Sentenza n. 95 del 1970
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SENTENZA N. 95

ANNO 1970

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Prof. Giuseppe BRANCA, Presidente

Prof. Michele FRAGALI

Prof. Costantino MORTATI

Prof. Giuseppe CHIARELLI

Dott. Giuseppe VERZI'

Dott. Giovanni BATTISTA BENEDETTI

Prof. Francesco PAOLO BONIFACIO

Dott. Luigi OGGIONI

Dott. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE

Prof. Paolo ROSSI

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 205 del testo unico delle leggi sulle imposte dirette, approvato con D.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645, promosso con ordinanza emessa il 30 ottobre 1968 dal pretore di Modena nel procedimento civile vertente tra l'esattoria delle imposte di Modena e Zunarelli Egidio, iscritta al n. 1 del registro ordinanze 1969 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 52 del 26 febbraio 1969.

Visto l'atto d'intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 5 maggio 1970 il Giudice relatore Luigi Oggioni;

udito il sostituto avvocato generale dello Stato Michele Savarese, per il Presidente del Consiglio dei ministri.

 

Ritenuto in fatto

 

Con ordinanza emessa il 30 ottobre 1968 il pretore di Modena ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 205 del testo unico delle leggi sulle imposte dirette approvato con decreto 29 gennaio 1958, n. 645, per pretesa violazione degli artt. 24, primo e secondo comma, 25, primo comma, e 3, primo comma, della Costituzione.

Il pretore osserva in sostanza che la norma impugnata attribuisce all'esattore, organo amministrativo, il potere di surrogarsi al creditore procedente in sede di esecuzione immobiliare avanti al giudice competente, mediante una semplice dichiarazione rivolta al giudice stesso e notificata al debitore ed al creditore. Ove quest'ultimo o il debitore stesso non provveda entro dieci giorni dalla notifica a pagare il debito di imposta, l'esattore resta surrogato di diritto negli atti esecutivi già iniziati e li continua davanti al pretore con il procedimento speciale previsto dal detto testo unico.

Con ciò, osserva il giudice a quo, si attribuirebbe all'esattore il potere discrezionale di imporre al creditore procedente col rito normale il diverso procedimento esecutivo esattoriale, con relativo spostamento della competenza al pretore, salvo il pagamento per debito d'imposta, senza alcun intervento da parte dell'organo giurisdizionale legittimamente investito del procedimento esecutivo.

Questa situazione comporterebbe per il creditore, da un lato, ove egli paghi il debito d'imposta, il rischio di non recuperare poi il proprio avere nel procedimento esecutivo ordinario e, dall'altro, ove si instauri il procedimento speciale, il pericolo di vedere devoluto allo Stato l'immobile pignorato, nel caso di esito negativo dell'incanto, ai sensi dell'art. 238 del citato T.U., e di perdere quindi definitivamente la possibilità di realizzare il proprio credito. In tal modo si negherebbe al creditore procedente ogni mezzo efficace di tutela dei propri diritti, in violazione delle garanzie difensive sancite dall'art. 24 della Costituzione.

La norma impugnata violerebbe inoltre sia l'art. 25, primo comma, della Costituzione, in quanto attribuirebbe all'esattore il potere discrezionale di distogliere le parti dal giudice naturale precostituito a norma dell'art. 16, secondo comma, del codice di procedura civile, senza peraltro apprestare nel procedimento speciale convenienti rimedi a tutela dei diritti dei creditori, sia l'art. 3, primo comma, della Costituzione, in quanto l'autotutela della pubblica amministrazione realizzata dalla norma impugnata, con la lamentata esclusione di adeguate cautele a favore degli altri creditori andrebbero ben oltre la posizione di preminenza ammissibile in favore dello Stato per la diversa situazione soggettiva in cui si trova rispetto agli altri creditori procedenti.

L'Avvocatura dello Stato, intervenuta ritualmente in rappresentanza e difesa del Presidente del Consiglio dei ministri, ha contestato la fondatezza delle questioni come sopra sollevate.

