Sentenza n. 136 del 1968
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SENTENZA N. 136

ANNO 1968

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Prof. Aldo SANDULLI, Presidente

Prof. Giuseppe BRANCA

Prof. Michele FRAGALI

Prof. Costantino MORTATI

Prof. Giuseppe CHIARELLI

Dott. Giuseppe VERZÌ

Dott. Giovanni Battista BENEDETTI

Prof. Francesco Paolo BONIFACIO

Dott. Luigi OGGIONI

Dott. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE, 

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 94 e 98 del Codice di procedura penale, promosso con ordinanza emessa il 14 giugno 1967 dal pretore di Livorno nel procedimento penale a carico di Bianchi Daniela, iscritta al n. 196 del registro ordinanze 1967 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 271 del 28 ottobre 1967.

Visto l'atto d'intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri;

udita nell'udienza pubblica del 23 ottobre 1968 la relazione del Giudice Vincenzo Michele Trimarchi;

udito il sostituto avvocato generale dello Stato Franco Casamassima, per il Presidente del Consiglio dei Ministri.

 

Ritenuto in fatto

 

1. - Nel procedimento penale, con istruzione sommaria, iniziato dal pretore di Livorno a carico di Daniela Bianchi per il reato di lesioni colpose che questa avrebbe commesso in occasione di un incidente stradale, nei confronti di Elio Citti, questi, persona offesa dal reato e querelante, si costituiva parte civile, nominando un proprio difensore di fiducia, e notificava copia del relativo atto alla Bianchi. Il pretore disponeva perizia medica del Citti, ma non ordinava che si procedesse agli avvisi prescritti dal combinato disposto degli artt. 389, ultimo comma, 392 e 304 ter del Codice di procedura penale perché riteneva rilevanti e non manifestamente infondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 98 del Codice di procedura penale, ed in subordine, e sotto un duplice profilo, dell'art. 94 del Codice di procedura penale, in relazione all'art. 91, comma primo, e all'art. 92, comma primo, stesso codice, in riferimento agli artt. 24 e 3 della Costituzione. E con ordinanza del 14 giugno 1967, sollevava formalmente codeste questioni.

2. - Ritenuto che dall'art. 98 del Codice di procedura penale "deve desumersi che l'imputato, nel procedimento pretorile con istruzione sommaria, non può fare opposizione alla costituzione di parte civile durante tale fase", il pretore ravvisava in questo divieto una "grave violazione del diritto di difesa dell'imputato (inteso, nella specie, come diritto a dedurre vizi di forma o di sostanza contro l'avvenuta costituzione)" garantito dall'art. 24 della Carta costituzionale.

In particolare, secondo il pretore, la facoltà di opporsi alla costituzione di parte civile costituisce un aspetto preminente del diritto di difesa dell'imputato sia in relazione agli aspetti civilistici che vengono introdotti nel processo penale sia in relazione agli effetti che ne possono derivare sul piano strettamente penalistico. Con la costituzione di parte civile, infatti, accanto all'accusa pubblica, entra in causa un soggetto, parimenti interessato contro l'imputato sia a sostenerne e a dimostrarne la responsabilità (ai fini dell'an debeatur), sia a dedurre e a dimostrare il quantum debeatur. Codesto soggetto, da un canto coadiuva, seppure a fini propri, la funzione della accusa pubblica e si pone contro l'imputato come contraddittore, e dall'altro si presenta come elemento di notevole, ma legittimo, disturbo di un bene pubblico, rappresentato dal diritto dell'imputato, e di tutti, al sollecito svolgimento del processo penale. D'altronde alla parte civile, pur nella fase istruttoria, competono un autonomo e specifico potere di iniziativa e di stimolo processuale e una serie di poteri di interferenza, il cui rispetto comporta un appesantimento procedurale. Sin da quella fase, per tanto, viene contrastata e può essere sensibilmente pregiudicata la posizione processuale dell'imputato. Da ciò deriva l'interesse dell'imputato ad opporsi alla costituzione di parte civile e cioè a negare in radice l'anzidetta serie di poteri.

