Sentenza n. 41 del 1974
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SENTENZA N. 41

ANNO 1974

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Prof. Francesco Paolo BONIFACIO

Avv. Giovanni Battista BENEDETTI

Dott. Luigi OGGIONI

Dott. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI

Dott. Nicola REALE

Prof. Paolo ROSSI

Avv. Leonetto AMADEI

Dott. Giulio GIONFRIDA

Prof. Edoardo VOLTERRA

Prof. Guido ASTUTI

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale dell'art. 705, primo comma, del codice di procedura civile, promossi con le seguenti ordinanze:

1) ordinanza emessa il 20 agosto 1971 dal pretore di Sant'Elpidio a Mare nel procedimento civile vertente tra Lottatori Quinto e Diomedi Roberto, iscritta al n. 412 del registro ordinanze 1971 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 311 del 9 dicembre 1971;

2) ordinanza emessa il 3 dicembre 1971 dal pretore di Sondrio nel procedimento civile vertente tra Failoni Rino Simone e il "Condominio XXV aprile" di Sondrio, iscritta al n.39 del registro ordinanze 1972 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 90 del 5 aprile 1972.

Visto l'atto d'intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 5 dicembre 1973 il Giudice relatore Angelo De Marco;

udito il sostituto avvocato generale dello Stato Renato Carafa, per il Presidente del Consiglio dei ministri.

 

Ritenuto in fatto

 

1. - Nel corso di un giudizio di reintegrazione nel possesso corrispondente all'esercizio di una servitù di passaggio, del quale assumeva di essere stato spogliato, promosso da Quinto Lottatori davanti al pretore di Sant'Elpidio a Mare, il convenuto Roberto Diomedi eccepiva la inesistenza dell'asserita servitù e, quindi, del relativo spoglio.

Il pretore adito, con ordinanza 20 agosto 1971, rilevato che la proponibilità di tale eccezione era preclusa dall'art. 705, primo comma, c.p.c., in forza del quale é vietato il cumulo tra azione possessoria ed azione petitoria finché il giudizio possessorio non sia definito e la decisione non sia eseguita, sollevava d'ufficio, dichiarandola rilevante e non manifestamente infondata, questione di legittimità costituzionale di detta norma, in riferimento agli artt. 3, 24, primo comma, e 42, secondo comma, della Costituzione.

Secondo il pretore di Sant'Elpidio a Mare il divieto contenuto nel primo comma della norma denunziata sarebbe in contrasto:

a) con l'art. 3 della Costituzione, in quanto riguarda soltanto il convenuto nel giudizio possessorio e non anche il proprietario che agisca con l'azione di manutenzione o di reintegrazione, che potrebbe annullare il giudizio possessorio con il petitorio, con una manifesta e non razionale disparità di trattamento;

b) con l'art. 24, primo comma, della Costituzione, in quanto il denunziato divieto paralizzerebbe, sia pure temporaneamente, il potere di agire in giudizio per la difesa del diritto di proprietà;

c) con l'art. 42, secondo comma, della Costituzione, in quanto il contestato divieto porrebbe in essere una limitazione, sia pure temporanea, del diritto di proprietà, che non trova giustificazione nello scopo di assicurare la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti.

Nel giudizio, così promosso, é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, che, con l'atto d'intervento, depositato il 29 ottobre 1971, chiede che la proposta questione venga dichiarata infondata sotto tutti e tre i profili sopra riportati.

A sostegno di tale richiesta l'Avvocatura dello Stato, richiamati i principi ai quali si ispira, anche con rilevanti criteri di tutela dell'interesse pubblico, la disciplina delle azioni possessorie, nonché la giurisprudenza di questa Corte in ordine all'art. 24 della Costituzione, ne trae la conseguenza che, alla stregua di tali principi e di tale giurisprudenza, deve escludersi il denunziato contrasto del divieto di cui all'art. 705 c.p.c. con le norme della Costituzione alle quali fa riferimento il giudice a quo.

