SENTENZA N. 101
ANNO 1964
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
Prof. GASPARE AMBROSINI, Presidente
Prof. GIUSEPPE CASTELLI AVOLIO
Prof. ANTONINO PAPALDO
Prof. NICOLA JAEGER
Prof. GIOVANNI CASSANDRO
Prof. BIAGIO PETROCELLI
Dott. ANTONIO MANCA
Prof. ALDO SANDULLI
Prof. GIUSEPPE BRANCA
Prof. MICHELE FRAGALI
Prof. COSTANTINO MORTATI
Prof. GIUSEPPE CHIARELLI
Dott. GIUSEPPE VERZÌ
Dott. GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI
Prof. FRANCESCO PAOLO BONIFACIO
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio promosso dal Presidente della Giunta provinciale di Bolzano con ricorso notificato il 10 aprile 1964, depositato nella cancelleria della Corte costituzionale il 23 successivo ed iscritto al n. 5 del Registro ricorsi 1964, per conflitto di attribuzione tra la Provincia di Bolzano e la Regione Trentino-Alto Adige sorto a seguito del decreto 28 gennaio 1964, n. 7, del Presidente della Giunta regionale del Trentino Alto Adige, con il quale si é proceduto alla costituzione per il triennio 1964-1966 del Comitato provinciale della caccia per la Provincia di Bolzano.
Visto l'atto di costituzione in giudizio della Regione Trentino-Alto Adige;
udita nell'udienza pubblica del 21 ottobre 1964 la relazione del Giudice Costantino Mortati;
uditi l'avv. Giuseppe Guarino, per la Provincia di Bolzano, e il sostituto avvocato generale dello Stato Giuseppe Guglielmi, per la Regione Trentino-Alto Adige.
Ritenuto in fatto
Con decreto 28 gennaio 1964, n. 7, il Presidente della Giunta regionale Trentino-Alto Adige ha proceduto alla costituzione per il triennio 1964-1966 del Comitato provinciale della caccia per la Provincia di Bolzano, con riferimento all'art. 82 del T. U. sulla caccia n. 1016 del 1939, nonché alle norme statutarie attributive alla Regione stessa della competenza in materia. La Giunta provinciale di Bolzano ha sollevato, nei confronti di detto provvedimento, conflitto di attribuzione mediante ricorso depositato il 23 aprile 1964, con la rappresentanza in giudizio dell'avvocato Giuseppe Guarino, allegando come unico motivo di impugnativa la violazione dell'art. 13 dello Statuto regionale, in relazione all'art. 37 del D.P.R. 10 giugno 1955, n. 987.
A sostegno deduce che la Regione, pur essendo titolare (a tenore dell'art. 4, n. 11, dello Statuto) della competenza legislativa primaria in materia di caccia, non l'ha ancora esercitata, sicché sono tuttavia in vigore nel suo territorio le leggi statali, secondo dispone l'art. 92. E poiché il decreto delegato del Presidente della Repubblica del 10 giugno 1955, n. 987, all'art. 37, in applicazione del principio del decentramento, ha trasferito la competenza della formazione dei Comitati provinciali per la caccia dal Ministro dell'agricoltura (al quale era assegnata in virtù del citato art. 82) ai presidenti delle giunte provinciali, é da ritenersi che tale trasferimento debba trovare applicazione anche nei confronti delle Province con ordinamento speciale, come quella di Bolzano. Per essa anzi la competenza in parola trova uno specifico fondamento costituzionale nell'art. 13, secondo comma, dello Statuto, secondo cui restano ferme le attribuzioni delle Province che siano loro riconosciute dalle "leggi in vigore". Espressione quest'ultima da intendere riferita alla vigenza delle leggi stesse, non già al momento in cui lo Statuto é divenuto operante, bensì a quello nel quale si é reso possibile l'esercizio delle attribuzioni dalle medesime previste.
Pertanto, dovendosi il provvedimento impugnato ritenere esplicazione di un potere del quale la Regione non era più titolare, perché passato alla competenza propria ed esclusiva della Provincia, se ne chiede l'annullamento.
Si é costituito in giudizio il Presidente della Giunta regionale, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, e questa, con deduzioni depositate il 30 aprile 1964, resiste al ricorso, sostenendo in via preliminare, la sua inammissibilità in quanto il vizio che si imputa al provvedimento impugnato si concreta, ove sussista, nella violazione di una legge ordinaria, qual'é il decreto delegato n. 987 del 1955. Né diversamente può ritenersi sulla base dell'invocato art. 13 in quanto questo non trova alcuna applicazione alla fattispecie. Ciò perché, alla stregua del suo primo comma, la competenza in materia di caccia non é compresa fra quelle assegnate alla Provincia, e nessuna deviazione a tale ripartizione di competenze può argomentarsi dal secondo comma, anzitutto per la considerazione che l'eccezionale mantenimento che esso dispone delle attribuzioni prima spettanti alle Province é limitato a quelle fra esse previste dalle leggi in vigore alla data di emanazione dello Statuto, e secondariamente per effetto del limite che lo stesso comma pone al mantenimento predetto, consistente nella sua compatibilità con le norme statutarie, che é invece da escludere per effetto del citato art. 4, n. 11.