Per il pretore, non varrebbe, in contrario, opporre la qualifica di precarietà o provvisorietà che spetta, durante la fase istruttoria, alla costituzione di parte civile e alla decisione sulla eventuale opposizione, quale deve intendersi strutturalmente delineata dal codice di rito con i commi sesto e settimo dell'art. 97.

Non potrebbe, del pari, efficacemente sostenersi l'argomento che si volesse desumere dai commi quarto e quinto dell'art. 97 del Codice di procedura penale, circa un preteso scarso rilievo da darsi in sede istruttoria all'opposizione, stante la possibilità di differire la decisione su di essa ad altro momento dell'istruzione formale, o, addirittura, al dibattimento.

Non potrebbe, altresì, opporsi che valida garanzia per l'imputato, anche nella fase dell'istruzione sommaria pretorile, sia il disposto dell'art. 99 del Codice di procedura penale, per il quale la costituzione di parte civile può essere dichiarata inammissibile anche di ufficio in qualsiasi stato del procedimento di primo grado.

Ed infine non si potrebbe sostenere che la peculiare struttura della sommaria giustifichi il divieto di opposizione.

3. - Ad avviso del giudice a quo, il divieto per l'imputato di far sentire formalmente la sua voce durante l'istruzione sommaria pretorile, in difesa di quegli interessi che la parte civile mira a pregiudicare, contrasta anche con l'art. 3 della Costituzione, tenuto conto dei diritti che, al riguardo, spettano all'imputato nell'istruzione formale. Non é da pensare, infatti, che l'istruzione sommaria nei procedimenti per reati di competenza del pretore si profili in situazioni diverse (reati di minore importanza) da quelle in cui si inserisce l'istruttoria formale. Basti, infatti, considerare, tra l'altro, che per motivi di connessione con un qualsiasi reato di competenza superiore (e tali motivi, in certi casi, non potrebbero da soli comportare una diversità di situazioni), un reato di competenza del pretore meriterebbe anche per sé solo (stante il disposto dell'art. 46, ultimo comma, del Codice di procedura penale) il procedimento con rito formale (con la conseguente spettanza del diritto di opposizione). Tutto ciò porta ad una evidente e incostituzionale disparità di trattamento tra chi é perseguito dal pretore e chi da un giudice di competenza superiore, anche per uno stesso reato.

4. - In linea subordinata il pretore di Livorno proponeva il problema sotto il profilo dell'interpretazione dell'articolo 94 del Codice di procedura penale. Se, infatti, codesta norma, contro l'orientamento di giurisprudenza e dottrina, dovesse interpretarsi nel senso che l'offeso dal reato può costituirsi parte civile nel corso della sommaria pretorile, ma non é titolare di alcuno dei poteri propri della parte civile, allora la norma, anche in relazione all'art. 91 del Codice di procedura penale, sarebbe in contrasto con l'art. 24, comma primo, della Costituzione per violazione del diritto di azione e si avrebbe un'ingiustificata disparità di trattamento per la parte civile a seconda del tipo di istruzione. Interpretandosi, invece, la norma del senso corrente, anche in rapporto all'art. 92 del Codice di procedura penale, sarebbe violato il diritto di difesa dell'imputato perché alla costituzione di parte civile, con tutti i poteri e le facoltà che ne derivano, si contrapporrebbe l'impossibilità per l'imputato d'opporsi.

5. - Affrontando da ultimo il problema della rilevanza della sollevata questione, il pretore osservava che la rituale instaurazione del contraddittorio fra le parti costituisce premessa essenziale di qualsiasi procedimento e che, nella specie, all'accertamento peritale (assolutamente necessario ai fini della decisione e per ciò disposto) non può procedersi senza il preventivo avviso ai difensori delle parti legittimamente in causa, e nel processo de quo tra queste non rientrerebbe il Citti, qualora dovesse essere dichiarata l'illegittimità costituzionale dell'art. 98 del Codice di procedura penale e sino a quando, conseguentemente, non fosse consentito all'imputato di opporsi alla costituzione della parte civile (rendendosi applicabile a sensi dell'art. 392, comma primo, del Codice di procedura penale, e con i prescritti adattamenti interpretativi, l'art. 97 del Codice di procedura penale).