2. - In pendenza di azione possessoria promossa dal "Condominio XXV aprile" contro Rino Simone Failoni per l'asserito spoglio di una striscia di terreno sita al confine tra la proprietà dell'attore e quella del convenuto, questi, alla sua volta, conveniva davanti alla pretura di Sondrio il "Condominio XXV aprile" perché si senti se condannare al trasferimento della proprietà di detta striscia di terreno al Failoni ai sensi e per gli effetti di cui agli artt. 875 e 877 del codice civile.

Il pretore adito, con ordinanza 3 dicembre 1971, rilevato che alla proponibilità della proposta azione era di ostacolo, in pendenza dell'azione possessoria proposta dal "Condominio XXV aprile", l'art. 705, primo comma, c.p.c., dichiarava rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale, in riferimento all'art. 24 della Costituzione, prospettata dal patrocinio del Failoni.

La non manifesta infondatezza veniva prospettata, sostanzialmente, con argomentazioni analoghe a quelle, sopra riassunte, dell'ordinanza del pretore di Sant'Elpidio a Mare, con l'aggiunta che nella specie l'osservanza del divieto di cui al denunziato art. 705 c.p.c. sarebbe stata estremamente gravosa per il Failoni, che, avendo già costruito sulla contestata striscia di terreno, in caso di accoglimento dell'azione possessoria, avrebbe dovuto previamente demolire l'effettuata costruzione.

Non vi é stato intervento o costituzione di parti.

 

Considerato in diritto

 

1. - I due giudizi, come sopra promossi, vanno riuniti per essere decisi con unica sentenza, avendo entrambi per oggetto la legittimità costituzionale dell'art. 705, primo comma, del codice di procedura civile, che vieta al convenuto nel giudizio possessorio di proporre giudizio petitorio, finché il primo giudizio non sia definito e la decisione non sia stata eseguita.

2. - Tale legittimità é posta in dubbio da entrambe le ordinanze di rinvio, in riferimento all'art. 24, primo comma, della Costituzione e dall'ordinanza del pretore di Sant'Elpidio a Mare anche in riferimento agli artt. 3 e 42, secondo comma, della Costituzione.

In riferimento all'art. 24, primo comma, in quanto quel divieto si risolverebbe in una grave e non giustificata violazione del diritto di difesa; in riferimento all'art. 3, in quanto, non estendendosi il divieto all'attore in possessorio, si porrebbe in atto una ingiustificata disparità di trattamento tra attore e convenuto; in riferimento all'art.42, secondo comma, in quanto il divieto stesso implicherebbe violazione della garanzia costituzionale del diritto di proprietà.

3. - Prima di procedere all'esame delle proposte questioni é necessario tener presente che il fondamento giuridico della particolare tutela giurisdizionale che la legge (artt. 1168 - 1170 cod. civ.) accorda al possesso va ricercato nell'interesse pubblico di evitare e limitare al massimo il turbamento della convivenza civile che, altrimenti, potrebbe derivare attraverso azioni e reazioni che, del resto, nei casi più gravi, formano addirittura oggetto di sanzioni penali (artt. 392, 393, 631, 634 cod. pen.).

Di qui l'esigenza che sia il più rapidamente possibile ristabilito lo stato di fatto anteriore allo spoglio o al turbamento del possesso, alla quale appunto con quella particolare tutela il legislatore ha ritenuto di provvedere.

Ne consegue che alla stregua di quanto precede le proposte questioni risultano infondate sotto tutti i prospettati profili:

a) Cominciando dal profilo della violazione dell'art. 24 della Costituzione, in quanto prospettato da entrambe le ordinanze di rinvio, va osservato che, secondo una costante giurisprudenza di questa Corte (sentenze n. 24 del 1973, n. 150 e n. 57 del 1972, n. 55 del 1971 e le altre ivi richiamate), l'esercizio del diritto di difesa può variamente e validamente essere regolato dal legislatore in relazione alle particolari caratteristiche dei singoli procedimenti e degli interessi da tutelare, purché non sia svuotato del suo contenuto.

