SENTENZA N. 29
ANNO 1975
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALAIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
Prof. Francesco Paolo BONIFACIO, Presidente
Dott. Luigi OGGIONI
Avv. Angelo DE MARCO
Avv. Ercole ROCCHETTI
Prof. Enzo CAPALOZZA
Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI
Prof. Vezio CRISAFULLI
Dott- Nicola REALE
Prof. Paolo ROSSI
Avv. Leonetto AMADEI
Dott. Giulio GIONFRIDA
Prof. Edoardo VOLTERRA
Prof. Guido ASTUTI
Dott. Michele ROSSANO,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 1 della legge 26 novembre 1969, n. 833 (Norme relative alle locazioni degli immobili urbani), modificato dall'art. 56 del d.l. 26 ottobre 1970, n. 745 (Provvedimenti straordinari per la ripresa economica), convertito in legge 18 dicembre 1970, n. 1034, e dell'art. 7 della legge 23 maggio 1950, n. 253 (Disposizioni per le locazioni e sublocazioni di immobili urbani), promosso con ordinanza emessa il 22 settembre 1972 dal pretore di Latina nel procedimento civile vertente tra Ialongo Gabriele, Ciccarelli Angiola e Guttadoro Giovanni, iscritta al n. 359 del registro ordinanze 1972 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 329 del 20 dicembre 1972.
Visto l'atto d'intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell'udienza pubblica del 20 novembre 1974 il Giudice relatore Michele Rossano;
udito il sostituto avvocato generale dello Stato Giovanni Alisinni, per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
Con citazione davanti al pretore di Latina in data 23 settembre 1971 Gabriele Ialongo e Angiola Ciccarelli, premesso che nel marzo dello stesso anno avevano acquistato un appartamento occupato da Giovanni Guttadoro in forza di contratto di locazione stipulato con i venditori, intimavano al Guttadoro il rilascio dell'immobile per finita locazione.
Il Guttadoro eccepiva la proroga legale del contratto a norma del secondo comma dell'art. 1 della legge 26 novembre 1969, n. 833, modificato dall'art. 56 del d.l. 26 ottobre 1970, n. 745, convertito in legge 18 dicembre 1970, n. 1034.
Respinta dal pretore la domanda di ordinanza di rilascio, il giudizio proseguiva per la decisione del merito.
Gli attori sostenevano che il contratto non era soggetto a proroga per essere stato stipulato posteriormente al 1 marzo 1947 (art. 2 legge 23 maggio 1950, n. 253); subordinatamente invocavano l'applicabilità dell'art. 4, n. 1, di quest'ultima legge e deducevano prove dirette a dimostrare l'urgente e improrogabile necessità di destinare l'immobile a propria abitazione; prove che venivano espletate.
Il convenuto eccepiva che nella specie l'art. 4, n. 1, della citata legge non era applicabile, non essendo ancora trascorsi tre anni dall'acquisto dell'immobile, come prescritto dall'art. 7 della citata legge n. 253 del 1950.
Il pretore, con l'ordinanza 22 settembre 1972, dopo avere affermato che il contratto era soggetto a proroga malgrado le insistenti negazioni degli attori, riteneva necessario sollevare di ufficio, non essendo manifestamente infondata, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 1 della legge 26 novembre 1969, n. 833, modificato dall'art. 56 del d.l. 26 ottobre 1970, n. 745, convertito in legge 18 dicembre 1970, n. 1034, in rapporto con l'art. 3, primo comma, della Costituzione; nonché dell'art. 7 della legge 23 maggio 1950, n. 253, in rapporto con gli artt. 3, primo comma, e 47 cpv., della Costituzione.
Le parti non si sono costituite. É intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, che ha chiesto dichiararsi non fondate le questioni di legittimità costituzionale.
Considerato in diritto
Il pretore di Latina ha proposto due questioni di legittimità costituzionale, come ha esplicitamente dichiarato nella parte motiva dell'ordinanza con riferimento ai distinti articoli della Costituzione indicati, sebbene nel dispositivo le abbia formalmente unificate. Ha, in primo luogo, ritenuto la non manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 1 della legge 26 novembre 1969, n. 833, modificato dall'art. 56 del d.l. 26 ottobre 1970, n. 745, convertito nella legge 18 dicembre 1970, n. 1034, in riferimento all'art. 3, primo comma, della Costituzione. Ha premesso che, a norma del secondo comma dell'art. 1 della citata legge n. 833 del 1969, modificato dal menzionato decreto legge n. 745 del 1970, sono prorogati fino al 31 dicembre 1973, sussistendo determinati presupposti (indice di affollamento, reddito del conduttore), tutti i contratti di locazione e di sublocazione di immobili urbani, adibiti ad uso di abitazione, in corso alla data del 1 dicembre 1969, compresi quelli stipulati in epoca posteriore al 1 marzo 1947. Ha, quindi, osservato, richiamando la sentenza della Corte costituzionale n. 132 del 1972, che "la discriminazione fra conduttori aventi medesime esigenze abitative, assicurando solo a taluni di essi la prevalenza sulla volontà dei locatori, in base alla data di inizio del contratto, é arbitraria e ingiustificata"; e che "del pari é arbitrario e ingiustificato discriminare, sempre in base alla data del contratto, fra locatori, facendo gravare soltanto su alcuni di essi un medesimo onere di solidarietà e limitando solo per alcuni di essi il diritto di proprietà e l'autonomia contrattuale".
