Sentenza n.24 del 1973
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SENTENZA N. 24

ANNO 1973

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori giudici

Prof. Giuseppe  CHIARELLI, Presidente

Dott. Giuseppe  VERZÌ

Dott. Giovanni  BATTISTA BENEDETTI

Prof. Francesco  PAOLO BONIFACIO

Dott. Luigi  OGGIONI

Dott. Angelo  DE MARCO

Avv. Ercole  ROCCHETTI

Prof. Enzo  CAPALOZZA

Prof. Vincenzo  MICHELE TRIMARCHI

Prof. Vezio  CRISAFULLI

Dott. Nicola  REALE

Prof. Paolo  ROSSI

Avv. Leonetto AMADEI

Prof. Giulio  GIONFRIDA

Prof. Edoardo  VOLTERRA, Giudici,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale dell'art. 22 della legge 24 dicembre 1969, n. 990 (assicurazione obbligatoria della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti), promossi con le seguenti ordinanze:

1) ordinanza emessa il 24 giugno 1971 dal giudice conciliatore di Napoli nel procedimento civile vertente tra Esposito Matilde e Minucci Armando, iscritta al n. 267 del registro ordinanze 1971 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 233 del 15 settembre 1971;

2) ordinanza emessa il 22 febbraio 1972 dal pretore di Trani nel procedimento civile vertente tra Piliero Maria e Amoruso Maria, con l'intervento della Compagnia Zurigo di assicurazione, iscritta al n. 217 del registro ordinanze 1972 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 187 del 19 luglio 1972;

3) ordinanza emessa il 5 giugno 1972 dal pretore di Lodi nel procedimento penale a carico di Malguzzi Antonio, iscritta al n. 316 del registro ordinanze 1972 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 279 del 25 ottobre 1972.

Visti gli atti d'intervento del Presidente del Consiglio dei ministri e di costituzione della Compagnia Zurigo di assicurazione;

udito nell'udienza pubblica del 24 gennaio 1973 il Giudice relatore Giulio Gionfrida;

uditi gli avvocati Giuseppe Fanelli e Gian Antonio Micheli, per la Compagnia Zurigo di assicurazione, ed il sostituto avvocato generale dello Stato Renato Carafa, per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto In fatto

1. - In un giudizio innanzi al conciliatore di Napoli, promosso da Matilde Esposito contro Armando Minucci per il risarcimento, ex artt. 2043 e 2048 cod. civ., di danni di un suo autoveicolo in conseguenza dell'urto con una bicicletta montata da un figlio del convenuto, il conciliatore, essendo stata proposta dal Minucci domanda riconvenzionale per il danneggiamento della bicicletta ed essendosene dall'attrice eccepita la improponibilità ai sensi dell'art. 22 della legge 24 dicembre 1969, n. 990, ha, con ordinanza 24 giugno 1971, sollevato questione di legittimità costituzionale di questa norma.

Nell'ordinanza di rimessione si rileva che il detto art. 22, in quanto statuisce che l'azione per il risarcimento di danni causati dalla circolazione dei veicoli o dei natanti, per i quali vi é obbligo di assicurazione, può essere proposta solo dopo che siano decorsi sessanta giorni da quello in cui il danneggiato abbia chiesto il risarcimento del danno all'assicuratore, distingue gli utenti della strada in due categorie, l'una formata da coloro che sono muniti di polizza di assicurazione e l'altra composta dai non assicurati: la prima privilegiata rispetto alla seconda; che la disparità di trattamento, la quale non ha ragionevole fondamento, appare particolarmente ingiustificata nell'ipotesi, ricorrente nella specie, di collisione di veicoli dalla quale siano derivati danni tanto al soggetto tenuto all'assicurazione obbligatoria quanto all'altro non tenuto, giacché, mentre il primo può agire immediatamente contro il secondo, questi, per il menzionato disposto dell'art. 22, non potrebbe fare altrettanto nei confronti del primo; e, se convenuto, vede compresso il suo diritto alla difesa con l'eccezione di improponibilità della domanda riconvenzionale.

