SENTENZA N. 146
ANNO 1967
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
Prof. Gaspare AMBROSINI, Presidente
Prof. Antonino PAPALDO
Prof. Nicola JAEGER
Prof. Giovanni CASSANDRO
Dott. Antonio MANCA
Prof. Aldo SANDULLI
Prof. Giuseppe BRANCA
Prof. Michele FRAGALI
Prof. Costantino MORTATI
Prof. Giuseppe CHIARELLI
Dott. Giuseppe VERZÌ
Dott. Giovanni Battista BENEDETTI
Prof. Francesco Paolo BONIFACIO
Dott. Luigi OGGIONI,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio promosso dal Presidente della Regione siciliana con ricorso notificato il 13 aprile 1967, depositato in cancelleria il 20 successivo ed iscritto al n. 15 del Registro ricorsi 1967, per conflitto di attribuzione tra la Regione siciliana e lo Stato, sorto a seguito della circolare del Ministero delle finanze n. 10904 del 12 gennaio 1967 avente per oggetto "Regione siciliana - Applicazione D.P.R. 26 luglio 1965 n. 1074, recante norme di attuazione in materia finanziaria".
Visto l'atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei Ministri;
udita nell'udienza pubblica del 16 novembre 1967 la relazione del Giudice Giuseppe Branca;
uditi l'avv. Antonio Sorrentino, per la Regione siciliana, ed il sostituto avvocato generale dello Stato Giuseppe Guglielmi, per il Presidente del Consiglio dei Ministri.
Ritenuto in fatto
1. - La Regione siciliana con ricorso per conflitto di attribuzione depositato il 20 aprile 1967 ha denunciato la circolare del Ministero delle finanze n. 10904 avente per oggetto "Regione siciliana - Applicazione D.P.R. 26 luglio 1965, n. 1074, recante norme d'attuazione in materia finanziaria". La circolare afferma che l'I. G. E. all'importazione (art. 17 e segg. legge 19 giugno 1940, n. 762) e la correlativa imposta di conguaglio (legge 31 luglio 1954, n. 570), avente carattere doganale, spettino allo Stato e dispone che il loro ricavato in Sicilia si versi negli appositi capitoli del bilancio statale.
Secondo la difesa regionale essa violerebbe l'art. 36, comma primo, dello Statuto siciliano e l'art. 2, comma primo, delle norme d'attuazione (D.P.R. 26 luglio 1965, n. 1074): i due tributi, di cui il secondo é un'integrazione del primo, non sarebbero altro che ordinarie imposte indirette sugli affari poiché svolgono la stessa funzione dell'I. G. E., cioè quella di colpire l'entrata proveniente da uno scambio di beni e servizi, ben diversa dai fini di politica economica che presiedono ai dazi doganali; il fatto che siano riscossi all'importazione non basterebbe a inquadrarli fra le entrate doganali così come non basta per altri tributi spettanti pacificamente alla Regione (l'imposta di conguaglio d'altronde fu istituita per poter attuare sulle merci esportate quei rimborsi che in Sicilia gravano sulla Regione); spetterebbero alla Regione siciliana alla pari di tutte le entrate tributarie erariali che non attengano al regime doganale e non rientrino nell'elenco degli artt. 36 dello Statuto e 2 delle norme d'attuazione: tanto é vero che nel bilancio statale del 1965, tenuto presente nel compilare le norme d'attuazione, figurano tra le "tasse e imposte sugli affari" (cap. 1202 e 1204).
2. - Il Presidente del Consiglio dei Ministri, difeso dall'Avvocatura dello Stato con deduzioni presentate il 2 maggio 1967, risponde: le due imposte sono dovute, la prima, "per il fatto obiettivo dell'importazione" (art. 17 della legge 1940 n. 762) e, la seconda, analogamente, "all'atto dell'importazione" (art. 1 della legge 1954 n. 570); sono diritti doganali poiché, essendo riscossi in relazione alle operazioni doganali, rientrano nella definizione che di quei diritti dà la legge doganale (art. 7 della legge 25 settembre 1940 n. 1424); svolgono la stessa funzione perequativa e protettiva dei dazi doganali, dato che colpiscono il prodotto importato dall'estero come quello fabbricato all'interno; spettano allo Stato poiché non figurano nell'elenco delle entrate doganali riservate alla Regione dalle norme di attuazione (tabella D); perciò poco importa che nel regime provvisorio anteriore a queste norme anche il provento dell'I.G.E. all'importazione sia stato attribuito alla Sicilia.
