SENTENZA N. 19
ANNO 1960
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
Dott. GAETANO AZZARITI, Presidente
Avv. GIUSEPPE CAPPI
Prof. TOMASO PERASSI
Prof. GASPARE AMBROSINI
Prof. ERNESTO BATTAGLINI
Dott. MARIO COSATTI
Prof. GIUSEPPE CASTELLI AVOLIO
Prof. ANTONINO PAPALDO
Prof. NICOLA JAEGER
Prof. GIOVANNI CASSANDRO
Prof. BIAGIO PETROCELLI
Dott. ANTONIO MANCA
Prof. ALDO SANDULLI
Prof. GIUSEPPE BRANCA
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale della legge approvata dal Consiglio provinciale di Bolzano nella seduta del 13 novembre 1959 recante "Norma per l'attuazione delle competenze provinciali in materia di case popolari", promosso con ricorso del Presidente del Consiglio dei Ministri, notificato il 28 novembre 1959, depositato nella cancelleria della Corte costituzionale il 5 dicembre 1959 ed iscritto al n. 21 del Registro ricorsi 1959.
Vista la costituzione in giudizio del Presidente della Giunta provinciale di Bolzano;
udita nell'udienza pubblica del 2 marzo 1960 la relazione del Giudice Aldo Sandulli;
uditi il sostituto avvocato generale dello Stato Luigi Tavassi La Greca, per il ricorrente, e gli avvocati Karl Tinzl e Giuseppe Guarino, per la Provincia di Bolzano.
Ritenuto in fatto
Con ricorso notificato alla Regione Trentino - Alto Adige e alla Provincia di Bolzano il 28 novembre 1959 il Presidente del Consiglio dei Ministri ha impugnato innanzi a questa Corte la legge recante "Norme per l'attuazione delle competenze provinciali in materia di case popolari", approvata dal Consiglio provinciale di Bolzano per la seconda volta (a seguito di rinvio da parte del Commissario di Governo) nella seduta del 13 novembre precedente.
La legge impugnata si compone di sette articoli. Di essi, il primo demanda alla Giunta provinciale l'approvazione dei bilanci del locale Istituto autonomo per le case popolari e il potere di annullare le deliberazioni dello stesso Istituto non conformi alle leggi o agli interessi dell'Istituto. L'art. 2 dispone che la legge statale 9 agosto 1954, n. 640 (contenente norme per l'eliminazione delle abitazioni malsane), "si applica come legge della Provincia, salvo quanto disposto nel D.P.R. 26 gennaio 1959, n. 28, e negli articoli seguenti". Gli artt. 3, 4, 5, 6, modificano gli artt. 1, 4, 6 e 8 dell'anzidetta legge del 1954, sostituendo, nelle rispettive disposizioni, allo Stato la Provincia e al Ministro dei lavori pubblici la Giunta provinciale. L'art. 7 dispone che agli oneri finanziari che la nuova legge comporta si provvederà "ai sensi dell'art. 4 D.P.R. 26 gennaio 1959, n. 28, ed; occorrendo, con ulteriore apposito stanziamento nel bilancio della Provincia".
