SENTENZA N. 45
ANNO 1961
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori giudici:
Avv. Giuseppe CAPPI, Presidente
Prof. Gaspare AMBROSINI
Dott. Mario COSATTI
Prof. Francesco Pantaleo GABRIELI
Prof. Giuseppe CASTELLI AVOLIO
Prof. Antonino PAPALDO
Prof. Nicola JAEGER
Prof. Giovanni CASSANDRO
Prof. Biagio PETROCELLI
Dott. Antonio MANCA
Prof. Aldo SANDULLI
Prof. Giuseppe BRANCA
Prof. Michele FRAGALI
Prof. Costantino MORTATI
Prof. Giuseppe CHIARELLI,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio promosso dal Presidente della Regione siciliana con ricorso notificato il 2 agosto 1960, depositato nella cancelleria della Corte costituzionale il 9 agosto successivo ed iscritto al n. 15 del Registro ricorsi 1960, per conflitto di attribuzione tra la Regione siciliana e lo Stato, sorto a seguito del decreto del Ministro dei lavori pubblici 23 maggio 1960, concernente la classificazione, tra le provinciali, di 23 strade in Provincia di Agrigento.
Vista la costituzione in giudizio del Presidente del Consiglio dei Ministri;
udita nell'udienza pubblica del 7 giugno 1961 la relazione del Giudice Aldo Sandulli;
uditi gli avvocati Giuseppe Guarino, Pietro Gasparri e Luigi Maniscalco Basile, per il ricorrente, e il vice avvocato generale dello Stato Achille Salerni, per il Presidente del Consiglio dei Ministri.
Ritenuto in fatto
1. - Con ricorso per conflitto di attribuzione notificato al Presidente del Consiglio dei Ministri e al Ministro dei lavori pubblici il 2 agosto 1960 e depositato il 9 agosto successivo, la Regione siciliana ha chiesto a questa Corte l'annullamento del decreto del Ministro dei lavori pubblici 23 maggio 1960 (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 149 del 20 giugno successivo), col quale si faceva luogo - "ai sensi e per gli effetti della legge 12 febbraio 1958, n. 126" - alla approvazione del piano generale, formato dall'Amministrazione provinciale di Agrigento, comprendente tutte le strade di quella Provincia in possesso dei requisiti, di cui alla legge stessa, per essere classificate "provinciali" (art. 1), nonché alla classificazione tra le "provinciali" di ventitré strade della Provincia (art. 2).
Premesso che in Sicilia ogni potestà legislativa e amministrativa in materia di classificazione di strade spetta alla Regione, ai sensi degli artt. 14, lett. g, e 20 dello Statuto regionale e delle norme di attuazione emanate con D.P.R. 30 luglio 1950, n. 878 - tanto che la Regione ebbe a esercitare i poteri stessi per le strade regionali con la legge 14 giugno 1957, n. 32 -, la Regione lamenta che la classificazione operata dal Ministro dei lavori pubblici con l'art. 2 del provvedimento impugnato é venuta a usurpare un proprio potere. É vero che l'art. 5 della legge nazionale 12 febbraio 1958, n. 126, attribuisce al Ministro dei lavori pubblici il potere di classificazione delle strade provinciali: ma, in presenza delle riferite norme riguardanti la Sicilia, é chiaro che la disposizione non può considerarsi valevole anche per la Sicilia; del resto, ove così non dovesse essere, essa contrasterebbe con gli artt. 14, lett. g, e 20 Statuto siciliano, e, pertanto, dovrebbe esser dichiarata - previo giudizio incidentale di legittimità costituzionale - illegittima. Qualora, poi, volesse assumersi che la competenza statale discenderebbe dal fatto che la legge del 1958 prevede la erogazione di un contributo finanziario straordinario dello Stato, in favore delle strade inserite nel piano delle strade provinciali, in occasione della prima classificazione eseguita in attuazione di essa, la Regione osserva, in primo luogo, che la concessione del contributo deve precedere il provvedimento di classificazione ed é indipendente da esso, e, in secondo luogo, che se pure dovesse ammettersi una attrazione del potere di classificazione da parte del potere di erogazione del contributo, nella specie si sarebbe verificata una violazione della seconda parte del primo comma dell'art. 20 dello Statuto regionale, in base alla quale - afferma la Regione - "anche l'attività di natura statale deve essere svolta in Sicilia dagli organi siciliani, sia pure sotto la direttive del Governo dello Stato".