Né infine potrebbe farsi ricorso all'ultimo comma perché la delega alla Provincia ivi prevista riguarda funzioni proprie dello Stato, di cui questo liberamente dispone, sicché nessuna legittimazione la Provincia avrebbe per validamente impugnare un atto, che, se mai, invaderebbe non già la propria sfera di competenza bensì quella statale.
Nel merito deduce l'infondatezza del ricorso e richiama all'uopo la sentenza di questa Corte n. 11 del 1959, che ebbe ad affermare l'inapplicabilità al territorio delle Regioni a statuto speciale delle leggi sul decentramento delle funzioni statali di interesse locale: principio che del resto risulta chiaramente affermato dagli artt. 4 e 5 della legge delega n. 150 del 1953, nonché dell'art. 73 del decreto delegato. Aggiunge che all'epoca della emanazione della predetta legge-delega erano state già emanate le norme di attuazione delle disposizioni statutarie in materia di caccia, e pertanto, essendo all'atto della sua entrata in vigore già passate alla Regione le funzioni in detta materia, non potevano più essere oggetto del decentramento provinciale previsto per le altre rimaste allo Stato. Infine fa rilevare che la Provincia di Bolzano gode di competenze costituzionalmente determinate, sicché si rende possibile nei suoi confronti non già un decentramento delle funzioni stesse, ma eventualmente solo una loro delega da parte della Regione.
Con memoria depositata l'8 ottobre la difesa della Provincia precisa che la norma dell'art. 13 invocata é solo quella del secondo comma, e svolge le considerazioni già enunciate nel ricorso circa la interpretazione da dare alla formula "leggi in vigore"; interpretazione che troverebbe sostegno nel suo coordinamento con l'art. 92, secondo cui si applicano tutte le leggi statali emanate nelle materie considerate nello Statuto fino a quando la Regione o le Province non abbiano altrimenti disposto. Pertanto, finché la Regione non avrà emanato proprie leggi nella materia de qua, non può considerarsi abilitata ad esercitare le corrispondenti funzioni amministrative; tenuto anche conto che, contrariamente a quanto assume l'Avvocatura, le norme di attuazione emanate nel 1951 non hanno operato il trasferimento degli organi e delle competenze dallo Stato alla Regione, ma hanno solo fissato criteri e disposto limiti all'esercizio della potestà legislativa in materia di caccia, senza assumere quel contenuto "puntuale" che, secondo le statuizioni della sentenza n. 45 del 1961 di questa Corte, si rende necessario per effettuare il passaggio delle competenze.
Ugualmente infondate le deduzioni che l'Avvocatura trae dalla sentenza n. 11 del 1959, perché non tengono conto della differenza esistente fra lo Statuto della Sardegna, alla cui interpretazione detta pronuncia si riferiva, e lo Statuto del Trentino-Alto Adige, costituita dalla presenza solo in questo ultimo della specifica disposizione del citato art. 13. Sicché non é esatto conferire carattere di assolutezza al principio della limitazione dell'efficacia delle norme sul decentramento alle sole Regioni a statuto ordinario, dovendosi invece aver riguardo alla particolarità della disciplina dettata per ciascuna delle Regioni a statuto speciale. Nulla in contrario può ricavarsi dall'art. 73 del decreto delegato n. 987, che fa salvezza della competenza attribuita nella materia in discorso alle Regioni a statuto speciale, perché, fino a quando questa competenza non sia stata esercitata, rimane il potere di intervento della Provincia di Bolzano, sulla base del già invocato art. 13, destinato ad esplicare i suoi effetti durante tutto il periodo di inerzia del legislatore regionale. Si osserva poi come, così prospettato il fondamento giuridico del conflitto sollevato, viene a cadere l'eccezione di inammissibilità che si fa derivare dal presunto carattere ordinario e non costituzionale della violazione dell'art. 37 del decreto presidenziale n. 987. Si aggiunge che, ad escludere la riferita eccezione, vale anche la considerazione della differenza da porre fra la nozione di conflitto di attribuzione valevole nel campo del diritto amministrativo e quella che ricorre nei confronti del diritto costituzionale. In questo ultimo infatti rientrano non solo i conflitti sorgenti nel caso di manifesto dissenso sull'applicazione delle norme di competenza, ma anche gli altri risultanti implicitamente dalla interpretazione che si dia in ordine all'ampiezza delle rispettive sfere delle attribuzioni di organi o enti.