Il ricorso del Presidente del Consiglio dei Ministri investe in primo luogo l'intera legge: arbitrariamente la Provincia avrebbe ritenuto di poter emanare norme di attuazione dello Statuto, mentre l'art. 95, St. T. A. A. riserva allo Stato siffatta potestà normativa; inoltre l'intera legge sarebbe illegittima perché contrasterebbe con le norme di attuazione emanate dallo Stato col D.P.R. 26 gennaio 1959, n. 28, e per di più pretenderebbe di modificarle. Passando poi all'esame dei singoli articoli, il ricorso lamenta che:
1) il controllo di merito e la potestà di annullamento attribuiti dall'art. 1 alla Provincia nei confronti degli atti dell'Istituto autonomo case popolari contrasterebbero con le norme statali di attuazione, da un lato, non potendo la Provincia ingerirsi nelle attività edilizie dell'Istituto "non trasferite alla competenza provinciale", e dall'altro perché interferirebbero con l'autonomia dell'Istituto, salvaguardata da quelle norme; inoltre l'attribuzione alla Provincia degli anzidetti poteri di controllo, esorbitanti dalla sua competenza, rappresenterebbe violazione dell'art. 130 Cost. e dell'art. 48, n. 5, St.T.A.A.;
2) gli artt. 3 - 6, modificativi della legge 9 agosto 1954, n. 640, contrasterebbero anch'essi con le norme statali di attuazione dello Statuto, dato che queste considerano tuttora operante nella Provincia quella legge; inoltre esse contrasterebbero con l'art. 11, n. 11, dello. Statuto, in quanto la materia delle abitazioni malsane - cui ha riguardo la legge del 1954 - non rientra tra quelle attribuite alla Provincia dall'anzidetta disposizione statutaria;
3) l'art. 7 violerebbe l'art. 81 Cost. per non avere indicato gli specifici mezzi di copertura in relazione agli oneri inerenti alla nuova legge.
Resiste al ricorso la Provincia di Bolzano, la quale si é costituita nella cancelleria della Corte il 15 dicembre 1959, deducendo in primo luogo che la potestà statale di emanare norme di attuazione degli Statuti regionali si riferisce soltanto al passaggio del personale e degli uffici dallo Stato alle Regioni o alle Province, e non alle altre materie, per le quali non può esser disconosciuta potestà normativa pienamente autonoma, nei limiti dello Statuto, agli anzidetti enti. Comunque, - indipendentemente dal giudizio di costituzionalità a quell'epoca pendente avverso le norme di attuazione emanate al D. P. R; 26 gennaio 1959, n. 28, e deciso nelle more del presente giudizio con la sentenza di questa Corte 26 gennaio 1960, n. 2 - la legge provinciale di cui si discute non contrasterebbe affatto con quelle norme di attuazione.
Quanto all'art. 1, si rappresenta che l'art. 6 del D.P.R. n. 28, riconosce esplicitamente alla Provincia la competenza legislativa, e con ciò anche quella amministrativa, in ordine agli Istituti case popolari (che sono istituti provinciali), "e, per quanto riguarda la vigilanza, contiene soltanto nell'ultimo comma una riserva circa le case costruite dallo. Stato a totale suo carico". Di conseguenza, "salva questa eccezione, del resto impugnata", spetterebbe alla Provincia, ai sensi degli artt. 13 e 48, n. 5, St., la vigilanza e la tutela (e quindi anche la possibilità di annullare atti viziati nel merito) nei confronti degli Istituti.
Quanto agli artt. 3 - 6 della legge impugnata, la Provincia deduce che le norme di attuazione contenute nel D.P.R. n. 28 non escluderebbero affatto il passaggio alla competenza provinciale della "sottomateria" regolata dalla legge 9 agosto 1954, n. 640; che anzi, riconoscendo espressamente gli artt. 3 e 11 di quelle norme la competenza amministrativa della Provincia in tale "sottomateria", ciò implicherebbe - ai sensi dell'art. 13 St. il riconoscimento alla Provincia anche della potestà legislativa. Né lo Stato può dolersi del fatto che la Provincia abbia dichiarato di far propria, in parte conservandola, in parte modificandola, la legge del 1954, inerendo ciò ai naturali poteri della Provincia in conseguenza del passaggio a essa della potestà normativa: ai sensi dell'art. 92 St., infatti, nelle materie attribuite alla competenza della Regione o della Provincia, le leggi statali conservano vigore solo fin quando non sia diversamente disposto con leggi regionali o provinciali.
Quanto, infine, all'art. 7 della legge impugnata, la Provincia deduce che, siccome la legge non contiene alcuna precisa indicazione di spesa, e soltanto nel bilancio del 1960 potrà eventualmente esservi bisogno di una spesa, "per ora deve bastare la previsione e l'impegno generico per lo stanziamento della rispettiva copertura In quel bilancio".
