Sentenza n. 47 del 1968
 CONSULTA ONLINE 

 

SENTENZA N. 47

ANNO 1968

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Prof. Aldo SANDULLI, Presidente

Prof. Biagio PETROCELLI

Dott. Antonio MANCA

Prof. Giuseppe BRANCA

Prof. Michele FRAGALI

Prof. Costantino MORTATI

Prof. Giuseppe CHIARELLI

Dott. Giuseppe VERZÌ

Dott. Giovanni BATTISTA BENEDETTI

Prof. Francesco PAOLO BONIFACIO

Dott. Luigi OGGIONI

Dott. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI,

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nei giudizi riuniti

a) di legittimità costituzionale:

1) dell'art. 1, comma secondo, della legge 19 maggio 1967, n. 356 (proroga dell'addizionale pro Calabria istituita con l'art. 18 della legge 26 novembre 1955, n. 1177);

2) dell'art. 1, comma secondo, del D.L. 11 dicembre 1967, n. 1132 (proroga dell'addizionale istituita con l'art. 80, primo Comma, del D.L. 18 novembre 1966, n. 976);

3) della legge 7 febbraio 1968, n. 27, nella parte che sostituisce il secondo comma dell'art. 1 del D.L. 11 dicembre 1967, n. 1132;

promossi con tre ricorsi della Regione siciliana notificati, rispettivamente, il 10 luglio 1967, il 5 gennaio 1968 ed il 6 marzo 1968, depositati in cancelleria il 13 luglio 1967, il 10 gennaio 1968 ed il 9 marzo 1968, ed iscritti ai nn. 21 del Registro ricorsi 1967, 1 e 6 del Registro ricorsi 1968; b) di conflitti di attribuzione tra lo Stato e la Regione siciliana sorti a seguito:

1) del telegramma del Ministero delle finanze n. 04112403388, con cui si dispone che l'aumento dell'addizionale E.C.A. di cui alla legge 10 dicembre 1961, n. 1346, deve continuare ad affluire alle casse erTimes New Romani;

2) della circolare dell'Assessore per le finanze della Regione siciliana 28 febbraio 1967, n. 7397, avente ad oggetto la spettanza del provento derivante dall'applicazione della legge 10 dicembre 1961, n. 1346;

3) della circolare dell'Assessore per le finanze della Regione siciliana 23 dicembre 1967, n. 3240, avente ad oggetto la spettanza del provento derivante dall'applicazione del D.L. 11 dicembre 1967, n. 1132;

promossi, rispettivamente, con ricorso della Regione siciliana, notificato il 26 maggio 1967, depositato in cancelleria il 1 giugno successivo ed iscritto al n. 19 del Registro ricorsi 1967, e con due ricorsi del Presidente del Consiglio dei Ministri, notificati il 24 giugno 1967 ed il 16 febbraio 1968, depositati in cancelleria il 3 luglio 1967 ed il 27 febbraio 1968 ed iscritti ai nn. 20 del Registro ricorsi 1967 e 5 del Registro ricorsi 1968.

Visti gli atti di costituzione del Presidente del Consiglio dei Ministri e della Regione siciliana;

udita nell'udienza pubblica del 1 aprile 1968 la relazione del Giudice Giuseppe Branca;

uditi gli avvocati Antonio Sorrentino, Pietro Virga ed Enzo Silvestri, per la Regione siciliana, ed i sostituti avvocati generali dello Stato Giuseppe Guglielmi e Umberto Coronas, per il Presidente del Consiglio dei Ministri.

 

Ritenuto in fatto

 

1. - Con circolare 28 febbraio 1967, n. 7397, diretta alle Intendenze di finanza della Sicilia, l'Assessore per le finanze della Regione siciliana, disponeva che il provento derivante e riservato allo Stato dalla legge 10 dicembre 1961, n. 1346 (estensione dell'addizionale E.C.A. ed aumento del 5 per cento) fosse versato alle casse regionali a datare dal marzo 1967.

