Sentenza n. 11 del 1965
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SENTENZA N. 11

ANNO 1965

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Prof. GASPARE AMBROSINI, Presidente

Prof. GIUSEPPE CASTELLI AVOLIO

Prof. ANTONINO PAPALDO

Prof. NICOLA JAEGER

Prof. GIOVANNI CASSANDRO

Prof. BIAGIO PETROCELLI

Dott. ANTONIO MANCA

Prof. ALDO SANDULLI

Prof. GIUSEPPE BRANCA

Prof. MICHELE FRAGALI

Prof. COSTANTINO MORTATI

Prof. GIUSEPPE CHIARELLI

Dott. GIUSEPPE VERZÌ

Dott. GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI

Prof. FRANCESCO PAOLO BONIFACIO

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 392, primo comma, del Codice di procedura penale, promosso con ordinanza emessa il 7 aprile 1964 dal Tribunale di Varese nel procedimento penale a carico di De Aloé Guido, Pittino Roberto, Borin Giovanni ed altri, iscritta al n. 87 del Registro ordinanze 1964 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica, n. 157 del 27 giugno 1964.

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Pittino Roberto e Borin Giovanni;

udita nell'udienza pubblica del 20 gennaio 1965 la relazione del Giudice Biagio Petrocelli;

uditi gli avvocati Giovanni Conso e Giacomo Delitala, per Pittino e Borin.

 

Ritenuto in fatto

 

Nel corso del procedimento penale a carico di De Aloé Guido ed altri davanti al Tribunale di Varese, alla udienza del 7 aprile 1964 l'Avvocato distrettuale dello Stato, nell'interesse degli imputati Pittino Roberto e Borin Giovanni, avanzava una istanza nei termini seguenti: "chiede rimettersi gli atti alla Corte costituzionale affinché si pronunci sulla costituzionalità o meno delle norme che regolano la istruzione sommaria".

Il Tribunale, con ordinanza in pari data, sospese il giudizio e rimise gli atti alla Corte costituzionale.

L'ordinanza si riferisce alla disposizione dell'art. 392, primo comma, del Codice di procedura penale, secondo la quale nella istruzione sommaria si osservano le norme stabilite per l'istruzione formale "in quanto sono applicabili". Si rileva quindi che, secondo l'indirizzo largamente seguito dalla prevalente giurisprudenza, affermatasi con decisioni del supremo Collegio anche a Sezioni unite, gli artt. 304 bis, 304 ter e 304 quater del Codice di procedura penale, introdotti nel titolo della istruzione formale con la legge 18 giugno 1955, n. 517, e concernenti il primo gli atti istruttori ai quali possono assistere i difensori delle parti e gli altri due le relative modalità di avviso e di deposito, non sono ritenuti applicabili alla istruzione sommaria "in considerazione della diversità dell'organo che compie l'istruzione e delle caratteristiche delle due contrapposte istruttorie".

Ciò premesso, il Tribunale, dopo aver osservato che "il giudizio relativo alla legittimità costituzionale di una norma di legge presuppone che se ne dia l'interpretazione più esatta", esprime l'avviso che tale debba ritenersi la suddetta interpretazione delle citate norme; e rileva che, però, così fissata la portata di queste ultime, verrebbe a conseguire un diverso trattamento del diritto alla difesa, tutelato dall'art. 24, secondo comma, della Costituzione, a seconda del rito istruttorio di volta in volta prescelto. Onde - ad avviso del Tribunale - la non manifesta infondatezza della questione di legittimità del primo comma dell'art. 392, in relazione agli artt. 304 bis, 304 ter e 304 quater, in riferimento alla citata norma costituzionale.

L'ordinanza, regolarmente notificata e comunicata, é stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 157 del 27 giugno 1964. Si sono costituiti in giudizio il Pittino e il Borin, assistiti dagli avvocati Giacomo Delitala ed Ettore Gallo, con atto depositato nella cancelleria della Corte il 17 luglio 1964.

