ORDINANZA N. 106
ANNO 1974
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
Prof. Francesco Paolo BONIFACIO
Dott. Giuseppe VERZÌ
Avv. Giovanni Battista BENEDETTI
Dott. Luigi OGGIONI
Dott. Angelo DE MARCO
Avv. Ercole ROCCHETTI
Prof. Enzo CAPALOZZA
Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI
Prof. Vezio CRISAFULLI
Dott. Nicola REALE
Prof. Paolo ROSSI
Avv. Leonetto AMADEI
Dott. Giulio GIONFRIDA
Prof. Edoardo VOLTERRA
Prof. Guido ASTUTI
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale dell'art. 113, quinto comma, del r.d. 18 giugno 1931, n. 773 (Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza) e degli artt. 2 e 4 della legge 23 gennaio 1941, n. 166 (Norme integrative della disciplina delle pubbliche affissioni), promossi con le seguenti ordinanze:
1) ordinanza emessa il 19 maggio 1972 dal pretore di Modena nel procedimento penale a carico di Piccinini Maurizio ed altri, iscritta al n. 265 del registro ordinanze 1972 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 247 del 20 settembre 1972;
2) ordinanza emessa il 4 maggio 1973 dal pretore di Modena nel procedimento penale a carico di Bonavita Massimo, iscritta al n. 311 del registro ordinanze 1973 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 236 del 12 settembre 1973.
Udito nella camera di consiglio del 10 gennaio 1974 il Giudice relatore Vezio Crisafulli.
Ritenuto che con due ordinanze, emesse dal pretore di Modena il 19 maggio 1972 nel corso di un procedimento penale a carico di Piccinini Maurizio ed altro ed il 4 maggio 1973 nel corso di un procedimento penale a carico di Bonavita Massimo, é stata sollevata, in riferimento agli articoli 21 e 3, secondo comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 113, comma quinto, del r.d. 18 giugno 1931, n. 773 (t.u. delle leggi di pubblica sicurezza) e degli artt. 2 e 4 della legge 23 gennaio 1941, n. 166, recante "Norme integrative della disciplina delle pubbliche affissioni", nel dubbio che tali norme che vietano le affissioni di scritti, disegni, stampati e manoscritti fuori dei luoghi destinati dalla competente autorità amministrativa siano in contrasto con la libertà costituzionale di manifestazione del pensiero, regolandone limitatamente il concreto esercizio, introducendo una sostanziale censura sul pensiero scritto e demandando all'autorità amministrativa, anziché alla legge, la fissazione dei criteri prati ci e la determinazione degli spazi su cui eseguire le affissioni, e violino altresì il principio costituzionale di eguaglianza, ponendo un ostacolo di ordine economico sociale all'esercizio di una libertà primaria ed essenziale al pieno sviluppo della persona umana ed all'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori alla organizzazione politica, economica e sociale del Paese;
che nessuno si é costituito in giudizio.
Considerato che le medesime questioni o questioni strettamente analoghe sono state dichiarate non fondate da questa Corte con le sentenze 5 giugno 1956, n. 1, 3 luglio 1957, n. 121, 20 giugno 1961, n. 38, 4 giugno 1964, n. 48, 16 giugno 1965, n. 49, e 24 giugno 1970, n. 129, e manifestamente infondate con l'ordinanza 16 dicembre 1965, n. 97;
che in tali occasioni, questa Corte, con particolare riferimento alla libertà di manifestazione del pensiero, ha più volte chiarito che la disciplina delle modalità di esercizio di un diritto non costituisce per se stessa lesione del diritto medesimo e non é perciò costituzionalmente vietata anche se possa derivarne indirettamente una qualche limitazione sempre che il diritto stesso non ne risulti snaturato o non ne sia reso più difficile o addirittura impossibile l'esercizio; che le norme che regolano l'affissione di stampati, di giornali murali e di manifesti di propaganda durante la campagna elettorale non instaurano né direttamente, né indirettamente alcuna forma di censura; che, infine, una certa sfera di discrezionalità - specie se limitata e controllata e, per alcuni aspetti, tecnica - si deve riconoscere all'autorità amministrativa, perché le leggi, e tanto meno la Costituzione, non possono prevedere e disciplinare tutte le mutevoli situazioni di fatto, né graduare in astratto e in anticipo le limitazioni poste all'esercizio dei diritti;
che in alcune di tali decisioni questa Corte ha altresì chiarito in relazione al principio costituzionale di eguaglianza, e con particolare riferimento alla propaganda elettorale, con argomento che può e deve estendersi, per identità di ragioni, anche a quanto riguarda più largamente il regime delle affissioni in genere, che una rigorosa disciplina in materia tende proprio ad assicurare che lo svolgimento della vita democratica sia garantito a tutti in condizioni di parità e non sia di fatto ostacolato da situazioni economiche di svantaggio o politiche di minoranza;
che nelle suddette ordinanze di rinvio non vengono addotti argomenti nuovi che possano indurre a discostarsi dalle precedenti decisioni.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle Norme integrative per i giudizi innanzi a questa Corte.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 113, comma quinto, del r.d. 18 giugno 1931, n. 773 (t.u. delle leggi di pubblica sicurezza) e degli artt. 2 e 4 della legge 23 gennaio 1941, n. 166, recante "Norme integrative della disciplina delle pubbliche affissioni", sollevate, in riferimento agli artt. 21 e 3, secondo comma, della Costituzione, con le ordinanze in epigrafe indicate.
Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 4 aprile 1974.
Francesco Paolo BONIFACIO - Giuseppe VERZÌ- Giovanni Battista BENEDETTI - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI - Nicola REALE - Paolo ROSSI - Leonetto AMADEI - Giulio GIONFRIDA - Edoardo VOLTERRA - Guido ASTUTI.
Arduino SALUSTRI - Cancelliere
Depositata in cancelleria il 18 aprile 1974.