Contro questa circolare il 3 luglio 1967 ha depositato un ricorso per regolamento di competenza il Presidente del Consiglio dei Ministri contestando alla Regione, sugli artt. 20 e 36 dello Statuto siciliano, la potestà legislativa o amministrativa in materia di riscossione dei tributi erTimes New Romani (anche se dovuti ad essa) e con ciò il potere di derogare alla predetta legge statale. Nel merito l'Avvocatura dello Stato, che difende il Presidente del Consiglio, ricorda come l'addizionale sia una imposta nuova destinata alla copertura di oneri continuativi dello Stato, al quale spetterebbe anche dopo il 1965 proprio in virtù della riserva contenuta nell'art. 2 del D.P.R. 26 luglio 1965, n. 1074 (norme di attuazione in materia tributaria). Nella memoria depositata il 27 febbraio 1968 l'Avvocatura precisa il suo pensiero: l'aumento dell'addizionale costituiva entrata nuova rispetto al bilancio del 1947-48; in questo senso essa é rimasta allo Stato con l'art. 2 delle norme d'attuazione; il cui art. 6, lasciando in vita le leggi statali, ha mantenuto il vigore della norma (art. 4 citata legge 1961 n. 1346) che riservava allo Stato quell'aumento.

Frattanto il Ministero delle finanze aveva inviato alle intendenze della Sicilia il telegramma n. 04112-403388 ordinando che l'aumento dell'addizionale E.C.A. continuasse ad essere versato nelle casse erTimes New Romani; la Regione a sua volta aveva proposto ricorso per conflitto di competenza; ma la difesa dello Stato replicava con deduzioni presentate il 10 giugno 1967 precisando che la specifica destinazione del nuovo tributo, se non risulta dalla legge n. 1346 che lo ha introdotto, é indicata da "altra legge coeva e collegata".

La Regione si é costituita, nella prima causa, con deduzioni depositate il 13 luglio 1967 e, nella seconda, ha depositato il ricorso il 1 giugno 1967 e una memoria il 16 marzo 1968. Nelle une e nell'altro afferma che le imposte, il cui gettito le é attribuito, quand'anche siano erTimes New Romani, le spettano di diritto, tanto che su di esse ha potestà legislativa fin dal 1948: su questo punto le norme d'attuazione (cit. D.P.R. 1965 n. 1074 in vigore dal 1 gennaio 1966) non hanno innovato e perciò, come risulta anche dagli artt. 6 e 8, nella materia la Regione ha potestà legislativa e amministrativa; rileva che proprio queste norme hanno dato alla Regione "tutte le entrate tributarie erTimes New Romani riscosse nel suo territorio" tolte quelle elencate nelle accluse tabelle e le nuove, cioè introdotte dopo il 1965, quando siano destinate, con apposite leggi, alla realizzazione di particolari finalità statali; che l'estensione e l'aumento dell'addizionale E.C.A., preesistendo al 1965, non costituiscono nuove entrate rispetto alle norme d'attuazione: l'art. 6 di queste norme non significa che restano in vigore le leggi con cui lo Stato si riserva l'una o l'altra entrata, ma che il trasferimento del tributi erTimes New Romani alla Regione non ne muta di per sé la disciplina; conclude che, comunque, la destinazione di quelle entrate a particolari fini dello Stato non risulta, come dovrebbe, dalla legge che le ha introdotte né dalla legge 16 dicembre 1961, n. 1308; il cui art. 7 a proposito del nuovo trattamento economico dei magistrati, si richiama, sì, all'aumento dell'addizionale ma limitatamente ad una parte delle spese e per il solo anno finanziario 1961-62: del resto, mentre per queste particolari esigenze si prevedevano aumenti di circa 4 miliardi e mezzo, l'aumento dell'addizionale faceva sperare in un gettito assai maggiore (circa 60 miliardi).

2. - Analoga questione é sorta a proposito dell'art. 1 della legge 19 maggio 1967, n. 356, che proroga dal 1967 al 31 dicembre 1972 la legge 26 novembre 1955, n. 1177, istitutiva dell'addizionale pro Calabria (art. 18).