Si osserva ancora nell'ordinanza che, nella ipotesi di procedimento penale a carico del conducente del veicolo assicurato, il danneggiato sarebbe, per il periodo di sessanta giorni previsto dall'art. 22, sfornito di ogni tutela e non potrebbe costituirsi parte civile, con possibile pregiudizio del proprio diritto al risarcimento del danno anche in dipendenza di un giudicato penale favorevole all'imputato.

Per queste ragioni, nell'ordinanza si denuncia il contrasto della norma dell'art. 22 della legge con gli artt. 3, 24 e 25 della Costituzione.

La questione di legittimità costituzionale della norma dell'art. 22 é stata anche sollevata dal pretore di Trani con ordinanza del 22 febbraio 1972 in un giudizio promosso da Maria Piliero contro Maria Amoruso per il risarcimento dei danni da questa arrecati ad una autovettura della prima in conseguenza di errata manovra di autoveicolo della convenuta e da lei condotta. La Compagnia Zurigo di assicurazione, istituto assicuratore del veicolo della Amoruso, era intervenuta volontariamente ed aveva eccepito la improponibilità della domanda per mancato decorso del termine previsto dalla norma su citata. Avendo il procuratore dell'attrice dedotto la illegittimità costituzionale di tale norma, il pretore ha ritenuto non manifestamente infondata la questione, sia con riguardo all'art. 3 della Costituzione, in quanto la norma comporta una ingiustificata disparità di trattamento, favorendo il danneggiante in pregiudizio del danneggiato, sia con riguardo all'art. 24 della Costituzione, perché il danneggiato viene temporaneamente privato del potere di agire in giudizio per la tutela del suo diritto. Né, secondo l'ordinanza, potrebbe invocarsi, per la questione de qua, la giurisprudenza della Corte costituzionale che ha riconosciuti legittimi taluni casi di subordinazione della tutela giurisdizionale al previo esperimento di ricorsi amministrativi, giacché in quei casi si tratta di azione contro enti pubblici, il cui operato si presume conforme all'interesse pubblico, mentre tale presunzione non sussiste rispetto agli istituti assicuratori, i quali hanno carattere privatistico e perseguono scopi di lucro.

Infine, in un procedimento penale a carico di Antonio Malguzzi per lesioni personali, con indebolimento permanente dell'organo della fonazione, riportate da Giovanni Albini in conseguenza della collisione di un'autovettura da lui guidata con altra condotta dal primo, avendo l'Albini che si era costituito parte civile richiesto una provvisionale di dieci milioni di lire ai sensi dell'art. 24 della legge n. 990 del 1969 ed essendosi il difensore dell'imputato opposto, instando per la declaratoria di inammissibilità della costituzione di parte civile per mancato decorso del termine previsto dall'art. 22 della legge medesima, il pretore di Lodi, con ordinanza del 5 giugno 1972, ha sollevato di ufficio la stessa questione di legittimità costituzionale di tale norma per contrasto con gli artt. 3 e 24 della Costituzione, prospettando argomentazioni sostanzialmente corrispondenti a quelle enunciate nell'ordinanza del conciliatore di Napoli con riguardo ad un ipotetico processo penale contro l'assicurato e concernenti soprattutto gli effetti pregiudizievoli per il danneggiato in conseguenza della preclusione della costituzione di parte civile ex art. 93 c.p.p., nel caso di apertura del dibattimento prima del decorso del predetto termine di giorni sessanta.

Le tre ordinanze sono state ritualmente notificate, comunicate e pubblicate.

