SENTENZA N. 129
ANNO 1976
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori giudici:
Dott. Luigi OGGIONI , Presidente
Avv. Angelo DE MARCO
Avv. Ercole ROCCHETTI
Prof. Enzo CAPALOZZA
Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI
Prof. Vezio CRISAFULLI
Dott. Nicola REALE
Prof. Paolo ROSSI
Avv. Leonetto AMADEI
Dott. Giulio GIONFRIDA
Prof. Edoardo VOLTERRA
Prof. Guido ASTUTI
Dott. Michele ROSSANO
Prof. Antonino DE STEFANO,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale degli artt. 1 e 10 della legge 15 luglio 1966, n. 604 (norme sui licenziamenti individuali); degli artt. 18 e 35 della legge 20 maggio 1970, n. 300 (Statuto dei lavoratori); e dell'art. 345 del codice della navigazione, promossi con le seguenti ordinanze:
1) ordinanza emessa il 9 marzo 1973 dal pretore di Messina nel procedimento civile vertente tra Fucile Giuseppe e la società Tourist Ferry-Boat, iscritta al n. 281 del registro ordinanze 1973 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 223 del 29 agosto 1973;
2) ordinanza emessa il 27 febbraio 1973 dalla Corte d'appello di Napoli nel procedimento civile vertente tra Di Martino Alfonso e la società Aliscafi, iscritta al n. 291 del registro ordinanze 1973 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 223 del 29 agosto 1973
3) ordinanza emessa il 9 aprile 1974 dal pretore di Roma nel procedimento civile vertente tra Ardizzone Maria e la società Alitalia, iscritta al n. 214 del registro ordinanze 1974 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiate della Repubblica n. 159 del 19 giugno 1974;
4) ordinanza emessa il 3 luglio 1974 dal pretore di Roma nel procedimento civile vertente tra Belvisi Christiane e la Società Alitalia, iscritta al n. 426 del registro ordinanze 1974 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 309 del 27 novembre 1974;
5) ordinanza emessa il 21 giugno 1974 dal tribunale di Roma nel procedimento civile vertente tra Parente Silvana e la società Alitalia, iscritta al n. 454 del registro ordinanze 1974 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 324 dell'11 dicembre 1974;
6) ordinanza emessa il 18 ottobre 1974 dal pretore di Roma nel procedimento civile vertente tra Perra Gianna e la società Alitalia, iscritta al n. 483 del registro ordinanze 1974 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiate della Repubblica n. 7 dell'8 gennaio 1975;
7) ordinanza emessa il 30 marzo 1974 dal pretore di Roma nel procedimento civile vertente tra Vissinga Sonia e la società Alitalia, iscritta al n. 46 del registro ordinanze 1975 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 62 del 5 marzo 1975.
Visti gli atti di costituzione di Ardizzone Maria, di Belvisi Christiane, di Parente Silvana, di Vissinga Sonia, della società Tourist Ferry-Boat e della società Alitalia; nonché gli atti d'intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell'udienza pubblica del 26 novembre 1975 il Giudice relatore Edoardo Volterra;
uditi l'avv. Giorgio Pirani, per Ardizzone Maria e Belvisi Christiane, gli avvocati Luciano Ventura e Roberto Murgia, per Parente Silvana, l'avv. Pasquale Nappi, per Vissinga Sonia, l'avv. Giovanni Piaggio, per la società Tourist Ferry-Boat, gli avvocati Antonio Sorrentino e Maurizio Marazza, per la società Alitalia, ed il sostituto avvocato generale dello Stato Giorgio Azzariti, per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
1. - La Corte d'appello di Napoli e il pretore di Messina, con due ordinanze emesse rispettivamente il 27 febbraio e il 9 marzo 1973, hanno sollevato questione di legittimità costituzionale delle norme relative all'inapplicabilità al personale marittimo dell'istituto del licenziamento per giusta causa o giustificato motivo.
In particolare il pretore di Messina denuncia l'art. 345 del codice della navigazione, nella parte in cui prevede la facoltà dell'armatore di licenziare ad nutum il personale navigante, in riferimento agli artt. 3, 4 e 35 Cost.; la Corte d'appello censura l'art. 10 della legge 15 luglio 1966, n. 604, nella parte in cui implicitamente stabilisce (art. 1) l'inapplicabilità della legge medesima ai prestatori di lavoro indicati nell'art. 114 del codice della navigazione.
