ORDINANZA N. 128
ANNO 1976
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori giudici:
Prof. Paolo ROSSI, Presidente
Dott. Luigi OGGIONI
Avv. Angelo DE MARCO
Avv. Ercole ROCCHETTI
Prof. Enzo CAPALOZZA
Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI
Prof. Vezio CRISAFULLI
Dott. Nicola REALE
Avv. Leonetto AMADEI
Dott. Giulio GIONFRIDA
Prof. Guido ASTUTI
Dott. Michele ROSSANO
Prof. Antonino DE STEFANO,
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 75 del testo unico delle leggi sulla Corte dei conti approvato con r.d. 12 luglio 1934, n. 1214, in combinato disposto con gli artt. 77, 84 e 86 del regolamento di procedura per i giudizi innanzi alla Corte stessa, approvato con r.d. 13 agosto 1933, n. 1038, promosso con ordinanza emessa il 3 luglio 1973 dalla Corte dei conti - Sezione III giurisdizionale per le pensioni civili - su ricorso di Dazzani Laura contro il decreto del Direttore generale degli Istituti di previdenza 16 marzo 1968 n. 10779, iscritta al n. 197 del registro ordinanze 1974 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 159 del 19 giugno 1974.
Udito nella camera di consiglio dell'8 aprile 1976 il Giudice relatore Antonino De Stefano.
Rilevato che, con ordinanza 3 luglio 1973 (pervenuta alla Corte costituzionale il 22 aprile 1974), la Corte dei conti (Sezione III giurisdizionale per le pensioni civili), nel giudizio innanzi ad essa promosso con ricorso di Dazzani Laura, ha sollevato - in riferimento agli artt. 3, primo comma, 24, primo e secondo comma, e 113 della Costituzione - questione di legittimità costituzionale dell'art. 75 del testo unico delle leggi sulla Corte dei conti approvato con r.d. 12 luglio 1934, n. 1214, in combinato disposto con gli artt. 77, 84 e 86 del regolamento di procedura per i giudizi innanzi alla Corte stessa, approvato con r.d. 13 agosto 1933, n. 1038, "in quanto commina la sanzione della decadenza dei ricorsi in materia pensionistica ordinaria per abbandono e lascia al potere del Procuratore generale di chiedere o meno la fissazione dell'udienza";
che il giudice a quo, a sostegno della non manifesta infondatezza della sollevata questione, con riferimento all'art. 3 Cost., per disparità di trattamento tra categorie omogenee di cittadini, osserva che nei giudizi in materia pensionistica di competenza dell'autorità giudiziaria ordinaria e del Consiglio di Stato "l'estinzione del processo per inattività delle parti o per perenzione o per abbandono, estingue il rapporto processuale ma non l'azione", mentre nei giudizi in materia pensionistica davanti alla Corte dei conti, tenuto conto del termine perentorio di 90 giorni posto dall'art. 63 del citato t.u. n. 1214 del 1934 e dall'art. 72 del citato r.d. n. 1038 del 1933, "sostanzialmente non solo si estingue il rapporto processuale instaurato, ma si consuma addirittura l'azione, dato che il cittadino, dopo la dichiarazione di abbandono del ricorso, non può più riproporre l'azione, con conseguente perdita totale ed irreparabile del suo diritto";
che lo stesso giudice a quo ravvisa altro profilo di possibile incostituzionalità del citato art. 75, "nella disparità delle situazioni processuali che si verificano tra coloro che ricorrono alla Corte dei conti nella materia della pensionistica di guerra e coloro che ricorrono alla stessa Corte nella materia della pensionistica ordinaria", in quanto l'art. 20 della legge 28 luglio 1971, n. 585, dispone, per le pensioni di guerra, che il Procuratore generale chieda la fissazione dell'udienza di discussione, con la conseguenza che il ricorrente, dispensato da tale onere processuale, non può incorrere nella sanzione dell'abbandono del ricorso, mentre, per i ricorsi in materia di pensioni ordinarie, non é previsto eguale obbligo del Procuratore generale e, quindi, ove il ricorrente non presenti la domanda di fissazione dell'udienza o non compia altro atto di procedura per il corso di un anno, il suo ricorso si ha per abbandonato;
che ulteriore profilo di ingiustificata disparità di trattamento viene ravvisato dall'ordinanza di rimessione nell'art. 6 del r.d. 6 febbraio 1942, n. 50, nella parte in cui limita ai soli ricorsi in materia di pensioni di guerra l'obbligo di avvertenza agli interessati del possibile loro incorrere nella decadenza per abbandono del ricorso, ove lascino inutilmente trascorrere il termine stabilito dal citato art. 75, con discapito dei ricorrenti in materia di pensioni ordinarie, ai quali non é prescritto si rivolga eguale avvertimento.