3. - Nella memoria depositata il 3 novembre 1967 la difesa regionale sostiene che l'I. G. E. all'importazione é disciplinata, analogamente, dalla stessa legge che regola l'I. G. E. in generale; che, anche ammettendo per la prima, con l'Avvocatura dello Stato, la funzione perequativa rispetto alle merci nazionali, ciò non la assimila ai dazi doganali, destinati invece a porre condizioni più sfavorevoli per le merci estere; che similmente deve ragionarsi per l'imposta di conguaglio, la quale non figurava tra quelle attribuite alla Sicilia durante il regime provvisorio solo perché é stata introdotta dopo la determinazione di quest'ultimo; che il momento della riscossione, a cui alludono le leggi addotte dalla difesa dello Stato, non basta a qualificare l'I. G. E. come tributo doganale, al pari di quanto avviene, per es., dell'imposta sui dischi fonografici che, pur riscossa all'atto dell'importazione, non é provento doganale; che solo i c.d. diritti di confine costituiscono entrate doganali vere e proprie, tanto che agli altri diritti doganali la legge doganale (v. art. 8) si applica per le sole modalità di riscossione; che comunque non le entrate, ma soltanto il regime doganale, cioè la potestà legislativa, é esclusivamente dello Stato: tutti i proventi doganali, rientrando fra i tributi che non sono espressamente riservati allo Stato, spettano invece alla Regione.
4. - La difesa statale, nella memoria depositata il 30 ottobre 1967, ricorda come l'art. 2 delle norme d'attuazione, che riserva alla Sicilia "tutte le entrate erariali riscosse nell'ambito del suo territorio", faccia sistema col successivo art. 5, conforme all'art. 39 dello Statuto siciliano: il regime doganale coi suoi proventi, esclusi quelli indicati nella tabella D, spetta solo allo Stato. I due tributi sarebbero proventi doganali non per il modo o l'occasione con cui vengono accertati o riscossi, ma perché la legge doganale, a cui sono assoggettati (art. 8), così li definisce differenziandoli dalla sottospecie "diritti di confine": non a caso le norme d'attuazione parlano di proventi doganali anziché di diritti di confine. Ad ogni modo se per ipotesi le due imposte spettassero alla Regione, questa avrebbe anche la potestà legislativa e amministrativa; il che contrasterebbe con l'art. 39 dello Statuto, secondo cui il regime doganale é di sola competenza dello Stato.
5. - Nella discussione orale le parti hanno riaffermato le loro tesi e chiarito le rispettive argomentazioni.
Considerato in diritto
1. - La Regione, denunciando la circolare del Ministero delle finanze, rivendica i proventi dell'I. G. E. all'importazione e della correlativa imposta di conguaglio: essi non sarebbero oggetto di diritti doganali veri e propri o, anche se lo fossero, spetterebbero alla Regione come gli altri tributi erariali, esclusi quelli previsti nell'art. 36, comma primo, dello Statuto siciliano.
Il ricorso non può essere accolto.
Giova innanzi tutto ricordare come lo Statuto siciliano (art. 36) si limiti a indicare solo quei proventi che non possono essere attribuiti alla Regione. Al di là di questo limite era compito delle norme d'attuazione stabilire quali proventi andassero alla Sicilia e quali restassero allo Stato. Il che é avvenuto prima in via del tutto provvisoria, poi definitivamente col D.P.R. n. 1074 del 1965, il quale, mentre, nell'art. 2, ha concesso alla Sicilia tutte le entrate tributarie erariali allora esistenti, contemporaneamente, attuando l'art. 39 dello Statuto, ha ribadito la esclusiva competenza dello Stato in fatto di regime doganale. Il che non può essere inteso se non in un modo: la potestà legislativa dello Stato copre tutto il campo che é oggetto della legislazione doganale e che ricomprende i c.d. diritti doganali, imposte, tasse soprattasse che si riscuotono con operazioni di dogana. Lo Stato, avendo la potestà di disciplinare la materia, ovviamente può attribuire quei diritti alla Sicilia così come riservarli a se stesso.