Nelle sue deduzioni la difesa rileva che la novella del 1955, introducendo nel titolo del Codice relativo alla istruzione formale le disposizioni degli artt. 304 bis, 304 ter e 304 quater, ha inteso adeguare l'ordinamento processuale al principio della inviolabilità del diritto di difesa sancito dal secondo comma dell'art. 24 della Costituzione: principio che, per la sua stessa formulazione generalissima e perentoria, appare insuscettibile di limitazioni a seconda del tipo o della forma del procedimento. Sicché, in particolare, non sarebbe possibile configurare diritti minori a favore della difesa nella istruzione sommaria, "la cui funzione processuale - si osserva - é perfettamente simmetrica a quella della istruzione formale".

Viceversa - prosegue la difesa - l'art. 392, primo comma, con lo stabilire che nella istruzione sommaria si osservano le norme previste per quella formale, in quanto applicabili, renderebbe possibile una discriminazione fra le due forme di istruzione: proprio in virtù di ciò, infatti, la giurisprudenza costante della Corte di cassazione ritiene che le citate disposizioni non siano applicabili alla istruzione sommaria, in quanto non compatibili con la rapidità e snellezza di forme che di questa dovrebbero essere le caratteristiche. E di qui la violazione del precetto dell'art. 24, secondo comma, della Costituzione, ad opera dell'art. 392.

Occorre tener presente che, dopo la riforma del Codice di procedura penale del 1955, si formarono in seno alla giurisprudenza, prima di merito e poi anche della Corte di cassazione, opinioni contrastanti circa l'applicabilità degli artt. 304 bis, 304 ter e 304 quater alla istruzione sommaria. Con tre sentenze del 17 maggio 1958 la Corte di cassazione a Sezioni unite si pronunciò nel senso della inapplicabilità, e questa opinione é stata costantemente accolta dalle pronunce successive.

In data 8 gennaio 1965 la difesa del Pittino e del Borin ha presentato, fuori termine, una memoria illustrativa.

 

Considerato in diritto

 

1. - L'ordinanza di rimessione rileva che, secondo l'indirizzo della prevalente giurisprudenza confortato da sentenze della Corte di cassazione a Sezioni unite, le disposizioni degli artt. 304 bis, ter e quater, inseriti nel Codice di procedura penale con la legge 18 giugno 1955, n. 517, non sono estensibili alla istruzione sommaria. Rimette pertanto gli atti a questa Corte "per la decisione sulla legittimità costituzionale delle norme di cui all'art. 392 in relazione agli artt. 304 bis, ter e quater del Codice di procedura penale, rispetto all'art. 24 della Costituzione". La difesa, nell'atto di costituzione, ha concluso in termini sostanzialmente identici, precisando in pubblica udienza la sua richiesta nel senso che la Corte dovrebbe dichiarare la illegittimità parziale delle norme impugnate in quanto gli artt. 304 bis, ter e quater non sono applicabili alla istruzione sommaria. L'ordinanza, inoltre, tiene a ricordare che il giudizio relativo alla legittimità costituzionale di una norma di legge presuppone che se ne dia la interpretazione più esatta; e questa, nel caso attuale, sarebbe quella fornita da ultimo dalla Corte di cassazione.

La Corte osserva preliminarmente essere ovvio principio quello enunciato nell'ordinanza del Tribunale di Varese. É evidente che della legittimità costituzionale di una norma non si può giudicare senza prima avere stabilito quali della norma siano il contenuto e la portata. A questo fine non é escluso che la Corte costituzionale possa anche avvalersi di una precedente interpretazione, sempre però che, a seguito di una piena adesione, questa sia divenuta anche la interpretazione propria. Stabilire infatti quale sia il contenuto della norma impugnata é inderogabile presupposto del giudizio di legittimità costituzionale; ma esso appartiene al giudizio della Corte non meno della comparazione, che ne consegue, fra la norma interpretata e la norma costituzionale, l'uno e l'altro essendo parti inscindibili del giudizio che é propriamente suo. Che poi frequentemente la parte del giudizio della Corte relativa alla interpretazione della norma ordinaria non assuma un particolare rilievo, per la evidenza del contenuto della norma stessa, o per effetto, appunto, di una precedente interpretazione sicuramente consolidata, non é cosa che valga a mutare la posizione logica dei due momenti, né l'appartenenza di entrambi all'unitario giudizio della Corte. D'altra parte, una precedente interpretazione della norma impugnata sarebbe idonea ad assumere l'efficacia in un certo senso impegnativa che l'ordinanza e la difesa sostengono solo allorché, per generale costante adesione e della dottrina e della pratica, essa si sia sicuramente e lungamente consolidata attraverso il tempo.