La Regione siciliana con ricorso depositato il 13 luglio 1967 ha impugnato il secondo comma di quell'articolo che riserva allo Stato "il relativo provento": non sarebbe imposta nuova quella derivante da una proroga di un tributo che preesisteva alle norme d'attuazione e che dopo queste é passata alla Regione; l'addizionale, tributo temporaneo introdotto per coprire spese temporanee straordinarie, di fatto, negli ultimi tempi, e formalmente, con la legge impugnata, é divenuta imposta ordinaria destinata a coprire spese generali: tanto é vero (si precisa nella memoria depositata il 18 marzo 1968) che il piano pro Calabria era stato autorizzato solo fino al giugno del 1967; perciò l'addizionale non essendo diretta a soddisfare particolari finalità statali, spetta alla Regione e il secondo comma dell'art. 1, che la riserva allo Stato, sarebbe illegittimo per contrasto con l'art. 36 dello Statuto siciliano.

La difesa dello Stato, con deduzioni depositate dall'Avvocatura dello Stato il 30 luglio 1967, ha risposto che attraverso la proroga si sono assicurate "nuove entrate tributarie" per la copertura di quegli stessi oneri ai quali si provvedeva con la legge prorogata, il cui art. 18, nella legge prorogante, é stato richiamato non a caso; inoltre nella memoria depositata il 15 marzo 1968, dopo un richiamo alla sentenza 1967 n. 75 della Corte costituzionale, ha sottolineato che questi oneri si riferiscono appunto a un piano organico di sistemazione del terreni della Calabria.

3. - Altre tre cause riguardano l'addizionale straordinaria istituita con l'art. 80, primo comma, del decreto - legge 18 novembre 1966, n. 976 (convertito in legge 23 dicembre 1966, n. 1142) per "sopperire agli oneri dipendenti dagli eventi calamitosi di cui al precedente art. 1"

La Regione ha depositato due ricorsi il 10 gennaio e il 9 marzo 1968 impugnando, per contrasto con l'art. 36 dello Statuto siciliano o con l'art. 2 del D.P.R. 1965, n. 1074 (norme d'attuazione), il D.L. 11 dicembre 1967, n. 1132 (art. 1), che proroga il tributo "fino a quando... non verranno applicate nuove imposte sul reddito", e l'articolo unico della legge di conversione 7 febbraio 1968, n. 27: le due norme sarebbero illegittime, la prima, perché riserva all'erario un'entrata nuova per finalità non specificate; la seconda, perché avendo convertito in legge la prima, non ne fa cessare rispetto ad essa la materia del contendere, ma anzi allude a tali finalità con espressione così generica che non é possibile individuarle e controllarle: tanto é vero che, come risulta dai lavori preparatori, la proroga servirebbe a scopi diversi da quelli originari, cioè a provvidenze di carattere pensionistico, e che il gettito previsto é superiore alla spesa a cui si riferisce. Comunque il solo fatto che la proroga serva a fini di carattere ordinario - conclude la Regione nella memoria depositata il 18 marzo 1968 - basta a rendere illegittima la legge secondo la giusta interpretazione da dare all'art. 2 delle norme d'attuazione.

La difesa statale con le deduzioni e la memoria depositate il 24 gennaio, il 15 marzo e il 27 febbraio 1968, risponde che la proroga dell'addizionale serve agli stessi scopi per cui questa era stata introdotta (scopi che non occorreva indicare trattandosi di proroga d'entrata statale preesistente e che ad ogni modo sono stati indicati nella legge di conversione, di modo che sarebbe venuta a cessare la materia del contendere); che l'addizionale, quando fu istituita nel 1966, essendo imposta nuova, restava fuori dai proventi regionali e perciò ne resta fuori anche la proroga (v. sentenza 1967 n. 146 della Corte costituzionale); che la finalità, a cui allude, pur non essendovene bisogno, la legge di conversione, é quella di "far fronte alle eccezionali esigenze di spesa dello Stato per l'esercizio 1968 e successivi": nuove spese che si prevedevano ammontare a circa 175 miliardi (v. relazione al disegno di legge e resoconti della seduta del 15 dicembre 1967).

