Sentenza n. 65 del 1977
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SENTENZA N. 65

ANNO 1977

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori giudici:

Prof. Paolo ROSSI, Presidente

Dott. Luigi OGGIONI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE

Avv. Leonetto AMADEI

Dott. Giulio GIONFRIDA

Prof. Edoardo VOLTERRA

Prof. Guido ASTUTI

Dott. Michele ROSSANO

Prof. Antonino DE STEFANO

Prof. Leopoldo ELIA

Prof. Guglielmo ROEHRSSEN

Avv. Oronzo REALE

Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI

Avv. Alberto MALAGUGINI,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale dell'art. 18 del d.l. C.p.S. 4 aprile 1947, n. 207 (Trattamento giuridico ed economico del personale civile non di ruolo in servizio nelle Amministrazioni dello Stato), promossi con le seguenti ordinanze:

1) ordinanza emessa il 7 luglio 1975 dal tribunale amministrativo regionale del Lazio sul ricorso di Francesco Ottaviano, iscritta al n. 82 del registro ordinanze 1976 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 72 del 17 marzo 1976;

2) ordinanza emessa il 15 ottobre 1975 dal Consiglio di Stato nel procedimento civile vertente tra Carlo Cariddi e l'Istituto tecnico di Stato "Quintino Sella" di Roma, iscritta al n. 381 del registro ordinanze 1976 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 164 del 23 giugno 1976.

Visti gli atti di costituzione di Ottaviano Francesco e di Carlo Cariddi;

udito nell'udienza pubblica del 23 febbraio 1977 il Giudice relatore Guglielmo Roehrssen;

udito l'avv. Michele Costa, per Ottaviano e Cariddi.

Ritenuto in fatto

1. - Con atto notificato il 16 maggio 1974 il prof. Francesco Ottaviano, insegnante incaricato di educazione fisica dal 1953 e cessato dal servizio nel 1973 per limiti di età dopo aver optato per il trattamento pensionistico INPS, ricorreva al tribunale amministrativo regionale del Lazio, chiedendo l'annullamento del provvedimento 15 febbraio precedente, col quale il Ministero della pubblica istruzione aveva rigettato la istanza diretta ad ottenere l'indennità di fine rapporto, ritenendo inapplicabile al personale insegnante l'art. 9 del d.l. 4 aprile 1947, n. 207, ai sensi dell'art. 18 dello stesso decreto. Nel ricorso si osservava che l'art. 18 stabiliva che il d.l. n. 207 non dovesse applicarsi agl'insegnanti non di ruolo, in quanto per essi si sarebbe "provveduto con separato provvedimento": tale "provvedimento" sarebbe da ravvisarsi nell'art. 8 della legge 28 luglio 1961, n. 831, il cui primo comma ha riconosciuto agl'insegnanti non di ruolo il diritto al trattamento di previdenza e assistenza previsto per gl'impiegati civili di ruolo mentre l'ultimo comma ha affermato il diritto di optare per il trattamento assicurativo d'invalidità e vecchiaia dell'INPS. Da queste norme risulterebbe che agli insegnanti che abbiano optato per il trattamento INPS si applicherebbero le norme sugl'impiegati non di ruolo, mentre agl'insegnanti che non abbiano effettuato l'opzione, si applicherebbero le disposizioni sugl'impiegati civili di ruolo, cosicché a questi ultimi spetterebbe la "buonuscita" dell'ENPAS, mentre a coloro che abbiano effettuato l'opzione spetterebbe l'indennità di cui all'art. 9 del d.l. C.p.S. n. 207 del 1947.

Il tribunale amministrativo del Lazio, implicitamente respingeva tale tesi, ma con ordinanza 7 luglio 1975 sollevava, ritenendola rilevante ai fini della decisione del giudizio e non manifestamente infondata, questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 3 e 36 della Costituzione, dell'art. 18, in relazione all'art. 9, primo comma, del d.l. 4 aprile 1947, n. 207, "nella parte in cui nega al personale insegnante non di ruolo, che abbia optato per la pensione d'invalidità e vecchiaia a norma dell'art. 8 della legge 28 luglio 1961, n. 831, l'indennità per cessazione dal servizio".

Secondo il tribunale amministrativo tale diniego, restato in vigore per gl'insegnanti che abbiano effettuato la cennata opzione, non avrebbe alcuna razionale motivazione e contrasterebbe col principio di eguaglianza e con quello della giusta retribuzione, risolvendosi in un trattamento ingiustificatamente deteriore per alcuni insegnanti non di ruolo, rispetto al rimanente personale non di ruolo dello Stato.

Giustificazione a tale trattamento - secondo l'ordinanza di rimessione - non potrebbe trovarsi nell'avere esercitato l'opzione per il trattamento pensionistico dell'INPS, in quanto tale possibilità sarebbe stata prevista per evitare al personale ormai al limite di età per il collocamento a riposo, i gravosi oneri necessari per il riscatto dei precedenti periodi di incarico.

2. - Questione analoga é stata sollevata dalla Sezione VI del Consiglio di Stato con ordinanza 15 ottobre 1975, nel corso di un giudizio promosso dal prof. Carlo Cariddi (e proseguito, a seguito del suo decesso, da Cariddi Gina) - anch'egli professore incaricato avvalsosi dell'opzione per il trattamento pensionistico INPS - contro l'Istituto tecnico di Stato commerciale e per geometri "Quintino Sella" di Roma e il Ministero della pubblica istruzione, a seguito del diniego dell'indennità di buonuscita.

