SENTENZA N. 46
ANNO 1978
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
Prof. Paolo ROSSI, Presidente
Dott. Luigi OGGIONI
Avv. Leonetto AMADEI
Prof. Edoardo VOLTERRA
Prof. Guido ASTUTI
Dott. Michele ROSSANO
Prof. Antonino DE STEFANO
Prof. Leopoldo ELIA
Prof. Guglielmo ROEHRSSEN
Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI
Avv. Alberto MALAGUGINI
Prof. Livio PALADIN
Dott. Arnaldo MACCARONE
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 1 della legge 22 maggio 1975, n. 152 (Disposizioni a tutela dell'ordine pubblico), promosso con ordinanza emessa il 9 dicembre 1975 dal tribunale per i minorenni di Torino, nel procedimento penale a carico di Ciavarelli Massimo ed altro, iscritta al n. 284 del registro ordinanze 1976 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 145 del 3 giugno 1976.
Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell'udienza pubblica del 20 dicembre 1977 il Giudice relatore Michele Rossano;
udito il sostituto avvocato generale dello Stato Giorgio Azzariti, per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
Il Tribunale per i minorenni di Torino, nel corso del procedimento a carico di Scarano Nicola e Ciavarelli Massimo, imputati del delitto di rapina aggravata ai sensi dell'art. 628 pp. e cpv. codice penale, per aver sottratto, con la minaccia di un coltello, lire 1.500 ciascuno ed un paio di occhiali Ray-Ban a Bosso Fabio e Caselli Silvano ed una moto vespa 125 ad Albertello Armando, sollevava con ordinanza emessa in data 9 dicembre 1975, questione di legittimità costituzionale dell'art. 1 della legge 22 maggio 1975, n. 152, recante "Disposizioni a tutela dell'ordine pubblico" nella parte in cui non esclude dal divieto di concessione della libertà provvisoria i minori degli anni 18. La norma, così disponendo, parificherebbe situazioni diverse, senza tener conto dei caratteri peculiari dei delitti minorili, sovente rivolti al possesso di oggetti aventi valore irrisorio, motivati da ragioni di mero teppismo, attuati con mezzi rudimentali e non idonei a suscitare allarme sociale; senza tener conto inoltre della particolare disciplina che regola la materia, disciplina che richiede la dimostrazione in concreto della capacità di intendere e di volere, é volta innanzi tutto al recupero sociale di chi ha commesso il delitto e considera in ogni caso la condanna come ipotesi estrema pur in presenza di una situazione di colpevolezza (istituto del perdono giudiziale).
Nel giudizio innanzi a questa Corte interveniva il Presidente del Consiglio dei ministri attraverso l'Avvocatura dello Stato chiedendo il rigetto della questione. Si richiamava alle affermazioni della Corte, contenute nella sentenza n. 88 del 1976, secondo cui la norma di cui si tratta é stata dettata dal legislatore "al fine di fronteggiare l'allarmante recrudescenza del fenomeno della criminalità successiva all'emanazione della legge 15 dicembre 1972, n. 733, e, quindi, certamente o molto probabilmente favorita dalla libertà provvisoria accordata ad imputati pericolosi e proclivi alla recidiva", per dedurre che le censure del giudice a quo tenderebbero ad una critica politica di tale normativa, inammissibile nella presente sede. La Corte del resto avrebbe già chiaramente affermato la compatibilità con le norme costituzionali dell'istituto del mandato di cattura obbligatorio e del divieto di concedere la libertà provvisoria quando si può ragionevolmente presumere un pericolo derivante dalla libertà dell'indiziato (sent. n. 64 del 1970).
Considerato in diritto
La questione di legittimità costituzionale, per violazione dell'art. 3, primo comma, Cost., é sollevata dal Tribunale per i minorenni perché l'art. 1, primo comma, della legge 22 maggio 1975, n. 152 disciplinerebbe in modo eguale situazioni sostanzialmente diseguali, e cioè quella degli adulti e quella dei minori di età potenzialmente imputabili, in relazione al diverso significato ed alla differente funzione che assumerebbe per essi la carcerazione preventiva.
