Sentenza n. 84 del 1979
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SENTENZA N. 84

ANNO 1979

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori giudici:

Avv. Leonetto AMADEI , Presidente

Prof. Edoardo VOLTERRA

Prof. Guido ASTUTI

Dott. Michele ROSSANO

Prof. Antonino DE STEFANO

Prof. Leopoldo ELIA

Prof. Guglielmo ROEHRSSEN

Avv. Oronzo REALE

Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI

Avv. Alberto MALAGUGINI

Prof. Livio PALADIN

Dott. Arnaldo MACCARONE

Prof. Antonio LA PERGOLA

Prof. Virgilio ANDRIOLI,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale dell'art. 378, comma terzo, della legge 20 marzo 1865, n. 2248 all. F (Testo delle leggi sui lavori pubblici) promosso con ordinanze emesse il 23 dicembre 1976 e 20 aprile 1977 dai Pretori di Bracciano e di Montefiascone, nei procedimenti penali a carico di Pinzi Mario e Quattranni Sante, iscritte ai nn. 44 e 301 del registro ordinanze 1977 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 80 e 205 dell'anno 1977.

Udito nella camera di consiglio del 22 marzo 1979 il Giudice relatore Alberto Malagugini.

Ritenuto in fatto

In un procedimento penale a carico di Pinzi Mario, imputato della contravvenzione di cui agli artt. 93 e 97 lett. n) della legge 25 luglio 1904, n. 523, per aver messo in opera un pontile sulla spiaggia del lago di Bracciano senza permesso dell'Ingegnere capo del Genio Civile, il Pretore di Bracciano ha sollevato questione di legittimità costituzionale, in relazione agli artt. 3 e 112 Cost. dell'art. 378 dell'allegato F della legge 20 marzo 1865 n. 2248 modificato dal r.d. 19 novembre 1921 n. 1688, nella parte in cui riserva all'Ingegnere capo del Genio Civile il promovimento dell'azione penale per le contravvenzioni previste in detta legge.

Identica questione é stata sollevata dal Pretore di Montefiascone in un procedimento penale a carico di Quattranni Sante, anche egli imputato di una contravvenzione all'art. 97, lett. n) della legge n. 523 del 1904.

Le ordinanze sono state ritualmente notificate, comunicate e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale.

Non vi é stata costituzione delle parti.

Considerato in diritto

1. - Le due ordinanze dei Pretori di Bracciano e di Montefiascone sollevano, nei medesimi termini, l'identica questione. I relativi giudizi vanno perciò riuniti e decisi con unica sentenza.

2. - I giudici a quibus, chiamati a giudicare soggetti imputati della contravvenzione prevista dagli artt. 93 e 97 lett. n) del r.d. 25 luglio 1904 n. 523 (Testo Unico delle leggi sulle opere idrauliche) e punita ai sensi dell'art. 374 della legge 20 marzo 1865 n. 2248, allegato F, dubitano della legittimità costituzionale dell'art. 378, terzo comma, della citata legge n. 2248 allegato F del 1865, nel testo modificato dalla legge 19 novembre 1921 n. 1688, per contrasto con gli artt. 3 e 112 della Costituzione.

La disposizione di legge in esame prevede che "il Prefetto (ora, per effetto della legge n. 1688 del 1921, l'Ingegnere Capo del Genio Civile) promuove, (inoltre), l'azione penale contro il trasgressore, allorché lo giudichi necessario e opportuno".

I Pretori di Bracciano e Montefiascone, poiché, nei casi sottoposti al loro giudizio, l'Ingegnere Capo del Genio Civile non ha "promosso" l'azione penale (né assunto alcun altro provvedimento di sua competenza), ritengono che la norma denunziata, inibendo ad essi di esercitare l'azione penale, determini una palese ed ingiustificata disparità di trattamento, in ragione dell'attività o inerzia della pubblica amministrazione, tra cittadini che verserebbero in eguali situazioni, con ciò violandosi l'art. 3, primo comma Cost., e determini inoltre una deroga illegittima al principio dell'obbligatorietà dell'azione penale, di cui all'art. 112 della Costituzione.

3. - La questione é fondata.

