Sentenza n. 20 del 1970
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SENTENZA N. 20

ANNO 1970

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Prof. Giuseppe BRANCA, Presidente

Prof. Michele FRAGALI

Prof. Costantino MORTATI

Prof. Giuseppe CHIARELLI

Dott. Giuseppe VERZÌ

Dott. Giovanni BATTISTA BENEDETTI

Prof. Francesco PAOLO BONIFACIO

Dott. Luigi OGGIONI

Dott. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo MICHELE TRIMARCHI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE

Prof. Paolo ROSSI

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale della legge approvata dall'Assemblea regionale siciliana il 10 dicembre 1969, recante "Provvedimenti eccezionali per la riconsegna ai proprietari dei terreni occupati per rimboschimento ricadenti nel comprensorio dei Nebrodi", promosso con ricorso del Commissario dello Stato per la Regione siciliana, notificato il 18 dicembre 1969, depositato in cancelleria il 27 successivo ed iscritto al n. 16 del registro ricorsi 1969.

Visto l'atto di costituzione del Presidente della Regione siciliana;

udito nell'udienza pubblica del 28 gennaio 1970 il Giudice relatore - Michele Fragali;

uditi il sostituto avvocato generale dello Stato Michele Savarese, per il ricorrente, e l'avv. Salvatore Orlando Cascio, per la Regione siciliana.

 

Ritenuto in fatto

 

1. Una legge approvata il 1 dicembre 1969 dall'Assemblea regionale siciliana ha disposto provvedimenti eccezionali per la riconsegna ai proprietari dei terreni occupati per rimboschimento ricadenti nel comprensorio dei Nebrodi: - si autorizza tale riconsegna con formalità semplificata ancorché gli impianti boschivi non presentino i requisiti di redditività stabiliti dall'art. 50 della legge forestale 30 dicembre 1923, n. 3267; nei terreni restituiti può essere consentito il pascolo con esclusione dei caprini e dei suini per un periodo massimo di cinque anni; le utilizzazioni dei boschi vengono differite di un quinquennio; vi vengono limitati, per un quinquennio, nuovi interventi da progettare ed attuare per la difesa e la conservazione del suolo; allo scadere del quinquennio, od anche prima, in relazione al permanere o meno di motivi di ordine economico-sociale che hanno determinato i provvedimenti suddetti, l'assessore regionale potrà disporre la rioccupazione dei terreni medesimi ai fini del completamento dei provvedimenti di conservazione del suolo interrotti; per i terreni che formano oggetto di interventi in corso di attuazione, i lavori vengono chiusi é collaudati. La ragione della legge é indicata nell'art. 1: fronteggiare le ricorrenti crisi che, nell'ambito predetto, travagliano il settore armentizio a causa della carenza di pascoli in concomitanza con la persistente siccità.

2. - Il Commissario dello Stato il 18 dicembre 1969 ha impugnato tale legge.

Ha motivato l'impugnazione con il fatto che la difesa e la conservazione del suolo é tra i cardini fondamentali della programmazione di cui alla legge 27 luglio 1967, n. 685, per il quinquennio 1966-1970; la quale ha disposto che gli interventi necessari siano attuati in stretto collegamento con gli interventi per la ristrutturazione dell'economia agricola e con il miglioramento delle infrastrutture, articolandosi in un insieme di azioni pubbliche, che interessano, a monte, la formazione del manto vegetale, e la sistemazione idraulico-agraria e forestale delle pendici. La pianificazione nazionale fa divenire legge di struttura quella forestale, la quale, a sua volta statuisce che il proprietario dei terreni rinsaldati e rimboschiti deve compiere le operazioni di governo boschivo in conformità al piano di coltura e di conservazione debitamente approvato; ed é da aggiungere, secondo il commissario, che la politica economica dello speciale settore si incentra in un programma di investimenti contemplato nell'art. 180 del testo unico delle leggi sul Mezzogiorno, approvato con D.P.R. 30 giugno 1967, n. 1523, che ha avuto attuazione con interventi della Cassa a difesa di due dighe site nel comprensorio cui si riferisce la legge denunziata.

