SENTENZA N. 135
ANNO 1968
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
Composta dai signori Giudici:
Prof. Aldo SANDULLI, Presidente
Prof. Giuseppe BRANCA
Prof. Michele FRAGALI
Prof. Costantino MORTATI
Prof. Giuseppe CHIARELLI
Dott. Giuseppe VERZÌ
Dott. Giovanni Battista BENEDETTI
Prof. Francesco Paolo BONIFACIO
Dott. Luigi OGGIONI
Dott. Angelo DE MARCO
Avv. Ercole ROCCHETTI
Prof. Enzo CAPALOZZA
Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI
Prof. Vezio CRISAFULLI
Dott. Nicola REALE,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale della legge approvata dal Consiglio regionale della Sardegna l'11 gennaio 1968, recante "Concessione di un assegno a favore degli artigiani con carico familiare", promosso con ricorso del Presidente del Consiglio dei Ministri, notificato il 27 aprile 1968, depositato in cancelleria il 4 maggio successivo ed iscritto al n. 8 del registro ricorsi 1968.
Visto l'atto di costituzione del Presidente della Regione sarda;
udita nell'udienza pubblica del 9 ottobre 1968 la relazione del Giudice Giuseppe Chiarelli;
uditi il sostituto avvocato generale dello Stato Michele Savarese, per il Presidente del Consiglio dei Ministri, e l'avvocato Pietro Gasparri, per la Regione sarda.
Ritenuto in fatto
Il Consiglio regionale della Sardegna, nella seduta del 10 aprile 1968, approvava per la seconda volta, in seguito a rinvio del rappresentante del Governo, la legge regionale 11 gennaio 1968, che disponeva la concessione di un assegno, per il 1968, a favore degli artigiani con carico familiare il cui reddito, accertato ai fini dell'imposta complementare, non superasse le lire 900 mila. La legge autorizzava l'Assessore regionale al lavoro a stipulare una convenzione con l'I.N.P.S. per il servizio di erogazione; regolava il procedimento per la concessione dell'assegno, e prevedeva l'istituzione, nello stato di previsione della spesa del bilancio regionale, per l'anno finanziario 1968, dei seguenti capitoli: assegno agli artigiani, con lo stanziamento di lire 1.800.000.000; compenso all'ente pubblico incaricato del servizio, con lo stanziamento di lire 72 milioni. La legge era dichiarata urgente, ai sensi dell'articolo 33 dello Statuto sardo.
Il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocato generale dello Stato, con atto depositato il 4 maggio 1968, ha presentato ricorso contro la Regione autonoma della Sardegna, chiedendo la dichiarazione di illegittimità costituzionale e il conseguente annullamento della legge predetta, per contrasto con gli artt. 4, lett. h, e 5, lett. a, dello Statuto speciale sardo e con l'art. 81 della Costituzione.
In relazione all'art. 4, lett. h, si deduce che la legge esorbiterebbe dalla competenza regionale in materia di assistenza e beneficenza pubblica, perché prescinde dall'accertamento dello stato di bisogno degli assistiti. D'altra parte, una legge che provvedesse all'assistenza dei soli bisognosi appartenenti a determinate categorie violerebbe l'art. 3 della Costituzione.
Ma la legge sarebbe anche incostituzionale ove si ritenesse che la materia rientri in quella del "lavoro, previdenza e assistenza sociale", di cui all'art. 5, lett. a, dello Statuto, il quale attribuisce alla Regione una competenza di adattamento, sostanzialmente regolamentare.
Vi sarebbe, infine, violazione dell'art. 81 della Costituzione, perché non sono indicate le entrate sostanziali, con cui far fronte alla spesa.
Il ricorso, regolarmente notificato, veniva depositato il 4 maggio 1968.
Si é costituita in giudizio la Regione, rappresentata e difesa dall'avv. prof. Pietro Gasparri, con controdeduzioni depositate il 17 maggio 1968. In queste si premette che la legge impugnata é connessa alla competenza legislativa primaria in materia di "artigianato", attribuita alla Regione dall'art. 3, lett. o, dello Statuto. Essa sarebbe una legge di incentivazione, diretta a sostenere una delle attività più importanti dell'economia regionale.
Si osserva quindi che il ricorso si basa su una concezione eccessivamente ristretta di "assistenza", la quale oggi non si concreta in elargizioni basate su valutazioni discrezionali fatte caso per caso, ma si esercita mediante prestazioni anche periodiche, connesse a situazioni tipiche di presunto bisogno. Nella specie la situazione di bisogno é collegata al carico familiare e all'accertamento di un reddito annuo inferiore a lire 900 mila.