Il che, ad avviso della Corte, non può dirsi dell'indirizzo che mira ad escludere per la istruzione sommaria l'applicabilità delle garanzie della difesa stabilite nelle disposizioni degli artt. 304 bis, ter e quater.

2. - La difesa ha sostenuto che, ai fini dell'applicabilità delle norme predette, una discriminazione fra i due tipi di istruzione, proprio sul punto dei diritti della difesa, é resa possibile dall'art. 392, primo comma, con lo stabilire che nell'istruzione sommaria si osservano le norme della istruzione formale, "in quanto sono applicabili". Ad avviso della Corte, l'art. 392, e in esso la proposizione particolarmente richiamata, non sembra che possa assumere la funzione che gli si vuole attribuire. La espressione "in quanto sono applicabili" é dal legislatore usata frequentemente (vedi ad es. artt. 519, 536 del Codice di procedura penale, art. 13 della legge 20 luglio 1934, n. 1104, ecc.), ogni volta che la disciplina disposta da una data norma viene estesa ad altra fattispecie; e vuole significare niente altro che la usuale avvertenza di tener presenti i casi in cui la estensione non é possibile. Avvertenza in certo modo superflua, in quanto la non estensibilità deve derivare logicamente dalla natura stessa degli istituti, come appunto avviene per la istruzione sommaria, in rapporto alla quale, ad esempio, si manifesta inapplicabile prima facie ogni norma che sia stata dettata per la istruzione formale relativamente all'istruttore in quanto giudice; mentre nulla lascia ritenere che la proposizione "in quanto sono applicabili" valga a conferire all'interprete un certo potere di valutazione, con risultato opinabile, come sarebbe quello di ammettere o negare l'applicabilità delle norme in questione in base a un giudizio sulla diversa natura dei due tipi di istruzione.

Ad ogni modo, ammessa la impostazione dell'ordinanza accolta dalla difesa, l'oggetto della questione di legittimità costituzionale rimane così determinato: illegittimità parziale dell'art. 392, primo comma, del Codice di procedura penale in relazione agli artt. 304 bis, ter e quater in quanto non applicabili alla istruzione sommaria.

3. - Ciò premesso, punto centrale della indagine é lo stabilire se veramente si possa ritenere esatta la interpretazione restrittiva che é stata data ai tre articoli ripetutamente citati. A questo proposito occorre innanzi tutto domandarsi se sussistano elementi idonei a far ritenere che siano stati gli autori della riforma del 1955 a voler limitare, nel senso poi dichiarato dalla Corte di cassazione, l'efficacia delle norme in questione.

Indagine tanto più necessaria in quanto, a voler ammettere che la portata restrittiva delle norme sia stata voluta, duplice ne risulterebbe l'addebito a carico del legislatore: di aver dato alle norme una efficacia limitata che poteva manifestarsi in contrasto con la Costituzione, e di non averne fatto cenno né data giustificazione alcuna.

Ora, né dal testo della legge né dai lavori preparatori emergono elementi o indizi di sorta in quel senso. Assai significativi, invece, sono gli elementi opposti, nel senso cioè di una efficacia di quelle garanzie concepita implicitamente come unitaria, e quindi riferibile all'uno e all'altro tipo di istruzione. Nella relazione ministeriale con cui il disegno di legge fu presentato alla Camera e al Senato, rispettivamente nell'agosto 1954 e nel giugno 1955, tre punti, ad avviso della Corte, si presentano di decisiva importanza; primo: tenuta presente la impossibilità di avviare in breve tempo i lavori per la riforma totale del Codice di procedura penale, si afferma preliminarmente "la necessità di coordinare il Codice di rito con la Costituzione"; secondo: si dichiara che il testo presentato al Parlamento "é inteso principalmente a offrire ulteriori garanzie alla difesa e alle parti"; terzo: immediatamente dopo, sempre all'inizio della relazione, si mette in rilievo che "si é ammessa una più larga partecipazione del difensore alla istruzione". Sono questi i principi informatori della riforma, e non si prestano invero a costituire argomento favorevole per una soluzione restrittiva. Essi sono, d'altra parte, così chiaramente ed energicamente espressi da indurre senz'altro alla certezza che se la partecipazione della difesa agli atti indicati nell'art. 304 bis si fosse voluta limitare alla istruzione formale, di una così netta deviazione dall'indirizzo generale della riforma non avrebbero potuto mancare nei lavori preparatori i motivi di giustificazione.