La terza causa, avente analogo oggetto, é scaturita da un ricorso per regolamento di competenza che l'Avvocatura, per il Presidente del Consiglio dei Ministri, ha depositato il 27 febbraio 1968. In esso si denuncia la "circolare" 23 dicembre 1967 n. 3240, con cui l'Assessore per le finanze della Regione siciliana invitava le intendenze a impartire disposizioni perché il gettito della predetta addizionale fosse versato nelle casse regionali a datare dal 1 gennaio 1968; la circolare violerebbe gli artt. 20 e 36 dello Statuto siciliano poiché dispone in materia che non é di sua competenza (riscossione di tributi erTimes New Romani) e su proventi che spettano allo Stato per le ragioni esposte sopra.

La Regione, con deduzioni depositate il 5 marzo 1968, eccepisce l'inammissibilità del ricorso sia perché la presunta circolare sarebbe invece un atto interno, manifestazione di puro desiderio, insuscettibile di far esplodere un conflitto con lo Stato sia perché essa semmai violerebbe una legge ordinaria (cioè l'art. 1, secondo comma, del D.L. 1967, n. 1132, che proroga l'imposta) e non una norma costituzionale, sia perché questa Corte non potrebbe dichiarare che l'addizionale spetta allo Stato se prima non ha respinto le denuncie regionali di incostituzionalità delle leggi che riservano quella imposta all'erario. Nella memoria depositata il 18 marzo 1968 si precisa che la riscossione del tributi é di competenza regionale e viene effettuata da uffici statali per conto della Regione: sì che questa ha potestà di rivolgere direttive (circolari) a tali uffici e le leggi ordinarie che riservano alcuni tributi allo Stato non spostano la "distribuzione costituzionale delle competenze".

4. - Nella discussione orale si sono riassunte e chiarite le diverse tesi.

 

Considerato in diritto

 

1. - Le sei cause, avendo ad oggetto analoghe questioni, vengono decise con un'unica sentenza.

2. - Alle prime due ha dato origine un conflitto di competenza sorto fra Stato e Regione a proposito dell'estensione e dell'aumento dell'addizionale E.C.A. introdotti con la legge 10 dicembre 1961, n. 1346. Si tratta di proventi tributari che lo Stato rivendicava a sé col telegramma 04112-403388 diretto dal Ministero delle finanze alle intendenze della Sicilia e che invece l'Assessore alle finanze della Regione siciliana, con la circolare 28 febbraio 1967, n. 7397, disponeva fossero versati nelle casse regionali a datare dal marzo 1967.

La Corte ritiene che spettino alla Regione siciliana.

Infatti le norme d'attuazione (D.P.R. 1965, n. 1074) hanno riservato allo Stato i proventi compresi nelle tabelle A, B, C, oltre quelli indicati nell'art. 5, e le nuove entrate tributarie dirette a soddisfare particolari finalità statali (art. 2). L'aumento e l'estensione della c.d. addizionale E.C.A. non figurano in quelle tabelle né costituiscono entrate "nuove" rispetto alle norme di attuazione. La difesa statale sostiene che l'art. 2 di queste norme riserva allo Stato tutti i proventi tributari erTimes New Romani derivanti da leggi posteriori al bilancio siciliano del 1947-48; ma la tesi non può essere accolta dato che né quella disposizione né la relazione che l'accompagna né altri indizi rivelano un qualunque riferimento, diretto o indiretto, al bilancio 1947-48. Anzi sia la lettera della legge, che fa perno sulle situazioni quali erano al momento in cui essa é stata emanata ("tutte le entrate... riscosse nell'ambito... ad eccezione..."), sia l'analogia con le disposizioni coeve, che, nel Friuli - Venezia Giulia, riservano allo Stato soltanto i tributi "disposti successivamente all'entrata in vigore" di esse, dimostrano come la tendenza fosse quella di sottrarre alle casse regionali solo le entrate derivanti da leggi posteriori alle norme d'attuazione.

