SENTENZA N. 4
ANNO 1976
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori giudici:
Dott. Luigi OGGIONI, Presidente
Avv. Angelo DE MARCO
Avv. Ercole ROCCHETTI
Prof. Enzo CAPALOZZA
Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI
Dott. Nicola REALE
Prof. Paolo ROSSI
Avv. Leonetto AMADEI
Dott. Giulio GIONFRIDA
Prof. Edoardo VOLTERRA
Prof. Guido ASTUTI
Dott. Michele ROSSANO
Prof. Antonino DE STEFANO,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale degli artt. 1, comma secondo, e 2, comma primo, della legge 26 novembre 1969, n. 833, e dell'art. 56 del d.l. 26 ottobre 1970, n. 745, convertito in legge 18 dicembre 1970, n. 1034 (proroga legale delle locazioni), promossi con le seguenti ordinanze:
1) ordinanza emessa il 12 aprile 1973 dal pretore di Bologna nel procedimento civile vertente tra Pasquini Dino ed altri e Caselli Emma, iscritta al n. 247 del registro ordinanze 1973 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 205 dell'8 agosto 1973;
2) ordinanza emessa il 26 luglio 1973 dal pretore di Milano nel procedimento civile vertente tra l'impresa Bassanini e Manuelli Angelo ed altri, iscritta al n. 65 del registro ordinanze 1974 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 75 del 20 marzo 1974;
3) ordinanze emesse il 7 novembre 1974 dal tribunale di Milano in due procedimenti civili vertenti tra Barbone Giovanni, Moscatiello Antonio e la società Nuova Organizzazione Vendita Appartamenti (N.O.V.A.), iscritte ai nn. 48 e 49 del registro ordinanze 1975 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 62 del 5 marzo 1975 e n. 70 del 12 marzo 1975;
4) ordinanza emessa il 12 dicembre 1974 dal tribunale di Milano nel procedimento civile vertente tra Rivolta Giancarlo e Motta Virgilio, iscritta al n. 119 del registro ordinanze 1975 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 140 del 28 maggio 1975.
Visti gli atti di costituzione di Barbone Giovanni, di Rivolta Giancarlo e dell'impresa Bassanini, nonché gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell'udienza pubblica del 29 ottobre 1975 il Giudice relatore Giulio Gionfrida;
uditi l'avv. Giuseppe Celona, per Rivolta, ed il sostituto avvocato generale dello Stato Giorgio Azzariti, per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
1. - In un procedimento civile - vertente tra Dino Pasquini ed Emma Caselli ed avente ad oggetto convalida di licenza per finita locazione l'adito pretore di Bologna, con ordinanza 12 aprile 1973, ha ritenuto rilevante (in quanto era tra le parti controversa la stipulazione della locazione de qua in data anteriore al 1 dicembre 1969) ed, inoltre, non manifestamente infondata - in riferimento all'art. 3 della Costituzione - la questione di legittimità costituzionale dell'art. 56, primo comma, del d.l. 26 ottobre 1970, n. 745 (convertito in legge 18 dicembre 1970 n. 1034), per la parte in cui - con riferimento all'art. 1, comma secondo, della legge 26 novembre 1969, n. 833 (ed alla stregua delle parole "in corso alla data di entrata in vigore della presente legge" ivi contenute) - esclude dalla proroga (fino al 31 dicembre 1973) i contratti di locazione stipulati successivamente al 1 dicembre 1969.
2. - Analoga questione - in riferimento al medesimo parametro costituzionale dell'art. 3 - ha sollevato anche il tribunale di Milano, con (due) ordinanze in data 7 novembre ed altra ordinanza del 12 dicembre 1974 (emesse nei procedimenti, di secondo grado, per convalida di licenza per finita locazione, rispettivamente vertenti tra Giovanni Barbone e la società N.O.V.A., Antonio Moscatiello e la stessa società e tra Giancarlo Rivolta e Virgilio Motta: in ciascuno dei quali il contratto risultava stipulato anteriormente all'emanazione della legge 1970 n. 745, ma posteriormente all'entrata in vigore della legge 1969 n. 833).
3. - L'art. 56 della legge n. 745 del 1970 citata é stato, infine, denunziato anche in connessione all'art. 2, comma primo, (blocco dei canoni) della legge 1969 n. 833: con ordinanza 26 luglio 1973 del pretore di Milano, emessa nel procedimento tra l'impresa Bassanini ed Angelo Manuelli ed altri (avente ad oggetto revisione - in base a predisposta clausola c.d. di salvaguardia - di canoni di locazioni stipulate successivamente al dicembre 1969).