Secondo i giudici in questione, la normativa regolante il contratto di arruolamento o d'imbarco, la quale prevede un'assoluta discrezionalità dell'armatore nella risoluzione del rapporto di lavoro, non può considerarsi abrogata dalle disposizioni della citata legge n. 604 del 1966, perché quest'ultima si riferisce al contratto di lavoro a tempo indeterminato disciplinato dal codice civile, come risulta dagli artt. 1 e 10 e come é confermato dagli artt. 18 e 35 della legge 20 maggio 1970, n. 300. Riconosciuta, pertanto, la vigenza della disciplina contenuta nel codice della navigazione si dubita della legittimità costituzionale delle disposizioni denunziate, perché il diritto costituzionalmente tutelato alla stabilità del rapporto di lavoro avrebbe trovato attuazione soltanto con la normativa contenuta nella legge n. 604 del 1966, che, peraltro, risulta inapplicabile nella specie.
La risultante differenza di trattamento tra i lavoratori delle imprese naviganti e gli altri sarebbe inoltre priva di fondamento razionale per quanto riguarda il recesso ad nutum dell'armatore e la sua facoltà di risoluzione del contratto in ogni tempo e in ogni luogo, previsti rispettivamente dagli artt. 342 e 345 del codice della navigazione. Infatti le caratteristiche funzionali del rapporto di lavoro nautico legate alla finalità della conservazione del patrimonio navigante e più ancora all'integrità fisica e alla vita delle persone imbarcate, avrebbero rilevanza soltanto per valutare in concreto una possibile giusta causa od un giustificato motivo a sostegno del licenziamento del lavoratore. D'altra parte lo stesso legislatore si sarebbe già orientato in questo senso con lo Statuto dei lavoratori che ammetterebbe la piena liceità dello sciopero dei marittimi (art. 35 in relazione all'art. 15) ed in definitiva rimetterebbe l'applicazione della maggior parte dei principi in esso contenuti alla contrattazione collettiva, dal che sembrerebbe palesarsi una sostanziale omogeneità tra il lavoro nautico e quello previsto dal codice civile.
2. - Questione di legittimità costituzionale della legge n. 604 del 1966, nella parte in cui esclude l'applicabilità della disciplina di licenziamento al personale di volo di cui all'art. 732 cod. nav., é stata sollevata dal pretore e dal tribunale di Roma con ordinanze emesse il 21 giugno, 3 luglio e 18 ottobre 1974, nel corso dei procedimenti civili vertenti tra Christiane Belvisi, Silvana Parente, Gianna Perra e la società Alitalia.
Nelle ordinanze si osserva che se il risvolto pubblicistico del lavoro degli assistenti di volo giustifica una dilatazione dei poteri direttivi e disciplinari dell'esercente e del comandante dell'aeromobile, ciò non vale a dare ragione dell'assoluta intangibilità e insindacabilità dei licenziamenti disposti senza giusta causa o giustificato motivo. Giusta causa o giustificato motivo che nel caso di specie potranno bensì essere sorretti da criteri normativi di valutazione più rigorosi, ma che non dovrebbero in ogni caso mancare del tutto.
Né il contratto collettivo di lavoro 27 gennaio 1970 per gli assistenti di volo dell'Alitalia, ha in qualche modo recepito, anticipando la previsione del terzo comma dell'art. 35 della legge n. 300 del 1970, i principi in materia di licenziamento di cui alla legge n. 604 del 1966.
Anzi, secondo il tribunale di Roma, l'art. 35 dello Statuto dei lavoratori rinviando alla contrattazione collettiva, per quel che riguarda soltanto i principi dell'art. 18 dello Statuto medesimo, appronta da un lato una tutela più debole per il personale navigante (giacché - si osserva - per fare un accordo bisogna essere in due), e dall'altro tiene ferma l'esclusione dei rapporti di lavoro del personale di volo dalla diretta applicabilità della legge n. 604 del 1966. Di qui il sospetto in ordine alla legittimità costituzionale anche degli artt. 18 e 35 dello Statuto dei lavoratori, nelle parti in discorso.
L'esame di legittimità costituzionale di tutte le norme denunciate andrebbe fatto anche in relazione ai principi della Costituzione in ordine al diritto al lavoro, il quale si é concretizzato, secondo l'ordinanza di rinvio, attraverso la tutela apprestata per gli altri lavoratori dalle leggi n. 604 del 1966 e 300 del 1970. Importanza fondamentale in materia assume la conservazione del diritto al posto di lavoro, che si realizzerebbe in un diritto quasi reale anche in altri ordinamenti giuridici. Di fronte ad esso, non si potrebbe invocare nessuna sostanziale specialità del rapporto di lavoro nautico per escludere tale diritto nell'ambito del rapporto medesimo.