2. - Dinanzi a questa Corte, nel giudizio promosso dal conciliatore di Napoli, mentre non v'é stata costituzione di parti, é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, a mezzo dell'Avvocatura generale dello Stato, la quale, con deduzioni depositate il 5 ottobre 1971, ha osservato che le questioni prospettate nell'ordinanza con riguardo ad un ipotetico processo penale sono estranee rispetto al giudizio civile pendente innanzi al conciliatore e irrilevanti per la definizione di esso; che il termine di sessanta giorni per il promovimento dell'azione di risarcimento del danno ai sensi della norma denunciata é dettato per rendere possibile agli istituti assicuratori di liquidare gli indennizzi a seguito degli opportuni accertamenti, evitandosi l'azione giudiziaria e l'aggravio dei costi di gestione del servizio, il che é in armonia con le finalità sociali perseguite dal legislatore con l'istituzione dell'assicurazione obbligatoria; che l'eventuale impedimento alla proposizione di domanda riconvenzionale contro l'assicurato da parte di chi sia convenuto, per il risarcimento dei danni da questo subiti, non importa alcun pregiudizio sostanziale del suo diritto, ben potendo egli esercitarlo in separato giudizio. L'Avvocatura dello Stato ha quindi concluso per la dichiarazione di non fondatezza della questione.

Nello stesso senso ha concluso la Società per azioni Zurigo, costituitasi nel giudizio promosso dal pretore di Trani, con deduzioni depositate il 29 luglio 1972, poi ribadite e illustrate con memoria.

Secondo la difesa della Zurigo, l'art. 22 della legge in questione sarebbe applicabile soltanto all'azione esperita innanzi al giudice civile in via principale, e non a quella riconvenzionale né alla richiesta di danni mediante costituzione di parte civile in sede penale. Nell'ambito della sua applicabilità, la norma non sarebbe affatto in contrasto né con l'art. 3 né con l'art. 24 della Costituzione: quanto al primo, perché al diverso trattamento, rispetto all'osservanza del termine di giorni sessanta per l'esercizio dell'azione di danni, corrisponde la diversità di situazioni per l'esistenza, nell'un caso e non nell'altro, dell'obbligo, a tutela del danneggiato, dell'assicurazione obbligatoria; quanto al secondo, perché la improponibilità temporanea della domanda giudiziale risponde ad esigenze di interesse sociale, non dissimili, secondo la Zurigo, da quelle che le pronunce di questa Corte n. 107 del 1963, n. 57 del 1964 e n. 130 del 1970, hanno ritenute sufficienti a legittimare, rispetto ai principi costituzionali, il condizionare la proponibilità della domanda giudiziale al previo esperimento di procedimenti amministrativi o al decorso di termini per l'esaurimento di essi.

Nel giudizio promosso dal pretore di Lodi non vi é stata costituzione di parti né intervento del Presidente del Consiglio dei ministri.

Considerato in diritto

1. - I tre giudizi, discussi congiuntamente alla pubblica udienza, vanno riuniti e decisi con unica sentenza, riferendosi tutti alla medesima disposizione di legge e a questioni che, pur se prospettate sotto profili parzialmente diversi, sono sostanzialmente identiche.

2. - L'art. 22 della legge 24 dicembre 1969, n. 990, la quale detta la disciplina sull'assicurazione obbligatoria della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti, statuisce che l'azione per il risarcimento di danni causati dalla circolazione dei veicoli o dei natanti, per i quali vi é obbligo di assicurazione, può essere proposta solo dopo che siano decorsi sessanta giorni da quello in cui il danneggiato abbia chiesto il risarcimento del danno, a mezzo lettera raccomandata con avviso di ricevimento all'assicuratore o, nelle ipotesi previste dall'art. 19, comma primo, lettere a) e b), all'impresa designata a norma dell'art. 20 o all'Istituto nazionale delle assicurazioni, gestione autonoma del "Fondo di garanzia per le vittime della strada".

