Sentenza n.152 del 1973
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SENTENZA N. 152

ANNO 1973

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori giudici

Prof. Francesco PAOLO BONIFACIO, Presidente

Dott. Giuseppe  VERZÌ

Dott. Luigi  OGGIONI

Dott. Angelo  DE MARCO

Avv. Ercole  ROCCHETTI

Prof. Enzo  CAPALOZZA

Prof. Vincenzo  MICHELE TRIMARCHI

Prof. Vezio  CRISAFULLI

Dott. Nicola  REALE

Prof. Paolo  ROSSI

Avv. Leonetto  AMADEI

Prof. Giulio  GIONFRIDA

Prof. Edoardo VOLTERRA

Prof. Guido  ASTUTI

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 28 del codice di procedura penale, promosso con ordinanza emessa il 4 dicembre 1970 dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale - sezione VI - sul ricorso di Toma Aldo contro l'Istituto nazionale per l'assicurazione contro le malattie, iscritta al numero 427 del registro ordinanze 1971 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 4 del 5 gennaio 1972.

Visti gli atti di Costituzione di Toma Aldo e dell'Istituto nazionale per l'assicurazione contro le malattie;

udito nell'udienza pubblica del 13 giugno 1973 il Giudice relatore Giulio Gionfrida;

udito l'avv. Antonio Sorrentino, per l'INAM.

Ritenuto in fatto

1. - Nel corso di un giudizio amministrativo (instaurato a seguito del ricorso giurisdizionale proposto, per violazione di legge ed eccesso di potere, da Aldo Toma avverso la delibera 21 luglio 1966 del Consiglio di amministrazione dell'INAM, che aveva confermato il provvedimento di "revoca dall'impiego" - adottato dall'istituto nei confronti del Toma stesso - nonostante che i fatti, sui quali detta revoca era stata fondata, fossero stati, nel frattempo, "riconosciuti insussistenti con sentenza istruttoria di proscioglimento del pretore di Cesarano"), il Consiglio di Stato - sezione VI - rilevato che la difesa dell'INAM aveva, invece, sostenuto la piena legittimità dell'impugnato provvedimento, sul rilievo che l'art. 28 del codice di procedura penale non riconosce alcun effetto vincolante, nel successivo giudizio (o procedimento) amministrativo, alla sentenza penale di proscioglimento emessa in sede istruttoria; e che a ciò aveva replicato il ricorrente eccependo incostituzionalità della richiamata norma - ritenendo rilevante e non manifestamente infondata la relativa questione, con ordinanza 4 dicembre 1970, ha denunziato, appunto, l'art. 28 del codice di procedura penale, per contrasto con gli artt. 3, 24 e 113 della Costituzione, limitatamente alla parte in cui attribuisce autorità di cosa giudicata, nel giudizio (civile od) amministrativo, alla sola sentenza irrevocabile "pronunciata in seguito a giudizio".

2. - Tale limitazione concreterebbe, invero, secondo il giudice a quo, una "disparità di trattamento di soggetti che si trovano quantomeno nelle medesime condizioni giuridiche".

Atteso che, a parte qualche irrilevante differenza di carattere terminologico, la condizione di proscioglimento con sentenza istruttoria non sarebbe sostanzialmente diversa da quella di chi é assolto in seguito a giudizio.

E ciò anche sotto il profilo della "irrevocabilità" della decisione, non potendo negarsi che anche la sentenza penale istruttoria sia suscettibile di divenire irrevocabile ed acquistare l'autorità della cosa giudicata. Quantomeno nell'ipotesi - nella specie, appunto, realizzatasi - di sopravvenuta causa di estinzione del reato: in cui diviene legalmente impossibile, ai sensi dell'art. 402 del codice di procedura penale, anche il rimedio della riapertura dell'istruzione.

Laddove, se differenza - tra la situazione dell'imputato prosciolto in istruttoria e quella dell'imputato assolto in dibattimento - volesse ad ogni costo ravvisarsi, questa dovrebbe semmai indurre a ritenere più degna di tutela proprio la situazione (che, invece, subisce il trattamento deteriore) dell'imputato prosciolto in istruttoria, posto che l'innocenza di questi si é imposta con tale immediatezza ed evidenza da rendere superfluo il dibattimento.

3. - L'ordinanza indicata é stata ritualmente notificata, comunicata e pubblicata.

4. - Nel giudizio innanzi a questa Corte si é costituito il Toma, che, con argomentazioni sostanzialmente analoghe a quelle svolte dal giudice a quo, ha sostenuto la fondatezza della sollevata questione di costituzionalità dell'art. 28 del codice di procedura penale.

La piena legittimità della norma medesima é stata, invece, in questa sede, ancora una volta affermata dall'INAM, anch'esso costituitosi.

Non v'é stato intervento del Presidente del Consiglio dei ministri. Sono state depositate memorie illustrative, sia dal Toma, sia dall'INAM.

Considerato in diritto

1. - L'ordinanza in epigrafe sottopone all'esame di questa Corte la questione se l'art. 28 del codice di procedura penale, nella parte in cui esclude che la sentenza penale istruttoria di proscioglimento abbia efficacia vincolante - per ciò che attiene all'accertamento dei fatti materiali che furono oggetto del processo penale - nel giudizio civile o amministrativo, sia in contrasto con gli artt. 3 e 24, e (trattandosi nella specie di un giudizio amministrativo) anche con l'art. 113 , della Costituzione, per la disparità di trattamento secondo che l'interessato, già imputato nel processo penale, sia stato prosciolto con una sentenza istruttoria ovvero assolto con sentenza pronunciata in seguito a giudizio.

