Sentenza n.168 del 1973
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SENTENZA N. 168

ANNO 1973

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori giudici

Prof. Francesco PAOLO BONIFACIO, Presidente

Dott. Giuseppe  VERZÌ

Dott. Giovanni  BATTISTA BENEDETTI

Dott. Luigi  OGGIONI

Dott. Angelo  DE MARCO

Avv. Ercole  ROCCHETTI

Prof. Enzo  CAPALOZZA

Prof. Vincenzo  MICHELE TRIMARCHI

Prof. Vezio  CRISAFULLI

Dott. Nicola  REALE

Prof. Paolo  ROSSI

Avv. Leonetto  AMADEI

Prof. Giulio  GIONFRIDA

Prof. Edoardo VOLTERRA

Prof. Guido  ASTUTI

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 46, ultimo comma, Regolamento all. A, del r.d. 8 gennaio 1931, n. 148 (contenente disposizioni sullo stato giuridico del personale delle ferrovie, tramvie e linee di navigazione interna in regime di concessione), promosso con ordinanza emessa il 18 novembre 1970 dal tribunale di Ravenna nel procedimento civile vertente tra Gardelli Novello e la società S.I.T.A., iscritta al n. 71 del registro ordinanze 1971 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 99 del 21 aprile 1971.

Visto l'atto di Costituzione della società S.I.T.A.;

udito nell'udienza pubblica del 17 ottobre 1973 il Giudice relatore Nicola Reale;

udito l'avv. Francesco Sepe Quarta, per la società S.I.T.A.

Ritenuto in fatto

A seguito della sentenza del giudice istruttore del tribunale di Ravenna, che dichiarava non doversi procedere contro Gardelli Novello, fattorino della S.p.a. S.I.T.A., in ordine ad un reato di appropriazione indebita per insufficienza di prove, il Consiglio di disciplina, già investito (ai sensi dell'art. 53, penultimo comma, Regolamento all. A del r.d. 8 gennaio 1931, n. 148) del ricorso proposto dal Gardelli medesimo avverso il provvedimento di sospensione cautelare e di destituzione adottato nei suoi confronti dal direttore regionale della S.I.T.A., deliberava di annullare l'impugnato provvedimento disciplinare di destituzione. Successivamente, peraltro, la direzione generale della S.I.T.A., avvalendosi della facoltà di cui all'articolo 27, lett. e, del citato Regolamento, disponeva l'esonero definitivo dal servizio dell'agente.

Il Gardelli - il quale, per la durata della sospensione dal servizio aveva percepito (ai sensi dell'art. 46, quinto comma, Regolamento citato) soltanto un assegno alimentare corrispondente alla metà dello stipendio - instaurava successivamente un procedimento civile nei confronti della S.I.T.A., per sentirla condannare al pagamento della parte di emolumenti non riscossi.

A seguito delle contestazioni della società convenuta, la quale invocava l'applicabilità nella fattispecie dell'ultimo comma del citato art. 46, che esclude dal diritto alla richiesta reintegrazione patrimoniale l'agente sospeso in via preventiva e poi assolto in sede penale con formula dubitativa, l'attore eccepiva l'illegittimità costituzionale della suddetta disposizione, in riferimento agli artt. 3 e 36 della Costituzione.

Nel ritenere pregiudiziale e non manifestamente infondata la questione, il tribunale di Ravenna, con ordinanza 18 novembre 1970, riteneva che la norma denunciata fosse in contrasto con gli artt. 3 e 27 della Costituzione.

Nel giudizio innanzi a questa Corte non é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri. Si é costituita, invece, la S.p.a. S.I.T.A. con deduzioni depositate il 12 marzo 1971, nelle quali si contesta la sussistenza dell'asserito contrasto e si richiede una declaratoria d'infondatezza della questione.

Considerato in diritto

1. - L'art. 46 del Regolamento all. A, r.d. 8 gennaio 1931, n. 148 (contenente disposizioni sullo stato giuridico del personale delle ferrovie, tramvie e linee di navigazione interna in regime di concessione), disciplina, nella parte impugnata, la sospensione in via preventiva dal soldo e dal servizio degli agenti ferrotranviari sottoposti a procedimento penale per uno dei reati che danno luogo alla destituzione o che si trovino in stato di arresto ovvero siano implicati in fatti che possono dare luogo alla retrocessione o alla destituzione; alla famiglia dell'agente sospeso spetta un assegno alimentare pari alla metà dello stipendio o della paga per la durata della sospensione; l'agente ha, peraltro, "diritto all'indennizzo di quanto ha perduto per effetto della sospensione, semprechè sia assolto per non aver commesso il fatto, per inesistenza di reato o perché il fatto non costituisce reato".