Di converso il pretore di Roma, con la citata ordinanza 3 luglio 1974, ritiene irrilevante la questione, dedotta dalle parti, in ordine all'art. 35 dello Statuto dei lavoratori, che a suo avviso potrebbe profilarsi solo ove si affermasse l'applicabilità in generale della normativa della legge 604 del 1966 al personale navigante, ritenendosi poi che esso sia escluso dalla tutela fornita dall'art. 18 della legge 300 del 1970 in virtù del citato ultimo comma dell'art. 35. Allo stato, invece, negandosi l'applicabilità della stessa legge n. 604 del 1966 per i motivi già detti in relazione alle ordinanze del pretore di Messina e della Corte d'appello di Napoli, occorre in primo luogo sollevare questione di legittimità costituzionale dell'art. 10 della legge medesima.
3. - Con ordinanza 28 novembre 1973 n. 173 la Corte costituzionale restituiva al pretore di Roma gli atti del procedimento civile vertente tra Maria Ardizzone e la società Alitalia, invitandolo a riesaminare la rilevanza della proposta questione di legittimità costituzionale dell'art. 10 della legge n. 604 del 1966 in riferimento all'art. 35, ultimo comma, dello Statuto dei lavoratori ed ai contratti collettivi in materia di navigazione aerea. Secondo la Corte, infatti, il citato art. 35 rinviava alla contrattazione collettiva l'applicazione dei principi contenuti nello Statuto dei lavoratori e nella precedente legge n. 604, da esso presupposta, in materia di licenziamenti del personale di volo.
Chiedeva pertanto al pretore di valutare, in base ai vigenti contratti collettivi cui le parti s'erano richiamate, se i principi in questione fossero stati applicati o meno. Con ordinanza emessa il 9 aprile 1974 il pretore di Roma rimetteva nuovamente gli atti alla Corte costituzionale, osservando che da un lato l'art. 35 dello Statuto dei lavoratori, a suo parere, non operava un rinvio alla contrattazione collettiva per quanto riguarda i principi in materia di licenziamento contenuti in maniera compiuta ed organica soltanto nella legge n. 604 del 1966, e che comunque il contratto collettivo in questione, richiamandosi all'accordo interconfederale 29 aprile 1965 sui licenziamenti individuali nel settore industriale, faceva propri pricipi del tutto diversi da quelli sia sostanziali che "processuali", dettati dalle leggi n. 604 del 1966 e n. 300 del 1970.
Nel merito si richiamava alla precedente ordinanza nella quale sollevava il dubbio di legittimità costituzionale dell'art. 10 della più volte citata legge n. 604 del 1966, nella parte in cui esclude il personale navigante, di cui all'art. 732 del codice della navigazione, dalla disciplina in materia di licenziamenti in relazione all'art. 3 della Costituzione e con argomentazioni analoghe a quelle già esposte in riferimento all'ordinanza del tribunale di Roma.
4. - Ancora il pretore di Roma rimetteva alla Corte costituzionale gli atti del procedimento di lavoro vertente tra Sonia Vissinga e la società Alitalia, atti che gli erano stati restituiti dalla Corte medesima con l'ordinanza dinanzi citata, per i motivi già detti in riferimento al procedimento vertente tra l'Ardizzone e l'Alitalia.
Ritenuta la rilevanza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 10 legge n. 604 del 1956 e confermata la sua non manifesta infondatezza, con motivazione analoga a quella contenuta nell'ordinanza 9 aprile 1974, il pretore di Roma in questa nuova ordinanza emessa il 20 marzo 1974, ma pervenuta alla Corte soltanto il 22 gennaio 1975, sollevava d'ufficio questione di legittimità costituzionale dell'art. 35, terzo comma, della legge 20 maggio 1970, n. 300, in riferimento agli artt. 76, 39, secondo comma, e 39, primo comma, della Costituzione, in relazione agli artt. 18 e 3 della medesima.
Il pretore ritiene che l'art. 35, per cui i contratti collettivi di lavoro provvedono ad applicare i principi dello Statuto alle imprese di navigazione per il personale navigante, considerato in relazione all'art. 18 dello Statuto medesimo, che prevede la reintegrazione nel posto di lavoro, il risarcimento del danno e la provvisoria eseguibilità della sentenza, debba essere applicato nel giudizio a quo e quindi sia rilevante la relativa questione di legittimità costituzionale, essendosi verificato che a tutt'oggi nessun contratto collettivo dia attuazione ai principi richiamati.