Né l'illegittimità si limita alla sola classificazione. Essa investe anche l'art. 1 del decreto impugnato, che fa luogo all'approvazione del piano generale formato dall'Amministrazione provinciale. Siccome l'approvazione del piano spetta - ex art. 16 della legge del 1958 - alla Provincia, o, in caso di contestazione, all'organo locale di tutela, bisogna ritenere che il provvedimento ministeriale abbia avuto, in proposito la sola disfunzione di ammettere le strade provinciali agrigentine al riparto del contributo.
Senonché il potere in questione avrebbe dovuto essere esercitato, in base all'art. 20, primo comma, ultima parte, dello Statuto, dalla Regione, sia pure sotto le direttive del Governo. Dal coordinamento della legge statale n. 126 del 1958 e dell'art. 20 Statuto siciliano risulta, infatti, che "solo gli organi siciliani sono competenti ad ammettete i piani provinciali della Sicilia al riparto del contributo, così come ad essi spetta provvedere alla ripartizione tra le varie Amministrazioni provinciali della quota di contributo globalmente attribuita dallo Stato alla Regione siciliana".
Il ricorso conclude chiedendo che la Corte dichiari che solo alla Regione spetta emettere i decreti di classificazione delle strade provinciali in Sicilia ed ammettere i piani delle strade provinciali delle Province siciliane al riparto del contributo, e conseguentemente annulli in toto il decreto impugnato; in subordine, sollevi già riferita questione di legittimità costituzionale della legge 12 febbraio 1958, n. 126
2. - Resiste al ricorso il Presidente del Consiglio dei Ministri, costituitosi in giudizio, a mezzo dell'Avvocatura generale dello Stato, con deduzioni depositate il 22 agosto 1960. L'Avvocatura osserva, innanzi tutto, che pur volendo prescindere dal rilievo che la classificazione delle strade non rientra nella materia dei lavori pubblici, che é la sola attribuita alla Regione dall'art. 14, lett. g, Statuto siciliano - la legge 12 febbraio 1958, n. 126, - volta a regolare in modo unitario per tutto lo Stato la materia delle strade, la quale esige per natura una disciplina nazionale unitaria, ispirata alle "superiori necessità generali della collettività" - non interferisce minimamente con la sfera delle autonomie regionali. Aggiunge, poi, che le norme di attuazione emanate con D.P.R. n. 878 del 1950, avendo carattere regolamentare, non possono "integrare concetti che la legge (nel caso specifico, lo Statuto siciliano) non - menziona".
Al riguardo osserva che lo Statuto siciliano esclude dalla competenza regionale le grandi opere pubbliche "di prevalente interesse nazionale", tra le quali l'art. 3, lett. m, delle citate norme di attuazione fa rientrare tutte le opere che lo Stato, sentita la Regione, riconoscerà tali. "Orbene - rileva l'Avvocatura - non potrebbe seriamente negarsi che l'adeguamento (alle moderne esigenze del traffico) della rete delle strade di uso pubblico abbia carattere di prevalente interesse nazionale"; e l'intento di sottrarre la materia a ogni potere regionale risulta, appunto, confermato dalla disciplina unitaria data dalla legislazione statale, da un lato - con la legge n. 126 del l958 - alla classificazione delle strade (che volutamente non considera strade regionali), e dall'altro - col T.U. 15 giugno 1959, n. 393, e col relativo regolamento - la circolazione stradale. Pertanto, l'Avvocatura conclude per il rigetto totale del ricorso, e per l'affermazione della competenza statale in materia di "sistemazione generale" e di "classificazione" delle strade di uso pubblico, "con gli oneri e l'esercizio delle funzioni amministrative ad essa connesse".