Nella parte motiva dell'ordinanza di rinvio, il giudice a quo esprime, infatti, il dubbio che la mancata previsione, nel d.l. n. 745 del 1970 (accanto al prolungamento del blocco dei canoni stabiliti dalla precedente legge 1969, n. 833) di un nuovo blocco per i canoni dei contratti "in corso", stipulati in data successiva a quella di entrata in vigore della predetta legge del 1969, contraddica - relativamente alle contrattazioni, appunto, più recenti, che restano fuori dal regime di blocco - le direttive costituzionali di cui agli artt. 42, comma secondo (funzione sociale della proprietà), 31 (agevolazione della formazione della famiglia) e 4 (promozione delle condizioni che rendono effettivo il diritto al lavoro) della Costituzione.
4. - Innanzi alla Corte si sono costituiti, nei giudizi in cui sono rispettivamente parti:
- l'impresa Bassanini, che ha concluso per l'irrilevanza ed in subordine, per l'infondatezza della questione sollevata dal pretore di Milano;
- Giovanni Barbone, che ha instato per la declaratoria, invece, di incostituzionalità della normativa impugnata;
- Giancarlo Rivolta, che, preliminarmente, ha sostenuto (anche con successiva memoria illustrativa) l'estensione, in via di esegesi, della proroga di cui all'art. 56 del d.l. 1970 n. 745 a tutti i contratti in corso alla data di entrata in vigore del decreto stesso ed, in subordine, l'illegittimità della detta norma, ove difformemente interpretata.
Nel giudizio relativo all'ordinanza del pretore di Milano ed in tutti quelli relativi alle (tre) ordinanze del tribunale della stessa città é intervenuto, altresì, il Presidente del Consiglio dei ministri per dedurre l'infondatezza, in ogni caso, delle prospettate questioni di costituzionalità.
Considerato in diritto
1. - Per la identità totale o parziale delle questioni che ne formano oggetto, i giudizi relativi alle ordinanze in epigrafe si riuniscono per la decisione con unica sentenza.
2. - L'art. 1, comma secondo, della legge 26 novembre 1969, n. 833, ha - com'é noto - prorogato (fino al 31 dicembre 1970 i contratti di locazione (e di sublocazione) di immobili urbani adibiti ad uso di abitazione "in corso" alla data (1 dicembre 1969) di entrata in vigore della legge stessa.
L'art. 56 del successivo d.l. 26 ottobre 1970 n. 745 (contenente provvedimenti straordinari per la ripresa economica: convertito in legge 18 dicembre 1970 n. 1034) ha provveduto, poi, a protrarre, fino al 31 dicembre 1973, "l'applicazione della disposizione" di proroga sopraddetta.
Con le ordinanze del pretore di Bologna e del tribunale di Milano in narrativa indicate vengono, ora, appunto, denunziate - nel loro combinato contesto - le due norme superiormente menzionate, per assunta vulnerazione del precetto costituzionale dell'eguaglianza.
La questione così sollevata muove dal presupposto interpretativo che il d.l. 1970 citato - nel prolungare, come si é visto, la durata della proroga introdotta dalla precedente legge 1969 n. 833 - abbia mantenuto inalterato il riferimento ai contratti "in corso" alla data di entrata in vigore della legge 1969; escludendo quindi dal regime di proroga i contratti stipulati successivamente a tale data ed in corso al momento dell'entrata in vigore dello stesso d.l. 1970 n. 745.
Contro tale interpretazione dell'art. 56 della legge 1970 si rivolgono le argomentazioni della parte privata.
La quale - come già in narrativa esposto - ritiene, invece, estendersi la proroga de qua a tutti i contratti in corso all'indicata data del 1970, senza distinzione tra quelli stipulati prima o dopo il 1 dicembre 1969.
Tale diversa interpretazione non può, però, essere presa in considerazione da questa Corte, perché la norma impugnata vive nella interpretazione (motivatamente) riproposta nelle ordinanze di rinvio; del resto, presupposta anche nelle precedenti sentenze n. 132 del 1972 e n. 29 del 1975 della Corte stessa.
3. - Nel merito, la sollevata questione di legittimità risulta, comunque, già esaminata, proprio nelle innanzi indicate decisioni n. 132 del 1972 e n. 29 del 1975.