Pertanto, ammesso pure, ciò che non é, che, allo stato della legislazione, la Regione fosse ritenuta competente ad esercitare poteri amministrativi in materia di caccia, illegittimo apparirebbe l'esercizio stesso in quanto volto ad impedire quello di altro soggetto, fornito di garanzia costituzionale, qual'é la Provincia ricorrente.
Anche l'Avvocatura dello Stato ha depositato in termine una memoria, nella quale insiste nella sollevata eccezione di inammissibilità. Ciò nella considerazione che, a differenza di quanto avviene per i ricorsi promossi dalle Province contro leggi della Regione, ammissibili, secondo la giurisprudenza di questa Corte, anche se non denunciano una violazione della sfera della loro competenza costituzionale, i conflitti di attribuzione possono essere promossi solo per quest'ultimo motivo.
Nella specie ciò non si verifica perché la invasione di competenza denunciata riguarderebbe, se pur sussistesse, una sfera di competenza che né é costituzionale, né é stata costituzionalizzata dall'art. 13, come risulta dalle considerazioni già enunciate nelle deduzioni. Vengono poi ribaditi i motivi che conducono a ritenere infondato il ricorso e si contesta l'esattezza di quanto affermato dalla difesa della Provincia facendo rilevare, in contrario, come il trasferimento alla Regione delle funzioni e degli uffici che appartenevano al Ministero dell'agricoltura sia già avvenuto. Ed infine si riafferma l'inapplicabilità alle Regioni a statuto speciale delle norme sul decentramento delle funzioni statali, come risulta dai lavori preparatori della legge delegante e come é stato riconosciuto da questa Corte con le sentenze nn. 19 del 1956 e 11 del 1959. Conclude richiamandosi alle conclusioni enunciate nelle deduzioni.
Considerato in diritto
1. - L'eccezione di inammissibilità sollevata dall'Avvocatura dello Stato non é da accogliere. Non é infatti esatto che il ricorso della Provincia di Bolzano deduca un vizio di illegittimità ordinaria anziché costituzionale; ciò perché la pretesa fatta valere al riconoscimento della competenza all'esercizio della potestà amministrativa nella materia che é stata oggetto del provvedimento impugnato non é, come si afferma, fondata sull'art. 37 della legge delegata 10 giugno 1955, n. 987 (che, in applicazione del principio di decentramento, trasferisce dal Ministero dell'agricoltura ai Presidenti provinciali la funzione della formazione dei Comitati provinciali per la caccia), bensì sull'art. 13, comma terzo, della legge costituzionale n. 5 del 1948 di approvazione dello Statuto Trentino-Alto Adige, secondo il quale sono mantenute alle due Province di Trento e Bolzano le attribuzioni loro conferite dalle leggi in vigore: articolo che viene dalla Provincia interpretato nel senso di comprendere fra quelle conservate anche le attribuzioni per le quali il conferimento sia avvenuto successivamente all'emanazione dello Statuto. Sicché, alla stregua di tale interpretazione, il citato art. 37 deve considerarsi non già fonte del potere rivendicato, ma solo norma integrativa del contenuto dell'art. 13, venendo esso ad aggiungere una nuova competenza alle altre, genericamente indicate da quest'ultimo con riferimento alla loro vigenza in un determinato momento, e che erano state anch'esse assegnate con leggi ordinarie.
Nulla può dedursi in contrario da quest'ultima circostanza, che cioè i poteri in parola siano derivati da norme non fornite di rango costituzionale, poiché funzione dell'art. 13 é stata appunto, sempre sulla base dell'interpretazione fatta valere, di conferire tale rango alle medesime.
Ricorrono pertanto i requisiti necessari all'insorgere di un conflitto di attribuzione, che, rivolto com'é a tutela della sfera di competenza che si asserisce discendente da una legge costituzionale, deve trovare in questa Corte l'organo di decisione.
2. - Nel merito il ricorso é da ritenere infondato.
