva, presentarono al Tribunale di Cosenza istanza di svincolo di detti titoli limitatamente a lire 404.899.000; istanza, accolta, nella misura di lire 402.707.000, con decreto 7 ottobre 1972 del Tribunale, a seguito del quale la Cassa di risparmio li acquistò per la somma complessiva di lire 379.940.767, per modo che precetto e opposizione rimasero in piedi per il conseguimento della differenza fra il valore nominale ed il prezzo ricavato dalla vendita al corso di borsa e per i relativi interessi;
che, dal suo canto, la Opera Sila, nella conclusionale 8 aprile 1974, negò applicarsi l'art. 27, n. 4, del t.u. delle leggi sul Consiglio di Stato perchè trattavasi non già di dare esecuzione ad una sentenza, sibbene di valutare l'incidenza, su di un giudicato perfezionatosi, di disposizione normativa sopravvenuta; soggiunse che con l'art. 2, terdecies, comma primo, della legge n. 592/1971 si era verificata una sorta di novazione soggettiva ex lege; contesto, comunque, di detta norma la illegittimità;
che è andato, invece, in diverso avviso il Tribunale adito, il quale, con ordinanza 15 gennaio 1975 regolarmente comunicata e notificata, e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 188 del 16 luglio 1975 (n. 222 R.O. 1975), ha ritenuto non manifestamente infondata la questione di legittimità dell'art. 2, terdecies, comma primo, della legge 4 agosto 1971, n. 592, in riferimento agli artt. 3,24,42 e 113 Cost., sospendendo il giudizio;
che avanti la Corte si è costituito Luigi Solima in proprio e quale procuratore generale, giusta procura con firma autenticata il 4 marzo 1974 per notaio Marranghello di Napoli, dei germani Rosario, Angelo e Marco (o Marcantonio), rappresentato, in virtù di mandato, dall'avv. Cesare Gabriele (poi mancato ai vivi il 9 luglio 1976), e mediante comparsa di costituzione depositata il 5 maggio 1975, in cui si è concluso dichiararsi l'irrilevanza della questione di legittimità dell'art. 2 terdecies, comma primo, della legge 4 agosto 1971, n. 592, perchè inapplicabile a sentenza, passata in giudicato al momento della sua entrata in vigore, e, in subordine, dichiararne la fondatezza. É intervenuta per la Presidenza del Consiglio dei ministri e si è costituita per l'Opera Sila l'Avvocatura generale dello Stato mediante atto depositato l'11 giugno 1975, in cui ha concluso per la dichiarazione d'infondatezza della prospettata questione di costituzionalità;
che i Solima hanno illustrato le già prese conclusioni mediante memoria sottoscritta dall'avv. Carlo Martuccelli (difensore, giusta procura autenticata il 24 ottobre 1979 per notaio Maddalena, di Luigi Solima in proprio e quale procuratore generale dei fratelli Angela giusta procura 20 agosto 1960 per notaio Maddalena, e Rosario e Marco giusta procura 2 marzo 1962 per dott. Durante, coadiutore del notaio Maddalena) e depositata il 31 gennaio 1980;
che all'udienza pubblica del 13 febbraio 1980, cui la trattazione della questione era stata rinviata dalla pubblica udienza del 21 novembre 1979, l'Avvocatura dello Stato ha illustrato le conclusioni già formulate;
che nella ordinanza 15 gennaio 1975 il Tribunale di Cosenza ha detto non manifestamente infondata la questione di costituzionalità sollevata in subordine dai Solima < perchè i n tema di successione delle norme giuridiche nel tempo vige il principio della irretroattività enunciato nell'art. 11 delle disposizioni sulla legge in generale, il quale preclude l'applicazione della legge nuova non soltanto ai rapporti giuridici esauriti prima della sua entrata in vigore, ma anche a quelli sorti anteriormente ed ancora in vita, quando l'applicazione della nuova legge importi il disconoscimento degli effetti già verificati del fatto passato o tolga efficacia, in tutto o in parte, alle conseguenze attuali o future del fatto medesimo e che tale principio cardine dell'ordinamento giuridico trova conferma negli artt. 73 della Costituzione e 10 delle predette disposizioni, per cui la norma dell'art. 2 