Con l'ordinanza di cui in epigrafe il tribunale di Ravenna prospetta alla Corte la questione se l'art. 46, ultimo comma, del Regolamento citato, nella parte in cui nega all'agente sospeso in via cautelare il diritto all'indennizzo di quanto non percepito per la durata della sospensione, qualora egli sia stato prosciolto in sede penale per insufficienza di prove, contrasti con il principio di eguaglianza (art. 3 Cost.) sotto il duplice profilo della disparità di trattamento:

a) per gli agenti ferrotranviari che sono stati sospesi cautelarmente e che in sede di procedimento penale risultino prosciolti dalle imputazioni loro a scritte con formula dubitativa rispetto ai prosciolti con formula piena, quando la sospensione preventiva sia poi caducata in sede disciplinare;

b) nonché tra gli agenti ferrotranviari e i pubblici impiegati, per i quali gli artt. 96 e 97 d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, non prevedono, per il caso di proscioglimento con formula dubitativa, l'automatico mantenimento della misura cautelare e non escludono il diritto a percepire l'integrale trattamento retributivo spettante per la durata della sospensione.

Il tribunale dubita, altresì, che la norma impugnata sia in contrasto con il principio della presunzione di non colpevolezza (art. 27, secondo comma, Cost.), sull'assunto che le conseguenze eventualmente pregiudizievoli per il prosciolto per insufficienza di prove costituiscano sanzione a suo carico.

La questione é fondata in riferimento al principio d'eguaglianza sancito dall'art. 3 della Costituzione senza che occorra scendere all'esame della censura relativa all'art. 27, secondo comma, della Costituzione.

2. - Questa Corte ha già sottolineato, sia pure ad altri fini, la particolare struttura e la speciale disciplina del rapporto di lavoro dei ferrotranvieri, il quale - se pure inquadrato nell'ambito del diritto privato - appare giustificatamente differenziato da quello degli altri lavoratori, attese le esigenze di pubblico interesse soddisfatte dai servizi ferrotranviari (sentenze n. 39 del 1969; n. 130 del 1970; n. 140 del 1971; n. 57 del 1972). In effetti il legislatore, se ha modellato, sotto taluni profili, la disciplina del rapporto di lavoro dipendente dei ferrotranvieri su quella dettata per il contratto di lavoro subordinato, sotto altri ha dato maggiore risalto all'interesse pubblicistico del servizio di trasporto in concessione. Nella considerazione del regime del c.d. equo trattamento, la giurisprudenza e la dottrina hanno, in particolare, rilevato - pressoché unanimemente - gli elementi informati a criteri posti a base dell'ordinamento del pubblico impiego.

In siffatta prospettiva é ricondotta al sistema del pubblico impiego l'intera materia disciplinare. Il titolo sesto del Regolamento in esame prevede, infatti, una gamma di sanzioni che vanno dalla censura alla destituzione, nonché un particolare procedimento che consente, oltretutto, la salvaguardia del diritto alla difesa dei lavoratori. Elemento caratteristico del procedimento per sanzionare alcune delle più gravi infrazioni é l'istituzione di un apposito organo, il Consiglio di disciplina, le cui decisioni adottate in sede deliberante sono impugnabili davanti al giudice amministrativo.

3. - Correlata al settore disciplinare del pubblico impiego é anche la struttura dell'istituto della sospensione preventiva o cautelare (art. 46 del Regolamento citato). Con essa si mira a garantire la sicurezza ed il prestigio del servizio e del concessionario con l'immediata esenzione dal lavoro dell'agente, accusato o sospettato di atti di particolare gravità comportanti la retrocessione o la destituzione.

In quanto trattasi di misura cautelare ed interinale é implicito nel concetto di sospensione a tempo indeterminato, destinata a durare fin quando durino il procedimento disciplinare e l'eventuale procedimento penale, il carattere della provvisorietà e della rivedibilità, nel senso che solo al termine e secondo l'esito dei detti procedimenti si potrà stabilire se la sospensione preventiva applicata resti giustificata e debba sfociare nella destituzione o nella retrocessione, ovvero debba venire caducata a tutti gli effetti.

Ne consegue che, nei casi in cui si dichiari, in sede di procedimento penale, che il fatto non sussiste o che non costituisce reato o che l'agente non lo ha commesso, questi ha diritto alla reintegrazione di quanto ha perduto per effetto della sospensione cautelare. In materia di sospensione del lavoro, si ritiene, infatti, in linea di principio generale, che quando la mancata prestazione dipenda dall'iniziativa del datore di lavoro grava su quest'ultimo soggetto l'alea conseguente all'accertamento della ragione che ha giustificato la sospensione.

É noto, peraltro, che, nel settore del pubblico impiego - a meno che in sede penale non s'abbia la decisione pienamente assolutoria sul fatto é sempre dato all'Amministrazione pubblica, per l'autonomia tra procedimento penale e procedimento disciplinare, di attribuire responsabilità al dipendente che abbia commesso fatti che, se penalmente irrilevanti, pur tuttavia siano censurabili sotto il profilo disciplinare.