Come si é detto, il giudizio avverso le norme di attuazione dello Statuto speciale pel Trentino-Alto Adige, approvate con D.P.R. 26 gennaio 1959, n. 28, é stato deciso, successivamente alla presentazione del ricorso di cui si discute, con la sentenza di questa Corte 22 gennaio 1960, n. 2, la quale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale soltanto di alcune disposizioni dell'art. 6, e precisamente dell'ultima parte del primo comma (relativa al trattamento da usare agli assegnatari degli alloggi degli Istituti di case popolari) e dell'ultima parte del terzo comma (relativa alla nomina degli amministratori degli Istituti stessi). Per il resto, il D.P.R. é rimasto in vigore.
Nell'imminenza dell'udienza di trattazione, sia la difesa dello Stato che quella della Provincia hanno depositato memorie illustrative delle rispettive tesi. Oltre a ribadire i punti di vista già enunciati, in esse vengono precisate le rispettive posizioni con riferimento alla sopravvenuta sentenza n. 2.
Richiamandosi a quest'ultima, la difesa dello Stato osserva che, sopravvivendo la disposizione del D.P.R. n. 28 del 1959, in virtù della quale nella Regione Trentino-Alto Adige "gli Istituti aut. delle case popolari continuano ad esser sottoposti alla vigilanza del Ministero dei lavori pubblici per quanto riguarda le loro attribuzioni relative alle case costruite dallo Stato a totale suo carico", gli Istituti case popolari del Trentino-Alto Adige sono, sì, soggetti, oltre che al controllo statale, anche a quello della Provincia (per ciò che riguarda l'attività relativa alle case non costruite a totale carico dello Stato); ma, pure nell'ambito della competenza provinciale di controllo, la determinazione della "intensità" e delle "forme e modalità" dei controlli non potrebbero spettare se non alla legislazione statale: e ciò, da un lato, per la "logica del sistema", in quanto, dovendo il controllo essere esercitato da due enti diversi, "é evidente che un'unica norma debba disciplinarne l'attuazione, e tale norma, in vista anche dell'interesse, che non può considerarsi localizzato al territorio della Provincia, deve promanare dallo Stato"; dall'altro, perché così risulta dall'art. 1 del D.P.R. n. 28, in base al quale é di competenza legislativa dello Stato "l'ordinamento e il funzionamento degli enti ed istituti che hanno per fine la costruzione e la gestione di case economiche e popolari e che svolgono la loro attività anche al di fuori del territorio della Regione" (tra i quali enti e istituti rientrerebbero appunto gli Istituti case popolari). Donde l'illegittimità dell'art. 1 della legge impugnata. Illegittimità rincarata dal fatto che l'articolo prevede un controllo di merito destinato a essere esercitato in una forma diversa da quella prevista dall'art. 130 Cost. e a incidere profondamente nell'autonomia del l'ente controllato, del quale pretenderebbe "salvaguardare gli interessi".
Con riferimento agli artt. 3 - 6 della legge impugnata, si aggiunge agli argomenti già svolti che la legge 9 agosto 1954, n. 640, sulle abitazioni malsane é volta alla tutela di interessi ultraregionali, i quali impongono una soluzione unitaria, affidata allo Stato, tanto che l'art. 3 del D.P.R. n. 28 del 1959 non ha voluto che passasse alle Province la proprietà delle case costruite nella Regione in attuazione di quella legge: "con la conseguenza che, almeno per queste case, costruite dallo Stato con danaro proprio, neanche le attribuzioni amministrative possono intendersi trasferite alla Provincia (sent. 2 del 1960, punto 5)". Inoltre, nel trasferire funzioni statali a organi provinciali, il legislatore della Provincia non avrebbe tenuto conto "che, comunque, a tanto può procedersi solo mediante specifiche norme di attuazione (sent. 2 del 1960, punto 15, ult. parte)".