L'impugnato art. 35 sarebbe quindi in contrasto con l'articolo 76 della Costituzione in quanto lo Statuto dei lavoratori opererebbe una vera e propria delega legislativa fatta non al Governo ma ai sindacati. Tanto perché la disposizione in esame usa il termine "applicare", applicazione che, riferita a principi inderogabili di legge, non potrebbe essere fatta se non con norme aventi valore di leggi ordinarie. Inoltre simile delega legislativa non conterrebbe né indicazioni di criteri direttivi né la precostituzione d'una durata dei suoi effetti.
La violazione dell'art. 39, secondo comma, della Costituzione deriverebbe dal fatto che ai sindacati sarebbe imposto l'obbligo di legiferare mediante atti di privata negoziazione, obbligo diverso dall'unico loro imposto costituzionalmente, cioé la registrazione.
La materia su cui i sindacati dovrebbero legiferare sarebbe poi del tutto estranea alla produzione normativa dell'autonomia collettiva, riguardando la materia giurisdizionale.
L'art. 39, primo comma, sarebbe violato, in relazione all'art. 18 della Costituzione, perché si imporrebbe alle categorie professionali di organizzarsi sindacalmente e ai singoli membri di aderire alle organizzazioni sindacali. Il contrasto potrebbe poi palesarsi anche in riferimento all'art. 3 della Costituzione per la disparità di trattamento tra iscritti ad associazioni sindacali che stipulino contratti collettivi di applicazione dei principi ed iscritti ad altre associazioni sindacali che tali contratti non stipulino. Di qui un'ulteriore violazione dell'art. 39 Cost. perché s'indurrebbero i lavoratori ad iscriversi ad associazioni sindacali che hanno ottenuto condizioni più favorevoli di applicazione dei principi dello Statuto.
Il pretore conclude rilevando che la questione di legittimità dell'art. 10 della legge n. 604 del 1966 sembra preliminare a quella dell'art. 35, terzo comma, dello Statuto dei lavoratori, poiché la prevista applicabilità dei principi dell'art. 18 al personale navigante, sia pure attraverso la mediazione dei contratti collettivi, pare voler significare l'inevitabile e indiscutibile applicabilità delle norme sostanziali presupposte dall'art. 18 e contenute nella legge n. 604. Tanto che lo stesso pretore sottopone alla Corte il dubbio dell'inesistenza di una norma che escluda il personale navigante dall'applicazione della legge 15 luglio 1966, n. 604.
5. - Le ordinanze sono state regolarmente notificate, comunicate e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale. É intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri rappresentato e difeso dall'Avvocato generale dello Stato. Si sono costituiti: la S.p.A. Tourist Ferry-Boat, rappresentata e difesa dall'avv. Giovanni Piaggio; Giuseppe Fucile, rappresentato e difeso dall'avv. Francesco Mancuso; Maria Ardizzone e Christiane Belvisi, rappresentate e difese dall'avv Giorgio Pirani; la Società Alitalia, rappresentata e difesa dagli avvocati Antonio Sorrentino e Maurizio Marazza; Silvana Parente, rappresentata e difesa dall'avv. Luciano Ventura; Sonia Vissinga, rappresentata e difesa dell'avv. Pasquale Nappi.
6. - Nel chiedere che le questioni sollevate vengano dichiarate non fondate, l'Avvocatura dello Stato richiama la sentenza 124 del 1962 di questa Corte, con la quale veniva evidenziato l'aspetto pubblicistico del rapporto di lavoro nautico, caratterizzazione che escluderebbe l'automatica applicabilità delle norme dettate in genere per i licenziamenti, così come tali norme non sono applicabili per i dirigenti amministrativi e tecnici (Corte cost. sent. n. 121/71). Analoghe considerazioni varrebbero anche ad escludere la violazione degli artt. 3 e 45 della Costituzione, da parte degli artt. 1 e 10 della legge l luglio 1966, n. 604, e degli artt. 18 e 35, terzo comma, della legge 20 maggio 1970, n. 300. Il diritto al lavoro e la tutela del lavoratore non sarebbero violati da una normazione legislativa che demandi alla disciplina pattizia la regolamentazione concreta del rapporto di lavoro. Anzi, esaltando il momento dialettico della contrattazione sindacale, e perciò valorizzando l'autonomia delle parti interessate, la legge sarebbe maggiormente garantista dei diritti dei lavoratori, tenuto conto, ovviamente, della peculiare natura del rapporto e della tutela di altri interessi degni di particolare considerazione (sicurezza dell'esercizio, incolumità dei passeggeri e degli equipaggi, ecc.).