4. - La sentenza penale irrevocabile di proscioglimento che abbia un diverso contenuto ed, in particolare, quella per insufficienza di prove, non preclude l'accertamento da parte della pubblica Amministrazione di eventuali responsabilità del dipendente, essendo soltanto preclusa, in sede disciplinare, la valutazione di quei fatti che il giudice penale abbia esclusi o ritenuti sicuramente non dimostrati. Se, pertanto, la pubblica Amministrazione, in conseguenza di detto tipo di pronunzia (riferibile, in realtà, ad una vasta gamma di ipotesi, alcune delle quali non importano necessariamente la certezza o il dubbio fondato che l'agente sia venuto meno ai doveri inerenti alla sua posizione), promuove o prosegue - entro termini perentori - il procedimento disciplinare, la misura cautelare permane legittimamente, continuandone la funzione in riferimento all'eventuale sanzione disciplinare cui essa é preordinata in via interinale. Diversamente, la sospensione cessa e l'impiegato ha diritto alla reintegrazione patrimoniale di quanto non ha percepito per la durata della sospensione medesima. In tali sensi dispongono gli artt. 96 e 97 del d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, concernente lo Statuto degli impiegati civili dello Stato richiamati dall'ordinanza. Di contenuto non testualmente identico, ma nelle linee generali analogo, sono gli articoli 141, 144, 146, 147, 148 e 150 della legge 26 marzo 1958, n. 425, concernente lo stato giuridico del personale delle Ferrovie dello Stato.

5. - Or non é dubbio che il procedimento disciplinare proprio del rapporto dei ferrotranvieri, nel cui contesto si pone la sospensione cautelare, sia informato a criteri identici, tanto da esserne tutelata la legittimità mediante ricorso al giudice amministrativo. Ma é indubbiamente anomala e in contrasto con l'art. 3 Cost. la norma denunziata per la disparità di trattamento che irrazionalmente crea tra gli agenti suddetti ed i pubblici impiegati (tra i quali deve annoverarsi anche il personale delle Ferrovie dello Stato) sospesi cautelarmente e prosciolti in sede di procedimento penale dalle imputazioni loro ascritte per insufficienza di prove.

L'art. 46, ultimo comma, Regolamento all. A del r.d. n. 148 del 1931 nega, infatti, al ferrotranviere sospeso in via preventiva e prosciolto in sede penale con formula dubitativa il diritto a percepire gli emolumenti non riscossi per la durata della sospensione a prescindere da ogni ulteriore esame in sede disciplinare, dei fatti addebitatigli ed anche quando il procedimento disciplinare si sia concluso, come nella fattispecie dedotta avanti al giudice a quo, con il proscioglimento pieno dell'agente.

6. - Né vale obbiettare - come si fa dalla S.I.T.A. - che la speciale disciplina del rapporto di lavoro di cui si discute consente, tra le cause di estinzione del rapporto, l'esonero definitivo dal servizio dell'agente prosciolto in sede penale con formula dubitativa da talune imputazioni e non giudicato meritevole della fiducia necessaria per essere conservato in servizio (art. 27, lett. e, Regolamento citato).

Il procedimento di esonero, invero (titolo V del Regolamento), é previsto e strutturato non come una sanzione disciplinare, conseguente all'accertamento in sede del relativo procedimento disciplinare (titolo VI del Regolamento) di una responsabilità dell'agente, bensì come risoluzione del rapporto, ovviamente con effetto ex nunc, nei casi e con le modalità tassativamente indicati dal legislatore.

Non può, quindi, contestarsi che, a favore dell'agente ingiustificatamente sospeso permanga il diritto a percepire quanto non corrisposto per effetto della sospensione, cui sia seguita la di lui reintegrazione nella posizione contrattuale di lavoro, anche se dopo tale reintegrazione sia intervenuto un provvedimento di esonero.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 46, ultimo comma, del Regolamento all. A, r.d. 8 gennaio 1931, n. 148 (contenente disposizioni sullo stato giuridico del personale delle ferrovie, tramvie e linee di navigazione interna in regime di concessione), nella parte in cui esclude in ogni caso dal diritto all'"indennizzo" in esso previsto l'agente sospeso in via preventiva e successivamente assolto in sede di procedimento penale per insufficienza di prove.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 22 novembre 1973.

Francesco  PAOLO BONIFACIO – Giuseppe  VERZÌ – Giovanni  BATTISTA BENEDETTI – Luigi  OGGIONI – Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA – Vincenzo MICHELE TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI – Nicola REALE – Paolo  ROSSI – Leonetto AMADEI - Giulio  GIONFRIDA. – Edoardo VOLTERRA – Guido ASTUTI

Arduino  SALUSTRI - Cancelliere

 

Depositata in cancelleria il 28 novembre 1973.