2. - La questione non é fondata.

L'ordinanza di rimessione del Consiglio di Stato si fonda soprattutto sulla considerazione che anche la sentenza penale istruttoria di proscioglimento, una volta che non sia stata impugnata dagli aventi diritto, acquista il carattere della irrevocabilità e dà luogo a quella stabilità che é propria della cosa giudicata. Né tale carattere sarebbe infirmato dalla possibilità della riapertura della istruzione ai sensi dell'art. 402 del codice di procedura penale, perché trattasi di "un rimedio del tutto eccezionale", il quale, sotto il profilo che interessa, non differisce sostanzialmente da quello della revisione previsto nel caso di condanna dall'art. 554 n. 3 del codice di procedura penale.

Rileva poi il Consiglio di Stato che la riapertura dell'istruzione non é ammissibile qualora sia intervenuta una causa di estinzione del reato (art. 402 cit.), cosicché, almeno in questa ipotesi (appunto ricorrente nella specie), non potendo negarsi alla sentenza istruttoria il carattere della irrevocabilità e l'efficacia di cosa giudicata, appare giustificato il dubbio di legittimità costituzionale della norma denunciata.

Tali argomentazioni sono ribadite in questa sede, dal Toma che, nella memoria difensiva, si richiama ad opinioni dottrinali sulla natura della riapertura dell'istruzione penale quale rimedio straordinario.

Ritiene questa Corte che, a prescindere dai contrasti dogmatici sulla natura della riapertura della istruzione e sulla incidenza della sua ammissibilità nel problema se la sentenza istruttoria di proscioglimento possa acquistare il carattere della irrevocabilità, basti ad escludere il prospettato contrasto con l'art. 3 della Costituzione, per l'ingiustificata disparità di trattamento, il rilievo che le situazioni che vengono in comparazione sono oggettivamente ben diverse, sotto il profilo dell'efficacia vincolante nel giudizio civile o amministrativo - pur nei limiti soggettivi risultanti dalla sentenza di questa Corte n. 55 del 1971 - dell'accertamento dei fatti materiali compiuto dal giudice penale.

Pur tenendo conto delle garanzie assicurate alle parti private, sin dal primo atto di istruzione e nel corso di essa, dalle innovazioni legislative sulla comunicazione giudiziaria (art. 3 legge 15 dicembre 1972, n. 773, modifica. dell'art. 304 del codice di procedura penale) e sul diritto dei difensori di assistere agli atti previsti nell'art. 304 bis del codice di procedura penale, quale risulta in seguito alla modificazione apportata dall'art. 1 d.l. 23 gennaio 1971, n. 2, convertito in legge 18 marzo 1971, n. 62, ed alla parziale dichiarazione di illegittimità costituzionale con la sentenza di questa Corte n. 63 del 1972, l'accertamento dei fatti in sede istruttoria non può equipararsi a quello compiuto in giudizio. Differenze rilevanti esistono, fra l'altro, per quanto attiene alla escussione delle prove testimoniali e ai confronti indicati nell'art. 364 del codice di procedura penale, non solo perché nella fase istruttoria; testimoni, di regola, non giurano (art. 357, secondo comma, del codice di procedura penale), ma anche perché i difensori delle parti non hanno diritto di assistervi. Esclusione che questa Corte, con la citata sentenza n. 63 del 1972, ha riconosciuta costituzionalmente legittima, rilevando appunto che "si tratta di atti non definitivi, ma da rinnovare in sede dibattimentale nella pienezza del contraddittorio e con tutte le garanzie sostanziali e formali a controllo dei dati fino a quel momento acquisiti e resi noti alla difesa mediante il precedente deposito".

In considerazione delle più elevate garanzie di approfondimento dell'accertamento dei fatti in sede di dibattimento, rispetto a quello compiuto in fase istruttoria, non appare irragionevole la diversità di trattamento giuridico che il legislatore, nello apprezzamento delle due situazioni, ha per esse dettato rispetto all'efficacia vincolante nel giudizio civile o amministrativo. Non sussiste pertanto il contrasto con l'art. 3 della Costituzione.

3. - Neppure sussiste violazione degli artt. 24 e 113 della Costituzione. Non é esatto il rilievo, contenuto nella ordinanza di rimessione, che l'interessato prosciolto con formula piena con Sentenza istruttoria, qualora sopravvenga una causa di estinzione del reato, da una parte versa nell'assoluta impossibilità di vedersi riaprire l'istruzione penale, "e dall'altra rimane completamente privo di ogni mezzo di difesa negli eventuali successivi giudizi civili o amministrativi".

Invero, se l'imputato prosciolto non può giovarsi della preclusione posta dall'art. 28 del codice di procedura penale, egli conserva integro il diritto di difesa nel giudizio civile o amministrativo, potendo avvalersi dei normali poteri processuali, anche di carattere probatorio, esercitabili nei giudizi predetti, secondo il rispettivo ordinamento.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 28 del codice di procedura penale sollevata dal Consiglio di Stato, in riferimento agli artt. 3, 24 e 113 della Costituzione, con ordinanza 4 dicembre 1970.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 28 giugno 1973.

Francesco  PAOLO BONIFACIO – Giuseppe  VERZÌ – Luigi  OGGIONI – Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA – Vincenzo MICHELE TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI – Nicola REALE – Paolo  ROSSI – Leonetto AMADEI - Giulio  GIONFRIDA. – Edoardo VOLTERRA – Guido ASTUTI

Arduino  SALUSTRI - Cancelliere

 

Depositata in cancelleria il 18 luglio 1973.