Né potrebbe una finalità di discriminazione da parte del legislatore desumersi dalla collocazione delle norme in esame nel titolo della istruzione formale. E ciò perché tutte le norme che regolano gli atti della istruzione hanno organicamente la loro sede in quel titolo, mentre quello successivo, riguardante la istruzione sommaria, contiene la norma generale per cui il Procuratore della Repubblica può compiere tutti gli atti che nella istruzione formale sono di competenza del giudice istruttore (art. 391), con l'aggiunta di disposizioni che riguardano in modo particolare la istruzione sommaria (art. 389 e segg.).

Ad escludere la volontà del legislatore di limitare l'applicabilità degli artt. 304 bis, ter e quater alla istruzione formale può anche essere invocato l'art. 4 delle norme di attuazione e di coordinamento, pubblicate con D.P.R. 25 ottobre 1955, n. 392, il quale contiene evidente, se pure implicito, il riferimento anche alla istruzione sommaria. Nel regolare, infatti, la notificazione degli avvisi indicati negli artt. 304 ter e quater si parla in genere di "ufficio giudiziario" e di "istruzione penale" e, ancor più, di notificazione mediante deposito "nella cancelleria e segreteria", con evidente riferimento, con quest'ultimo termine, ad un ufficio che appartiene alla magistratura requirente. Dal che si é fondatamente dedotto, dalla giurisprudenza che da principio fu favorevole ad una larga interpretazione delle norme, altro argomento per ritenere che gli autori della riforma del 1955 la vollero estesa anche alla istruzione sommaria.

4. - Escluso che una discriminazione fra i due tipi di istruzione sia stata voluta dagli autori della riforma, occorre ora prendere in esame le principali argomentazioni addotte per dimostrare che comunque tale discriminazione effettivamente esiste nella legge. Esse possono ridursi sostanzialmente nei termini seguenti: la istruzione sommaria ha carattere eccezionale rispetto alla istruzione formale; la sua diversa natura e finalità non consente che le siano estese le disposizioni di cui agli artt. 304 bis, ter e quater.

L'argomentazione che tende ad attribuire alla istruzione sommaria carattere eccezionale mira in fondo a presentare come quantitativamente trascurabile la zona nella quale, con la interpretazione restrittiva, verrebbero a mancare le note garanzie difensive. L'affermazione appare non conforme alla realtà, sia che si guardi alla latitudine conferita alla istruzione sommaria dalla legge, sia che si guardi alle dimensioni che essa, di fatto, ha poi assunto nella pratica. Sotto il primo aspetto va considerato innanzi tutto che (a parte i casi di giudizio direttissimo e di giudizio per decreto) si deve procedere con istruzione sommaria per tutti i reati di competenza del pretore e per tutti i reati di competenza del tribunale dei minorenni: (artt. 389, ultimo comma, del Cod. di procedura penale e 13, primo comma, del R.D. legge 20 luglio 1934, n. 1404): due categorie numerosissime di procedimenti penali, a parte la importanza qualitativa, in non pochi casi tutt'altro che trascurabile. A queste due categorie sono da aggiungere le altre indicate dall'art. 389: reati di competenza della corte d'assise e del tribunale quando l'imputato sia stato sorpreso in flagranza; reati commessi da chi si trova in stato di arresto ovvero detenuto o internato per misura di sicurezza; reati per i quali sia intervenuta la confessione dell'imputato, anche se é stata iniziata la istruzione formale; reati di competenza della corte d'assise o del tribunale punibili con pena detentiva temporanea o con pena meno grave, in ogni caso in cui la prova appare evidente. Un complesso, dunque, di numerosi e spesso gravi procedimenti, che valgono, nel loro insieme, ad escludere che abbia sufficiente fondamento il carattere di eccezionalità che si vorrebbe attribuire alla istruzione sommaria.