La competenza regionale in materia di agricoltura e foreste non può pregiudicare le riforme agrarie ed industriali, e la Corte costituzionale, da un lato, considera riforme anche i più Importanti interventi statali nel campo economico e, dall'altro, fa rientrare nella competenza riservata allo Stato anche le misure esecutive degli interventi stessi: il richiamo alla potestà legislativa esclusiva non può superare il generale limite dell'interesse generale, necessariamente impostato su fondamento unitario. La legge di cui si discute é in netto contrasto con i criteri, le prescrizioni e gli obblighi che regolano tassativamente il regime vincolistico dei terreni montani sottoposti alla tutela dello Stato ai fini del rimboschimento, e, nel contempo, elude e vanifica le finalità primarie che lo Stato persegue per la difesa del suolo, per la conservazione e per l'incremento del patrimonio boschivo, nel quadro dei piani deliberati e degli interventi attuati. Ogni iniziativa settoriale della Regione deve muoversi entro la cornice delle leggi fondamentali dello Stato che regolano la materia e deve armonizzarsi é coordinarsi con i piani statali.

3. - La Regione, nelle sue deduzioni 5 gennaio 1970, osserva che il Commissario dello Stato non ha dato il dovuto rilievo, né all'eccezionalità ed alla temporaneità dei provvedimenti adottati con la legge in esame, né al gravissimo problema economico e sociale che l'Assemblea regionale ha dovuto affrontare per risolvere.

La legge forestale non é una legge costituzionale; determina semmai principi generali, che la Regione non é tenuta a rispettare nelle materie di sua competenza esclusiva. Comunque questi principi sono stati rispettati nella legge denunziata, la quale dispone provvedimenti che, in base a quella forestale, avrebbero potuto essere adottati in via amministrativa: essa ha, in sostanza, sospeso per cinque anni l'attività di rimboschimento soltanto in quei terreni la cui restituzione venisse richiesta dai proprietari e venisse consentita dalla pubblica amministrazione. Non sono venuti meno gli altri vincoli che sono maggiormente rilevanti per tale difesa: adibire il terreno ad uso agrario, limitare il pascolo ai soli ovini e bovini, non discerbare, non arare ecc.; mentre il rimboschimento serve soltanto a meglio garantire quella difesa. E, del resto, é prevista la possibilità di una restituzione dei terreni anche prima dei cinque anni, non appena superata l'attuale crisi armentizia, o nell'ipotesi in cui l'utilizzazione del terreno si palesasse contrastante con la difesa del suolo.

Quanto alla legge sulla programmazione 27 luglio 1967, n. 685, essa ha lasciato salve le competenze e i diritti costituzionali delle regioni (art. 3); non é legge precettiva ma intende porre orientamenti per le future leggi, perché spetta al Parlamento di determinare l'indirizzo politico e gli orientamenti generali del programma e di approvare il programma definitivo (n. 20 programma). Potrebbe individuare l'interesse nazionale, con il quale non potrebbero essere in contrasto le leggi regionali; ma essa pone tra i suoi compiti, oltre che la difesa del suolo, l'accelerazione del ritmo di sviluppo della produzione agricola, compresa la produzione armentizia, e deve rappresentare un quadro di riferimento adattabile alla realtà economica in movimento. La legge regionale sospende temporaneamente l'attività di rimboschimento, non strettamente necessaria alla difesa del suolo, per provvedere ad altra urgente, pressante ed indilazionabile necessità sociale, cioè per evitare la sicura morte di centinaia di migliaia di capi di bestiame; essa non rende vani gli interventi della Cassa per il Mezzogiorno, che possono essere utilizzati, oltre che per il rinsaldamento dei terreni non restituiti, anche per il rimboschimento dei terreni della zona; la Regione infine non restituisce i terreni il cui rimboschimento é a protezione di quelle due dighe alle quali si riferisce il Commissario dello Stato.