3. - Le due parti hanno depositato in data 25 maggio memorie illustrative delle rispettive tesi.
La Regione modificando l'originario punto di vista, osserva che il decreto ministeriale impugnato contiene, nei suoi due articoli, un unico provvedimento, che si concreta nella classificazione delle 23 strade provinciali, ai sensi dell'art. 5 della legge 126 del 1958; sottolinea che la concessione del contributo da parte dello Stato non può valere a far passare a questo la competenza alla classificazione delle strade provinciali, trattandosi di provvedimenti che "non sono in alcun modo collegabili in un rapporto di interdipendenza", confermando che, peraltro, in ordine alla ripartizione del contributo, l'esercizio della competenza del Ministro spetta, in Sicilia, alla Regione (ex art. 20, primo comma, ultima parte, Statuto regionale); ricorda che la materia delle strade rientra, fin dalle origini della legislazione italiana, nella sfera dei lavori pubblici, e che, pertanto, é da ritenere trasferita alla Regione siciliana (salvo quanto riguarda le strade nazionali) in virtù degli artt. 14, lett. g, e 20 dello Statuto regionale e dell'art. 3 delle norme di attuazione emanate col D.P.R. n. 878 del 1950; nega che le strade provinciali possano farsi rientrare fra quelle "di prevalente interesse statale", osservando che affermare il contrario rappresenta una contradictio in adjecto; pone in evidenza la diversità che corre tra la materia relativa alla costruzione e alla manutenzione delle strade e quella relativa alla circolazione su di esse, considerando che quest'ultima, e non anche la prima, riveste carattere necessariamente unitario per tutto lo Stato.
É da notare che tanto nel ricorso, quanto nella memoria, la Regione riconosce che la legge n. 126 del 1958 - in virtù della quale lo Stato ha erogato contributi anche per le strade provinciali siciliane - deve trovare applicazione anche in Sicilia; ma afferma che, dovendo essere interpretata in armonia con le disposizioni costituzionali e ordinarie particolari a questa Regione, in Sicilia i poteri ministeriali da essa contemplati in relazione alle strade provinciali devono essere esercitati dal Governo regionale.
4. - Nella sua memoria l'Avvocatura dello Stato osserva che dai lavori preparatori della Costituzione risulta che al legislatore costituente fu presente la distinzione tra "viabilità" e "lavori pubblici", onde nelle formule costituzionali che attribuiscono alle Regioni quest'ultima materia (che comprende soltanto la costruzione e manutenzione delle strade) non può considerarsi compresa anche la prima, che riguarda la circolazione sulle strade e la classificazione di esse: contesta, in conseguenza, che la legge n. 126 del 1958 contenga alcuna illegittimità costituzionale, in quanto solo allo Stato spetta statutariamente la classificazione delle strade; solleva per contro la questione di legittimità costituzionale della legge reg. sic. 14 giugno 1957, n. 32, la quale, in contrasto con i riferiti principi statutari, che postulano l'unitarietà e uniformità della classificazione delle strade su tutto il territorio dello Stato, ha previsto un potere regionale di classificare come regionali talune delle strade esistenti in Sicilia; contesta che la concessione del contributo statale ex art. 18 della legge n. 126 del 1958 possa aver luogo prima del provvedimento statale di classificazione delle strade come provinciali; afferma che lo Stato é sempre legittimato a intervenire con propri mezzi finanziari per la tutela di interessi di carattere nazionale, nella sfera delle attribuzioni regionali; nota che l'art. 20, primo comma, ultima parte, dello Statuto siciliano, non significa altro se non che lo Stato può attribuire di volta in volta alla Regione l'esercizio di poteri amministrativi suoi propri; nega che la Regione possa pretendere alcuna ingerenza nella assegnazione dei con tributi statali per le strade provinciali; conclude nei sensi delle precedenti deduzioni, e per il rigetto della eccezione di legittimità costituzionale sollevata dalla Regione, e, subordinatamente, perché venga sollevata in via incidentale la questione di legittimità costituzionale della legge regionale siciliana 14 giugno 1957, n. 32, e in particolare degli artt. 1 e 2, comma primo, di essa.