Sotto il secondo aspetto bisogna considerare che nella prassi il rito sommario ha finito in effetti con l'essere adottato negli uffici giudiziari per tutti i casi in cui il rito formale non sia obbligatorio. Potrebbero farsi su tal punto considerazioni ed obbiezioni di varia natura, che però non attengono alla presente questione, si può a ogni modo rilevare che una così larga applicazione del rito sommario, fu, nella normalità dei casi, ispirata a un criterio di economia processuale, in relazione alla possibilità di concludere la istruzione (esclusi i casi di non doversi procedere) col rapido metodo della richiesta di citazione diretta al giudizio, continuando con ciò, in sostanza, il sistema del Codice del 1913, che il rito sommario rendeva di regola obbligatorio per i procedimenti di competenza del tribunale (art. 279, terzo comma). In definitiva, l'affermazione relativa a un carattere eccezionale della istruzione sommaria non appare convincente, ché, anzi, dal considerare le numerose categorie per le quali la legge dispone questo tipo di istruzione e gli sviluppi che esso ha effettivamente assunto nella pratica, si desume che con tale rito si svolge una parte più che rilevante dei procedimenti penali, alla quale, con la interpretazione restrittiva, verrebbero meno le garanzie disposte dagli artt. 304 bis, ter e quater.

5. - Se una discriminazione fra i due tipi di istruzione non é possibile in base a un carattere eccezionale della istruzione sommaria, nemmeno, a giudizio di questa Corte, essa può trovare fondamento in una diversa natura e finalità della stessa, sì da attribuirle come carattere essenziale la evidenza della prova, e quindi la rapidità e semplicità della indagine.

É innegabile che nelle sue normali prospettive la istruzione sommaria debba assumere un andamento piuttosto rapido e semplice, come del resto può desumersi dalla sua stessa denominazione. Ciò che non può ammettersi é che tale rapidità e speditezza sia davvero una sua nota inderogabile e costante, sì da risultarne una vera e propria antitesi con la istruzione formale. La verità é che questa antitesi non sussiste, e che un taglio netto fra l'andamento facile e breve dell'una e lungo e complesso dell'altra non é possibile segnare nella realtà.

L'affermazione che la istruzione sommaria trovi sua principale caratteristica nella evidenza della prova (e che pertanto vera sua finalità sia in sostanza il controllo di una prova già acquisita) non risponde sempre alla realtà. Nella elencazione dell'art. 389 del Codice di procedura penale un accenno alla prova evidente é soltanto nel terzo comma, il quale stabilisce che deve procedersi con istruzione sommaria per i reati di competenza della corte d'assise o del tribunale, punibili con pena detentiva temporanea o con pena meno grave, in ogni caso in cui la prova appare evidente. Si può considerare anche un caso di prova evidente quello preveduto dal secondo comma, il caso cioè in cui l'imputato sia confesso e non appaiano necessari ulteriori atti di istruzione. L'uno e l'altro sono però estremamente rari a verificarsi, ed é raro altresì che il magistrato si assuma la responsabilità di tradurli in pratica, soprattutto con una dichiarazione di prova evidente.

Non possono invece propriamente includersi fra i casi di prova evidente quelli preveduti nel primo comma dell'art. 389, cioè i procedimenti per i reati di competenza della corte d'assise o del tribunale in cui l'imputato sia stato sorpreso in flagranza, e quelli in cui l'imputato abbia commesso il reato mentre era arrestato, detenuto o internato per misura di sicurezza. Né la sorpresa in flagranza, infatti, né l'essere stato il reato commesso mentre l'autore era in stato di detenzione sono elementi tali da rendere sempre evidente la prova.

Le esigenze di questa non possono ritenersi esaurite con la identificazione del reo, mentre, in ispecie per i reati più gravi, di competenza della corte di assise, la istruttoria non può prescindere dal fornire anche elementi relativi alle modalità e alle cause del delitto, e in genere a tutto ciò che é necessario fondamento per quella parte del giudizio che riguarda la responsabilità del reo nei suoi limiti e nei suoi aspetti particolari.