4. - Il Commissario predetto ha replicato alle deduzioni regionali, anzitutto opponendo che la Regione non ha alcuna competenza nella materia della difesa del suolo: le sue attribuzioni in materia di foreste vanno definite, non in senso nominalistico, ma attraverso l'esame del contenuto sostanziale della materia stessa. La legge impugnata ha dato alla materia delle foreste una capacità espansiva molto più ampia di quella effettiva, la quale non può comprendere anche le opere forestali di consolidamento e di difesa del suolo, che attengono al territorio stesso della Repubblica, geologicamente inteso, e come presupposto fisico di ogni altra sovrastruttura e delle stesse istituzioni, che riguardano anche le difese dal mare e dai fiumi, che impegnano l'esecuzione di grandi opere pubbliche di interesse prevalentemente nazionale escluse dalla competenza statutaria siciliana, che tendono a prevenire le calamità naturali, materia anche essa di competenza esclusiva dello Stato. Così intesa, la competenza regionale in materia di foreste non si svuota di contenuto perché rimane per tutto ciò che non si riferisce alla conservazione e difesa del suolo. Che la legge regionale esorbiti dalla materia di sua competenza si desume dal fatto che essa, prevedendo l'interruzione e la chiusura dei lavori in corso sacrifica le già riconosciute necessità dei lavori stessi alla minore rilevanza delle esigenze del pascolo; si argomenta dal fatto che la sospensione per cinque anni delle opere di rimboschimento, impinge, in posizione di contrapposizione frontale, sulle necessità di conservazione e di difesa del suolo.

Comunque, per il caso in cui si decidesse che la materia delle foreste comprende anche quella di consolidamento e di difesa del suolo, il Commissario dello Stato ribadisce la necessità di armonizzare e coordinare la competenza regionale con la normativa statale derivante dalle indicazioni del programma economico nazionale e dagli interessi generali dello Stato. La riserva fatta dalla legge di programmazione a favore delle competenze e dei diritti costituzionali delle regioni riguarda le modalità e le procedure di programma, non il contenuto sostanziale di tale programma, il quale può essere pregiudicato senza la fase di coordinamento che dovrà essere disciplinata dalle leggi di attuazione: così ha deciso la Corte costituzionale a proposito del piano generale degli acquedotti. Il capitolo XIII del piano di cui alla legge del 1967 attribuisce alla difesa ed alla conservazione del suolo un particolare preminente rilievo, ed é noto come sia attualmente all'opera presso il Ministero dei lavori pubblici una commissione che ha il compito d'indicare le direttrici di intervento nei vari settori. L'approvazione della legge impugnata non é stata preceduta da alcuna consultazione con gli organi dello Stato preposti all'attuazione del programma.

5. - All'udienza del 28 gennaio 1970 i difensori delle parti hanno illustrato e ribadito le proprie tesi.

 

Considerato in diritto

 

1. - Il Commissario dello Stato afferma che la materia della legge impugnata, e cioè il consolidamento e la difesa del suolo, é a sé stante, e non può comprendersi in quella dell'agricoltura e foreste, assegnata statutariamente alla potestà esclusiva della Regione siciliana.

L'oggetto immediato della legge predetta é però il modo di utilizzazione del patrimonio agricolo e forestale; la difesa e la conservazione del suolo vengono tenute presenti ai fini di una proporzionata considerazione delle loro esigenze in confronto con quelle dell'allevamento del bestiame. A sua volta, la legge forestale, cui quella in esame si inserisce, pone la difesa e la conservazione del suolo fra gli scopi che essa si ripromette di realizzare dando regola al godimento di quel patrimonio; e questi scopi non possono formare materia obiettivamente autonoma, in base agli orientamenti di questa Corte, per cui la competenza regionale non va intesa nel senso finalistico (v. da ultimo sentenza 23 giugno 1965 n. 72). É la materia di incidenza immediata che delimita la competenza statale e quella regionale, non la materia segnata dal risultato da conseguire.