L'opinione contraria, espressa ripetutamente dalla difesa regionale, non tiene conto né del principio statutario contenuto nell'art. 39, onnicomprensivo; né degli artt. 7 e 8 della legge doganale, che lo chiariscono; né dell'art. 5 delle norme d'attuazione (D. P. R. 1965 n. 1074, già indicato), che, legiferando sul regime doganale, dispongono anche dei proventi (comma terzo e annessa tabella D); né del parallelismo, che la Corte ha spesso rilevato, tra potestà legislativa tributaria e appartenenza dei tributi.
2. - L'I. G. E. all'importazione e l'imposta di conguaglio, introdotta con la legge 1954, n. 570, sono da considerare diritti doganali e perciò, non essendo incluse nella tabella D, si devono intendere riservate allo Stato.
La prima delle due imposte, a differenza dall'I. G. E. riscossa sugli acquisti effettuati all'interno del Paese, é dovuta per il fatto obiettivo dell'importazione, si paga all'atto dello sdoganamento e, nella misura dell'aliquota, é soggetta al principio della reciprocità rispetto agli Stati esteri (art. 17 legge 1940 n. 762); ai lini dell'imposta il valore della merce deve essere indicato nella "dichiarazione per l'importazione" e coincide, quando si tratti di merci soggetto a dazio doganale, col valore su cui s'applica quest'ultimo (art. 18); come il dazio doganale il tributo non colpisce le merci ammesse alla temporanea importazione (art. 19); conosce infine speciali esenzioni, ignote all'I. G. E. riscossa all'interno del Paese (art. 20), ed é dotato di speciali sanzioni circoscritte nel capo III della legge (art. 33 segg.): quanto basta, insomma, perché lo si qualifichi, con una parte della dottrina e con recenti pronunce della Cassazione, come diritto o provento doganale.
Altrettanto vale per l'imposta di conguaglio, che già il titolo della legge 1954 n. 570 chiama "diritto compensativo sulle esportazioni", rilevandone, anche nell'etichetta esterna, il collegamento col fatto dell'importazione-esportazione piuttosto che con quello dell'acquisto della merce.
3. - I dubbi, apparsi in dottrina, sulla natura dell'I.G.E. all'importazione, non toccano questa controversia; per risolvere la quale basta aver constatato il collegamento delle due imposte coi fatti di importazione-esportazione e con le operazioni doganali. Ché se una più rigorosa impostazione teorica e qualche fine pratico consigliassero di inquadrare i due tributi come specie a genere nelle imposte sugli affari e nell'imposta generale sull'entrata, la soluzione sarebbe irrilevante in questa sede: infatti gli artt. 36 e 39 dello Statuto, nella loro ampiezza, consentono alle norme d'attuazione di prescindere da rigorose impostazioni teoriche; ed a queste impostazioni tali norme non si sono puntualmente attenute tanto é vero che hanno collocato fra i proventi del monopolio certe imposte di consumo dei tabacchi anche importati dall'estero (tabella B), e, viceversa, fra le entrate doganali talune imposte di consumo (ad es. sul caffé e sul cacao: tabella D).
La circolare denunciata non ha fatto altro che prendere atto di questa situazione e pertanto é esente da vizi di legittimità costituzionale.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara che spetta allo Stato il potere di far proprie l'I.G.E. all'importazione e l'imposta integrativa di conguaglio, e pertanto respinge il ricorso proposto dalla Regione siciliana con atto depositato il 20 aprile 1967 e avente ad oggetto la circolare 12 gennaio 1967, prot. n. 10904, del Ministero delle finanze; "Regione siciliana - Applicazione D. P. R 26 luglio 1965 n. 1074, recante norme di attuazione dello Statuto della Regione siciliana in materia finanziaria".
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 12 dicembre 1967.
Gaspare AMBROSINI - Antonino PAPALDO - Nicola JAEGER - Giovanni CASSANDRO - Antonio MANCA - Aldo SANDULLI - Giuseppe BRANCA - Michele FRAGALI - Costantino MORTATI - Giuseppe CHIARELLI - Giuseppe VERZÌ - Giovanni Battista BENEDETTI - Francesco Paolo BONIFACIO - Luigi OGGIONI
Depositata in cancelleria il 15 dicembre 1967.