Le quali hanno escluso la dedotta violazione dell'art. 3 della Costituzione, sul rilievo che "la situazione dei conduttori che stipularono il contratto anteriormente al 1 dicembre 1969 é obiettivamente diversa ed é stata diversamente valutata dal legislatore", ed hanno precisato che, "per i contratti stipulati in epoca successiva la situazione economica e di mercato, profondamente diversa da quella esistente al momento in cui vennero prorogati fitti precedenti, richiedeva una valutazione per sopperire ad altre esigenze, valutazione che implicava una scelta di esclusiva competenza del legislatore".
Le considerazioni svolte nelle ordinanze di rinvio si risolvono, pertanto, in una critica alle sentenze riportate. Tale critica, soprattutto, mette in rilievo:
a) la contraddizione, in cui sarebbe incorsa la Corte, ritenendo, da un lato, legittima la limitazione cronologica della proroga al 1 dicembre 1969 ed affermando, dall'altro (con la medesima decisione n. 132 del 1972), l'incostituzionalità, invece, della limitazione, alla data stessa, dell'indagine in ordine alla capacità economica del conduttore;
b) l'insuperabilità dell'ostacolo frapposto, dal principio costituzionale dell'eguaglianza, ad una disciplina cronologicamente differenziata delle locazioni, sia pure finalizzata alla realizzazione delle "altre esigenze" (rilancio dell'economia, dell'industria edilizia, ecc.), di cui é cenno nella motivazione delle sentenze criticate;
c) l'inesistenza, infine, dell'assunta "diversità obiettiva" tra le situazioni dei conduttori stipulanti prima o dopo il 1 dicembre 1969; diversità, del resto, smentita dallo stesso legislatore con il successivo d.l. 24 luglio 1973, n. 426 (convertito in legge 1973 n. 495) di proroga di tutte le locazioni (allora) in corso, anche quindi, di quelle posteriori al 1 dicembre 1969.
4. - Tali nuove addotte argomentazioni non valgono a indurre la Corte a modificare la propria giurisprudenza.
Non sussiste, infatti innanzitutto, la denunziata contraddizione, nella motivazione delle sentenze menzionate: giacché una cosa, evidentemente, é la limitazione cronologica dell'indagine sul reddito del conduttore, ai fini del decidere della permanenza ed attualità del suo diritto alla proroga (limitazione dichiarata incostituzionale allo scopo, appunto, di "evitare irrazionali differenze qualora le condizioni economiche del conduttore siano mutate al momento in cui si decide della proroga") ed altra cosa é la limitazione cronologica, invece, del "regime" di proroga; valendo, in questo caso, il termine ad identificare il momento di passaggio tra due diverse discipline delle locazioni.
Inconsistente é, d'altra parte, anche l'argomento esposto sub b): poiché la legittimità di una disciplina cronologicamente differenziata di situazioni strutturalmente simili non può in assoluto escludersi e tale differenziazione appare anzi giustificata ove, appunto, sia (come - in tesi - nel caso di specie) diretta al perseguimento (a partire da una certa data) di particolari "esigenze" rilevanti per la collettività.
L'emergenza di tali esigenze diversifica, infatti, già sul piano ontologico, le situazioni comparate: consentendone, di conseguenza, una non identica regolamentazione.
L'ultima argomentazione dei giudici di rinvio - con cui, in sostanza, si denunzia l'arbitrarietà ed irragionevolezza della diversificazione di disciplina di locazioni obiettivamente identiche, in base al mero dato cronologico (dell'anteriorità o non al dicembre 1969) - non ha nemmeno consistenza, ove si consideri che, invece, non irrazionalmente - e sicuramente nell'ambito della sua discrezionalità - ha operato il legislatore del 1970, ritenendo che la congiuntura economica a lui sottoposta consentisse, in materia di locazioni, una risposta articolata: tradottasi, per un verso, nel prolungamento di durata della proroga per i contratti che a questa già fossero soggetti ex legge 1969 n. 833 e, per altro verso, nel mantenimento del regime libero per le locazioni stipulate successivamente all'entrata in vigore della predetta legge 1969.
La pretesa irrazionalità di tale situazione normativa neppure può, d'altra parte, essere ex post desunta dal fatto che, con legge n. 426 del 1973, la proroga sia stata - come detto - estesa anche ai contratti ("in corso") stipulati successivamente al dicembre 1969, inizialmente non prorogati.