6. - E pertanto, il pretore di Livorno, con l'anzidetta ordinanza, sollevava d'ufficio, in riferimento agli artt. 24 e 3 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale:

- dell'art. 98 del Codice di procedura penale in quanto con le parole "contro la costituzione della parte civile... avvenuta anteriormente può essere fatta opposizione al dibattimento", esclude che l'imputato, nel procedimento pretorile con istruzione sommaria, abbia il diritto di fare opposizione alla costituzione di parte civile durante la fase istruttoria sommaria;

- ovvero, in subordine, dell'art. 94 del Codice di procedura penale, in relazione all'art. 91, comma primo, dello stesso codice, in quanto, con le parole "nei procedimenti di competenza del pretore la dichiarazione é presentata nella cancelleria del giudice competente per il giudizio", impedisce che la parte civile (pur costituita in pendenza dell'istruzione sommaria) sia formalmente presente in giudizio durante la stessa istruzione, non attribuendole alcuno dei poteri di cui agli artt. 104, 304 bis, 304 ter, 304 quater e 323 e segg. del Codice di procedura penale;

- ovvero, in via più subordinata dello stesso art. 94 del Codice di procedura penale, in relazione all'art. 92, comma primo, dello stesso codice, in quanto, con le parole ora riportate, il detto art. 94 del Codice di procedura penale consente, durante l'istruzione sommaria pretorile, la formale presenza della parte civile con gli stessi diritti e poteri che ad essa spettano nel corso dell'istruzione formale, senza che l'imputato possa fare opposizione alla costituzione di parte civile.

7. - L'ordinanza, notificata e comunicata regolarmente, veniva pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 271 del 28 ottobre 1967.

Nel giudizio spiegava intervento il Presidente del Consiglio dei Ministri, con atto depositato il 17 novembre 1967 ed a mezzo dell'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che le sollevate questioni fossero dichiarate non fondate. L'art. 98 del Codice di procedura penale, infatti, non viola l'art. 24 della Costituzione perché la parte civile non si pone sullo stesso piano dell'accusa pubblica, coadiuvandone sia pure a fini propri la funzione e influendo sull'accertamento delle verità materiali cui tende il processo penale. La costituzione di parte civile concreta un tipico caso di intervento del titolare di un'azione nel processo ad essa pregiudiziale, e la ragione dell'istituto risiede in un interesse esclusivamente civilistico e non in una finalità pubblicistica (quale potrebbe essere quella di concorrere alla repressione del reato). E non rileva che in fatto la parte civile possa influire, o si ritiene che possa influire, sullo svolgimento del processo penale.

Il diritto per l'imputato d'opporsi alla costituzione di parte civile attiene alla sua posizione di eventuale obbligato verso la parte lesa dal reato. E dal disposto dell'art. 98 del Codice di procedura penale non viene limitato minimamente. Nessun impedimento é frapposto all'attività difensiva dell'imputato, e questi, difendendosi sul piano penale, si difende altresì su quello civile, che é subordinato, secondario ed eventuale rispetto al primo.

All'imputato non é precluso in alcun modo di contrastare la pretesa della parte civile, ed é assicurato che la decisione in ordine ad essa venga resa nel contraddittorio delle parti. Vi é solo una limitazione del diritto di sollevare immediatamente questioni concernenti la costituzione di parte civile, ma tale limitazione é temporanea e giustificata dal sistema, perché l'opposizione alla costituzione di parte civile é prevista nell'interesse generale della rapidità e sveltezza della procedura (come risulta, tra l'altro, dagli artt. 110, primo comma, 99, 97 e 98 del Codice di procedura penale e come é comprovato dal disposto dello stesso art. 100, comma secondo). Né può dirsi - osserva ancora l'Avvocatura dello Stato - che la parte civile si presenta come elemento di notevole disturbo del diritto dell'imputato e di tutti al sollecito svolgimento del processo e che l'esercizio dei poteri ad essa spettanti contrasta e può pregiudicare sensibilmente la posizione dell'imputato fin nella fase istruttoria. Siffatto disturbo, attesa l'officialità del processo penale, si pone esclusivamente su un piano di mero fatto e per ciò irrilevante; e qualora si dovesse pensare che la presenza della parte civile elimina le eventuali carenze del titolare dell'azione penale o del giudice, é da escludere che negligenze e manchevolezze di tal genere possano rientrare nella sfera del diritto di difesa dell'imputato.