5. - Nella discussione orale i difensori della Regione e dello Stato hanno ulteriormente illustrato le rispettive tesi.
La difesa della Regione, anche al fine di rettificare le conclusioni del ricorso, ha richiamato l'attenzione sul fatto che il decreto impugnato nulla dispone in ordine alla concessione del contributo previsto dall'art. 18 della legge n. 126 del 1958, onde l'accoglimento del ricorso non può in alcun modo incidere sul problema della concessione del contributo da parte dello Stato. L'Avvocatura dello Stato ha sostenuto la tesi opposta.
Considerato in diritto
1. - Il decreto del Ministro dei lavori pubblici, del quale la Regione siciliana, sul presupposto della invasione della propria sfera di attribuzioni, ha chiesto l'annullamento, fa luogo: a) alla approvazione del piano generale - predisposto dall'Amministrazione provinciale di Agrigento ai sensi dell'art. 16 della legge nazionale 12 febbraio 1958, n. 126 - comprendente le strade di quella Provincia già classificate come provinciali e quelle in possesso dei requisiti per ottenere tale classificazione (art. 1); b) alla classificazione tra le provinciali di quest'ultimo gruppo di strade (art. 2). Nulla esso dispone, invece, in ordine al contributo che l'art. 18 della stessa legge consente al Ministro di erogare per la "sistemazione generale delle strade che saranno classificate provinciali ai sensi dei precedenti artt. 16 e 17". La materia della erogazione del contributo e della relativa competenza non attiene, dunque, all'oggetto del giudizio, sebbene le parti ne abbiano discusso.
La Corte deve perciò limitarsi a esaminare se l'approvazione del piano e la classificazione delle strade da parte del Ministero dei lavori pubblici abbiano importato alcuna invasione della sfera di attribuzioni della Regione.
2. - Ritiene la Corte che la materia delle "strade" sia compresa in quella dei "lavori pubblici", che l'art. 14, lett. g, dello Statuto speciale per la Regione siciliana attribuisce alla competenza della Regione, "eccettuate le grandi opere pubbliche di interesse prevalentemente nazionale". A parte l'antica e costante tradizione legislativa, che risale alla legge dei lavori pubblici del 1865 (all. F alla legge 20 marzo 1865, n. 2248), la quale comprende le strade tra le opere pubbliche, ciò é confermato dal fatto che l'art. 3, lett. a, delle norme di attuazione dello Statuto siciliano in materia di opere pubbliche, approvate con D.P.R. 30 luglio 1950, n. 878, considera tra le "grandi opere pubbliche di prevalente interesse nazionale" la "costruzione, riparazione e manutenzione delle strade statali". Né, in presenza della riferita tradizione legislativa, appaiono decisive le considerazioni che, in senso contrario, vorrebbero trarsi dal fatto che l'art. 117 della Costituzione usa una formula più dettagliata, parlando di "viabilità, acquedotti e lavori pubblici d'interesse regionale", e che analoghe formule si trovano in taluni Statuti regionali (art. 4, n. 5 St. T.-A.A. ; art. 2, lett. f, St. V. A.).
Se ciò é vero, non può dirsi tuttavia che la disposizione dell'art. 14, lett. g, dello Statuto siciliano abbia finora avuto, in materia di strade, attraverso le norme di attuazione emanate dallo Stato, l'indispensabile puntualizzazione, sopra tutto per ciò che riguarda il coordinamento dei poteri statali con quelli regionali. Ciò vale precipuamente in relazione alle strade di interesse degli enti locali diversi dalla Regione, apparendo del tutto insufficiente (oltre che non univoca) la disposizione dell'art. 5 delle norme di attuazione, emanate con D.P.R. 30 luglio 1950, n. 878, che si limita a dire che, per la "esecuzione delle pere pubbliche di interesse degli enti locali" (alla quale, per antica tradizione che risale all'art. 321 della legge dei lavori pubblici del 1865, partecipa in misura notevole la finanza statale), "nulla é innovato", e, per giunta, non si occupa in alcun modo del coordinamento dei poteri "non innovati" con quelli eventualmente di spettanza della Regione.