La violazione dell'art. 76 Cost. da parte dell'art. 35, ultimo comma, della legge n. 300 del 1970 sarebbe poi da escludere poiché il contenuto precettivo di quest'ultima norma si esaurisce nell'affermazione della diretta applicabilità al personale navigante di alcune disposizioni dello Statuto dei lavoratori e nel rinvio per il resto alla contrattazione collettiva. Il contrasto con l'art. 39 Cost. prospettato sotto i profili per cui l'art. 35, ultimo comma, imporrebbe di concludere contratti collettivi con un particolare contenuto, di mantenere una organizzazione sindacale, (di aderire ad una determinata associazione, di introdurre discriminazioni fra parti iscritte, sarebbe in realtà inconsistente. Infatti la norma impugnata si limiterebbe a concedere ai sindacati, nell'ambito della loro autonomia, di dare attuazione ai principi contenuti nello Statuto dei lavoratori.
7. - La difesa della società Alitalia chiede parimenti che le questioni vengano dichiarate inammissibili o comunque infondate.
Quanto alla violazione dell'art. 3 Cost. da parte dell'art. 10 della legge 15 luglio 1966, n. 604, i giudici a quibus solleverebbero una censura che attiene alle scelte di merito operate dal legislatore, una volta riconosciuto che la situazione del personale navigante differisce da quella degli altri lavoratori subordinati.
Il dedotto vizio di legittimità costituzionale dell'art. 35, terzo comma, della legge 20 maggio 1970, n. 300, corrisponderebbe poi ad una questione irrilevante e quindi inammissibile. Infatti, dalla dichiarazione d'incostituzionalità dell'art. 35 ultimo comma dello Statuto non discenderebbe l'applicabilità dell'art. 18 dello Statuto stesso ai giudizi pendenti, in quanto tale ultima norma, come l'art. 10 della legge n. 604 del 1966, risulterebbe inapplicabile in forza dei principi contenuti nel codice della navigazione, nel codice civile, e nella stessa legge n. 604, e non in forza dell'art. 35 impugnato. Nel merito, nega il contrasto con gli artt. 76, 3, 18 e 39 Cost., essendo i principi dettati in tema di delegazione legislativa estranei a rapporti tra legge e contratti collettivi, non ponendo l'art. 35 dello Statuto alcun obbligo di contrattazione alle organizzazioni sindacali, né contrastando con i principi della libertà sindacale il recesso da un sindacato e l'adesione ad un altro, nell'ipotesi che quest'ultimo abbia ottenuto condizioni più favorevoli nella stipulazione del contratto collettivo di lavoro.
Sotto altro profilo il medesimo art. 35, in combinato disposto con l'art. 18 dello Statuto dei lavoratori, non sarebbe in contrasto con gli artt. 3, 4 e 35 Cost. poiché rimettere alla disciplina dei contratti collettivi la regolamentazione del licenziamento del personale navigante corrisponderebbe alla specialità del rapporto di lavoro di tale personale, nell'insindacabile valutazione politica operata dal legislatore.
8. - Anche la S.p.A. Tourist Ferry-Boat chiede che la Corte dichiari infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 345 del codice della navigazione, negando che il principio della stabilità del posto di lavoro sia assunto al rango di diritto costituzionalmente garantito dagli artt. 4 e 35 della Costituzione. In relazione alla violazione del principio di eguaglianza, rileva che la giustificazione della disciplina dei licenziamenti nel lavoro nautico é data dalle specifiche esigenze proprie di questo settore.
9. - Le difese dei lavoratori costituiti dinanzi alla Corte costituzionale chiedono di converso che la Corte dichiari l'illegittimità delle norme denunziate.
