Sentenza n.8 del 1973
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SENTENZA N. 8

ANNO 1973

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori giudici

Prof. Giuseppe  CHIARELLI, Presidente

Dott.  Giuseppe  VERZÌ

Dott. Giovanni  BATTISTA BENEDETTI

Prof. Francesco  PAOLO BONIFACIO

Dott. Luigi  OGGIONI

Dott. Angelo  DE MARCO

Avv. Ercole  ROCCHETTI

Prof. Enzo  CAPALOZZA

Prof. Vincenzo  MICHELE TRIMARCHI

Prof. Vezio  CRISAFULLI

Prof. Paolo  ROSSI

Prof. Giulio  GIONFRIDA,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 21, ultimo comma, della legge 7 gennaio 1929, n. 4 (norme generali per la repressione delle violazioni delle leggi finanziarie), promosso con ordinanza emessa il 27 maggio 1970 dalla sezione istruttoria della sezione distaccata di Corte d'appello di Salerno nel procedimento penale a carico di Petrizzo Francesco, iscritta al n. 322 del registro ordinanze 1970 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 299 del 25 novembre 1970.

Visto l'atto d'intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 10 gennaio 1973 il Giudice relatore Enzo Capalozza;

udito il sostituto avvocato generale dello Stato Umberto Coronas, per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

Nel corso di un procedimento penale a carico di Francesco Petrizzo, per omessa dichiarazione annuale dei redditi, la sezione istruttoria della sezione distaccata di Corte d'appello di Salerno, con ordinanza del 27 maggio 1970, ha ritenuto rilevante e non manifestamente infondato il dubbio di legittimità costituzionale dell'ultimo comma dell'art. 21 della legge 7 gennaio 1929, n. 4, in riferimento all'art. 3 della Costituzione.

Secondo l'ordinanza, la norma denunziata, statuendo che l'azione penale abbia corso dopo che l'accertamento del tributo é divenuto definitivo, derogherebbe alla disciplina comune sul termine di prescrizione e ne farebbe dipendere la durata da un comportamento insindacabile della pubblica Amministrazione, che lo potrebbe arbitrariamente prolungare, in contrasto con il principio di eguaglianza dei cittadini davanti alla legge.

Nel giudizio innanzi a questa Corte la parte privata non si é costituita, mentre il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, é intervenuto con atto depositato il 15 dicembre 1970, chiedendo che la censura sia dichiarata senza fondamento.

Deduce l'Avvocatura che, mentre per i tributi indiretti, ai sensi dell'art. 22 della citata legge n. 4 del 1929, é al giudice che, ai fini della responsabilità penale del contribuente, spetta di risolvere la questione tributaria pregiudiziale, tale questione, per i tributi diretti, va esaminata nella sede sua propria. Pertanto, non potendo scattare l'azione penale prima dell'accertamento tributario definitivo, non sussisterebbe deroga alcuna alla disciplina del codice penale sulla decorrenza della prescrizione, in conformità alla giurisprudenza ordinaria in materia e come sarebbe stato, altresì, sia pure incidentalmente, riconosciuto dalla sentenza n. 38 del 1968 di questa Corte. 

Considerato in diritto

1. - L'ordinanza di rimessione ha denunziato, per contrasto con l'art. 3 della Costituzione, l'ultimo comma dell'articolo 21 della legge 7 gennaio 1929, n. 4, assumendo che la norma, nel disporre che sia dato corso all'azione penale soltanto dopo l'accertamento definitivo del tributo diretto, farebbe dipendere il decorso della prescrizione da un comportamento insindacabile - "diligente, negligente o deliberato" - dell'amministrazione finanziaria.

2. - Per quanto la questione sia formulata tenendo anche presente che il termine prescrizionale stabilito dalla legge speciale é diverso da quello stabilito dal codice penale, l'oggetto dell'attuale censura si incentra nella violazione del principio di eguaglianza, che deriverebbe dalla (pretesa) facoltà della pubblica amministrazione di prolungare a suo libito detto termine mediante la protrazione dell'accertamento.