É controverso in dottrina e giurisprudenza se questa prescrizione debba intendersi dettata soltanto per l'esercizio dell'azione diretta nei confronti dell'assicuratore ai sensi dell'art. 18 della legge, o dell'impresa designata di cui all'art. 19, ovvero anche per il caso in cui il danneggiato intenda promuovere l'azione di risarcimento nei confronti del responsabile ai sensi degli artt. 2043 e 2054 del codice civile. Non può dirsi, anche per il breve tempo decorso dall'entrata in vigore della legge, che l'un indirizzo abbia nettamente prevalso sull'altro. E questa Corte ritiene che l'esame delle questioni di legittimità costituzionale devoluto al proprio giudizio debba essere condotto alla stregua della interpretazione più ampia, esplicitamente accolta o implicitamente presupposta dalle ordinanze di rimessione.

3. - Come già precisato nella esposizione in fatto relativa allo svolgimento dei giudizi civili nei quali sono state emesse le ordinanze del conciliatore di Napoli e del pretore di Trani, il dubbio sulla legittimità costituzionale dell'art. 22 della legge é stato prospettato con congiunto riguardo agli artt. 3 e 24 della Costituzione, ma, poiché il profilo concernente la violazione del principio di eguaglianza é strettamente dipendente da quello relativo alla tutela giurisdizionale garantita dall'art. 24 della Costituzione, l'indagine della Corte va anzitutto accentrata sulla dedotta violazione di questo secondo precetto costituzionale.

4. - L'introduzione nel nostro ordinamento dell'assicurazione obbligatoria di cui alla legge n. 990 del 1969 é l'espressione e il risultato di un ampio movimento di idee, di studi e di proposte di legge, ispirati dall'esigenza di garantire il risarcimento del danno alle vittime della circolazione stradale, esigenza ritenuta di pubblico interesse, non solo in Italia, ma anche all'estero, tanto che l'obbligatorietà dell'assicurazione aveva formato oggetto di affermazione di principio nella convenzione internazionale di Strasburgo del 20 aprile 1959.

A base di questo movimento di idee e della legge che ne é la realizzazione, sta la constatazione che l'odierno enorme sviluppo del fenomeno dell'uso del mezzo motorizzato di circolazione, mentre si risolve in uno strumento di progresso dell'intera collettività in dipendenza dello sviluppo dei traffici, delle conoscenze e dei contatti umani, implica anche, per la stessa vastità del fenomeno, un rischio immanente di carattere generale. Onde, la vera finalità del nuovo sistema non sta nel salvaguardare il patrimonio del responsabile, ma piuttosto, attraverso una distribuzione mutualistica del rischio, nel garantire il risarcimento del danneggiato.

Per ragioni di ordine economico sociale e tecnico che qui non mette conto di esporre, il legislatore ha preferito, anziché ricorrere all'assicurazione contro i danni, servirsi dello strumento dell'assicurazione di responsabilità civile, rendendola obbligatoria ed apportando alcuni correttivi che, pur alterandone in parte la fisionomia, valgono a garantire una più rafforzata tutela della vittima. Ciò soprattutto attribuendole il diritto di essere indennizzata dall'istituto assicuratore mediante l'azione diretta prevista dall'art. 18 della legge: diritto che, concorrendo con quello verso il responsabile del fatto illecito ex art. 2054 cod. civ., non solo pone il danneggiato al riparo dal pregiudizio dell'eventuale insolvibilità di quest'ultimo, ma ne rafforza anche la protezione con la inopponibilità delle eccezioni inerenti al rapporto contrattuale assicurativo (articolo 18, secondo comma) e con l'istituzione del "Fondo di garanzia", mediante l'apporto di contributi delle imprese assicuratrici di questo ramo particolare, gestito dall'Istituto nazionale delle assicurazioni  garantisce a tutti i danneggiati almeno un minimo di risarcimento nel caso in cui l'impresa che ha stipulato il contratto di assicurazione versi in stato di dissesto e perfino in quello in cui il veicolo che ha cagionato il sinistro non sia identificato o non risulti coperto da assicurazione (art. 19 e segg.).