La difesa della Regione soggiunge che la legge non sarebbe neanche illegittima in riferimento all'art. 5 dello Statuto, dato il suo carattere integrativo del sistema assistenziale statale e la sua destinazione a soddisfare l'interesse particolare della Regione a sorreggere l'artigianato.
Infine la difesa della Regione nega che, con la previsione di uno stanziamento di spesa nel bilancio futuro, vi sarebbe violazione dell'art. 81 della Costituzione, in quanto per gli esercizi futuri non é richiesto lo stesso puntuale rigore che per l'esercizio in corso, e solo nel quadro del nuovo bilancio si potrà valutare il nuovo equilibrio generale tra entrate e spese, realizzando gli spostamenti di stanziamenti e computando le previsioni di maggiori entrate.
Entrambe le difese delle parti hanno presentato memorie, in cui sono stati ribaditi i rispettivi argomenti, successivamente sviluppati nella discussione orale.
Considerato in diritto
La legge regionale impugnata, dopo aver stabilito la concessione di un assegno, per il 1968, a favore degli artigiani con carico familiare, e dopo aver regolato le condizioni e i modi di erogazione, dispone nell'art. 10 che nello stato di previsione della spesa del bilancio della Regione per il detto anno saranno istituiti due capitoli, con lo stanziamento di lire 1.800.000.000 per la corresponsione degli assegni, e di lire 72.000.000 per compensi all'ente pubblico incaricato di svolgere il servizio. L'art. 10 soggiunge che le spese per l'attuazione della legge faranno capo ai suddetti capitoli.
Se non che il riferimento a stanziamenti di bilancio da iscrivere in capitoli dello stato di previsione della spesa non é idoneo a soddisfare il precetto costituzionale secondo cui la legge che richiede nuove o maggiori spese deve indicare i mezzi per farvi fronte.
Nell'interpretare gli ultimi due commi dell'art. 81 della Costituzione, questa Corte ha già affermato che una nuova o maggiore spesa, per la quale la legge che l'autorizzi non indichi i mezzi per farvi fronte, non può trovare la sua copertura mediante l'iscrizione negli stati di previsione della spesa, sano quelli già approvati o in corso di attuazione, siano quelli ancora da predisporre (sent. n. 1 del 1966). E in successive sentenze ha ribadito il principio che ad ogni stanziamento di spese per nuovi oneri deve corrispondere l'indicazione positiva dei mezzi per effettuare la copertura (da ultimo, sent. n 47 e 49 del 1967, sent. n. 17 del 1968).
Questi principi non sono stati rispettati dalla legge impugnata.
Né vale, a eliminare la illegittimità costituzionale, la circostanza che i capitoli di spesa previsti dalla legge sono stati poi effettivamente istituiti nello stato di previsione della spesa del bilancio regionale, approvato dall'Assemblea legislativa.
La difesa della Regione osserva in proposito che nella legge impugnata non ci sarebbe stata una carenza di indicazione della copertura, ma una riserva di futura indicazione di questa, nel quadro del bilancio in corso di approvazione: riserva che sarebbe stata sciolta con tale approvazione. D'altra parte, nella legge di approvazione del bilancio non ci sarebbe stato uno stanziamento in bianco di una nuova spesa, in contrasto col terzo comma dell'art. 81, trattandosi di una spesa già prevista e valutata nel suo ammontare dalla legge istitutiva dell'onere. Le due previsioni legislative si sarebbero così venute a integrare.
Ma il ragionamento é tautologico e non risolutivo, perché tende a legittimare la mancata indicazione della copertura della spesa, nella legge di autorizzazione, con la successiva inserzione di essa nella legge del bilancio, e la inserzione della spesa nella legge del bilancio con la precedente previsione di essa nella legge di autorizzazione, restando comunque eluso l'obbligo della indicazione della copertura.
Deve pertanto dichiararsi l'illegittimità costituzionale della legge impugnata, per violazione dell'art. 81 della Costituzione.
L'accoglimento di questo motivo, dedotto come assorbente nel ricorso del Presidente del Consiglio dei Ministri, rende superfluo l'esame, agli effetti della presente pronuncia, della questione di legittimità costituzionale per asserito contrasto con gli artt. 4 e 5 dello Statuto speciale per la Sardegna.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la illegittimità costituzionale della legge regionale sarda 11 gennaio 1968 (Concessione di un assegno a favore degli artigiani con carico familiare) in riferimento all'art. 81 della Costituzione.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 17 dicembre 1968.
Aldo SANDULLI - Giuseppe BRANCA - Michele FRAGALI - Costantino MORTATI - Giuseppe CHIARELLI - Giuseppe VERZÌ - Giovanni Battista BENEDETTI - Francesco Paolo BONIFACIO - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI - Nicola REALE
Depositata in cancelleria il 28 dicembre 1968.