Nelle memorie della Provincia si afferma, innanzi tutto, che in virtù del D.P.R. n. 28, si é operato il trasferimento alla Provincia delle funzioni già esercitate dallo Stato in materia di case popolari: donde la legittimità dell'attribuzione da parte della legge impugnata agli organi provinciali di competenze già di organi statali. Si aggiunge poi che la legge impugnata non ha invaso il campo attribuito allo Stato dall'art. 95 St., in quanto le norme in essa contenute non sono norme di attuazione dello, Statuto, nel senso del cit. art. 95, bensì norme "emanate in base ed in conseguenza, e, si può aggiungere senz'altro, in conformità alle norme di attuazione emanate dallo Stato".
Con specifico riferimento all'art. 1 della legge impugnata si osserva che la sent. n. 2 ha riconosciuto la competenza della Provincia al controllo sull'Istituto case popolari, e si aggiunge che l'art. 1 contempla esclusivamente controlli di legittimità, tale dovendo esser considerato anche quello in base al quale la Provincia può annullare le deliberazioni dell'Istituto case popolari che importino evidente lesione degli interessi propri.
Con riferimento agli artt. 2 - 6, si sottolinea che dagli artt. 1, 3 e 11 del D.P.R. n. 28 risulta il passaggio alla Provincia della competenza legislativa e amministrativa nella materia di cui alla legge 9 agosto 1954, n. 640; e si aggiunge che nel ricorso dello Stato non si presenta come motivo d'impugnativa il fatto che la Provincia abbia "recepito" il testo di una legge statale. A parte che un tale sistema di legislazione degli enti autonomi non é illegittimo .(come risulterebbe anche dalla sentenza n. 2), un siffatto argomento non potrebbe dunque esser posto a base dell'accoglimento del ricorso.
Con riferimento all'art. 7, la memoria ribadisce che l'art. 81 Cost. non esige l'indicazione "della cifra che sarà impiegata" ma soltanto "l'indicazione di massima della fonte di copertura"; e tale indicazione, sufficiente allo scopo, nella legge impugnata non manca.
All'udienza di trattazione del giudizio le difese hanno illustrato e sviluppato le rispettive tesi.
Considerato in diritto
1. Il primo motivo del ricorso, col quale si denuncia la violazione dell'art. 95 St. spec. T. A. A., in quanto con la legge impugnata la Provincia di Bolzano si sarebbe arrogato il potere, non spettantele, di emanare norme di attuazione dello Statuto, non ha fondamento.
Con la legge in esame - la quale si intitola "Norme per l'attuazione delle competenze provinciali in materia di case popolari" - anche se, come si dirà, ha esorbitato dai limiti della propria potestà normativa, la Provincia infatti non ha preteso di dettar norme di attuazione dello Statuto, bensì semplicemente di legiferare nell'ambito della competenza, che ha ritenuto spettarle ai sensi dello Statuto e delle norme di attuazione emanate dallo Stato.
2. - Nel trattare delle altre censure contenute nel ricorso conviene esaminarle con riferimento ai singoli articoli della legge impugnata e nell'ordine di questi.
L'art. 1 della legge sottopone al controllo della Provincia il bilancio preventivo e il conto consuntivo del locale Istituto autonomo per le case popolari, nonché tutte le deliberazioni da esso adottate, disponendo che tale controllo si esercita, per quanto riguarda il bilancio e il conto, sottoponendoli all'approvazione della Giunta provinciale, e, per quanto riguarda le altre deliberazioni, consentendo alla stessa Giunta di chiederne copia e di annullarle allorché esse siano illegittime (in quanto "violino le leggi ed i regolamenti e lo statuto dell'Istituto") o siano palesemente non opportune (in quanto "importino una evidente lesione degli interessi dell'Istituto"). Nei confronti del bilancio e del conto la legge prevede dunque un controllo di merito (mediante approvazione), mentre nei confronti delle altre deliberazioni prevede un controllo di legittimità (possibilità di annullamento di quelle illegittime) e di merito (possibilità di annullamento di quelle palesemente inopportune).