terdecies, comma primo, della legge n. 592 del 1971, se applicabile, precluderebbe o limiterebbe l'autorità del giudicato posto a fondamento del precetto opposto, già eseguito, peraltro, con pagamento parziale in contanti >. Prosegue il Tribunale, cui non è stata presente la sent. 9 luglio 1959, n. 41, resa da questa Corte nel corso del giudizio definito con la sentenza 25 gennaio-5 febbraio 1969 della Corte d'appello di Catanzaro, che la ripetuta disposizione, consentendo il pagamento di una somma di denaro a titolo di risarcimento danni per espropriazione illegittima in titoli della riforma fondiaria di valore notoriamente inferiore appare in contrasto sia con l'art. 3 Cost. che sancisce la parità dei cittadini di fronte alla legge, sia con l'art. 24 circa la tutela giurisdizionale dei propri diritti, specie se assistiti da un giudicato, sia con l'art. 42 circa la statuita indennizzabilità effettiva di un esproprio specie se riconosciuto, come nel caso, illegittimo, sia con l'art. 113 circa la tutela giurisdizionale dei diritti contro gli atti della pubblica Amministrazione e senza alcuna limitazione per determinate categorie di atti. Ne, sempre a giudizio del Tribunale, la questione di legittimità verrebbe meno a causa dell'art. 8 della legge 12 maggio 1950, n. 230 perchè, < altrimenti, la parte soggetta all'esproprio, specie se riconosciuto illegittimo, non avrebbe, come nella generalità dei casi, il diritto all'integrale risarcimento del danno sofferto, donde un ulteriore ipotetico contrasto con il citato art. 3 della Costituzione >;
che nell'atto, depositato l'11 giugno 1 975, l'Avvocatura dello Stato obietta che, ove si riguardi la pretesa dei Solima come diretta al risarcimento del danno, non si può elevare a parametro della questione di legittimità il precetto costituzionale che sancisce un indennizzo in caso di espropriazione della proprietà privata, che la difesa dei diritti, esercitata dalle parti private anche avanti la Corte, esclude la violazione in concreto degli artt. 24 e 113 Cost., e che, infine, l'applicabilità al caso della disposizione normativa impugnata non implica violazione dell'art. 73 Cost., nonché dell'art. 10 delle disposizioni sull'applicazione della legge in generale. Né infine, sempre ad avviso dell'Avvocatura, riuscirebbe dalla norma impugnata offeso l'art. 3 non solo perchè, più che di risarcimento di danno provocato da illecito, è da far parola di aestimatio della diminuzione patrimoniale provocata dalla mancata restituzione dei beni espropriati in virtù di un decreto legislativo successivamente dichiarato illegittimo, ma anche perchè il pagamento in contanti non è qualcosa di giuridicamente diverso dal pagamento con titoli commerciabili in borsa, che fruiscono dell'interesse annuo del 5% netto. Nel corso della discussione orale, infine, l'Avvocatura ha richiamato la sentenza 8 luglio 1975, n. 183, con qui questa Corte ha ritenuto non fondata, in riferimento all'art. 3, comma primo, la questione di legittimità dell'art. 2 terdecies, comma primo, della legge 4 agosto 1971, n. 592, in atto impugnato;
che, dal loro canto, i Solima, nelle deduzioni depositate il 5 maggio 1975, ripetono che il Tribunale avrebbe dovuto reputare irrilevante la questione per essere il primo comma dell'art. 2 terdecies inapplicabile alla specie visto che la sentenza, con cui la Corte di Catanzaro aveva condannato la Opera Sila al pagamento dei danni, era passata in giudicato il 12 marzo 1971, mentre la legge era stata promulgata il 4 agosto 1971 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale il successivo 14; nel merito della prospettata questione si rifanno alla motivazione della ordinanza di rimessione. Nella memoria depositata il 31 gennaio 1980, insistono nella eccezione d'irrilevanza delle questioni perchè della norma impugnata non è prevista l'efficacia retroattiva e ribadiscono la diversità di posizioni, che si converte in offesa dell'art. 3, dell'espropriato in forme legali e di chi sia stato privato del suo bene in virtù di atto dichiarato illegittimo; contestano, infine, l'argomentazione esposta per ultima dall'Avvocatura sul riflesso che la norma impugnata impone ad una limitata categoria di creditori di accettare in pagamento titoli, i quali, per loro natura e nell'attuale contesto economico, hanno valore inferiore al normale, e non prevede un conguaglio che consenta di conseguire il risarcimento nella misura esatta nella quale è stato liquidato;