Comunque l'esclusione dalla materia forestale dei compiti di conservazione del suolo, mentre non corrisponde all'inscindibilità fra il regime dei fondi, dei boschi e delle foreste, da un lato, e le esigenze di conservazione del suolo, dall'altro, non concorda con la valutazione della situazione odierna dei rapporti fra la Regione e lo Stato, formatasi nell'applicazione concreta dello Statuto regionale e delle sue Norme di attuazione: la Regione ha, per ben due volte, apportato modificazioni alla legge forestale (legge 10 aprile 1951, n. 15 e legge 15 luglio 1966, n. 17), e lo Stato non ha prodotto impugnazioni; nemmeno ha prodotto impugnazione alla legge siciliana 29 dicembre 1962, n. 28, che attribuì all'assessorato regionale per l'agricoltura e le foreste la materia in discussione. Il Commissario poi non allega che lo Stato in Sicilia ha continuato effettivamente nell'esercizio di una sua competenza per quel che attiene alla difesa e al consolidamento del suolo regionale. Tutto ciò, se non può certo implicare di per sé spostamenti di competenze costituzionali, certo non depone a favore dell'assunto del carattere unitario della materia forestale con riguardo alla Sicilia, e della conseguente necessità di una sua gestione da parte dello Stato: la legge forestale ha potuto essere attuata nell'isola senza ingerenza tecnica ed amministrativa dello Stato, avendo riguardo unicamente a situazioni locali apprezzabili in modo autonomo, sulla base di determinazioni adottate dagli ispettori forestali e dalle camere di commercio come organi della Regione, e mediante l'esercizio da parte dell'assessorato della Regione delle competenze spettanti al Ministro per l'agricoltura, passate in virtù dell'art. 1 del decreto legislativo 7 maggio 1948, n. 748. Il quale trasferì alla Regione competenze e uffici attinenti alla materia forestale; cosicché lo Stato non ha più localmente alcun suo organo, e la Regione ha potuto assommare tutte le competenzé statali, senza che il loro esercizio abbia mai dato luogo a motivi di pregiudizio alle finalità della legge forestale.

Si può, del resto, rilevare che quest'ultima rimette alle autorità del luogo la determinazione di prescrizioni di massima, con riguardo alla situazione idrogeologica delle singole zone; e queste prescrizioni si inquadrano nelle linee delle 'determinazioni statali di ordine generale per attingervi esperienze tecniche, che non possono non costituire vincolo alla discrezionalità amministrativa. Né si può del tutto escludere il potere dello Stato di intervento a salvaguardia di quelle esigenze di carattere unitario che, in ipotesi, potessero affiorare, anche con riguardo alla Regione siciliana, come si dirà in seguito.

2. - Il Commissario dello Stato indica l'esistenza di prospettive di azioni statali, ed assume che la legge forestale si colloca nel contesto della pianificazione nazionale del settore come legge di struttura: ed é per decidere su questo punto che deve prendersi in esame quella parte del ricorso del Commissario dello Stato, nella quale si sostiene che la legge 27 luglio 1967, n. 685, che approva il programma economico nazionale per il quinquennio 1966-1970, ha posto l'obiettivo specifico di una organica impostazione del problema della difesa e della conservazione del suolo, così da spostare la discussione, dalla esistenza di una competenza regionale in ordine alla conservazione e alla difesa del suolo, alla riserva statale che copre la materia della programmazione generale.

L'art. 3 della legge predetta però rinvia a leggi speciali le modalità e le procedure del piano, nel rispetto delle competenze e dei diritti costituzionali delle regioni; e ciò in conformità alla sentenza di questa Corte 24 gennaio 1964, n. 4, per cui la competenza statale in materia di programmazione economica non può essere così assorbente da limitare la competenza regionale e comprometterne l'autonomia. Ora questa competenza non può sospendersi nell'attesa della determinazione del modo dell'inserimento delle regioni nel quadro della programmazione e delle deliberazioni degli organi di tale programmazione, in una fattispecie, come quella in esame, in cui la Sicilia denunzia uno stato di depressione economico sociale che reclamerebbe urgenti provvedimenti.

Il Commissario dello Stato non contesta la ricorrenza di crisi, così come descritta nell'art. 1 della legge impugnata; non discute il bisogno di interventi legislativi indifferibili per porvi riparo; non disconosce che v'é relazione di necessità fra la situazione determinatasi nei pascoli dei Nebrodi e i rimedi apprestati dalla legge impugnata, quindi che i mezzi adottati sono razionalmente coerenti al fine; non discute nemmeno la congruità del periodo massimo entro cui può operare la legge regionale. Non é, ad ogni modo, sostenibile che questa si contrapponga e possa contrapporsi ad un piano programmatico: essa statuisce, per gli ispettori forestali, per i consorzi di bonifica o per l'ente di sviluppo agricolo, non l'obbligo indiscriminato di procedere a quella riconsegna che, secondo la Regione, é suscettibile di soddisfare ai bisogni indicati dalla legge. A quegli organi essa dà semplicemente una competenza amministrativa, la quale non può esplicarsi senza il rispetto di tutti gli interessi in giuoco. Altrimenti detto, la legge in esame non vuole una sua uniforme applicazione, ma un'applicazione che permetta la rilevazione, l'apprezzamento e la composizione di tutti gli interessi in contrasto: le linee del piano generale, pur nella sua formulazione attuale, le esigenze delle singole zone in quanto siano tali da rendere necessario dare preferenza alla protezione del suolo, la possibilità di soddisfare diversamente, in una data zona, gli interessi dell'allevamento armentizio, sono tutti elementi che gli organi competenti non possono né debbono prescindere dal porre in raffronto e da considerare in contemperamento reciproco.