Anzitutto, invero, la norma impugnata non violerebbe la garanzia della tutela giurisdizionale o della difesa degli altri creditori del contribuente, avendo la giurisprudenza della Corte già escluso la violazione delle suddette garanzie per effetto della speciale disciplina della procedura esecutiva fiscale, attesa la sua natura amministrativa e la funzione di pubblico interesse cui corrisponde. E d'altra parte, la natura concorsuale della procedura stessa, i poteri di direzione e di controllo pur sempre attribuiti al pretore, e l'assoggettabilità degli atti dell'esattore ai comuni rimedi contro gli atti degli organi amministrativi, rafforzerebbero tale conclusione nel caso in esame.

Infondata apparirebbe poi la pretesa violazione dell'art. 25, primo comma, della Costituzione sempre in conformità della giurisprudenza della Corte, che con riferimento al caso dell'esecuzione individuale privilegiata da parte dell'esattore nel corso del fallimento del contribuente, ha escluso trattarsi di uno spostamento di competenza dal giudice fallimentare al pretore, ed ha negato quindi la violazione della garanzia del giudice naturale, riconoscendo anche che, in sostanza, l'esattore non percepirebbe nulla in più di quanto avrebbe conseguito se non avesse usufruito della procedura individuale.

Infine, la norma impugnata non sarebbe in contrasto col principio di eguaglianza, giustificandosi la speciale protezione del credito tributario per la particolarità del rapporto, inteso a tutelare il preminente interesse finanziario dello Stato.

 

Considerato in diritto

 

1. - Con la suindicata ordinanza di rimessione, la questione di costituzionalità dell'art. 205 del testo unico delle leggi sulle imposte dirette viene sollevata sotto triplice profilo.

Si assume che la surroga dell'esattore in procedimenti esecutivi immobiliari già iniziati da altri, avrebbe come conseguenza lo spostamento in ogni caso e la concentrazione degli atti da compiere, nell'ambito esclusivo dell'ufficio pretorile, a norma degli artt. 200 e seguenti del predetto testo unico: ciò con l'effetto di distogliere le parti interessate dal giudice naturale, garantito dall'art. 25 prima parte della Costituzione.

Si assume, in secondo luogo, con riferimento all'art. 24 della Costituzione, che la surroga dell'esattore al creditore procedente costringerebbe questi a sottostare coattivamente, senza possibilità di contrapporre utili difese, all'iniziativa dell'esattore, con l'effetto di vedere neutralizzato il soddisfacimento dei propri diritti di credito.

Infine, si assume che il trattamento di favore riservato all'esattore, risolventesi in una forma di autotutela, condurrebbe a porre i cittadini in genere, in condizioni di inferiorità, perché privati della garanzia loro derivante dall'espletamento dell'ordinario procedimento concorsuale, con violazione dell'art. 3 della Costituzione.

La questione, in tutti gli aspetti sotto cui é presentata, non é da ritenersi fondata.

2. - L'esecuzione cosiddetta esattoriale é già stata più volte espressamente considerata da questa Corte (sentenze n. 87 del 1962; n. 83 del 1966; n. 115 del 1967) come un procedimento particolare, che si conforma, sia pure accentuandolo, al principio della esecutorietà degli atti amministrativi: e l'intervento direzionale del giudice pretorile ne significa e garantisce la giurisdizionalità.

L'art. 205 in esame ripete, perfezionandola, la formula adottata fin dal precedente testo unico n. 1401 (art. 65) e si pone dietro la scia di principi basilari, ai quali é estraneo il dubbio di una arbitraria sottrazione di competenza alla ordinaria sede concorsuale.

In particolare, la precitata sentenza n. 115 del 1967 ha fatto applicazione di quei principi nel caso di rapporti tra esecuzione esattoriale e procedura concorsuale fallimentare (art. 206 t.u.).

Va, conseguentemente, esclusa la non corrispondenza della norma in esame al principio che garantisce il rispetto del giudice naturale, inteso, secondo comune interpretazione, quale giudice precostituito per legge; ciò in quanto, nel caso, l'intervento e la sede dell'organo giurisdizionale risultano istituiti dalla legge in base a criteri generali fissati in anticipo e non già "a posteriori", in vista di singole controversie.

