Sentenza n. 121 del 1977
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SENTENZA N. 121

ANNO 1977

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori giudici:

Prof. Paolo ROSSI, Presidente

Dott. Luigi OGGIONI

Dott. Nicola REALE

Avv. Leonetto AMADEI

Prof. Edoardo VOLTERRA

Prof. Guido ASTUTI

Dott. Michele ROSSANO

Prof. Leopoldo ELIA

Avv. Oronzo REALE

Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI

Avv. Alberto MALAGUGINI,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 10 del d.l. 24 luglio 1973, n. 427 (disciplina dei prezzi dei beni di largo consumo), promosso con ordinanza emessa il 4 luglio 1974 dal pretore di Ivrea, nel giudizio di opposizione proposto da Emilio e Franco Povero, iscritta al n. 468 del registro ordinanze 1974 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 324 dell'11 dicembre 1974.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica dell'11 maggio 1977 il Giudice relatore Brunetto Bucciarelli Ducci;

udito il sostituto avvocato generale dello Stato Giorgio Azzariti, per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

 

Nel corso di un giudizio di opposizione avverso l'ordinanza prefettizia con la quale era stata inflitta una sanzione pecuniaria a carico di tali Emilio e Franco Povero, il pretore di Ivrea ha sollevato questione incidentale di legittimità costituzionale dell'art. 10 d.l. 24 luglio 1973, n. 427, (cvt. in legge 4 agosto 1973, n. 496) - contenente disciplina dei prezzi dei beni di largo consumo - per sospetta violazione del principio di eguaglianza e del diritto di difesa (artt. 3 e 24, prima parte, Cost.).

Osserva il giudice a quo che la norma impugnata, escludendo per il tipo di sanzioni amministrative da essa previsto, la possibilità di far ricorso all'istituto della conciliazione amministrativa, priverebbe il privato del diritto al pagamento di una somma in via breve, da considerarsi "in senso lato esplicazione di un diritto di difesa", e introdurrebbe una disparità di trattamento rispetto a situazioni giuridiche eguali, giacché esisterebbe un principio generale di conciliabilità di tutte le sanzioni, comprese quelle depenalizzate, derogabile dal legislatore per motivi oggettivi, che non ricorrerebbero nella specie.

É intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, con atto di deduzioni depositato il 6 dicembre 1974, chiedendo dichiararsi l'infondatezza della questione proposta.

Premette la difesa dello Stato che sia l'oblazione processuale, sia la conciliazione amministrativa (aventi ad effetto la degradazione del reato in illecito amministrativo) sia il recente istituto del pagamento in via breve, previsto dalle leggi che hanno depenalizzato la maggior parte delle contravvenzioni punite con la sola ammenda, non ricevono un loro fondamento diretto nella Costituzione, ma in tanto esistono in quanto il legislatore ne abbia previsto la loro espressa istituzione, e nei limiti della configurazione legislativa. Pertanto non può invocarsi in proposito la violazione del diritto di difesa garantito dall'art. 24 della Costituzione, in quanto il principio costituzionale invocato é volto ad assicurare la salvaguardia processuale di un diritto sostanziale riconosciuto dall'ordinamento giuridico (sentenza n. 111 del 1964). Soggiunge che la normativa impugnata garantisce pienamente l'esercizio del diritto alla tutela giurisdizionale avverso il provvedimento prefettizio che irroga le sanzioni amministrative, nella forma del giudizio di opposizione innanzi al pretore.

Per quanto attiene alla pretesa violazione dell'art. 3 Cost. l'Avvocatura generale rileva che, in conformità alla costante giurisprudenza della Corte costituzionale, il principio di eguaglianza dei cittadini vincola il legislatore nei limiti di situazioni obiettive sostanzialmente identiche, mentre consente una valutazione discrezionale di situazioni diverse.

Considerato in diritto

La Corte costituzionale é chiamata a decidere se contrasti o meno con il principio d'eguaglianza (art. 3, primo comma, Cost.) e con il diritto di difesa (art. 24 I parte Costituzione) l'art. 10 del d.l. 24 luglio 1973, n. 427 (cvt. con mod. in legge 4 agosto 1973, n. 496), nella parte in cui non prevede la conciliazione amministrativa a favore dei contravventori delle norme introduttive di un temporaneo eccezionale blocco dei prezzi dei beni di largo consumo; contravventori cui sono comminate sanzioni amministrative.