L'esigenza di norme di attuazione si lascia particolarmente sentire pel caso di trasferimento alla Regione di poteri relativi alla classificazione delle strade, apparendo tali norme indispensabili, non tanto e non soltanto allo scopo di definire quali momenti delle procedure di classificazione, e in ispecie di quelle riguardanti le strade degli enti territoriali minori (cui non si fa alcun cenno nelle norme fin qui emanate), siano eventualmente da considerare passati alla Regione, quanto allo scopo di definire in proposito il coordinamento dei poteri statali e regionali, reso assolutamente necessario quanto meno dalla presenza della disposizione dell'art. 5 di cui si é detto.
É chiaro, d'altronde, che la classificazione delle strade non può, per la sua stessa funzione, esser regolata se non nel quadro di un sistema unitario, nel quale sia stata previamente realizzata la coordinazione dei vari poteri legislativi e amministrativi operanti nel settore: infatti, l'appartenenza di un'arteria di comunicazione a un ente piuttosto che ad un altro, come pure il passaggio di essa da un ente ad un altro, comporta conseguenze di rilievo, oltre che per l'amministrazione e la finanza dei diversi enti, proprietari od obbligati a contribuire nelle spese, anche per l'economia delle popolazioni locali e per quella generale della Nazione. Di modo che é da escludere che, essendo stata la materia regolata finora dalla legislazione statale secondo un certo ordine - nel quale sono notevoli gli interventi amministrativi e finanziari dello Stato -, la competenza legislativa e amministrativa della Regione relativa alla classificazione delle strade possa sottentrare, sia pur parzialmente, prima che sia stato definito, attraverso norme di attuazione, in qual modo gli eventuali nuovi e diversi poteri abbiano a coordinarsi con gli antichi, senza che l'unitarietà del sistema abbia a soffrirne.
L'esigenza di disposizioni puntuali si lascia tanto più sentire in una situazione come quella siciliana, nella quale il sistema degli enti territoriali - che per tradizione sono gli enti preposti alla tenuta delle strade pubbliche - é stato sottoposto, con lo Statuto regionale, a notevoli innovazioni.
In tale stato di cose, ritiene la Corte - in ciò conformandosi alla propria giurisprudenza (sent. 31 marzo 1960, n. 19, e 24 marzo 1961, n. 20) - che le disposizioni di attuazione emanate col D.P.R. 30 luglio 1950, n. 878, le quali non si occupano affatto della classificazione delle strade, siano tutt'altro che idonee a far considerare passati alla Regione i relativi poteri legislativi e amministrativi dello Stato. Onde, fin quando non siano state emanate altre disposizioni di attuazione specifiche e puntuali, non può considerarsi modificato il preesistente ordine delle competenze. Il che implica, tra l'altro, che il legislatore e il Governo dello Stato conservano, attualmente, i propri poteri in materia di classificazione delle strade provinciali.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
rigettata ogni diversa richiesta:
dichiara spettare allo Stato la competenza esercitata col decreto del Ministro dei lavori pubblici 2 agosto 1960 - impugnato col ricorso della Regione siciliana indicato in epigrafe -, che ha approvato il piano generale, formato dall'Amministrazione provinciale di Agrigento, comprendente tutte le strade di quella Provincia in possesso dei requisiti per essere classificate provinciali ed ha classificato tra le provinciali ventitré strade della Provincia stessa;
respinge, in conseguenza, la domanda di annullamento dell'anzidetto decreto.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 3 luglio 1961.
Giuseppe CAPPI - Gaspare AMBROSINI - Mario COSATTI - Francesco Pantaleo GABRIELI - Giuseppe CASTELLI AVOLIO - Antonino PAPALDO - Nicola JAEGER - Giovanni CASSANDRO - Biagio PETROCELLI - Antonio MANCA - Aldo SANDULLI - Giuseppe BRANCA - Michele FRAGALI - Costantino MORTATI - Giuseppe CHIARELLI
Depositata in cancelleria l'11 luglio 1961.