É da considerare, infine, che il bene pubblico rilevante é non solo il diritto dell'imputato al sollecito svolgimento del processo, ma anche il diritto della parte lesa di vedersi risarciti i danni conseguenti al reato.

Circa la pretesa illegittimità costituzionale dell'art. 98 del Codice di procedura penale in riferimento all'art. 3 della Costituzione, l'Avvocatura dello Stato deduceva che la diversità della disciplina, nell'istruzione sommaria ed in quella formale, trae origine dalla diversità della situazione giuridica che le norme contemplano. I due riti rispondono ad esigenze differenti, e dipende dal fatto obiettivo rappresentato dal reato e dalle sue circostanze se l'imputato debba essere perseguito con il rito sommario o con quello formale. E nulla, infine, può ricavarsi, nel caso di connessione, dall'attrazione presso il giudice superiore anche del reato di competenza del giudice inferiore, perché l'imputato di detto reato si trova, nelle due ipotesi, in una situazione affatto diversa obiettivamente.

In ordine alle questioni, profilate subordinatamente e gradatamente nell'ordinanza, concernenti l'art. 94 del Codice di procedura penale, l'Avvocatura dello Stato osservava che la prima é priva di fondamento in quanto si presupponga che, nonostante la costituzione in pendenza dell'istruzione sommaria, la parte civile non abbia (o non possa esercitare) nessuno dei poteri ad essa conferiti dalla legge nella fase istruttoria, e ciò perché la dottrina, la giurisprudenza, la prassi e la logica negano ogni validità a detta interpretazione, ed é del pari infondata la seconda questione, in quanto si presupponga che la parte civile possa durante l'istruzione sommaria esercitare quei poteri e l'imputato non abbia il potere di proporre opposizione, e ciò perché, in tal caso, soccorrono decisamente gli argomenti sopra riportati e sufficienti a dimostrare l'infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 98 del Codice di procedura penale (della quale quella ora indicata rappresenta un semplice corollario).

 

Considerato in diritto

 

1. - La sollevata questione di legittimità costituzionale dell'art. 98, comma primo, del Codice di procedura penale in riferimento agli artt. 24, comma secondo, e 3 della Costituzione non risulta fondata.

Con le parole: "contro la costituzione della parte civile avvenuta durante le formalità di apertura del dibattimento o anteriormente può essere fatta opposizione nel dibattimento", il legislatore esclude che l'imputato durante l'istruzione sommaria pretorile possa proporre opposizione contro la costituzione della parte civile avvenuta durante la stessa fase. E tale divieto non comporta alcuna violazione del diritto di difesa dell'imputato.

Codesto diritto va considerato nella sua interezza e non può essere valutato solo con riferimento a specifiche articolazioni o a particolari modi di essere. Nel processo penale la difesa per l'imputato si sostanzia nella possibilità allo stesso riconosciuta di contrastare l'accusa pubblica al fine di ottenere una pronuncia di proscioglimento con la formula più ampia e, qualora dal reato ascrittogli sia ipotizzabile la derivazione di un danno, di insussistenza dei relativi presupposti soggettivi ed oggettivi.

Anche a volersi riportare a siffatto contenuto (che é il più ampio possibile) del diritto di difesa, non ricorre l'assenta violazione di esso a causa del detto disposto dell'art. 98, comma primo del Codice di procedura penale.

Tenuto conto della struttura dell'istruzione sommaria (e che, nella specie, il processo si é svolto davanti al pretore con istruzione sommaria) e delle garanzie in essa spettanti all'imputato, deve riconoscersi che sostanzialmente il diritto di difesa dell'imputato, in generale, non é negato nella sua titolarità, né compresso nel suo contenuto o ostacolato nel suo esercizio.