considerato che oggetto delle conclusioni ultime dei Solima avanti il Tribunale di Cosenza era il pagamento in contanti della somma di lire 54.160.000 oltre gli interessi legali dal 23 febbraio 1973 al soddisfo;
che la eccezione d'irrilevanza, in cui insistono anche in questa sede i Solima, non impedisce alla Corte di sciogliere il dubbio, sollevato dal Tribunale nella motivazione ma non emerso nel dispositivo della ordinanza di rimessione, sul se il principio di irretroattività tragga conferma non solo dall'art. 10 disp. sulla legge in generale, ma anche dall'art. 73 Cost.; dubbio che, se risolto affermativamente, non consentirebbe alla norma impugnata di precludere o, quanto meno, di violare l'autorità del giudicato;
che il dubbio, in tali termini prospettato, non ha ragione di esistere perchè questa Corte ha costantemente negato all'art. 73 il significato di imprimere al principio di irretroattività rilevanza costituzionale fuori della materia penale, nella quale, con il rispetto dell'eccezione imposta dal favor rei che persuade ad assegnare efficacia retroattiva alla legge più favorevole al reo, l'art. 25, comma secondo, statuisce che nessuno può essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso (sentt. n. 9/1959; 23/ 1967; 19/1970).
Pertanto l'art. 73 Cost. non impedirebbe alla norma impugnata di prevalere sull'autorità del giudicato promanante dalla sentenza della Corte d'appello di Catanzaro con la conseguenza che i rapporti tra la Opera Sila e i Solima rinvenirebbero la loro disciplina non nella sentenza, sibbene nella norma impugnata, ma è appena il caso di soggiungere che lo scrutinare se l'art. 2 terdecies, comma primo, interpretato a stregua dei criteri dettati nell'art. 12 disp. sulla legge in generale, si applichi anche ai rapporti, che pur abbiano formato oggetto di sentenza passata in giudicato, è operazione che, estranea ai compiti di questa Corte, è riservata al magistero del giudice del merito; magistero che il Tribunale non ha esercitato perchè, senza dare neppure atto della exceptio iudicati, opposta dai Solima alle due deduzioni di novazione soggettiva e di modo di estinzione del debito accertato dalla Corte di Catanzaro, dalla Opera Sila basate sulla norma impugnata, si è limitato ad ipotizzare la prevalenza della legge sopravvenuta sul preesistente giudicato laddove l'interpretazione, ai fini della individuazione dei limiti temporali di sua applicabilità, dell'art. 2, terdecies, comma primo, tanto più si esigeva puntuale per quanto il Tribunale aveva preso le mosse dalla affermazione della normale inapplicabilità della legge agli effetti non ancora verificatisi di fatti anteriori. Di talché altra alternativa non si apre alla Corte all'infuori di restituire gli atti al Tribunale onde questo proceda in assoluta libertà di giudizio alla valutazione di rilevanza della prospettata questione, o, in ipotesi, conosca del merito della opposizione della Opera Sila al precetto intimatole dai Solima.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
ordina la restituzione degli atti al Tribunale di Cosenza.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 02/04/80.
Leonetto AMADEI – Giulio GIONFRIDA - Edoardo VOLTERRA – Guido ASTUTI – Michele ROSSANO – Antonino DE STEFANO – Leopoldo ELIA – Guglielmo ROEHRSSEN – Oronzo REALE - Brunetto BUCCIARELLI DUCCI – Alberto MALAGUGINI – Livio PALADIN – Arnaldo MACCARONE – Antonio LA PERGOLA – Virgilio ANDRIOLI
Giovanni VITALE - Cancelliere
Depositata in cancelleria il 14/04/80.