La legge 1973 n. 426 citata (anteriore alla sentenza 1975 n. 29 della Corte, che ne ha, quindi, implicitamente già escluso l'incidenza sulla soggetta questione di costituzionalità) non contraddice, infatti, la normazione del 1970, ma si limita a esprimere la valutazione di una diversa e successiva congiuntura (cui é stato, evidentemente, ritenuto rispondente un regime più generalizzato di blocco delle locazioni).
5. - Resta da esaminare la questione sollevata con l'ordinanza del pretore di Milano.
Al riguardo, occorre preliminarmente dire che dalle disposizioni citate (art. 56 d.l. 1970 n. 745 ed art. 2, comma primo, legge 1969 n. 833) con riferimento anche ai termini di formulazione del quesito di costituzionalità, appare chiaro che il giudice a quo ha inteso in questo caso riferirsi al blocco dei canoni e non alla proroga legale delle locazioni, che erroneamente menziona nel dispositivo del provvedimento di rinvio.
Resta in tal modo superata l'eccezione di irrilevanza, formulata dalla parte privata, in base alla mera considerazione, appunto, della non attinenza della normativa di proroga alla fattispecie discussa.
L'eccezione di irrilevanza é del pari inconsistente anche sotto l'altro prospettato profilo tendente ad escludere la configurabilità, nella specie, di un problema di aumento del canone, in base al rilievo che la controversia riguarderebbe, invece, l'applicazione di una "clausola di salvaguardia". Giacché, invero, il giudice a quo, nell'interpretare la clausola sopraddetta, ha esplicitamente affermato che essa in realtà implica una "variazione di valore del canone pattuito".
Nel merito, la questione é infondata.
La mancata previsione - nell'art. 56 del d.l. 1970 n. 745 (che ha prorogato il blocco dei canoni già stabilito con l'art. 2 della legge 1969 n. 833) - di un nuovo blocco per le locazioni stipulate posteriormente all'entrata in vigore della legge 1969 citata, non contrasta, infatti, con i richiamati parametri costituzionali di cui agli artt. 4, 31 e 42, comma secondo, della Costituzione.
A parte le considerazioni sulla razionalità della normativa impugnata che discendono dalle argomentazioni innanzi svolte sull'analoga questione in tema di proroga (ed a parte il rilievo, altresì, che, comunque, anche relativamente a contratti stipulati dopo il 1 dicembre 1969, il canone resta di fatto bloccato ove trattisi di appartamenti beati non per la prima volta, giacché il "divieto di aumento", discendente dal precedente regime di blocco, permane "nei confronti del nuovo conduttore", ex art. 2 legge 1969 citata) é decisivo invero, osservare che il perseguimento delle finalità contemplate nei precetti costituzionali qui specificamente invocati (artt. 4, 31 e 42 della Costituzione) non si lega, in termini di necessarietà, allo strumento legislativo del blocco dei canoni locativi.
In particolare, la funzione sociale della proprietà, di cui all'art. 42 cpv. della Costituzione - se può giustificare un regime di blocco dei canoni (come misura contingente e non come forma di assetto ordinario della proprietà di immobili urbani destinati ad uso di abitazione: cfr. la sentenza n. 3 del 1976) - non postula, però, l'adozione del regime stesso come misura in ogni caso e in ogni tempo indispensabile alla attuazione del precetto costituzionale.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale degli articoli 56 del d.l. 26 ottobre 1970, n. 745 (convertito in legge 18 dicembre 1970, n. 1034) e 1, comma secondo, della legge 26 novembre 1969, n. 833, sollevata, con le ordinanze, in epigrafe indicate, in riferimento all'art. 3 della Costituzione;
dichiara, altresì, non fondata la questione di legittimità costituzionale degli articoli 56 del d.l. 1970 n. 745 citato e 2, comma primo, della legge 1969 n. 833, sollevata, in riferimento agli artt. 4, 31 e 42 della Costituzione, con l'ordinanza del pretore di Milano.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 14 gennaio 1976.
Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI - Nicola REALE - Paolo ROSSI - Leonetto AMADEI - Giulio GIONFRIDA - Edoardo VOLTERRA - Guido ASTUTI - Michele ROSSANO - Antonino DE STEFANO.
Arduino SALUSTRI - Cancelliere
Depositata in cancelleria il 15 gennaio 1976