Essendo pacifico che la Regione non aveva ancora, all'atto dell'emanazione del provvedimento impugnato, emesso proprie norme nella materia della caccia, affidata alla competenza esclusiva sua propria dall'art. 4, n. 11, dello Statuto, si tratta di accertare se fosse a quell'epoca avvenuto il passaggio ad essa delle attribuzioni di carattere amministrativo, il cui esercizio rimane condizionato solo alla emanazione di apposite norme di attuazione. La difesa della Provincia non contesta il fatto che norme di tal genere siano venute in vita con il D.P.R. 30 giugno 1951, n. 574, ma sostiene che gli artt. 20 e 21 di tale decreto, i soli che sarebbero stati dedicati alla materia della caccia, difettano di quel sufficiente grado di "puntualizzazione", che, secondo é stato ritenuto dalla Corte con la sentenza n. 45 del 1961, deve essere richiesto affinché si renda possibile in concreto l'effettivo svolgimento delle competenze amministrative da trasferire. A parte la considerazione che l'esigenza fatta valere dalla Corte con la invocata pronuncia riguardava il coordinamento dei poteri regionali con quelli statali, necessario a disporsi tutte le volte che la materia trasferita alla Regione lo richieda, é da rilevare che il citato decreto presidenziale n. 574 non si é limitato a porre, con gli artt. 20-22, i criteri ed i limiti per l'esercizio della potestà normativa regionale in ordine alla caccia, ma ha anche dettato, sotto il titolo XVI, le norme sul passaggio degli uffici, dei servizi e del personale dallo Stato alla Regione ed alle Province, e particolarmente all'art. 86 ha stabilito che, con decorrenza dal primo giorno del mese successivo a quello di entrata in vigore del decreto stesso, venivano trasferite alla Regione, per l'esercizio delle potestà amministrative previste dal primo comma dell'art. 13 dello Statuto, gli ispettorati provinciali dell'agricoltura nonché gli altri uffici ivi elencati, e contemporaneamente veniva a cessare la competenza nel territorio della Regione stessa dell'Ispettorato compartimentale dell'agricoltura per le Venezie.
Pertanto, non sorgendo dubbi né sull'abilitazione acquisita dalla Regione all'effettiva esplicazione dell'attività amministrativa nel campo coperto dall'esclusività della competenza legislativa ad essa conferita dall'art. 4, n. 11 (caccia e pesca), né sull'appartenenza a tale attività del provvedimento denunciato, viene a cadere ogni valido fondamento alla pretesa della Provincia.
Quale che sia l'interpretazione da dare all'art. 13, nella parte in cui fa riferimento alle "leggi vigenti", ed anche ammesso che in tale categoria debbano farsi rientrare le norme statali sopravvenute, rimane insuperabile l'ostacolo alla pretesa stessa proveniente dalla condizione posta dall'articolo predetto per rendere possibile il mantenimento di attribuzioni provinciali, consistente nella "compatibilità" delle medesime con le norme statutarie. Condizione che deve farsi valere indipendentemente dal tempo del conferimento delle attribuzioni stesse, essendo chiaro che essa operi tanto riguardo a quelle anteriori all'entrata in vigore dello Statuto, nel senso di determinare l'estinzione, quanto alle altre che leggi ordinarie sopravvenute avessero genericamente attribuito alle amministrazioni provinciali, nel senso di precludere ogni loro efficacia nell'ambito della Regione Trentino-Alto Adige. Sicché, se si riconoscesse l'invocata estensione alla Provincia di Bolzano del decentramento attuato con l'art. 37 del D.P.R. n. 987 del 1955, si verrebbe a sottrarre alla Regione una parte delle funzioni amministrative ad essa spettanti a tenore dello Statuto.
Una volta precisato l'esatto significato dell'art. 13, secondo comma, la controversia in esame appare prospettabile negli stessi termini di quella decisa da questa Corte con la sentenza n. 11 del 1959, nella quale venne messo in rilievo come le norme sul decentramento (secondo si desume anche dagli artt. 4 e 5 della legge delega n. 150 del 1953, e 73 del decreto delegato n. 987 del 1955) dovessero trovare applicazione solo nelle Regioni a statuto ordinario.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
rigetta l'eccezione pregiudiziale sollevata dall'Avvocatura generale dello Stato; respinge il ricorso proposto dalla Provincia di Bolzano contro il provvedimento con cui il Presidente della Giunta regionale del Trentino-Alto Adige ha costituito il Comitato per la caccia nella Provincia stessa;
dichiara che i poteri relativi alla nomina di tale Comitato sono di spettanza del Presidente regionale.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 3 dicembre 1964.
Gaspare AMBROSINI - Giuseppe CASTELLI AVOLIO - Antonino PAPALDO - Nicola JAEGER - Giovanni CASSANDRO - Biagio PETROCELLI - Antonio MANCA - Aldo SANDULLI - Giuseppe BRANCA - Michele FRAGALI - Costantino MORTATI - Giuseppe CHIARELLI – Giuseppe VERZì - Giovanni Battista BENEDETTI - Francesco Paolo BONIFACIO.
Depositata in Cancelleria il 7 dicembre 1964.