Considerato che, dopo l'ordinanza di rimessione, nelle more del presente giudizio, sono intervenute tre sentenze della Corte costituzionale, dichiarative della illegittimità costituzionale di norme sulla cui base il giudice a quo ha svolto le sopra richiamate censure; e precisamente:
a) per quanto concerne il dedotto rilievo che nei giudizi in materia di pensioni avanti la Corte dei conti si opera con l'istituto dell'abbandono, non soltanto la estinzione del rapporto processuale, ma sostanzialmente anche la decadenza dall'azione, attesa la perentorietà del termine di 90 giorni, prescritto dai citati artt. 63 del tu. n. 1214 del 1934 e 72 del r.4. n. 1038 del 1933, la sentenza n. 8 del 1976 che ha dichiarato la illegittimità costituzionale degli articoli medesimi, nella parte in cui stabiliscono il termine anzidetto per la presentazione dei ricorsi in materia di pensione da parte degli aventi diritto al trattamento di quiescenza;
b) per quanto concerne la dedotta mancanza, per i ricorsi in materia di pensioni ordinarie, dell'obbligo a carico del Procuratore generale di chiedere la fissazione dell'udienza di discussione, la sentenza n. 131 del 1975, la quale - considerato che in tutti i giudizi davanti alla Corte dei conti relativi a pensioni sia ordinarie sia di guerra, gl'interessati possono agire personalmente senza obbligo di patrocinio legale, e che una siffatta disciplina postula l'impulso ufficiale nello svolgimento del processo, dato che le relative norme richiedono per la loro osservanza cognizioni tecniche che non possono normalmente presumersi nei diretti interessati - ha dichiarato la illegittimità costituzionale del citato art. 20 della legge n. 585 del 1971, nella parte in cui limita ai soli ricorsi in materia di pensioni di guerra l'onere del Procuratore generale di chiedere la fissazione dell'udienza, con ciò restando modificati i citati artt. 77 e 86 del r.d. n. 1038 del 1933, che attribuivano allo stesso Procuratore generale, in materia di pensioni ordinarie, la mera facoltà di tale richiesta;
c) per quanto concerne, infine, la dedotta mancanza dell'obbligo di avvertire i ricorrenti in materia di pensioni ordinarie del possibile loro incorrere nella decadenza per abbandono, la sentenza n. 85 del 1975, che ha dichiarato la illegittimità costituzionale del citato art. 6 del r.d. n. 50 del 1942, nella parte in cui esclude per i ricorsi in materia di pensioni ordinarie l'obbligo dell'"avvertenza" relativa alla decadenza in cui gl'interessati incorrono ove lasciano inutilmente trascorrere il termine stabilito dal citato art. 75 del t.u. n. 1214 del 1934;
che, alla stregua delle sopravvenute dichiarazioni di illegittimità costituzionale delle norme, con richiamo alle quali sono state svolte nella ordinanza di rimessione le censure mosse al citato art. 75 del t.u. n. 1214 del 1934, si rende necessaria una nuova valutazione, da parte del giudice a quo, della rilevanza della proposta questione di legittimità costituzionale.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
ordina la restituzione degli atti alla Corte dei conti per un nuovo esame della rilevanza della questione sollevata con l'ordinanza in epigrafe.
Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 7 maggio 1976.
Paolo ROSSI - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI - Nicola REALE - Leonetto AMADEI - Giulio GIONFRIDA - Guido ASTUTI - Michele ROSSANO - Antonino DE STEFANO.
Arduino SALUSTRI - Cancelliere
Depositata in cancelleria il 20 maggio 1976.