In questa disciplina e con riguardo alle finalità di ordine sociale perseguite, si inquadra, non solo il sistema previsto dalla legge di un penetrante controllo sulle imprese assicuratrici da parte degli organi dello Stato, per quanto attiene, tra l'altro, alle tariffe dei premi e alle condizioni generali di polizza, alla costituzione e al calcolo delle riserve tecniche e all'assolvimento degli obblighi connessi alla istituzione del fondo di garanzia, ma anche la disposizione dell'art. 22, la quale, col subordinare la proponibilità dell'azione del danneggiato alla previa comunicazione all'istituto assicuratore, o agli istituti previsti dall'art. 20, della richiesta di risarcimento del danno e al successivo decorso di sessanta giorni, intende, come precisato nei lavori preparatori della legge, porre le imprese e gli istituti predetti in grado di istruire la pratica e raccogliere tutti gli elementi di valutazione e favorire la possibilità di liquidazione dell'indennizzo in via di composizione stragiudiziale, evitando una troppo sollecita proposizione di giudizi, le cui spese, quando non finissero col gravare, almeno in parte, sullo stesso danneggiato, nel caso di eccessività delle sue pretese risarcitorie, si risolverebbero comunque in un aggravio del costo di gestione delle imprese, con riflessi pregiudizievoli per l'intero settore del servizio assicurativo.

Né va trascurato il rilievo che il legislatore, giustamente preoccupato di garantire un eguale trattamento a più persone che fossero danneggiate dal medesimo sinistro, ha nell'art. 27 dettata una particolare disciplina. imponendo all'assicuratore, il quale riceva una richiesta di risarcimento, di esperire diligenti indagini per l'accertamento della eventuale esistenza e per la identificazione di altri danneggiati, al fine di un proporzionale indennizzo entro il limite complessivo delle somme assicurate, e di attendere comunque il decorso del termine di trenta giorni dall'incidente. Anche l'onere di tali indagini, in relazione al giusto contemperamento degli interessi dei danneggiati da un medesimo sinistro, concorre con le altre considerazioni sopra esposte, sotto il profilo della ragionevolezza, a giustificare una norma che, come quella denunciata dell'art. 22, mira ad evitare che l'immediato esercizio dell'azione giudiziaria si risolva in pregiudizio di preminenti esigenze di interesse sociale.

Soccorrono qui puntualmente le considerazioni già svolte, proprio con riguardo all'asserita violazione dell'art. 24 della Costituzione, in altre decisioni di questa Corte richiamate dalla difesa della Soc. Zurigo, nelle quali si é affermato che la tutela giurisdizionale "é garantita sempre dalla Costituzione, ma non nel senso che si imponga una sua relazione di immediatezza con il sorgere del diritto" e che sono costituzionalmente legittime le disposizioni di legge che impongono oneri diretti ad evitare l'abuso o l'eccesso nell'esercizio del diritto "o a salvaguardare interessi generali che con tale diritto sostanziale non contrastano" (v., in ultimo, le sentenze n. 130 del 1970 e n. 57 del 1972). Queste affermazioni di principio, pur essendo state fatte nelle prime decisioni della Corte con riguardo alla subordinazione della tutela giurisdizionale al previo esperimento di procedimenti amministrativi, non hanno esclusivo riguardo a procedimenti del genere, né si fondano, contrariamente all'assunto del pretore di Trani, su ragioni strettamente dipendenti dalla natura pubblica degli enti, ma, come chiaramente si desume dalle decisioni più recenti sopra richiamate, hanno ampia portata, tale da comprendere ipotesi come quella ià esame, in cui la limitata remora all'esercizio dell'azione di risarcimento del danno si inquadra in un sistema legislativo ispirato da finalità di preminente interesse sociale e si risolve anche in una piu sicura ed efficace protezione del diritto dello stesso danneggiato.