Ne discende l'illegittimità dell'atto di cui al telegramma n. 04112 - 403388 emesso dal Ministro per le finanze e trascritto nella lettera 5 aprile 1967 n. 1137.

3. - Oggetto della terza causa é invece la proroga c.d. addizionale pro Calabria avvenuta nel 1967 con riserva allo Stato (art. 1 legge 19 maggio 1967, n. 356) . Il secondo comma di quest'articolo é stato impugnato dalla Regione perché il provento non sarebbe nuovo, né diretto a soddisfare quelle particolari finalità statali senza cui anche le entrate tributarie introdotte dopo il D.P.R. 1965, n. 1074 spetterebbero ad essa.

La denuncia é infondata.

L'addizionale disposta con la legge 1967, n. 356, pur non essendo un tributo nuovo, é un'entrata tributaria "nuova" dato che sarebbe mancata se quella legge non ne avesse deciso la proroga: poiché le norme d'attuazione richiedono la novità del provento, non del tipo di imposta, sotto quest'aspetto l'addizionale così prorogata rientra fra quelle che lo Stato può riservare a se stesso.

Per il resto, in verità, la norma impugnata non indica espressamente l'esigenza particolare al cui soddisfacimento é diretta l'entrata; ma, con ciò, non si può negare la particolarità dello scopo che ha ispirato la legge. Infatti l'addizionale é un tipo di tributo a cui specie negli ultimi tempi l'erario é ricorso normalmente proprio per "soddisfare particolari finalità": il che é comprovato, nel caso da decidere, dalla stessa temporaneità dell'imposizione. Inoltre là proroga di un'imposta introdotta per un certo scopo, come é l'addizionale pro Calabria, di regola non può avere altro fine da quello originario, sì che un'ulteriore specificazione sarebbe superflua.

La Regione siciliana crede di desumere dai lavori preparatori della legge che il gettito di questa addizionale non sia più destinato a fronteggiare le spese per lo sviluppo economico della Calabria; ma essi convincono piuttosto del contrario: non a caso fu respinta la proposta, fatta in Senato, di svincolare l'entrata dai nuovi impegni inerenti a una migliore attuazione della finalità originaria. Di fatto questo e altri proventi consimili affluiscono a tre capitoli di spesa del Ministero del tesoro (nn. 3523, 5381, 6036) che servono "a far fronte ad oneri dipendenti" da leggi in corso: ed appunto, fra tali leggi é compresa proprio quella che contiene provvedimenti straordinari per la Calabria (v. art. 19 legge 28 marzo 1968, n. 437).

In realtà, poiché lo Statuto non dà alla Regione, né obbliga a darle, le entrate tributarie erTimes New Romani (Corte costituzionale, sentenza 1967 n. 146), di ciò si deve tener conto nell'interpretare le norme d'attuazione che gliele hanno attribuite. L'art. 2 ha voluto soltanto evitare che lo Stato, dal 1965, potesse sottrarre alla Regione maggiorazioni di aliquote o nuove entrate fiscali ordinarie: sotto questo aspetto é illuminante il raffronto con la norma, diversa ma ispirata ad analogo intento, del D.P.R. 23 gennaio 1965, n. 114, per il Friuli - Venezia Giulia. Perciò, quando un nuovo provento sia diretto a soddisfare particolari finalità, non se ne può contestare l'appartenenza allo Stato. Vale a dire che la norma d'attuazione é rispettata nella sostanza anche se il collegamento fra l'entrata e la spesa non sia oggetto d'una esplicita e puntuale preposizione normativa e se una parte del provento sia impiegato per fini diversi da quello che ha ispirato la legge istitutiva: infatti la norma di attuazione va conciliata, da un canto, con lo sfavore corrente per le imposte di scopo (altrimenti ogni tributo erTimes New Romane, non essendo a rigore una imposta di scopo, spetterebbe alla Regione, il che sarebbe in contrasto con la stessa volontà di quella norma); dall'altro, col potere del Governo e del Parlamento, una volta assicurata la copertura della spesa, di impostare il bilancio secondo propri criteri (art. 81 della Costituzione).