Con l'ordinanza di rimessione, invece, si assume che quel diritto sarebbe gravemente violato per ciò che di esso costituisce aspetto preminente la facoltà di opporsi alla costituzione di parte civile e cioè di "dedurre vizi di forma o di sostanza contro l'avvenuta costituzione".

Ma anche valutando il problema sotto questo specifico profilo, non pare che si debba pervenire a diversa conclusione.

Con la costituzione di parte civile, il soggetto (che si ritiene) danneggiato dal reato opera una scelta di fronte alle possibilità offertegli dal legislatore, di esercitare l'azione civile davanti al giudice civile ovvero nel procedimento penale. Perché la costituzione diventi efficace, alla presentazione della relativa dichiarazione (nei modi ed entro i termini di cui agli artt. 93 e segg. del Codice di procedura penale) deve seguire la notificazione della stessa al pubblico ministero e all'imputato (art. 95) ed eventualmente al responsabile civile, sempre che la costituzione della parte civile non avvenga durante le formalità di apertura del dibattimento e quindi con la conoscenza o la conoscibilità da parte dei detti soggetti e specificamente dell'imputato.

L'esigenza di un regolare contraddittorio tra il soggetto danneggiato dal reato (costituitosi parte civile) e l'imputato (in quanto obbligato a risarcire il danno o tenuto alle restituzioni) é, a tal riguardo, certamente soddisfatta con la notificazione o con la conoscenza (o conoscibilità) della dichiarazione di costituzione della parte civile.

Instauratosi il contraddittorio, l'imputato é posto in grado, come si é detto, di difendersi.

E non rileva in senso contrario la disposizione posta a base della questione di legittimità costituzionale in esame.

Astrattamente, rientra nel diritto di difesa dell'imputato - soggetto obbligato sul terreno della responsabilità - la possibilità di contrastare l'esistenza delle condizioni e dei presupposti dell'azione e la fondatezza nel merito. Vi rientra, quindi, la facoltà di negare l'ammissibilità dell'azione, per vizi di forma o di sostanza della costituzione.

Sennonché il divieto di proporre codesta opposizione durante l'istruzione sommaria (pretorile), non costituisce, ad avviso di questa Corte, violazione del diritto di difesa dell'imputato. L'opposizione tende a provocare una pronuncia pregiudiziale del giudice sull'ammissibilità della costituzione. Sul terreno, poi, dell'esercizio dell'azione civile, codesta fase di giudizio (sull'ammissibilità) non trova riscontro nelle garanzie (ritenute sufficienti) per l'esercizio della stessa azione davanti al giudice civile. Ed infatti, se l'azione dovesse essere esercitata in sede civile, tale fase non sarebbe né prevista né possibile. Sopra codesto piano, non può dirsi che, a causa di quel limitato o temporaneo divieto, il diritto di difesa dell'imputato-obbligato sia violato. Non rileva in contrario che la opposizione é consentita durante la istruzione formale e nel dibattimento (immediatamente dopo compiute per la prima volta le formalità di apertura del dibattimento: art. 98, comma secondo), perché sul terreno dell'art. 24 non gioca il fatto che in altri casi la facoltà sia riconosciuta. Il legislatore ha ritenuto nell'ipotesi considerata di non dover ammettere l'opposizione (senza pregiudicare il diritto di difesa dell'imputato, nella sostanza), in ragione di diversità riportabili alle speciali caratteristiche dell'istruzione sommaria e pretorile.

Va considerato altresì che alla pronuncia pregiudiziale di inammissibilità si può pervenire anche su opposizione del P. M. (che, nella specie, però, é lo stesso pretore) o d'ufficio (art. 99 del Codice di procedura penale).

In ogni caso l'opposizione, proposta durante l'istruzione formale, impone al giudice di provvedere, e quindi, ove fosse ammessa durante l'istruzione sommaria, non potrebbe produrre effetti diversi.

