SENTENZA N. 120
ANNO 1974
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
Prof. Francesco Paolo BONIFACIO
Dott. Giuseppe VERZÌ
Avv. Giovanni Battista BENEDETTI
Dott. Luigi OGGIONI
Dott. Angelo DE MARCO
Avv. Ercole ROCCHETTI
Prof. Enzo CAPALOZZA
Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI
Prof. Vezio CRISAFULLI
Dott. Nicola REALE
Prof. Paolo ROSSI
Avv. Leonetto AMADEI
Dott. Giulio GIONFRIDA
Prof. Edoardo VOLTERRA
Prof. Guido ASTUTI
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale del d.P.R. 2 gennaio 1962, n. 912, nella parte in cui ha reso obbligatorio erga omnes l'art. 4 del contratto collettivo nazionale di lavoro 14 ottobre 1953 per il personale dipendente dalle Casse di risparmio, promosso con ordinanza emessa il 21 ottobre 1971 dal tribunale di Padova nel procedimento civile vertente tra Sortino Giovanni e la Cassa di risparmio di Padova e Rovigo, iscritta al n. 38 del registro ordinanze 1972 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 65 dell'8 marzo 1972.
Visti gli atti di costituzione di Sortino Giovanni e d'intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell'udienza pubblica del 20 febbraio 1974 il Giudice relatore Paolo Rossi;
udito il sostituto Avvocato generale dello Stato Renato Carafa, per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
Nel corso di un procedimento civile promosso da Giovanni Sortino contro Cassa di risparmio di Padova e Rovigo, per ottenere la ricostruzione della carriera e le conseguenti differenze di stipendio, il tribunale di Padova ha sollevato, in riferimento all'art. 36 della Costituzione, questione incidentale di legittimità costituzionale dell'art. 4 del c.c.n.l. 14 ottobre 1953 per il personale dipendente dalle Casse di risparmio (reso obbligatorio erga omnes in base al d.P.R. 2 gennaio 1962, n. 912), secondo cui l'inquadramento degli impiegati nella prima e seconda categoria va fatto esclusivamente sulla base del titolo di studio richiesto al momento dell'assunzione.
Rileva il giudice a quo che la norma impugnata, ricollegando la qualifica impiegatizia soltanto al titolo di studio, e prescindendo del tutto dalle mansioni esercitate, contrasterebbe con l'art. 36 della Carta, dovendosi desumere dalla proporzionalità della retribuzione alla qualità e quantità del lavoro prestato, che tutti coloro i quali abbiano svolto eguali mansioni debbano godere del medesimo trattamento economico e quindi giuridico, indipendentemente dal titolo di studio che fosse stato richiesto e posseduto all'epoca dell'assunzione.
É intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, con atto depositato il 22 marzo 1972 chiedendo dichiararsi l'inammissibilità o quanto meno l'infondatezza della questione prospettata.
La difesa dello Stato eccepisce l'inammissibilità della questione, in assenza di qualsiasi motivazione in tema di rilevanza, posto che la norma impugnata disciplina i requisiti per l'inquadramento del personale al momento dell'assunzione in servizio ma nulla dispone in ordine alla retribuzione spettante in base alle mansioni concretamente svolte, sicché un'ipotetica dichiarazione d'incostituzionalità non produrrebbe alcun effetto nel giudizio pendente innanzi al tribunale avente ad oggetto il pagamento di differenze di stipendio e la ricostruzione della carriera.
Prosegue quindi l'Avvocatura generale osservando che l'invocato principio costituzionale non può concernere il tema delle qualifiche spettanti al lavoratore, limitandosi a garantire la proporzionalità della retribuzione alla quantità e qualità del lavoro svolto, mentre la norma impugnata, avente un diverso oggetto, non impedisce l'applicazione dell'art. 2103, secondo comma, c.c., secondo cui il dipendente adibito a mansioni superiori ha diritto al corrispondente trattamento economico.