La legge presuppone una priorità dei bisogni del pascolo sulla base di valutazione astratta, ma tale valutazione deve verificarsi in concreto, ad evitare che la collettività abbia a soffrire danni più gravi di quelli cui la Regione vuole ovviare. Questa interpretazione é sostanzialmente proposta ed accettata dalla Regione quando le sue deduzioni ammettono che la sua legge non si applica nelle aree di intervento statale relative alle dighe Ancipa e Pozzillo e in quelle impegnate in opere di rinsaldamento; la Regione riconosce che la legge non tocca i vincoli idrogeologici di cui ai primi nove articoli della legge forestale, ed é chiaro che i provvedimenti di attuazione delle norme impugnate possono e debbono essere condizionati, quando sia anche solamente opportuno, all'osservanza di prescrizioni idonee ad evitare che la riconsegna trasmodi in effetti suscettibili di ledere quel proporzionato apprezzamento degli interessi del suolo e del pascolo di cui si é già detto. Non é nemmeno inutile rilevare che i provvedimenti di riconsegna debbono essere promossi dai proprietari dei terreni; in modo che la legge regionale pone in confronto, oltre che l'interesse pubblico alla protezione del suolo, pure quello privato alla conservazione della consistenza attuale del singolo fondo.

Anche prima del quinquennio di durata delle misure eccezionali da essa consentite, se vengono meno i motivi di ordine economico-sociale che l'hanno determinato, l'assessore potrà disporre la rioccupazione dei terreni consegnati (art. 5). Pure qui la discrezionalità sollecitata dalla legge per porre un limite temporale alle riconsegne é essenzialmente tecnica; e dovrà essere esercitata pur quando sopravvengano provvedimenti di programmazione generale diretti a rimediare alla situazione denunciata nel primo articolo della legge. É infatti generico il rinvio ai motivi di ordine economico- sociale che l'art. 5 predetto ritiene idonei a ridurre la durata della riconsegna; e perciò esso dà altresì rilievo alle misure successive alla legge, che siano elaborate in sede di programmazione, e che, riferendosi comunque alla situazione eccezionale denunziata dalla Regione, rendano incompatibili quelle che la legge autorizza. La Regione ammette ancora che l'efficacia dei provvedimenti speciali possa farsi cessare anche quando possa ritenersi che le situazioni presupposte dalla legge regionale siano modificate da sopravvenienze tali da rendere opportuna la riattivazione dei lavori sospesi.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara non fondato il ricorso proposto il 18 dicembre 1969 dal Commissario dello Stato per la Regione siciliana avverso la legge approvata dall'Assemblea regionale il 10 dicembre 1969, recante provvedimenti eccezionali per la riconsegna ai proprietari dei terreni occupati per rimboschimento, ricadenti nel comprensorio dei Nebrodi.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'11 febbraio 1970.

Giuseppe BRANCA  -  Michele FRAGALI  -  Costantino MORTATI  -  Giuseppe CHIARELLI  -  Giuseppe VERZÌ  -  Giovanni BATTISTA BENEDETTI  -  Francesco PAOLO BONIFACIO  -  Luigi OGGIONI  -  Angelo DE MARCO  -  Ercole ROCCHETTI  -  Enzo CAPALOZZA  -  Vincenzo MICHELE TRIMARCHI  -  Vezio CRISAFULLI  -  Nicola REALE  -  Paolo ROSSI

 

Depositata in cancelleria il 18 febbraio 1970.