Sembra peraltro che, al di la di questo aspetto, risulterebbe profondamente contraddittorio con tutta la normativa sui minori degli anni diciotto il rigido automatismo di un divieto che precludesse al giudice la possibilità di adottare differenziate valutazioni in ordine all'adozione o meno di misure di carcerazione preventiva: in realtà a ferire la coerenza e la razionalità del sistema sarebbe l'arbitraria equiparazione dei minori tra di loro.
In effetti, secondo il disposto dell'art. 98 codice penale, la capacità di intendere e di volere del minore tra i quattordici e i diciotto anni (e cioè la sua imputabilità) deve essere verificata caso per caso in relazione al momento in cui é stato commesso il fatto.
In secondo luogo il largo ricorso alla sospensione condizionale della pena ed al perdono giudiziale nell'ambito della giustizia minorile (cfr. sentenze Corte cost. nn. 108 del 1973 e 154 del 1976) conferma non soltanto la tendenza generale a considerare come ultima ratio il ricorso all'istituzione carceraria per questa fascia di minorenni, ma sottolinea con forza la necessita di valutazioni del giudice fondate su prognosi ovviamente individualizzate in ordine alle prospettive di recupero del minore deviante.
Non mancano infine altri dati normativi (ad esempio l'articolo 255 codice procedura penale) per dimostrare che l'ordinamento italiano non si é ispirato ad un generico favor per i minori, ma, sul fondamento dell'art. 31, ultimo comma, Cost. ha provveduto (in particolare con la legge 25 luglio 1956, n. 888) a sviluppare istituti e servizi che dovrebbero rendere residuale l'internamento dei minori nei riformatori giudiziari e nelle prigioni-scuola. Ciò non comporta alcuna sottovalutazione della pericolosità e gravita del fenomeno della delinquenza minorile: ma significa solamente che non si intende lasciare intentata alcuna possibilità di recupero di soggetti non ancora del tutto maturi dal punto di vista fisiopsichico.
In ogni caso, come l'art. 13 Cost. va letto in collegamento sistematico oltre che con l'art. 27 Cost. anche con l'art. 32 Cost. (cfr. l'ultimo comma art. 1 legge n. 152 del 1975), così lo stesso art. 13 non può essere scisso (ai fini della carcerazione preventiva dei minori) da quanto dispone l'ultimo comma dell'art. 31 Cost. in tema di protezione della gioventù.
Tuttavia il testo dell'art. 1, comma primo, della legge n. 152 del 1975 appare suscettibile di una interpretazione che non escluda la concessione della libertà provvisoria ai minori compresi nella fascia tra i quattordici ed i diciotto anni: una interpretazione che é anche la sola ad essere in armonia con l'art. 3, primo comma, Cost. e con le norme della Costituzione in tema di gioventù e di minori.
Sulla base di queste considerazioni non può dunque accogliersi la questione sollevata dal Tribunale per i minorenni di Torino.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 1 della legge 22 maggio 1975, n. 152, recante "Disposizioni a tutela dell'ordine pubblico" sollevata, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, con l'ordinanza del Tribunale dei minorenni di Torino in epigrafe indicata.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'11 aprile 1978.
Paolo ROSSI - Luigi OGGIONI - Leonetto AMADEI - Edoardo VOLTERRA - Guido ASTUTI - Michele ROSSANO - Antonino DE STEFANO - Leopoldo ELIA - Guglielmo ROEHRSSEN - Brunetto BUCCIARELLI DUCCI - Alberto MALAGUGINI - Livio PALADIN - Arnaldo MACCARONE
Giovanni VITALE - Cancelliere
Depositata in cancelleria il 20 aprile 1978.