SENTENZA N. 72
ANNO 1979
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori giudici:
Prof. Leonetto AMADEI, Presidente
Prof. Edoardo VOLTERRA
Prof. Guido ASTUTI
Dott. Michele ROSSANO
Prof. Antonino DE STEFANO
Prof. Leopoldo ELIA
Prof. Guglielmo ROEHRSSEN
Avv. Oronzo REALE
Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI
Avv. Alberto MALAGUGINI
Prof. Livio PALADIN
Dott. Arnaldo MACCARONE
Prof. Antonio LA PERGOLA
Prof. Virgilio ANDRIOLI,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale dell'art. 513, n. 2, del codice di procedura penale, promossi con le seguenti ordinanze:
1. - ordinanza emessa il 17 marzo 1976 dalla Corte di cassazione nel procedimento penale a carico di Subinagh Giorgio, iscritta al n. 579 del registro ordinanze 1976 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 274 del 13 ottobre 1976;
2. - ordinanza emessa il 10 novembre 1977 dalla Corte di appello di Roma nel procedimento penale a carico di Longo Alessandro ed altro, iscritta al n. 59 del registro ordinanze 1978 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 94 del 5 aprile 1978;
3. - ordinanza emessa il 20 giugno 1978 dalla Corte di appello di Roma nel procedimento penale a carico di Morandi Mario ed altro, iscritta al n. 452 del registro ordinanze 1978 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 359 del 27 dicembre 1978.
Udito nella camera di consiglio del 19 aprile 1979 il Giudice relatore Guglielmo Roehrssen.
Ritenuto in fatto
1. - La Corte di cassazione, con ordinanza 17 marzo 1976, ha dichiarato non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 513, n. 2 del codice di procedura penale, nella parte in cui esclude l'appello dell'imputato contro la sentenza del tribunale che lo abbia prosciolto per estinzione del reato per prescrizione in conseguenza della concessione di circostanze attenuanti, in relazione agli artt. 3, primo comma, e 24, secondo comma, della Costituzione.
Nell'ordinanza si premette quanto segue.
Con sentenza 6 febbraio 1973, il tribunale di Lodi dichiarò non doversi procedere contro Subinagh Giorgio in ordine al delitto di frode nelle pubbliche forniture (art. 356, primo comma, cod. pen.), essendo il reato estinto per prescrizione per effetto della concessione all'imputato delle circostanze attenuanti generiche. Avendo il Subinagh proposto appello, questo fu dichiarato inammissibile dal giudice di secondo grado, il quale rilevò che avverso le sentenze di proscioglimento per estinzione del reato pronunciate in primo grado l'imputato ha solamente la facoltà di ricorrere per cassazione. Contro tale decisione di inammissibilità il Subinagh propose ricorso per cassazione, osservando che la sentenza di primo grado doveva ritenersi una vera e propria sentenza di condanna, pur senza irrogazione di pena: essa infatti conteneva la dimostrazione della sua responsabilità penale, ma essendo stato egli ritenuto meritevole delle attenuanti generiche, dandosi atto di ciò, si concludeva con una pronuncia di non doversi procedere per prescrizione del resto. In tale situazione - aveva dedotto l'imputato - non poteva negarglisi un secondo giudizio di merito, per il riconoscimento della propria innocenza e la rimozione del giudizio che, nonostante la estinzione del reato, si era formato sulla sussistenza del fatto, sulla sua responsabilità.
Il ricorrente aveva eccepito, pertanto, l'illegittimità dell'articolo 513, n. 2 del codice di procedura penale - in relazione agli artt. 3, primo comma, e 24, secondo comma, della Costituzione - nella parte in cui non consente all'imputato di proporre appello contro la sentenza di primo grado che lo abbia prosciolto per prescrizione del reato in conseguenza dell'applicazione di circostanze attenuanti, non potendo queste operare sul presupposto di un giudizio affermativo della colpevolezza.