Né può dirsi che le ragioni sopra esposte, le quali conducono alla esclusione della incostituzionalità dell'art. 22 della legge con riguardo all'art. 24 della Costituzione, non sussistano nel caso di esercizio dell'azione risarcitoria contro il responsabile del danno ex art. 2054 cod. civ., al quale, secondo la interpretazione posta a base delle ordinanze di rimessione a questa Corte, la predetta norma sarebbe pur sempre applicabile. Basta al riguardo considerare che lo scopo perseguito dalla norma, di rendere possibile, mediante gli accertamenti da parte della impresa assicuratrice, la composizione stragiudiziale sulla pretesa del danneggiato, evitandosi che il costo di gestione del servizio assicurativo subisca l'aggravio di spese giudiziali superflue, sarebbe frustrato se il danneggiato potesse liberamente convenire in giudizio il responsabile, posto che questi potrebbe chiamare senz'altro in causa l'assicuratore ex art. 1917, ultimo comma, del codice civile.

5. - La illegittimità costituzionale dell'art. 22 della legge n. 990 del 1969 é prospettata dal pretore di Trani e dal conciliatore di Napoli anche in riferimento all'art. 3 della Costituzione, esclusivamente sotto i profili che qui di seguito si espongono.

Secondo il pretore, la disparità di trattamento consisterebbe "nell'assoggettamento del danneggiato al rispetto del termine per agire in giudizio, favorendo il danneggiante"; secondo il conciliatore il quale era chiamato a conoscere, in seguito a collisione di un autoveicolo con una bicicletta, dell'azione di risarcimento promossa dal soggetto coperto dall'assicurazione e della riconvenzionale del convenuto, la cui proponibilità era contestata per difetto dei presupposti previsti dall'art. 22  la norma creerebbe una ingiustificata disparità di trattamento tra gli utenti della strada coperti dall'assicurazione prevista dalla legge e quelli non coperti dall'assicurazione: i primi privilegiati rispetto ai secondi, perché, pur potendo senza alcuna remora agire contro questi ultimi per i danni subiti, sono posti temporaneamente al riparo rispetto alle azioni in dipendenza del danno che essi stessi hanno prodotto.

Ora, mentre é ovvio che la disciplina che attiene all'esercizio dell'azione del danneggiato non può logicamente essere dettata anche nei confronti del danneggiante, il quale, non essendo a sua volta danneggiato, non abbia alcuna azione di danni da esperire, onde il richiamo del principio di uguaglianza nella prospettazione della questione contenuta nell'ordinanza del pretore di Trani é privo di qualsiasi fondamento, la disparità di trattamento prospettata nell'ordinanza del conciliatore trova razionale giustificazione, con riguardo alle considerazioni che sono state esposte sul fondamento dell'art. 22 della legge, nella diversità obiettiva delle due situazioni, in una delle quali, e non nell'altra, é operante la disciplina dell'assicurazione obbligatoria.

6. - L'ordinanza del conciliatore di Napoli, con riguardo specifico al caso di cui si occupava, ravvisa anche nella improponibilità della domanda riconvenzionale di risarcimento del danno, per mancata osservanza dell'art. 22 della legge, un ulteriore motivo di illegittimità costituzionale della norma denunciata, rilevando che il convenuto "vede compresso il suo diritto alla difesa", ed aggiunge che, a parte il fatto che la domanda riconvenzionale deve essere proposta nella prima udienza di trattazione, il giudizio potrebbe rapidamente esaurirsi, prima del decorso del termine previsto dalla norma predetta, "senza che il convenuto abbia potuto formulare per intero le proprie difese".

La difesa della soc. Zurigo, che pur aveva nel giudizio a quo eccepito la improponibilità dell'azione riconvenzionale, sostiene ora la inapplicabilità, in tal caso, del disposto dell'art. 22, il quale dovrebbe intendersi limitato a regolare la proposizione dell'azione di risarcimento con riguardo ai casi in cui essa sarebbe altrimenti lasciata alla libera scelta e quindi alla libera determinazione anche del momento in cui promuoverla, non avendo il congegno alcuna ragion d'essere se lo stesso legislatore fissa, con altra norma particolare, il momento in cui la pretesa risarcitoria deve essere fatta valere in giudizio.