A sensi dell'art. 98, ultimo comma, del Codice di procedura penale, infatti, il giudice decide con ordinanza senza ritardo, ma può differire la decisione ad un altro momento della istruzione; e può provvedere nel dibattimento, qualora, per il tempo in cui é proposta l'opposizione, la decisione su di essa ritarderebbe la chiusura della istruzione.

E perciò, in mancanza del divieto, il pretore non sarebbe necessariamente tenuto a decidere in ogni caso durante la istruzione.

Dalla doverosità in dipendenza dell'opposizione di provvedere normalmente durante l'istruzione, non può, pur sempre, farsi discendere l'assenta violazione del diritto di difesa, perché, anche se non é consentito sostenere che ricorra l'impossibilità per la parte civile di porre in essere validamente ed efficacemente attività processuali, fino a quando non intervenga tacitamente, implicitamente e espressamente la pronuncia di ammissione della costituzione della parte civile, il provvedimento di inammissibilità, se concesso, non escluderebbe la riproponibilità dell'opposizione nel dibattimento (art. 97, penultimo comma).

2. - Dall'esclusione dell'opposizione durante l'istruzione sommaria e pretorile si ricava che l'imputato sarebbe messo in condizione di non potere impedire il compimento durante l'istruzione stessa da parte del soggetto costituitosi parte civile di determinati atti, e precisamente e tra l'altro che la parte civile proponga (durante l'istruzione) mezzi di prova per accertare i fatti e determinare i danni (art. 104 del Codice di procedura penale); che si faccia assistere durante l'istruzione da un difensore (art. 24, comma secondo, del codice di procedura penale); che assista per mezzo del difensore e del consulente tecnico a quegli atti istruttori cui hanno diritto di presenziare il difensore ed il consulente tecnico dell'imputato (art. 304 bis), e che, infine, prenda visione in cancelleria tramite il difensore dei verbali relativi ad ogni atto istruttorio (artt. 304 quater, 320, 372, del Codice di procedura penale).

Ma non può dirsi che, solo perché la parte civile può durante l'istruzione sommaria compiere codesti atti, anche se la costituzione sia inammissibile e per ciò che non é stata dichiarata tale, sia violato il diritto di difesa dell'imputato, quando si consideri che alla possibilità per la parte civile di proporre mezzi di prova si contrappone il potere dell'imputato di contrastarne l'ammissione e che agli altri atti consentiti alla parte civile fanno riscontro gli stessi atti per l'imputato, e che comunque i mezzi istruttori proposti possono essere disposti d'ufficio, che durante l'espletamento di essi l'imputato può difendersi e che ad essi, sia pure su richiesta del P. M. (e nella specie, d'ufficio, dal pretore), può essere autorizzata ad assistere la persona offesa dal reato.

3. - Quando fin qui notato, rileva sul terreno civilistico.

Rileva altresì direttamente su quello penalistico e sotto il profilo delle implicazioni penalistiche dell'attività svolta in funzione della pronunzia sull'azione civile.

Non si può perciò ammettere come afferma l'ordinanza che la parte civile "stia sullo steso piano dell'accusa pubblica, coadiuvandone in certo senso la funzione" e per "l'accertamento della verità materiale". Dal punto di vista ora esaminato, la parte civile rimane tale anche se la sua attività in fatto pesa sul corso del procedimento penale e sul risultato dello stesso. Ma non é possibile ritenere che la parte civile disturbi il diritto dell'imputato e di tutti, al sollecito svolgimento del processo penale. La parte civile, infatti, ha una sua funzione nel processo penale come le altre parti e la sua presenza va giustificata sulla base dell'interesse che sta a fondamento dell'istituto. Esercitando la parte civile un'azione nel processo ad essa pregiudiziale, ne é evidente l'interesse, considerato dal legislatore meritevole di tutela, a che venga accertata la responsabilità, sotto i profili dell'an e del quantum debeatur. E codesto interesse non deve necessariamente cedere di fronte a quello relativo alla celerità del processo penale.

Si può dunque escludere che la posizione processuale dell'imputato, solo perché della costituzione di parte civile non possa essere pronunciata durante la istruzione l'eventuale inammissibilità, sia, sin da questa fase, sensibilmente (ed illegittimamente, se la costituzione fosse inammissibile) pregiudicata.