Ciò premesso, la Corte di cassazione ha ritenuto non manifestamente infondata detta questione, osservando che con la sentenza n. 70 del 1975 la Corte costituzionale ha già dichiarato l'illegittimità costituzionale, per contrasto con gli artt. 3, primo comma, e 24, secondo comma, della Costituzione, dell'art. 512, n. 2 del codice di procedura penale, nella parte in cui esclude il diritto dell'imputato di appellare contro la sentenza del pretore che lo abbia prosciolto per amnistia a seguito del giudizio di comparazione tra circostanze aggravanti ed attenuanti.
In tale sentenza - si osserva nell'ordinanza di rimessione - la Corte costituzionale ha rilevato che per pervenire a detto proscioglimento non é sufficiente un giudizio ipotetico, formulato allo stato degli atti (come nell'ipotesi normale di proscioglimento per amnistia), ma occorre valutare in concreto la condotta dell'imputato al fine di accertare se il fatto sussista, se l'imputato lo abbia commesso, e se sia previsto dalla legge come reato, e che soltanto sul presupposto di un giudizio affermativo di colpevolezza può eventualmente aver luogo la concessione delle attenuanti generiche. Pertanto, sulla base di tale rilievo, poiché la norma dell'art. 512, n. 2 del codice di procedura penale concerne anche un tipo di proscioglimento caratterizzato da un riconoscimento di colpevolezza, idoneo a produrre effetti negativi in altri giudizi civili e amministrativi, la Corte costituzionale ha ritenuto che essa, in relazione a questo tipo di proscioglimento, sopprime ingiustificatamente taluni modi generali di esercizio della difesa, escludendo l'imputato dal diritto di appellare la sentenza di primo grado.
Le stesse considerazioni - afferma la Cassazione nell'ordinanza di rimessione - si debbono fare in ordine all'art. 513, n. 2 del codice di procedura penale, che ha formulazione identica a quella dell'art. 512, n. 2, salvo che si riferisce, anziché all'appello contro le sentenze del pretore, all'appello contro le sentenze del tribunale e della Corte di assise.
2. - Questione analoga é stata sollevata pure dalla Corte di appello di Roma con altre due ordinanze del 10 novembre 1977 e 20 giugno 1978.
Nessuna parte si é costituita dinanzi a questa Corte in alcuno dei tre giudizi di legittimità costituzionale così proposti.
Considerato in diritto
1. - Le tre ordinanze indicate in narrativa sollevano questioni analoghe ed i relativi giudizi possono essere quindi riuniti e decisi con unica sentenza.
2. - Le questioni sollevate riguardano la legittimità costituzionale dell'art. 513, n. 2 del codice di procedura penale, nella parte in cui esclude l'appello dell'imputato contro la sentenza del tribunale che lo abbia prosciolto per estinzione del reato per prescrizione, in conseguenza della concessione di circostanze attenuanti. Tale esclusione, secondo quanto esposto nelle ordinanze di rimessione, sopprimerebbe ingiustificatamente quel modo generale di esercizio del diritto di difesa che si concretizza nella facoltà dell'imputato di impugnare le sentenze di primo grado a lui sfavorevoli dinanzi al giudice d'appello.
Detta questione, in conformità dell'indirizzo già affermato da questa Corte con le sentenze n. 70 del 1975 e n. 73 del 1978, deve ritenersi fondata.
Con tali sentenze é stata dichiarata l'illegittimità costituzionale, rispettivamente, degli artt. 512, n. 2, e 513, n. 2, del codice di procedura penale, nella parte in cui escludevano il diritto dell'imputato di proporre appello avverso la sentenza di primo grado (del pretore o del tribunale) che l'avesse prosciolto per amnistia a seguito di giudizio di comparazione tra circostanze aggravanti ed attenuanti.
A fondamento della anzidetta declaratoria d'illegittimità costituzionale si é osservato che di regola l'applicazione della amnistia postula il riconoscimento che le ipotesi di reato addebitate agli imputati rientrino, astrattamente considerate, tra quelle per le quali é stata concessa amnistia. Viceversa, quando l'amnistia viene applicata in dibattimento a seguito di comparazione fra circostanze attenuanti ed aggravanti, non é sufficiente un giudizio ipotetico, formulato allo stato degli atti, ma si valuta in concreto la condotta dell'imputato al fine di accertare se il fatto sussista, se l'imputato lo abbia commesso e se sia previsto dalla legge come reato. Cosicché soltanto sul presupposto di un giudizio affermativo di colpevolezza può avere luogo la concessione delle attenuanti, la loro comparazione con le aggravanti ed il proscioglimento per estinzione del reato.