Questa Corte, con la sentenza n. 154 del 1963 e con le successive ordinanze n. 22 del 1964 e n. 11 del 1965, ha ritenuto non fondata uguale questione, prospettata con riferimento al solo art. 112 Cost., sulla base di una interpretazione adeguatrice dell'art. 378, terzo comma, della legge 20 marzo 1865 n. 2248 all. F. L'espressione "promuove l'azione penale" sarebbe stata usata dalla legge "in forma impropria", tecnicamente imprecisa "per significare che l'autorità amministrativa ha facoltà di portare a conoscenza dell'autorità giudiziaria fatti che ritiene penalmente rilevanti", senza che peraltro ciò valga "a limitare o condizionare l'azione del Pubblico Ministero".

Tale interpretazione viene però disattesa dai giudici a quibus, i quali continuano a ritenere che la disposizione di legge in esame, nel suo tenore letterale, attribuisce al Prefetto (ora Ingegnere Capo del Genio Civile), per determinati reati contravvenzionali, la titolarità esclusiva dell'azione penale, il cui esercizio é rimesso alla di lui valutazione discrezionale.

La questione di costituzionalità deve pertanto essere riconsiderata avuto riguardo all'interpretazione letterale della norma denunciata, adottata dai giudici ordinari anche successivamente alle sopra citate pronunce di questa Corte.

Interpretato secondo il suo tenore letterale, l'art. 378, terzo comma, della legge 20 marzo 1865 n. 2248, all. F, contrasta con l'art. 112 Cost., che attribuisce al Pubblico Ministero (salve le eccezioni costituzionalmente previste) l'esercizio dell'azione penale, senza consentirgli alcun margine di discrezionalità nell'adempimento di tale doveroso ufficio. L'obbligatorietà dell'esercizio dell'azione penale ad opera del Pubblico Ministero, già reintrodotta nell'ordinamento con il d.l.l. 14 novembre 1944 n. 288 (art. 6), é stata costituzionalmente affermata come elemento che concorre a garantire, da un lato, l'indipendenza del Pubblico Ministero nell'esercizio della propria funzione e, dall'altro, l'uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge penale.

Il disposto costituzionale facendo obbligo al Pubblico Ministero di esercitare l'azione penale non vuole escludere, come risulta anche dai lavori preparatori, che ad altri soggetti possa essere conferito analogo potere. Ciò che la ratio della norma esclude é che al Pubblico Ministero possa essere sottratta la titolarità dell'azione penale in ordine a determinati reati (salvo che nelle ipotesi costituzionalmente previste); con la conseguenza che la titolarità dell'azione penale in tanto può essere legittimamente conferita anche a soggetti diversi dal Pubblico Ministero in quanto con ciò non si venga a vanificare l'obbligo del Pubblico Ministero medesimo di esercitarla. In altre parole, l'ordinamento ben può prevedere azioni penali sussidiarie o concorrenti rispetto a quella obbligatoriamente esercitanda dal Pubblico Ministero, ma sono senza dubbio confliggenti con l'art. 112 e, per quanto si é detto con l'art. 3 Cost. quelle disposizioni normative che, attribuendo ad altri organi diversi dal Pubblico Ministero la titolarità esclusiva dell'azione penale per taluni reati, ne inibiscono l'esercizio al Pubblico Ministero medesimo.

L'obbligo dell'esercizio dell'azione penale da parte del Pubblico Ministero esige che egli sia titolare di tale azione in relazione a qualunque fatto di reato, comunque conosciuto, mentre soltanto il carattere sussidiario dell'azione penale conferita a privati o ad organi statali diversi dal Pubblico Ministero ne potrebbe giustificare, sul piano costituzionale, la discrezionalità nell'esercizio.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la illegittimità costituzionale dell'art. 378, terzo comma, della legge 20 marzo 1865, n. 2248 allegato F.

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 12 luglio 1979.

Leonetto AMADEI - Edoardo VOLTERRA - Guido ASTUTI - Michele ROSSANO - Antonino DE STEFANO - Leopoldo ELIA - Guglielmo ROEHRSSEN - Oronzo REALE - Brunetto BUCCIARELLI DUCCI - Alberto MALAGUGINI - Livio PALADIN - Arnaldo MACCARONE - Antonio LA PERGOLA - Virgilio ANDRIOLI.

Giovanni VITALE - Cancelliere

 

Depositata in cancelleria il 26 luglio 1979.