Nel caso in esame il legislatore non ha affatto privato sostanzialmente - come si sostiene nelle ordinanze di rimessione - il convenuto nel giudizio possessorio della tutela del suo diritto di proprietà, ma ne ha solo regolato l'esercizio, tenendo conto della concorrenza dell'interesse pubblico alla tutela autonoma e prioritaria del possesso (che viene meno solo quando lo stesso attore in possessorio vi rinunci) con il contrastante interesse del convenuto di far valere innanzitutto il suo preteso diritto di proprietà.

Va tenuto presente al riguardo che nei lavori preparatori del vigente codice di procedura civile si discusse ampiamente - ancorché allora il diritto di difesa non fosse costituzionalmente protetto - circa l'abolizione del divieto di proporre giudizio petitorio nella pendenza del giudizio possessorio, divieto che l'art. 443 del precedente codice prevedeva anche nei confronti dell'attore in possessorio. É appunto nella sua discrezionalità, insindacabile in questa sede, che il legislatore, per le prevalenti esigenze dell'interesse pubblico, ha scelto la soluzione intermedia dell'art. 705 ora denunciato, non privando affatto, peraltro, il convenuto nel giudizio possessorio della tutela del suo diritto reale, ma posticipandola alla esecuzione della decisione resa in tale giudizio.

É vero che, con ciò, il principio dell'economia dei giudizi viene sacrificato ad un'esigenza ritenuta superiore, ma - a parte che tale principio non ha carattere costituzionale - deve considerarsi che non ostante il giudice del petitorio possa essere diverso da quello del possessorio, non si possono verificare conflitti di giudicati, stante che diversi sono petitum e causa petendi delle azioni petitorie e possessorie.

b) Neppure sussiste la denunciata violazione del principio d'eguaglianza perché, mentre l'attore in possessorio può agire contestualmente anche in petitorio, lo stesso non può fare il convenuto.

Infatti il legislatore, nella sua discrezionalità, che non appare viziata da irragionevolezza, ha dovuto considerare la diversità della loro posizione in quanto, essendo attore nel giudizio possessorio colui che afferma di aver subito la turbativa del possesso e convenuto colui che l'avrebbe posta in essere, é solo il primo (e non anche il convenuto) ad essere titolare dell'interesse, che l'ordinamento garantisce, di ottenere ante omnia la restitutio in integrum.

c) Non può ritenersi, infine, che la denunziata norma violi la garanzia costituzionale della proprietà - come ritiene il pretore di Sant'Elpidio a Mare, in relazione all'art. 42 della Costituzione -, giacché quest'ultima norma non vieta al legislatore di regolare congruamente l'esercizio delle azioni a sua tutela. L'art. 705 c.p.c. non limita il diritto di proprietà del convenuto nel giudizio possessorio, che in costanza di esso resta intatto, ma ne regola solo l'esercizio, coordinando l'azione petitoria con quella possessoria in maniera conforme all'interesse pubblico e senza affatto privare il proprietario, a tempo debito, di ogni integrale tutela del suo diritto.

E non é senza importanza, al riguardo, il fatto che il convenuto in possessorio può sempre fare estinguere il relativo processo, cosi riacquistando la potestà di agire in petitorio, spontaneamente recedendo dallo spoglio o dalla turbativa.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art 705, primo comma, del codice di procedura civile, sollevate con le ordinanze in epigrafe, in riferimento agli artt. 3, 24, primo comma, e 42, secondo comma, della Costituzione.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 21 febbraio 1974.

 

Francesco Paolo BONIFACIO - Giovanni Battista BENEDETTI - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI - Nicola REALE - Paolo ROSSI - Leonetto AMADEI - Giulio GIONFRIDA - Edoardo VOLTERRA - Guido ASTUTI.

Arduino SALUSTRI - Cancelliere

 

Depositata in cancelleria il 27 febbraio 1974.