La questione non é fondata in relazione ad entrambe le censure proposte.

Nell'ordinanza di rimessione la violazione dell'art. 3 Cost. é prospettata sotto il profilo che le leggi che sanciscono la sola pena dell'ammenda o, più recentemente, sanzioni pecuniarie amministrative, prevedono generalmente la possibilità di conciliare in via amministrativa, o di pagare una somma in misura ridotta, mentre la disposizione impugnata esclude tale facoltà. Detta norma, inoltre, priverebbe il contravventore di un potere giuridico definito dal giudice a quo come esplicazione, in senso lato, di un diritto di difesa.

Non sussiste in primo luogo violazione del principio di eguaglianza.

Premesso che l'istituto dell'oblazione non ha un suo diretto fondamento costituzionale, va rilevato che il decreto legge n. 427 del 24 luglio 1973, poi convertito, con modifiche, nella legge 4 agosto 1973, n. 496, é stato emanato dal Governo, insieme ad altri provvedimenti urgenti, per far fronte ad una situazione straordinaria, caratterizzata da una accentuata svalutazione, secondo un apprezzamento condiviso dal Parlamento in sede di conversione in legge. La normativa in esame stabiliva un eccezionale temporaneo blocco dei prezzi dei beni di largo consumo ed il legislatore, nell'esercizio della sua discrezionalità politica, era legittimato a prevedere sanzioni economicamente rilevanti, la cui efficacia intimidatrice si presentava indispensabile al raggiungimento dello scopo.

Pertanto l'esclusione della oblazione é il risultato di una ragionevole valutazione, e la diversità che ne consegue, in relazione ad altre ipotesi legislative, corrisponde alla stessa oggettiva disparità delle situazioni comparate. Aggiungasi che la pena pecuniaria prevista per la vendita a prezzo maggiorato, é compresa tra un minimo ed un massimo edittale (da 50 mila a 10 milioni di lire) tali da consentirne la concreta graduazione in conformità alla effettiva gravità dell'infrazione.

Neppure sussiste la violazione del diritto di difesa.

Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, l'articolo 24 della Costituzione può essere invocato per assicurare sul piano processuale la tutela di una situazione giuridica riconosciuta dal diritto sostanziale (cfr. da ultimo, sentenze n. 178 e n. 215 del 1975). Nella specie la norma impugnata esclude in radice il c.d. diritto alla conciliazione amministrativa, sicché il richiamo all'art. 24 Cost. non é pertinente. Comunque appare arbitraria l'asserita configurazione della facoltà di pagare una somma in misura ridotta come esplicazione del diritto di difesa, giacché il contravventore ricorre alla conciliazione proprio quando non intende difendersi in giudizio. Qualora, invece, voglia contestare il fondamento della sanzione comminata, anche la disposizione impugnata gli assicura ampia difesa avverso l'ordinanza prefettizia che ha irrogato la pena, essendo richiamati gli articoli da 9 a 13 della legge 3 maggio 1967, n. 317. Invero tali disposizioni prevedono la tutela giurisdizionale mediante opposizione davanti al pretore il quale, secondo la comune interpretazione giurisprudenziale, é chiamato ad accertare la legittimità del provvedimento amministrativo, controllando se l'infrazione c'é stata o meno, e la congruità della motivazione anche in ordine all'ammontare della sanzione. La sentenza del pretore é ovviamente soggetta al ricorso in Cassazione.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 10 del d.l. 24 luglio 1973, n. 427, convertito, con modificazioni, in legge 4 agosto 1973, n. 496, recante disciplina dei prezzi dei beni di largo consumo, sollevata, in riferimento agli artt. 3, primo comma, e 24, prima parte, della Costituzione, con l'ordinanza del pretore di Ivrea in epigrafe indicata.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 15 giugno 1977.

Paolo ROSSI - Luigi OGGIONI - Nicola REALE - Leonetto AMADEI - Edoardo VOLTERRA - Guido ASTUTI - Michele ROSSANO - Leopoldo ELIA - Oronzo REALE - Brunetto BUCCIARELLI DUCCI - Alberto MALAGUGINI.

Giovanni VITALE - Cancelliere

 

Depositata in cancelleria il 20 giugno 1977.