Ma le categorie per le quali, pur essendo stabilita dalla legge la istruzione sommaria, ancor meno possono ricollegarsi al criterio della prova evidente sono indubbiamente quelle, amplissime, dei reati di competenza del pretore o del tribunale dei minorenni, già ricordate, per le quali l'alternativa fra i due tipi di istruzione non esiste, e l'unica possibile é quella sommaria. Ora, se deve ammettersi che per moltissimi fra i reati di competenza del pretore l'istruzione può seguire un ritmo assai rapido e semplice, non si può negare che, data l'estensione della competenza e la gravità degli interessi lesi da taluni dei reati che vi sono compresi, non siano infrequenti i casi nei quali é richiesta una indagine piuttosto delicata e complessa. Il che a maggior ragione deve dirsi dei reati di competenza del tribunale dei minorenni, vale a dire di tutti i reati commessi dai minori degli anni diciotto che secondo le leggi vigenti sono di competenza dell'autorità giudiziaria. In questi il criterio di una istruzione facile e spedita si scontra assai spesso con la necessità di accurate indagini, sia in ordine alla qualità delle imputazioni, essendovi comprese anche le più gravi, sia in ordine alla personalità del reo e all'ambiente in cui essa opera, in considerazione dei particolari scopi che il magistero penale assume per la categoria dei minori.

Si é detto anche che una sostanziale diversità fra i due tipi di istruzione deriva dalla loro diversa finalità e dal diverso modo con cui rispettivamente si concludono.

Per ciò che riguarda il primo punto si é già rilevato che la istruzione sommaria assume spesso un andamento tutt'altro che facile e breve, e non può ripetere la sua fisionomia da una mera finalità di controllo di una prova già precostituita. A ogni modo non é dubbio che i due tipi di istruzione abbiano comune la finalità della ricerca del vero al fine di una adeguata preparazione del giudizio, finalità per cui non é concepibile una attenuazione delle garanzie sol perché diverso é il tipo della istruzione. Per ciò che riguarda il diverso modo di conclusione della istruzione sommaria e della istruzione formale, può dirsi che proprio la rapidità e l'immediatezza della richiesta di citazione diretta con cui la prima, fuori dei casi di proscioglimento, si conclude, lungi dal giustificarne la mancanza, rende per lo meno egualmente necessaria la presenza di certe sostanziali garanzie per la difesa.

Altre argomentazioni, riguardanti l'organo che procede alla istruzione, sono tali da ritrovarsi, in fondo, comprese ed assorbite nelle precedenti. La differenza che indubbiamente corre fra i due tipi di istruzione a causa della diversità degli organi (pubblico ministero e giudice) non é tale, anch'essa, da avere influenza sulle garanzie per la difesa, le quali anzi possono essere maggiormente richieste là dove manca la presenza del giudice; e a tal proposito giova ricordare che gli atti istruttori ai quali, secondo l'art. 304 bis, é chiamata ad assistere la difesa, erano compresi fra quelli per i quali, secondo l'art. 279 del Codice del 1913, il pubblico ministero, nel corso della istruzione sommaria, aveva l'obbligo di richiedere il giudice istruttore.

6. - Un'ultima considerazione va dedicata a una certa assimilazione che si é creduto di poter stabilire fra l'istruzione sommaria da un lato e taluni procedimenti abbreviati dall'altro, quali il giudizio direttissimo, il giudizio per decreto, il giudizio immediato per i reati commessi in udienza: assimilazione che si vorrebbe fondare su un criterio di economia processuale che sarebbe identico per l'una e per gli altri, rimanendo in tal modo la istruzione sommaria inquadrata in unica categoria accanto ai suindicati procedimenti abbreviati, col conseguente diverso trattamento di questa categoria da parte del legislatore in contrapposto alla istruzione formale. La Corte osserva che il principio della economia processuale vige indubbiamente in tutto il processo, rispondendo alla imperiosa esigenza di una giustizia il più possibile sollecita; ed é certamente al principio dell'economia processuale che, da un punto di vista generale, obbediscono tanto i procedimenti abbreviati di cui innanzi quanto la istruzione sommaria.