Si é costituito in questa sede il sig. Giovanni Sortino, rappresentato e difeso dall'avv. Emilio Rosini, con atto depositato l'11 gennaio 1972, chiedendo dichiararsi l'inammissibilità della questione ed in subordine, ove la Corte ritenesse di poter entrare nel merito, l'illegittimità delle norme impugnate.
Osserva la difesa del Sortino che giusta le sentenze della Corte costituzionale nn. 106 e 107 del 1962 l'inserzione, nei decreti delegati (che hanno reso esecutivi erga omnes i contratti collettivi) di clausole "in contrasto con norme imperative di legge" e "a maggior ragione con precetti costituzionali" si deve considerare "inoperante e incapace di conferire ad esse forza di legge", ex art. 5 della legge n. 741 del 1959, sicché tali clausole debbono considerarsi come disposizioni meramente contrattuali. Sarebbe spettato quindi al tribunale di Padova decidere in ordine all'illegittimità di tali clausole.
Conclude tuttavia la difesa della parte privata che ove la questione fosse ammissibile, essa risulterebbe fondata per i motivi indicati nell'ordinanza di rimessione.
Alla pubblica udienza le parti hanno insistito nelle conclusioni prese.
Considerato in diritto
La Corte deve decidere se il d.P.R. 2 gennaio 1962, n. 912, nella parte in cui ha reso obbligatorio erga omnes l'art. 4 del c.c.n.l. 14 ottobre 1953 - secondo cui gli impiegati delle Casse di risparmio appartengono alla prima o alla seconda categoria esclusivamente in base al titolo di studio richiesto al momento dell'assunzione - contrasti o meno con l'art. 36 della Costituzione, per il dubbio che risulti violato il principio della proporzionalità della retribuzione alla qualità e quantità del lavoro prestato.
Tanto la parte privata quanto l'Avvocatura generale dello Stato chiedono dichiararsi l'inammissibilità.
La parte privata assume che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, le questioni di legittimità di clausole contrattuali collettive per asserto contrasto con norme imperative di legge (come appunto quella sollevata dal tribunale di Padova) restano soggette al sindacato del giudice ordinario e sono sottratte a quello della Corte.
La questione va dichiarata inammissibile.
Questa Corte esaminando con la sentenza n. 106 del 1962 la complessa tematica derivante dall'emanazione della legge 14 luglio 1959, n. 741, e dei conseguenti decreti delegati, nell'evidenziare il fine perseguito dal legislatore con la delega - da interpretarsi in armonia con le garanzie costituzionali vigenti in tema di libertà sindacale - ha espressamente chiarito che il conferimento dell'efficacia generale alle clausole contrattuali non può alterarne la natura e i limiti, né può consentire "che clausole contrarie a norme di legge imperative si trasformino in norme aventi vigore di legge".
Nella successiva sentenza n. 107 la Corte ha ribadito che l'eventuale contrasto con norme imperative di legge "e a maggior ragione con precetti costituzionali" non dà luogo, per le ragioni suddette, ad una questione di competenza della Corte costituzionale, ma ad un problema di mera interpretazione, rimesso, secondo i principi, al giudice ordinario.
Tale giurisprudenza é stata successivamente confermata (sentenza n. 129 del 1963) e recentemente fatta propria anche dalle Sezioni unite della Cassazione.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale del d.P.R. 2 gennaio 1962, n. 912 - nella parte in cui ha reso obbligatorio erga omnes l'art. 4 del contratto collettivo nazionale di lavoro 14 ottobre 1953 per il personale dipendente dalle Casse di risparmio - sollevata, in riferimento all'art. 36 della Costituzione, con l'ordinanza in epigrafe indicata.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 2 maggio 1974.
Francesco Paolo BONIFACIO - Giuseppe VERZÌ- Giovanni Battista BENEDETTI - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI - Nicola REALE - Paolo ROSSI - Leonetto AMADEI - Giulio GIONFRIDA - Edoardo VOLTERRA - Guido ASTUTI.
Arduino SALUSTRI - Cancelliere
Depositata in cancelleria l'8 maggio 1974.