In particolare, la difesa di Giuseppe Fucile rileva come i principi ispiratori del codice della navigazione, in funzione delle idee politiche del tempo, siano indubbiamente contrastanti con quelli oggi vigenti. Aggiunge che la facoltà di licenziamenti ad nutum ed immotivati da parte dell'armatore risente dell'impronta corporativistica che si volle dare al rapporto, palesata dalla relazione al codice della navigazione, ove si legge "l'iscrizione marittima inquadra i lavoratori del mare in una specie di milizia amministrativa"
La pretesa specialità del lavoro nautico non esonera razionalmente tale rapporto dalla applicabilità del principio della giusta causa o del giustificato motivo di risoluzione, sebbene questi possano essere più rigorosamente e precisamente configurati, ragione non ultima della circostanza per cui lo Statuto dei lavoratori lascia alla contrattazione collettiva l'applicazione al lavoro marittimo dei principi specifici dettati in materia di reintegra nel posto di lavoro.
La difesa di Maria Adizzone e di Christiane Belvisi ribadisce che se per il lavoro nautico é necessario che venga riconosciuto all'imprenditore un più penetrante potere di controllo e di direzione sui dipendenti, non si sottrae al giudizio di illogicità l'affermazione secondo cui la normativa della legge 604 del 1966 altererebbe la natura del rapporto di lavoro nautico.
A sua volta Silvana Parente sottolinea come nella realtà attuale operai ed impiegati nel rapporto di lavoro nautico non sono scelti dal datore di lavoro intuitu personae, ma avviati al lavoro da organi pubblici di collocamento, sicché, stante la parità di condizioni di assunzione, non é dato comprendere il motivo per il quale il lavoratore addetto alla navigazione aerea debba avere una tutela diversa ed inferiore a quella del lavoratore impiegato presso imprese industriali e commerciali.
Considerato in diritto
1. - Le ordinanze di rimessione, muovendo dalla premessa dell'inapplicabilità al personale marittimo e di volo della disciplina del licenziamento per giusta causa e giustificato motivo di cui alle leggi n. 604 del 1966 e n. 300 del 1970, nonché della piena vigenza degli artt. 345 e 916 del codice della navigazione, i quali prevedono la facoltà di licenziamento ad nutum da parte dell'armatore o dell'esercente, sollevano questioni di legittimità costituzionale del citato art. 345 del codice della navigazione nonché degli artt. 1 e 10 della legge n. 604 del 1966 nella parte in cui non estendono la disciplina dei licenziamenti disposta nelle su citate leggi alle categorie di cui agli artt. 114 e 732 del codice della navigazione, e dell'art. 35, comma terzo, della stessa legge n. 300 del 1970 nella parte in cui rinvia ai contratti collettivi di lavoro l'applicabilità alle imprese del principio della giusta causa e del giustificato motivo per i licenziamenti del personale navigante.
La normativa impugnata, secondo le predette ordinanze, violerebbe il principio di uguaglianza e il diritto al lavoro, consacrati negli artt. 3, 4 e 35 della Costituzione.
Secondo un'ordinanza del pretore di Roma il rinvio ai contratti collettivi di cui al medesimo art. 35, comma terzo, della legge n. 300 del 1970 violerebbe inoltre le norme costituzionali in tema di delegazione legislativa (art. 76 della Costituzione), di libertà di associazione (art. 18 della Costituzione), di libertà di organizzazione e di adesione ai sindacati (art. 39 della Costituzione) e di uguaglianza innanzi alla legge (art. 3 della Costituzione).
2. - Trattandosi di questioni identiche o intimamente connesse i sette giudizi possono essere riuniti e decisi con un'unica sentenza.
3. - L'impostazione logica dell'indagine deve muovere dal quesito se l'interpretazione assunta dai giudici a quibus corrisponda o meno al sistema attualmente in vigore, anche in considerazione di talune oscillazioni dottrinali e giurisprudenziali in materia.
Al proposito occorre osservare che l'art. 10 della legge n. 604 del 1966, riferendo il campo di applicazione delle norme introdotte dalla medesima legge al personale di cui all'art. 2095 del codice civile, mostra come la disciplina dei licenziamenti individuali non possa essere senz'altro estesa ai rapporti contemplati nel codice della navigazione, in quanto questo ultimo che all'art. 1 prevede il ricorso al codice civile solo in via sussidiaria, forma sistema a sé stante con l'individuare autonomamente il personale marittimo e di volo, indicato agli artt. 114 e 732.