La questione non é fondata.
Questa Corte, con la sentenza n. 132 del 1972 citata dal pretore di Latina, ha ritenuto che non sussiste la violazione del principio di eguaglianza prospettata sotto il profilo che dall'art. 1, secondo comma, della legge n. 833 del 1969 non sono stati prorogati anche i contratti stipulati successivamente al 1 dicembre 1969. Ha rilevato, in proposito, che la situazione dei conduttori, che stipularono il contratto anteriormente al 1 dicembre 1969, é obbiettivamente diversa ed é stata diversamente valutata dal legislatore; e che per i contratti stipulati in epoca successiva la situazione economica e di mercato, diversa da quella esistente al momento di riferimento della proroga dei contratti precedenti, giustificava una valutazione per sopperire ad altre esigenze, valutazione che implicava una scelta di esclusiva competenza del legislatore.
Tali considerazioni valgono con riferimento alla categoria dei conduttori ed a quella dei locatori e non può ritenersi, quindi, nella fattispecie in esame, violato l'art. 3 della Costituzione.
Il pretore di Latina ha, poi, ritenuto non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 7 della legge n. 253 del 1950, secondo cui la facoltà del locatore di far cessare la proroga del contratto di locazione o sullocazione, nei casi previsti dal n. 1 dell'art. 4 della stessa legge, non può essere esercitata da chi ha acquistato l'immobile per atto tra vivi finché non siano decorsi almeno tre anni dall'acquisto, salvo che si tratti di sfrattati, di sinistrati, di profughi di guerra, di pensionati, nel qual caso il termine é ridotto a 18 mesi. Secondo il pretore tale norma: a) viola l'art. 3, primo e secondo comma, della Costituzione, "perché impedisce l'esercizio della facoltà, prevista dal citato art. 4, nei tre anni dall'acquisto senza permettere una comparazione fra le condizioni economiche del locatore e del conduttore", e "pertanto consente che le medesime esigenze abitative siano trattate in modo differenziato solo perché una delle parti é proprietaria e in ragione della data di acquisto"; b) "scoraggia, poi, l'accesso del risparmio popolare alla proprietà della casa per abitazione propria e dei propri familiari e viola, quindi, l'articolo 47 della Costituzione in quanto non favorisce il risparmio come tale norma prescrive".
Neppure questa seconda questione é fondata.
Come questa Corte ha avuto occasione più volte di affermare, nell'osservanza dei limiti del sindacato di legittimità, il trattamento differenziato é ammissibile se il contenuto normativo della disposizione, della cui legittimità si discute, riveli razionale giustificazione. Nella specie il termine di tre anni (o quello di 18 mesi) - che impedisce l'esercizio della facoltà prevista dall'art. 4 - ha razionale giustificazione, quale si desume dalla stessa norma, nell'intento di evitare le conseguenze, dannose per il conduttore, di un acquisto dell'immobile eventualmente preordinato allo scopo di estromettere lo stesso.
Quanto poi agli argomenti concernenti le asserite vio1azioni dell'art. 47 della Costituzione, é sufficiente considerare che il contrasto non sussiste in quanto la norma costituzionale di raffronto segna un indirizzo politico rispetto al quale non può dirsi che la disposizione impugnata costituisca puntuale ostacolo.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondate:
a) la questione di legittimità costituzionale dell'art. 1 della legge 26 novembre 1969, n. 833 (Norme relative alle locazioni degli immobili urbani) così come modificato dall'art. 56 del d.l. 26 ottobre 1970, n. 745 (Provvedimenti straordinari per la ripresa economica), convertito in legge 18 dicembre 1970, n. 1034, sollevata dal pretore di Latina, con l'ordinanza indicata in epigrafe, in riferimento all'art. 3, primo comma, della Costituzione;
b) la questione di legittimità costituzionale dell'art. 7 della legge 23 maggio 1950, n. 253 (Disposizioni per le locazioni e sublocazioni di immobili urbani) in riferimento agli artt. 3 e 47, secondo comma, della Costituzione.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 20 febbraio 1975.
Francesco Paolo BONIFACIO - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI – Nicola REALE - Paolo ROSSI - Leonetto AMADEI – Giulio GIONFRIDA - Edoardo VOLTERRA - Guido ASTUTI - Michele ROSSANO
Depositata in cancelleria il 25 febbraio 1975.