3. - Non vi é norma alcuna nella Costituzione che faccia divieto al legislatore ordinario di fissare termini prescrizionali differenziati (vedansi le sentenze n. 57/1962 e n. 10/1970 di questa Corte), sicché non rileva, ai fini della decisione, il tempo necessario per la prescrizione del reato (contravvenzionale) di omessa o infedele dichiarazione dei redditi (se, cioè, di diciotto mesi: art. 157, n. 6, cod. pen.; o di tre anni: art. 16 legge n. 4 del 1929).

4. - L'ordinanza si limita ad affermare che la pubblica amministrazione avrebbe la possibilità di tenere una condotta colposa o di commettere arbitrio, senza considerare, all'opposto, che, ai sensi dell'art. 32 del testo unico delle leggi sulle imposte dirette, approvato con d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645, l'amministrazione finanziaria deve provvedere, entro precisi termini di decadenza (successivamente ridotti con la legge 31 ottobre 1966, n. 958), alla rettifica dei redditi dichiarati e all'accertamento d'ufficio dei redditi non dichiarati.

5. - É da ricordare che la legge n. 4 del 1929 (che entrò in vigore il 1 luglio 1931, contemporaneamente ai nuovi codici penale e di procedura penale: cfr. r.d. 18 giugno 1931, n. 806) venne discussa ed approvata sotto l'imperio del codice Zanardelli del 1889, per il quale la prescrizione estingueva l'azione penale e non il reato: col che, quando l'azione penale non poteva essere promossa (o proseguita), la prescrizione rimaneva sospesa, per riprendere il suo corso dal giorno in cui cessava la causa sospensiva.

Ma, a prescindere dalla natura giuridica (per altro non pacifica) dell'accertamento fiscale rispetto al reato de quo, ciò che conta é che, mentre in materia di tributi indiretti, a mente del combinato disposto degli artt. 22 e 60 della legge n. 4 del 1929, il giudice che ha la cognizione del reato é competente a risolvere anche la controversia concernente l'imposta, in materia di tributi diretti la controversia va risolta nella sede sua propria, ossia dagli organi tributari ed eventualmente dal giudice civile.

Orbene, la legislazione vigente, anziché rifarsi alla disciplina delle pregiudiziali tipiche, con la sospensione del processo penale (e, conseguentemente, della prescrizione ai sensi dell'art. 159 cod. pen.), ha preferito subordinare l'esercizio dell'azione penale alla definitività  dell'accertamento.

6. - E la soluzione, pur se conduce ad una protrazione nel tempo del termine di inizio e, quindi, di scadenza della prescrizione, non é irragionevole, non solo e non tanto perché assicura uniformità di criteri, che trovano riscontro nell'obbligo di imparzialità dei pubblici funzionari (artt. 28, 97 e 98, primo comma, Cost.), quanto perché é sorretta dalle stesse ragioni che hanno indotto il legislatore a predisporre una disciplina tutta particolare per le imposte dirette, conforme alla speciale natura dei tributi e alla complessità tecnica del relativo accertamento. Ché se abusi e favoritismi dovessero ipotizzarsi, questi sarebbero realizzabili proprio se i termini prescrizionali decorressero dalla data della dichiarazione del contribuente, potendo l'amministrazione finanziaria effettuare l'accertamento al di là del tempo in cui matura la prescrizione. Per di più, come é stato osservato dalla Cassazione, il criterio scelto si risolve in una garanzia per il contribuente, il quale evita di essere esposto ad eventuali vessatorie denunce prima dell'accertamento definitivo dell'imposta.

Il sistema accolto é, dunque, strumento di eguaglianza e di corretto uso dei poteri di indagine e di controllo fiscale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 21, ultimo comma, della legge 7 gennaio 1929, n. 4 (Norme generali per la repressione delle violazioni delle leggi finanziarie), sollevata dalla sezione istruttoria della sezione distaccata della Corte d'appello di Salerno, in riferimento all'art. 3 della Costituzione. 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 6 febbraio 1973.

Giuseppe  CHIARELLI – Giuseppe  VERZÌ – Giovanni  BATTISTA BENEDETTI – Francesco  PAOLO BONIFACIO – Luigi  OGGIONI – Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA – Vincenzo MICHELE TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI – Paolo  ROSSI – Giulio  GIONFRIDA.

Arduino Salustri – Cancelliere

 

Depositata in cancelleria il 20 febbraio 1973.