Comunque non bisogna trascurare che la peculiare struttura della istruzione sommaria giustifica il divieto d'opposizione. Pur considerando che con le sentenze nn. 11 e 52 del 1965 di questa Corte, per assicurare l'ampia e sicura garanzia del diritto di difesa dell'imputato e delle altre parti e la migliore osservanza del principio di eguaglianza, le differenze tra l'istruzione formale e quella sommaria si sono attenuate, questa riflette sempre l'esigenza di una maggiore snellezza e celerità, ed a tale esigenza obbedisce il divieto in esame, specie se si consideri che l'imputato a causa di esso non viene a subire alcun sostanziale pregiudizio.

4. - Deve ritenersi del pari infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 98 del Codice di procedura penale in riferimento all'art. 3 della Costituzione.

L'argomento addotto dal pretore e che si vuol trarre dalla mancanza di diversità circa le situazioni (reati) in cui si profilano l'istruttoria sommaria del pretore e quella formale, non regge fino a tanto che (e nonostante quanto sopra notato) permangono le due forme di istruzione che sono previste per reati e procedimenti di differente natura.

E ancor meno giova sostenere - come fa anche il pretore - che ciò sarebbe maggiormente evidente di fronte ad un reato di competenza del pretore, attratto, per connessione, nella competenza di un giudice superiore. Qui non c'é un trattamento differenziato in ordine ad uno stesso reato, ma un trattamento differente in ordine ad una situazione diversa e tale deve dirsi la situazione determinata dalla connessione che comporta anche per il reato attratto nella competenza del giudice superiore la disciplina propria del reato principale.

5. - Sul presupposto che, in base all'art. 94 del Codice di procedura penale, la persona danneggiata dal reato possa durante la istruzione sommaria costituirsi parte civile ma che non assuma potere alcuno per interferire nell'istruzione stessa, il pretore di Livorno ha, in subordine, prospettato la illegittimità costituzionale dì detto art. 94 del Codice di procedura penale in relazione all'art. 91, comma primo, dello stesso Codice, in riferimento all'art. 24, comma primo, della Costituzione, deducendo una lesione del diritto d'azione della parte civile e una conseguente disparità di trattamento tra parti civili nei procedimenti con istruzione formale e parti civili in quelli con istruzione sommaria.

Ma, come avverte lo stesso pretore, contro siffatta interpretazione dell'art. 94 sarebbero la dottrina, la giurisprudenza, la prassi e la logica. E per ciò non mette conto di ragionarne.

Restando invece valida l'altra interpretazione di detto art. 94 ed in armonia con quella operata nei confronti dell'art. 98 del Codice di procedura penale, e che, troverebbe riscontro nel disposto dell'art. 92, comma primo, del Codice di procedura penale per il pretore sarebbe non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 94 nella parte in cui prevede che la parte civile, durante l'istruzione sommaria del pretore, sia formalmente presente "con gli stessi diritti e poteri che ad essa spettano nel corso dell'istruzione formale".

Ma così argomentando, si torna praticamente a toccare ancora una volta il precetto, enucleato dall'art. 98 del Codice di procedura penale, in relazione al quale questa Corte ha ritenuto di dover dichiarare la conformità agli artt. 24 e 3 della Costituzione. E non rilevano diversi o più ampi profili meritevoli di autonoma considerazione e valutazione.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale, sollevate con ordinanza 14 giugno 1967 dal pretore di Livorno, dell'art. 98 del Codice di procedura penale, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, e dell'art. 94 del Codice di procedura penale, in riferimento all'art. 24 della Costituzione.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 17 dicembre 1968.

 

Aldo SANDULLI - Giuseppe BRANCA - Michele FRAGALI - Costantino MORTATI - Giuseppe CHIARELLI - Giuseppe VERZÌ - Giovanni Battista BENEDETTI - Francesco Paolo BONIFACIO - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI - Nicola REALE 

 

Depositata in cancelleria il 28 dicembre 1968.