3. - Quanto é detto al numero precedente, vale anche come premessa per escludere che l'art. 205 in esame contrasti con l'art. 24 della Costituzione.

Questa Corte, con la seconda delle citate sentenze (la n. 83 del 1966) ha già esaminato a fondo il problema della compatibilità dell'esecuzione esattoriale immobiliare con i diritti di azione e di difesa garantiti costituzionalmente, concludendo che questa garanzia debba riconoscersi operante, ove la si inquadri nel sistema della legge speciale, volto a tutelare il preminente interesse della pubblica finanza mediante strumenti (atti amministrativi) dei quali é sempre ammissibile contestare la legittimità ai sensi dell'art. 113 della Costituzione.

Non sussistono né vengono qui prospettati validi motivi che possano sorreggere diversa decisione.

L'ordinanza di rinvio dà, bensì, rilievo al fatto che, secondo l'art. 205 in questione, il creditore procedente o il debitore vengono ad essere sottoposti alla rigorosa alternativa di pagare subito all'esattore l'importo del suo credito, ovvero di sottostare alla surroga.

Tuttavia, siffatta situazione, a parte quanto si é detto, in generale, circa la razionalità del sistema, non impone ma lascia al creditore procedente o al debitore, la scelta volontaria tra le due soluzioni, secondo i propri calcoli di convenienza.

Qualora, a seguito del mancato soddisfacimento, l'esattore eserciti il diritto di surroga, proseguendo negli atti esecutivi già iniziati, perverrà ad ottenere il pagamento della somma a condizione che "nell'esecuzione non siano intervenuti altri creditori aventi diritto di prelazione prevalente o concorrente" (artt. 205 e 239 t.u.). Il diritto di intervento e di partecipazione di tutti i creditori del contribuente nella procedura davanti al pretore per concorrere alla distribuzione del prezzo, basta per escludere che il sistema ponga l'esattore in tale condizione di arbitraria supremazia da compromettere la difesa di privati interessi.

Inoltre, la eventualità, quando il terzo incanto abbia avuto esito negativo, che l'immobile sia devoluto di diritto allo Stato per la minor somma tra il prezzo base e l'ammontare della imposta (art. 238 t.u.) non é tale da compromettere irrazionalmente la tutela dei diritti del creditore istante, come, invece, prospetta l'ordinanza di rinvio.

La norma predetta, al pari delle altre del sistema, risponde alla immanente finalità di ovviare al pericolo di lunghe dilazioni nella riscossione delle imposte, che deriverebbe dalla applicazione della legge ordinaria (art. 591 c.p.c.) con la possibilità di moltiplicazione degli incanti, a prezzo base estremamente ridotto, a tutto vantaggio dell'eventuale acquirente più che dei singoli creditori.

4. - Infine, nemmeno é fondata la questione, prospettata in relazione all'osservanza del principio di eguaglianza di cui all'art. 3 della Costituzione. Questo principio, invero, é applicabile quando vi sia omogeneità di situazioni da regolare legislativamente in modo unitario e coerente, non quando si tratti di situazioni che, pur derivanti da basi comuni, differiscano tra loro per aspetti distintivi particolari: come nel caso in esame, caratterizzato dalla finalità di natura pubblicistica di agevolare la sollecita riscossione dei tributi erariali.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 205 del testo unico delle leggi sulle imposte dirette (decreto del Presidente della Repubblica 29 gennaio 1958, n. 645) sollevata con l'ordinanza di cui in epigrafe dal pretore di Modena in riferimento agli artt. 24, 25 prima parte, e 3 della Costituzione.

 

Così deciso in Roma, nella seGiuseppe BRANCA  -  Michele FRAGALI  -  Costantino MORTATI  -  Giuseppe CHIARELLI  -  Giuseppe VERZÌ  -  Giovanni BATTISTA BENEDETTI  -  Francesco PAOLO BONIFACIO  -  Luigi OGGIONI  -  Angelo DE MARCO  -  Ercole ROCCHETTI  -  Enzo CAPALOZZA  -  Vezio CRISAFULLI  -  Nicola REALE  -  Paolo ROSSI

 

de della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 4 giugno 1970.

 

Depositata in cancelleria il 16 giugno 1970.