4. - Con ciò é risolta anche l'altra questione che é oggetto delle ultime tre cause. L'addizionale istituita per un anno con l'art. 80 del D.L. 18 novembre 1966, n. 976, era certamente 'un'imposta nuova destinata a sostenere oneri dipendenti da particolari calamità: la Regione non dubita che in quel periodo essa spettasse allo Stato; ma rivendica a sé il gettito dello stesso tributo per gli anni successivi, dato che recentemente se ne é prorogata l'imposizione oltre il 1967 (D.L. 1967, n. 1132 e sua conversione in legge 7 febbraio 1968, n. 27). Sennonché, trattandosi di proroga d'un'imposta di scopo ed essendo richiamata nel secondo testo normativo la destinazione "a soddisfare particolari finalità" statali, non si può che ripetere quanto s'é detto dell'addizionale pro Calabria: il provento non deriva da un tributo ordinario e perciò spetta allo Stato. Poco importa poi se le somme vengano impiegate per affrontare calamità naturali od altre esigenze (pensioni di guerra).

Ne discende che la questione di legittimità costituzionale delle norme di proroga con riserva allo Stato é priva di fondamento. Invece deve essere accolto il ricorso proposto dal Presidente del Consiglio contro la circolare 23 dicembre 1967, n. 3240, dell'Assessore regionale per le finanze; ricorso ammissibile perché la circolare, essendo stata indirizzata a organi dello Stato di cui la Regione si avvale, é atto di rilevanza esterna che ha fatto sorgere un conflitto d'attribuzione: l'Assessore infatti asserisce che "l'entrata in parola... deve ritenersi di spettanza regionale" e invita le intendenze a disporre che "il gettito... venga versato nella cassa della Regione".

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara non fondate:

a) la questione di legittimità costituzionale dell'art. 1, comma secondo, legge 19 maggio 1967, n. 356 (proroga dell'addizionale pro Calabria), proposta con ricorso depositato il 13 luglio 1967 dalla Regione siciliana, in riferimento all'art. 36 dello Statuto e in relazione agli artt. 1 e 2 del D.P.R. 26 luglio 1965, n. 1074 (norme d'attuazione in materia finanziaria);

b) le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 1, comma secondo, D.L. 11 dicembre 1967, n. 1132, e dell'articolo unico legge di conversione 7 febbraio 1968, n. 27 (proroga dell'addizionale per eventi calamitosi del 1966) proposte, con ricorsi depositati il 10 gennaio e il 9 marzo 1968 dalla Regione siciliana, in riferimento all'art. 36 dello Statuto e in relazione all'art. 2 del D.P. R. 26 luglio 1965, n. 1074 (norme d'attuazione in materia finanziaria);

dichiara inoltre che spetta allo Stato di far proprie le entrate derivanti dai citati D.L. 11 dicembre 1967, n. 1132, e legge 7 febbraio 1968, n. 27, ed annulla pertanto la circolare 23 dicembre 1967, n. 3240, diretta dall'Assessore per le finanze della Regione siciliana alle intendenze della Sicilia;

dichiara infine che spetta alla Regione siciliana far proprie le entrate derivanti dall'estensione e dall'aumento dell'addizionale E.C.A. disposti con la legge 10 dicembre 1961, n. 1346, e pertanto annulla l'atto di cui al telegramma 04112 - 403388 (diretto dal Ministero delle finanze alle intendenze della Sicilia e trascritto nella lettera 5 aprile 1967 n. 1137) e respinge il ricorso depositato il 3 luglio 1967 dal Presidente del Consiglio dei Ministri.

 Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 30 aprile 1968.

 

 

Aldo SANDULLI - Biagio PETROCELLI - Antonio MANCA - Giuseppe BRANCA - Michele FRAGALI - Costantino MORTATI - Giuseppe CHIARELLI - Giuseppe VERZÌ -  Giovanni BATTISTA BENEDETTI - Francesco PAOLO BONIFACIO - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI

 

 

Depositata in cancelleria il 16 maggio 1968.