Tale interpretazione, che contrasta con quella implicitamente presupposta dall'ordinanza del conciliatore, non può dirsi tuttavia pacifica, né appare sufficientemente sorretta dalle ragioni sopra enunciate, giacché, come rileva l'Avvocatura dello Stato, il legislatore non impone al convenuto, il quale intenda far valere delle pretese contro l'attore in dipendenza dal titolo già dedotto in giudizio, di proporle in via riconvenzionale, ma lo lascia libero di agire in separato giudizio, salva l'applicazione ove si renda possibile il simultaneus processus della disciplina della connessione, dettata per criteri relativi di economia processuale.

Né é decisivo il rilievo che, una volta che lo stesso assicurato abbia instaurato il giudizio per il risarcimento dei danni da lui subiti per effetto della collisione, non sussisterebbero più, riguardo alla proponibilità dell'azione riconvenzionale di danni, le ragioni che giustificano la norma dell'art. 22 della legge. Potrebbe, infatti, obiettarsi, da un lato, che la legge non prescrive rispetto alle azioni promosse dall'assicurato un litisconsorzio attivo con l'assicuratore, cosicché, potendosi la partecipazione di questo al giudizio determinare solo per effetto della proposizione di domanda riconvenzionale e della chiamata in causa ex art. 1917 cod. civ., potrebbe permanere l'interesse ad evitare l'aggravio del costo del servizio assicurativo mediante composizione stragiudiziale in ordine alla pretesa del convenuto, anche se il raggiungimento di tale obiettivo può apparire meno probabile per le implicazioni col problema di responsabilità già coinvolto nel giudizio promosso dall'assicurato; e, dall'altro, che la proponibilità della riconvenzionale indipendentemente dall'osservanza dell'art. 22 della legge potrebbe risolversi, con la chiamata in causa dell'assicuratore e la sua condanna, in un ostacolo a quegli accertamenti (non necessariamente già coinvolti nel giudizio, dato il carattere dispositivo, e non ufficioso, di questo) che sono previsti dall'art. 27 per il proporzionale parziale soddisfacimento dei danneggiati dal medesimo sinistro.

Tuttavia, pur presupposta, in conformità dell'ordinanza di rimessione, l'interpretazione della norma dell'art. 22 nel senso della sua applicabilità all'azione riconvenzionale, il dubbio di legittimità costituzionale come sopra prospettato non é fondato, perché, come innanzi si é detto, il diritto del convenuto di ottenere dall'attore il risarcimento dei danni provocatigli non é condizionato alla proposizione dell'azione in via riconvenzionale e può essere esercitato in separato giudizio; né é giuridicamente esatto l'assunto contenuto nell'ordinanza che la improponibilità dell'azione riconvenzionale incida sulla possibilità di difesa da parte del convenuto, ben potendo egli invece, secondo le ordinarie regole processuali, proporre eccezioni e avvalersi dei normali mezzi di prova e di difesa al fine di ottenere il rigetto della domanda dell'attore.

Le questioni sollevate con riguardo al giudizio civile vanno pertanto dichiarate non fondate.

7. - Con l'ordinanza del pretore di Lodi, chiamato a decidere, nel giudizio penale per lesioni a carico del conducente del veicolo assicurato, sulla opposizione alla costituzione di parte civile del danneggiato per mancata osservanza delle prescrizioni dettate dall'art. 22 della legge predetta, la questione di legittimità costituzionale della norma é sollevata, sempre con riguardo agli artt. 3 e 24 della Costituzione, sotto il profilo del pregiudizio per la tutela giurisdizionale del danneggiato, il quale, per la temporanea improponibilità della costituzione di parte civile, non potrebbe esercitare i relativi poteri processuali e, nel caso di pronuncia di sentenza di assoluzione dell'imputato con una delle formule indicate nell'art. 25 c.p.p., vedrebbe perfino precluso anche l'esercizio in sede civile dell'azione per il risarcimento del danno patito.