Né tale assetto risulta modificato dall'art. 35, comma ultimo, dello Statuto dei lavoratori, il quale, anzi, lo conferma, in quanto, mentre dichiara integralmente e immediatamente applicabili alle imprese di navigazione per il personale navigante alcune "norme" specificatamente indicate in sette articoli dello Statuto (fra i quali non é compreso l'art. 18 disciplinante, con esplicito riferimento all'art. 7 della legge n. 604 del 1966, la materia del licenziamento), rimette ai contratti collettivi di lavoro l'applicazione dei "principi" cui s'informa lo Statuto. Dato che le disposizioni di questo regolano solo aspetti eminentemente processuali e di dettaglio dell'istituto della giusta causa e del giustificato motivo nei licenziamenti, é evidente che i "principi" dello Statuto in siffatta materia non potrebbero essere compiutamente espressi o specificati nei contratti collettivi di lavoro senza il ricorso in essi all'applicazione della precedente legge n. 604 del 1966, la quale, in difetto di un'espressa statuizione legislativa, non é entrata direttamente nella normativa applicabile al personale marittimo e di volo i cui rapporti di lavoro sono autonomamente regolati nel codice della navigazione.
Risulta pertanto che lo Statuto non introduce esplicitamente il principio del requisito della giusta causa e del giustificato motivo per legittimare il recesso individuale nel rapporto di lavoro nautico od aeronautico, né rispetto a questa categoria di lavoratori, il principio della reintegrazione nel posto di lavoro, e nemmeno abroga gli artt. 345 e 916 del codice della navigazione (peraltro sempre contrattualmente derogabili a favore dei lavoratori), ma dispone che i contratti collettivi di lavoro provvedano ad applicare tali principi e le norme ad essi conseguenti al personale navigante.
4. - La normativa in esame non contrasta con il principio di uguaglianza o con altri principi costituzionali.
Non fondata, in riferimento agli artt. 3, 4 e 35 della Costituzione, é la denunzia di illegittimità dell'art. 345 del codice della navigazione. Tale articolo (come anche il 916 non specificatamente denunziato nel presente giudizio), concedendo all'armatore (o all'esercente) la facoltà di risolvere in qualunque tempo e luogo il contratto di arruolamento, disciplina e limita il contenuto di questa facoltà e il suo esercizio alla salvezza e al rispetto dei diritti spettanti all'arruolato, non stabilendo espressamente alcuna preclusione o incompatibilità a norme che riconoscano ulteriori diritti ai lavoratori. Esso non costituisce di per se stesso violazione del principio costituzionale di uguaglianza o del diritto al lavoro e della tutela di questo, ravvisandosi la razionalità della disposizione nel peculiare aspetto del rapporto di lavoro nautico, (e di quello aeronautico) già riconosciuto con la sentenza n. 124 del 1962 finalizzato alla sicurezza della navigazione e caratterizzato sia sotto il profilo strutturale che sotto quello funzionale da un elemento strettamente fiduciario e personalistico, nonché nella conseguenziale opportunità di attribuire in via di principio all'armatore un mezzo efficace per assicurare la subordinazione costituito dalla facoltà di risolvere unilateralmente il contratto, a parte i poteri disciplinari spettanti a soggetti diversi dall'armatore (o dall'esercente).
Né il legislatore é incorso in vizi di legittimità costituzionale per non avere espressamente e immediatamente esteso al personale navigante la disciplina di cui agli artt. 1 e 10 della legge n. 604 del 1966 e dell'art. 18 della legge n. 300 del 1970.
Come già rilevato, l'art. 35 di questa ultima legge non esclude in via di principio l'applicabilità di tale disciplina al personale navigante, ma intende che l'introduzione di essa sia attuata attraverso la contrattazione collettiva, attribuendo ai risultati di questa validità ed efficacia giuridica, il che non appare irrazionale o ingiustificato, considerando la varietà delle funzioni dei singoli appartenenti al personale navigante e la profonda differenza che intercede fra le loro mansioni, le capacità tecniche loro richieste e le loro responsabilità, situazioni queste che incidono profondamente sulla fiduciarietà del rapporto e che agli effetti di una regolamentazione dei licenziamenti e della reintegrazione nel posto di lavoro possono essere esattamente individuate e praticamente valutate nei loro particolari aspetti e in conformità alle loro peculiari esigenze solo attraverso il libero confronto fra datori di lavoro e prestatori di opera.
Si aggiunga che la previsione del legislatore di applicare gli istituti in esame al predetto personale attraverso la contrattazione collettiva, soggetta a periodiche scadenze ed a verifiche da parte degli stessi contraenti, risponde razionalmente all'opportunità di un graduale adattamento dei rapporti di lavoro nautico ed aeronautico alla regolamentazione generale della normativa sui licenziamenti individuali e di quella contenuta nello Statuto dei lavoratori.