3. - Davanti a questa Corte si sono costituite le parti private, chiedendo che le questioni sollevate con le dette ordinanze siano ritenute fondate.

Considerato in diritto

1. - Le ordinanze indicate in epigrafe propongono una identica questione di legittimità costituzionale e pertanto i relativi giudizi, congiuntamente discussi nell'udienza pubblica, vanno riuniti e decisi con unica sentenza.

2. - La questione é fondata.

L'art. 18 del d.l. 4 aprile 1947, n. 207 (recante "Trattamento giuridico ed economico del personale civile non di ruolo in servizio nelle Amministrazioni dello Stato"), stabilì che la normativa dettata da tale decreto non fosse applicabile al personale insegnante non di ruolo.

In particolare era inapplicabile a quest'ultimo personale l'art. 9 del d.l. n. 207, il quale prevedeva un'indennità di fine rapporto per il personale non di ruolo dello Stato che avesse compiuto almeno un anno di servizio continuativo.

Successivamente l'art. 8 della legge 28 luglio 1961, n. 831 (recante "Provvidenze a favore del personale direttivo ed insegnante delle scuole elementari, secondarie ed artistiche, dei provveditorati agli studi e degl'ispettorati centrali e del personale ausiliario delle scuole e degli istituti d'istruzione superiore ed artistica"), estendeva agl'insegnanti incaricati forniti di abilitazione all'insegnamento, il trattamento di quiescenza previsto per gl'impiegati civili dello Stato e per gl'insegnanti di ruolo, prevedendo peraltro (all'ultimo comma), la facoltà per gl'interessati di optare, entro un anno, per il trattamento di quiescenza INPS.

Detta normativa é stata interpretata dalla giurisprudenza amministrativa nel senso che l'opzione per il trattamento INPS dà diritto alla sola pensione e non anche all'indennità di fine rapporto.

Ciò, come esattamente sostenuto nelle ordinanze di rimessione, contrasta con l'art. 3 della Costituzione. Invero questa Corte ha già avuto occasione di affermare:

a) la corresponsione dell'indennità di cessazione dal servizio prevista dall'art. 9 del d.l. n. 207 del 1947 per i dipendenti civili non di ruolo dello Stato rientra, per la sua natura retributiva e per la concorrente sua funzione previdenziale, nel complessivo trattamento economico spettante al dipendente non di ruolo all'atto della cessazione dal servizio (sentenza n. 236 del 1974);

b) sono prive di razionale giustificazione e perciò in contrasto col principio di eguaglianza, le norme che prevedano un trattamento di quiescenza deteriore per gl'insegnanti non di ruolo rispetto agli altri dipendenti civili non di ruolo dello Stato, "non potendo costituire, in presenza di un rapporto di servizio alle dipendenze di Amministrazioni dello Stato, sufficiente elemento di distinzione", per giustificare la diversità di trattamento, "la circostanza che il servizio sia prestato in favore di una anziché di un'altra branca dell'organizzazione amministrativa dello Stato" (sentenza n. 40 del 1973).

Nel caso di specie la diversità di trattamento appare ancor meno ragionevole, giacché la normativa impugnata - negando la indennità di fine rapporto esclusivamente agl'insegnanti i quali, pur avendo titolo per ottenere il trattamento di quiescenza previsto per gl'impiegati civili dello Stato e per gl'insegnanti di ruolo, abbiano optato per il trattamento pensionistico INPS - pone in essere una discriminazione all'interno della stessa categoria degl'insegnanti.

Tale deteriore trattamento, d'altronde, non può trovare alcuna giustificazione nell'esercizio dell'opzione per il trattamento pensionistico dell'INPS - previsto in via generale per i rapporti d'impiego privato - in quanto anche a tale trattamento si accompagna di regola, in forza della normativa sulla cessazione dei rapporti d'impiego privato, un'indennità di fine rapporto e non vi é quindi ragione perché in seguito all'opzione questa possa essere negata agl'insegnanti anzidetti.

3. - Ne consegue che va dichiarata, sotto l'assorbente profilo della violazione dell'art. 3 della Costituzione, l'illegittimità costituzionale dell'art. 18 del d.l. 4 aprile 1947, n. 207, nella parte in cui nega al personale di cui all'ultimo comma dell'art. 8 della legge 28 luglio 1961, n. 831, l'indennità di fine rapporto prevista dall'art. 9 dello stesso d.l. n. 207 del 1947.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la illegittimità costituzionale dell'art. 18 del d.l.C.P.S. 4 aprile 1947, n. 207, nella parte in cui nega al personale di cui all'ultimo comma dell'art. 8 della legge 28 luglio 1961, n. 831, l'indennità di fine rapporto prevista dall'art. 9 dello stesso d.l. n. 207 del 1947.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 13 aprile 1977.

Paolo ROSSI - Luigi OGGIONI - Vezio CRISAFULLI - Nicola REALE - Leonetto AMADEI - Giulio GIONFRIDA - Edoardo VOLTERRA - Guido ASTUTI - Michele ROSSANO - Antonino DE STEFANO - Leopoldo ELIA - Guglielmo ROEHRSSEN - Oronzo REALE - Brunetto BUCCIARELLI DUCCI - Alberto MALAGUGINI

Arduino SALUSTRI - Cancelliere

 

Depositata in cancelleria il 20 aprile 1977.