Questa Corte ritiene che la corretta interpretazione della legge deve indurre ad escludere che la disposizione denunciata sia applicabile all'esercizio dell'azione civile nel processo penale. Questa é retta da norme divergenti in più punti da quelle relative all'esercizio nel processo civile e, se il legislatore avesse inteso estendere ad essa la prescrizione dell'art. 22, non avrebbe mancato di farlo risultare in modo espresso, così come ha fatto, per ciò che attiene all'istituto della provvisionale, nell'art. 24, contenente esplicito riferimento tanto al giudizio civile che a quello penale: né tra questo particolare istituto e la cosiddetta temporanea vacatio actionis di cui all'art. 22 v'é un legame di dipendenza o correlazione, in modo da potersi dire che dalla esplicita previsione dell'applicabilità del primo nel caso di azione civile esercitata nel processo penale si desuma la corrispondente estensione dell'altra norma. É vero, piuttosto, il contrario.

Questa interpretazione é sorretta, oltre che dalla lettera della norma in questione, dalla ratio innanzi esposta, giacché, mentre la preoccupazione di evitare con la costituzione di parte civile contro l'imputato e la citazione dell'assicuratore ex art. 107 c.p.p., quale nuova figura di responsabile civile, che tale esercizio dell'azione di risarcimento del danno si risolva in un possibile aggravio del costo di gestione del servizio assicurativo appare trascurabile di fronte al preminente interesse pubblico inerente all'accertamento del fatto costituente reato e della responsabilità dell'imputato, al che può validamente concorrere anche l'esercizio dei poteri processuali concessi alla parte civile, la officialità del processo penale e il principio della libertà del giudice nella ricerca e nell'acquisizione delle prove valgono ad assicurare l'accertamento, nel modo più completo possibile, delle modalità del sinistro e quindi della eventuale esistenza di altri danneggiati, indipendentemente da quell'onere di diligenti indagini da parte dell'assicuratore, previsto dal sopra richiamato art. 27 della legge ai fini della proporzionale riduzione degli indennizzi, che concorre a giustificare la disposizione dell'art. 22.

Posto che questa norma deve intendersi dettata con esclusivo riguardo all'azione di risarcimento del danno in giudizio civile ed é pertanto inapplicabile nell'ipotesi di costituzione di parte civile nel giudizio penale, risultano non fondate le questioni di legittimità costituzionale proposte dal pretore di Lodi in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, col che resta assorbito l'esame dell'ammissibilità delle stesse questioni prospettate, anche in riferimento all'art. 25 della Costituzione, dal conciliatore di Napoli con riguardo a un ipotetico giudizio penale.  

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 22 della legge 24 dicembre 1969, n. 990, sollevate, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, dal conciliatore di Napoli con ordinanza 24 giugno 1971 e dal pretore di Trani con ordinanza 22 febbraio 1972;

dichiara non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale della norma medesima, in relazione alla disciplina della costituzione di parte civile nel processo penale, e con riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, sollevata dal pretore di Lodi con ordinanza 5 giugno 1972.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 14 febbraio 1973.

Giuseppe  CHIARELLI – Giuseppe  VERZÌ – Giovanni  BATTISTA BENEDETTI – Francesco  PAOLO BONIFACIO – Luigi  OGGIONI – Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA – Vincenzo MICHELE TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI – Nicola REALE - Paolo  ROSSI – Leonetto AMADEI - Giulio  GIONFRIDA – Edoardo VOLTERRA.

         Arduino  Salustri – Cancelliere

 

Depositata in cancelleria l'1 marzo 1973.