SENTENZA N. 200
ANNO 1970
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori giudici:
Prof. Giuseppe BRANCA, Presidente
Prof. Michele FRAGALI
Prof. Costantino MORTATI
Prof. Giuseppe CHIARELLI
Dott. Giuseppe VERZÌ
Dott. Giovanni Battista BENEDETTI
Prof. Francesco Paolo BONIFACIO
Dott. Luigi OGGIONI
Dott. Angelo DE MARCO
Avv. Ercole ROCCHETTI
Prof. Enzo CAPALOZZA
Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI
Prof. Vezio CRISAFULLI
Dott. Nicola REALE
Prof. Paolo ROSSI,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 4 del D.L.Lgt. 27 luglio 1945, n. 475 (divieto di abbattimento di alberi di olivo), promosso con ordinanza emessa il 22 febbraio 1969 dal pretore di Gela nel procedimento penale a carico di Savignano Antonino, iscritta al n. 183 del registro ordinanze 1969 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 152 del 18 giugno 1969.
Visto l'atto d'intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell'udienza pubblica dell'11 novembre 1970 il Giudice relatore Giuseppe Verzì;
udito il sostituto avvocato generale dello Stato Luciano Tracanna, per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
Nel corso del procedimento penale a carico di Savignano Antonino, imputato della contravvenzione di cui agli artt. 1 e 4 del D.L. Lgt. 27 luglio 1945, n. 475, per avere abbattuto 450 piante di olivo senza l'autorizzazione preventiva del Prefetto, la difesa ha eccepito il contrasto con l'art. 24 della Costituzione del suddetto art. 4, nella parte in cui demanda allo Ispettorato provinciale dell'agricoltura la determinazione del valore delle piante abbattute.
Con ordinanza del 22 febbraio 1969, il pretore di Gela, accogliendo l'eccezione, ha sollevato la questione di legittimità costituzionale di tale articolo, in riferimento sia all'articolo 24, sia all'art. 102 della Costituzione.
Nel presente giudizio é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri.
Secondo l'ordinanza, poiché l'abbattimento degli alberi di olivo senza la prescritta autorizzazione, é punito con l'ammenda uguale al decuplo del valore delle piante abbattute, considerate in piena produttività, e poiché tale valore é stabilito dall'Ispettorato provinciale dell'agricoltura, la misura della pena dipenderebbe da una valutazione discrezionale ed insindacabile dell'autorità amministrativa, vincolante per il giudice. Ciò contrasterebbe col principio sancito nell'art. 102 della Costituzione, atteso che, in materia penale, la funzione giurisdizionale si esplica nell'accertamento non soltanto della violazione, ma altresì della correlativa sanzione comminata dalla legge, e nella concreta determinazione di essa.
Inoltre, poiché é esclusa qualsiasi possibilità di intervento dell'imputato durante il procedimento di accertamento del valore delle piante e qualsiasi possibilità di critica, anche nella fase dibattimentale, delle conclusioni formulate dall'Ispettorato dell'agricoltura, risulta violato l'art. 24 della Costituzione, atteso che il diritto di difesa é garantito anche nella fase delle indagini preliminari all'istruzione - quali debbono ritenersi gli atti dell'Ispettorato - e va esercitato anche in ordine a quegli elementi di fatto rilevanti sulla misura della pena.
Per l'Avvocatura generale dello Stato, anche secondo la giurisprudenza di questa Corte (sentenza n. 12 del 1962) non é in contrasto con il principio di legalità della pena di cui all'art. 25, secondo comma, della Costituzione l'uso dell'ammenda e della multa proporzionale, anche quando la determinazione in concreto del parametro, moltiplicando il quale, viene stabilita la proporzione, sia demandata all'organo amministrativo. Siffatta determinazione, invero, é essenzialmente vincolata a regole tecniche, e non già del tutto discrezionale od arbitraria; ed é altresì sempre sindacabile dal giudice, atteso che questo, nel nostro ordinamento, non deve applicare gli atti amministrativi illegittimi, anche in mancanza della specifica impugnazione dell'interessato.
Consegue che é da escludere la violazione dell'art. 102 della Costituzione.
Ed é da escludere, altresì, la violazione dell'art. 24 della Costituzione. Innanzi tutto perché l'interessato può sempre impugnare l'atto dell'Ispettorato provinciale dell'agricoltura nei modi previsti dalla Costituzione e dalle leggi per i provvedimenti amministrativi. Inoltre, perché, nella specie, trattandosi di contravvenzione punibile soltanto con la pena dell'ammenda, il relativo procedimento é di competenza del pretore e può essere definito con decreto penale. E per siffatti procedimenti, la idoneità delle garanzie difensive non può essere valutata astraendo dalla struttura e dalla funzione dei medesimi, rispondenti ad esigenze di rapidità e semplicità, connaturali alla categoria dei reati, di lieve entità, ma particolarmente numerosi, demandati alla cognizione del pretore.