Comunque, la peculiarità dei predetti rapporti giustifica sotto gli esposti profili, una disciplina differente rispetto a quella generale, mentre ogni ulteriore indagine da parte della Corte invaderebbe il campo della discrezionalità riservata al legislatore.
Gli stessi argomenti innanzi enunciati valgono ad escludere la violazione degli artt. 4 e 35 della Costituzione, i quali, come ripetutamente avvertito da questa Corte (sent. n. 121 del 1972 e n. 189 del 1975), non impongono un'applicazione indiscriminata dei principi della giusta causa e del giustificato motivo nei licenziamenti, ma lasciano al legislatore ampia discrezionalità in materia.
6. - Infondate si palesano anche le censure mosse al terzo comma dell'art. 35 dello Statuto da parte del pretore di Roma.
La disposizione in esame, la cui rilevanza per la definizione dei giudizi in corso é dimostrata dalle considerazioni sul suo significato svolte in precedenza, non prevede affatto una sorta di delega legislativa ai sindacati, ma indica nel contratto collettivo il mezzo più idoneo per assicurare gradualmente, nella peculiare materia del lavoro nautico (ed aeronautico), la stabilità nel posto di lavoro, attraverso i necessari adattamenti della disciplina generale della legge n. 604 del 1966, di quella della legge n. 300 del 1970 e di quella specifica del codice della navigazione, rimessi alle organizzazioni sindacali di categoria che meglio possono apprezzare e tradurre in atto nelle loro contrattazioni le esigenze proprie di quello specifico settore.
Non può accogliersi l'interpretazione che il pretore di Roma dà al disposto dell'art. 35, ultimo comma, dello Statuto dei lavoratori considerandolo come una delega data dal legislatore ai sindacati "di legiferare, mediante atti di privata negoziazione, cioé ordina, violando la loro libera autonomia, di concludere contratti collettivi con suo particolare contenuto" con conseguente denunzia di illegittimità in riferimento all'art. 76 della Costituzione.
La letterale dizione dell'articolo denunziato e la sua logica connessione con altre norme legislative e con il sistema introdotto dalla legge n. 300 del 1970 non consentono di attribuirgli un siffatto significato ed una siffatta portata.
É da escludere che l'ultimo comma dell'art. 35 costituisca un'investitura ad associazioni sindacali di una potestà legislativa delegata, che non può del resto essere conferita a tali organizzazioni liberamente costituibili senza limite di numero ad iniziativa di privati. Il contenuto precettivo della norma consiste nell'affermazione della diretta applicazione di alcune norme della legge n. 300 alle imprese di navigazione per il personale navigante e nell'affermazione che l'applicabilità dei principi dello Statuto é affidata ai contratti collettivi concernenti detto personale, il che, come abbiamo visto, non contrasta con i dettati costituzionali.
Il richiamo alla autonomia, che non comporta presunti obblighi dei sindacati e dei loro aderenti come invece sembra ritenere il giudice a quo, dimostra ancora come fuor di luogo sia denunziare un contrasto con gli artt. 18 e 39 della Costituzione, i quali anzi, vengono semmai valorizzati attraverso il rilievo assunto dall'operato dei sindacati nella materia in esame. Né infine può lamentarsi una disparità di trattamento tra lavoratori iscritti o non iscritti ai sindacati, perché, data l'organizzazione del servizio nautico ed aeronautico, trattandosi nella quasi totalità dei casi di contrattazione collettiva di tipo aziendale, le condizioni regolamentari introdotte dovranno essere applicate a tutti i componenti dell'impresa indipendentemente dall'iscrizione del lavoratore in un sindacato, fermo restando il principio dell'art. 39 della Costituzione.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondate, nei sensi di cui in motivazione, le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 345 del codice della navigazione; degli artt. 1 e 10 della legge 15 luglio 1966, n. 604 (Norme sui licenziamenti individuali); e degli artt. 18 e 35 della legge 20 maggio 1970, n. 300 (Statuto dei lavoratori), sollevate dalle ordinanze in epigrafe, in riferimento agli artt. 3, 4, 18, 35, 39 e 76 della Costituzione.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 19 maggio 1976.
Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI - Nicola REALE - Paolo ROSSI - Leonetto AMADEI - Giulio GIONFRIDA - Edoardo VOLTERRA - Guido ASTUTI - Michele ROSSANO - Antonino DE STEFANO.
Arduino SALUSTRI - Cancelliere
Depositata in cancelleria il 26 maggio 1976.