Da tali considerazioni questa Corte ha tratto la conseguenza che, mentre l'esclusione dell'appellabilità delle sentenze di proscioglimento per amnistia di regola non contrasta con gli artt. 3 e 24 della Costituzione, nei casi, invece, in cui la pronuncia - come nell'ipotesi di applicazione dell'amnistia a seguito di giudizio di comparazione fra circostanze aggravanti ed attenuanti - abbia per presupposto un giudizio di colpevolezza, idoneo a produrre effetti negativi in altri giudizi, tale esclusione é costituzionalmente illegittima, sopprimendo ingiustificatamente un mezzo generale d'esercizio della difesa.
3. - I suddetti argomenti portano ad identica conclusione anche per quanto riguarda la questione ora proposta.
Infatti, anche la pronuncia di prescrizione del reato, di regola, prescinde da un giudizio di colpevolezza dell'imputato, essendo condizionata unicamente all'accertamento che non sussistano gli elementi per una pronuncia più favorevole ai sensi dell'art. 152 del codice di procedura penale e sia decorso il tempo necessario per la prescrizione, cosicché, in generale, la esclusione dell'appellabilità della sentenza di non doversi procedere per prescrizione del reato non viola né l'art. 3 né l'art. 24 della Costituzione. Peraltro, poiché i termini di prescrizione, a norma dell'art. 157 del codice penale, possono essere influenzati dalla presenza di circostanze aggravanti o attenuanti, può verificarsi che alla declaratoria di estinzione del reato per prescrizione si giunga a seguito di un giudizio dibattimentale, previo accertamento della colpevolezza dell'imputato e concessione di circostanze attenuanti, con o senza giudizio di comparazione con le aggravanti.
In tale ipotesi, presupponendo la sentenza di proscioglimento per estinzione del reato un accertamento sulla sussistenza del fatto e sulla colpevolezza dell'imputato, deve ritenersi che la norma impugnata, privando l'imputato di un mezzo generale d'esercizio del diritto di difesa quale é l'appello, violi gli artt. 3 e 24 della Costituzione.
4. - In conseguenza della declaratoria d'illegittimità Costituzionale dell'art. 513, n. 2 del codice di procedura penale, nella parte in cui esclude il diritto dell'imputato di proporre appello avverso la sentenza del tribunale che l'abbia prosciolto per estinzione del reato per prescrizione, a seguito della concessione di circostanze attenuanti, va dichiarata d'ufficio, ai sensi dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, l'illegittimità costituzionale anche dell'art. 512, n. 2 del codice di procedura penale, nella parte in cui, analogamente, esclude il diritto dell'imputato di proporre appello contro la sentenza del pretore che l'abbia assolto per estinzione del reato per prescrizione, a seguito della concessione di circostanze attenuanti.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
a) dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 513, n. 2, del codice di procedura penale, nella parte in cui esclude il diritto dell'imputato di proporre appello avverso la sentenza del tribunale che l'abbia prosciolto per estinzione del reato per prescrizione a seguito della concessione di circostanze attenuanti;
b) dichiara, altresì, d'ufficio, ai sensi dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, l'illegittimità costituzionale dell'art. 512, n. 2, del codice di procedura penale, nella parte in cui esclude il diritto dell'imputato di proporre appello contro la sentenza del pretore che l'abbia prosciolto per estinzione del reato per prescrizione a seguito della concessione di circostanze attenuanti.
Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'11 luglio 1979.
Leonetto AMADEI - Edoardo VOLTERRA - Guido ASTUTI - Michele ROSSANO - Antonino DE STEFANO - Leopoldo ELIA - Guglielmo ROEHRSSEN - Oronzo REALE - Brunetto BUCCIARELLI DUCCI - Alberto MALAGUGINI - Livio PALADIN - Arnaldo MACCARONE - Antonio LA PERGOLA - Virgilio ANDRIOLI
Giovanni VITALE - Cancelliere
Depositata in cancelleria il 16 luglio 1979.