Considerato in diritto
1. - La questione di legittimità costituzionale dell'art. 4 del d.l.lgt. 27 luglio 1945, n. 475, viene sollevata dal pretore di Gela soltanto per quanto riguarda la misura della pena dell'ammenda, fissata nel decuplo del valore delle piante di olivo abbattute, considerate in piena attività, da stabilirsi dall'Ispettorato dell'agricoltura. Secondo la ordinanza di rimessione, dipendendo siffatta penalità da una valutazione discrezionale dell'autorità amministrativa vincolante per il giudice, verrebbe sottratto al giudice stesso il potere di determinare in concreto la pena, con violazione del principio sancito dall'art. 102 della Costituzione per cui la funzione giurisdizionale é esercitata da magistrati ordinari. E sarebbe altresì violato l'art. 24 della Costituzione, non essendo consentita all'imputato la possibilità di difendersi durante il procedimento di accertamento del valore delle piante abbattute, e non essendo neppure ammissibile, nel corso del dibattimento, alcuna critica alle conclusioni formulate dal suindicato Ispettorato.
2. - La questione non é fondata.
Non sussiste la denunziata violazione dell'art. 102 della Costituzione, il quale, affermando che la giurisdizione é esercitata da magistrati ordinari, vuol soltanto proclamare il principio della unità della giurisdizione. E se poi il pretore ha inteso riferirsi alla riserva di giurisdizione di cui all'art. 101 della Costituzione, é da rilevare che, quando il processo si svolge in sede giudiziaria, con l'intervento e sotto la direzione del magistrato, e si conclude con una sentenza, non si può sostenere che la giurisdizione non sia esercitata dallo stesso, neppure nel caso in cui altri organi intervengano nel processo per fornire elementi tecnici, che si intendono sempre sottoposti al vaglio del giudice. La circostanza che la norma impugnata affidi il potere di determinare il valore delle piante di olivo abbattute all'Ispettorato provinciale dell'agricoltura, che é un organo tecnicamente specializzato e chiamato, fra l'altro, a sopraintendere al progresso dell'agricoltura nella propria circoscrizione, non significa che il giudice non possa sindacare le conclusioni dell'organo amministrativo ed eventualmente disattenderle quando abbia fondate ragioni di pervenire a diverso convincimento. Così come avviene, secondo i principi generali, per le perizie, per i pareri, o per qualsiasi altro apprezzamento fatto da organi ausiliari della giustizia, tutto il materiale di indagine e di discussione acquisito al processo viene apprestato allo scopo di convincere il giudice, al quale spetta il potere di pronunciare la parola definitiva. Pertanto la norma impugnata non limita i poteri del pretore in merito al valore delle piante abbattute. Peraltro - a prescindere dai poteri di indagine e di giudizio spettanti al magistrato sul numero delle piante abbattute e sulle condizioni di esse (per la esclusione di quelle non riconducibili a produttività: art. 1 della legge), circostanze queste direttamente connesse con la sanzione da irrogare in concreto - la possibilità di applicare aggravanti ed attenuanti comuni, le quali consentono di spaziare nel computo della pena, fa sì che l'uso del potere discrezionale nel determinare la sanzione da infliggere non subisca concrete limitazioni per effetto della norma impugnata.
3. - Non appare fondata neppure la denunzia di illegittimità della stessa norma in riferimento all'art. 24 della Costituzione.
Con le sentenze n. 86 del 1968 e n. 149 del 1969, questa Corte ha chiarito che la difesa dell'imputato deve essere assicurata per quegli atti che si risolvono in veri e propri atti istruttori (ispezioni non facilmente ripetibili, ricognizioni, interrogatori, ecc.) non dissimili da quelli esperiti nella fase della istruzione sommaria del P.M.; e che tali garanzie non riguardano la fase delle indagini che il codice di procedura penale prevede nell'art. 219 per l'accertamento dei fatti e per la ricerca di indizi. Orbene, nella specie l'Ispettorato dell'agricoltura esercita funzioni connesse ad una generale competenza di carattere amministrativo e che non rientrano nel quadro di un procedimento istruttorio. Nel corso del processo penale, al quale i risultati di tale attività possono dar luogo, non risulta poi alcuna limitazione nei diritti della difesa, sussistendo - per le ragioni suesposte - e libertà di critica e potere del giudice di dissentire dalle conclusioni dell'organo amministrativo.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 4 del d.l.lgt. 27 luglio 1945, n. 475 (divieto di abbattimento di alberi di olivo), sollevata in riferimento agli artt. 24 e 102 della Costituzione, con ordinanza del 22 febbraio 1969, del pretore di Gela.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 18 dicembre 1970.
Giuseppe BRANCA - Michele FRAGALI - Costantino MORTATI - Giuseppe CHIARELLI - Giuseppe VERZÌ - Giovanni Battista BENEDETTI - Francesco Paolo BONIFACIO - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI - Nicola REALE - Paolo ROSSI
Depositata in cancelleria il 28 dicembre 1970.