Però non sino al punto che questa possa assimilarsi e confondersi in unica categoria con gli altri tre, in ispecie per ciò che riguarda le garanzie che competono alla difesa. E ciò per la semplice ragione che nel giudizio direttissimo, nel giudizio per decreto e nel giudizio immediato per i reati commessi in udienza il legislatore, eliminando la fase istruttoria, riserva necessariamente a quella del giudizio lo svolgimento di ogni garanzia per la difesa. La istruzione sommaria all'opposto, essendo, alla pari della istruzione formale, un insieme di atti diretti alla preparazione del giudizio, é con questi atti che già impegna, in maggiore o minor misura, l'esito della prova; ed é per conseguenza nel suo ambito, e prima ancora della fase del giudizio, che si manifesta l'esigenza di garanzie difensive, come appunto quelle disposte negli artt. 304 bis e seguenti.

Quanto alle difficoltà di ordine pratico che pure sono state opposte contro l'applicabilità alla istruzione sommaria di queste garanzie per la difesa, a causa dell'aggravio che ne verrebbe, soprattutto per i processi di minore entità, negli uffici giudiziari, non é propriamente compito di questa Corte, in un giudizio di legittimità costituzionale, il prenderle in esame. Può tuttavia osservarsi che tali difficoltà non devono essere ingrandite, in quanto, come é stato già rilevato anche in giurisprudenza, trattasi di adempimenti che possono svolgersi nel giro di qualche settimana. Del resto tutto il complesso delle forme e delle garanzie di ogni genere disposte dalla legge per una conclusione del processo che risponda a giustizia, importa altrettanti momenti di interruzione e di ritardo nel corso della indagine; ma non per ciò un siffatto elemento può influire sulla necessità che le forme e le garanzie seguano il loro corso e siano parte essenziale della disciplina del procedimento.

La Corte in definitiva osserva che in tutte le argomentazioni addotte contro l'applicabilità degli artt. 304 bis, ter e quater anche alla istruzione sommaria, non ve ne sono di sicuramente convincenti, soprattutto perché nessuna di esse vale ad escludere che i due tipi di istruzione, anche ammesse tutte le distinzioni, sostanzialmente si equivalgono di fronte alle ragioni che indussero il legislatore a dettare quelle norme.

Tuttavia, anche a voler ammettere, in ipotesi, il permanere di un qualche motivo di dubbio, la Corte ritiene che esso non possa risolversi se non nel senso della interpretazione più larga, sia perché é in tal modo assicurata piena osservanza al precetto dell'art. 24 della Costituzione, sia perché la maggiore possibile estensione conferita al diritto di difesa, in armonia - s'intende - con le altre fondamentali esigenze del processo, costituisce il maggior presidio per l'autorità e il prestigio delle sentenze dei giudici.

7. - Da tutte le considerazioni che precedono, convergenti nel loro insieme verso la dimostrazione che le disposizioni degli artt. 304 bis, ter e quater sono attualmente applicabili anche alla istruzione sommaria, chiara discende, e indeclinabile, la conseguenza, vale a dire la infondatezza della questione di legittimità costituzionale proposta dal Tribunale di Varese.

É evidente che con tale decisione resta assorbita ogni altra indagine che si riferisca alla diversa soluzione richiesta dalla difesa, per una decisione cioè di illegittimità parziale.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 392, primo comma, in relazione agli artt. 304 bis, 304 ter e 304 quater del Codice di procedura penale, in riferimento all'art. 24 della Costituzione, sollevata con ordinanza del Tribunale di Varese del 7 aprile 1964.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 4 febbraio 1965.

Gaspare AMBROSINI - Giuseppe CASTELLI AVOLIO - Antonino PAPALDO - Nicola JAEGER - Giovanni CASSANDRO - Biagio PETROCELLI - Antonio MANCA - Aldo SANDULLI - Giuseppe BRANCA - Michele FRAGALI - Costantino MORTATI - Giuseppe CHIARELLI – Giuseppe VERZì - Giovanni Battista BENEDETTI -  Francesco Paolo BONIFACIO.

 

Depositata in Cancelleria il 19 febbraio 1965.