Nel ricorso si denuncia che gli anzidetti controlli di merito e la potestà di annullamento contrasterebbero con le norme di attuazione dello Statuto regionale contenute nel D.P.R. 26 gennaio 1959, n. 28 (dato che queste "salvaguardano il carattere autonomo del suddetto Istituto"), e, inoltre, contrasterebbero con l'art. 130 Cost. e con l'art. 48, n. 5, St. speciale. Ma l'assunto, nei suoi termini generali, non ha fondamento. É da osservare innanzitutto che é improprio il richiamo all'art. 130 Cost. (il quale, mentre ammette illimitatamente il controllo regionale di legittimità sugli atti degli enti locali, limita il controllo di merito sugli atti stessi alla richiesta motivata di riesame), in quanto il controllo sugli atti degli enti locali nel Trentino-Alto Adige é disciplinato dall'art. 48, n. 5, St. spec., che affida alle Province "la vigilanza e la tutela" su tali enti. Orbene, tale formula statutaria (e in particolare la possibilità della "tutela") certamente consentono alla legislazione autonoma, nelle materie di sua competenza, sia la possibilità di sottoporre ad approvazione gli atti degli enti soggetti a controllo, sia la possibilità di sottoporli ad annullamento quando siano "evidentemente" contrastanti con gli interessi degli enti stessi; quanto poi alla possibilità di sottoporre ad annullamento gli atti comunque contra jus, essa é sempre stata considerata, nella nostra legislazione, come manifestazione tipica della "vigilanza". Né alcuna disposizione del D.P.R. n. 28 e in specie l'art. 6, che riguarda espressamente gli Istituti autonomi case popolari - si oppone, in via generale e assoluta, a controlli di legittimità e di merito del tipo di quelli esaminati.
Il ricorso aggiunge però che le denunciate illegittimità sussisterebbero quanto meno per ciò che riguarda il controllo sugli atti posti in essere dall'Istituto autonomo case popolari di Bolzano in relazione ad attività edilizie non trasferite dal D.P.R. n. 28 alla competenza provinciale. In effetti, se l'annullamento delle deliberazioni dell'Istituto da parte della Giunta provinciale previsto dai commi secondo e terzo dell'articolo in esame, e la richiesta da parte della stessa Giunta di qualsiasi deliberazione o atto dell'Istituto, prevista dal 2 periodo del primo comma, fossero consentiti anche in relazione a simili attività edilizie, le disposizioni anzidette sarebbero in insanabile contrasto col disposto della la parte del terzo comma dell'art. 6 D.P.R. n. 28 (riconosciuta legittima dalla sentenza 22 gennaio 1960, n. 2, di questa Corte), in base alla quale "gli Istituti autonomi per le case popolari continuano ad essere sottoposti alla vigilanza del Ministero dei lavori pubblici per quanto riguarda le loro attribuzioni relative alle case costruite dallo Stato a totale suo carico". La Corte ritiene però di aderire all'interpretazione delle anzidette disposizioni, data, durante la discussione orale, dai rappresentanti della Provincia, nel senso che esse riguardano semplicemente le deliberazioni inerenti alle attività edilizie passate alla competenza provinciale, e non anche quelle inerenti alle altre attività dell'Istituto. In questa interpretazione conforta anche il titolo della legge, il quale la dichiara volta alla "attuazione delle competenze provinciali in materia di case popolari".
Accettata tale interpretazione - come la Corte ritiene di dover fare - la denunciata illegittimità non sussiste nelle riferite disposizioni.
A diversa conclusione bisogna giungere per la disposizione - contenuta nel 1 periodo del primo comma - che sottopone i bilanci preventivi e i conti consuntivi dell'Istituto all'approvazione della Giunta provinciale. Dato il carattere unitario di tali atti di amministrazione, nei quali, anche in considerazione della indissociabilità delle spese generali dell'Istituto, la parte relativa alla gestione dei fondi, delle attività e delle spese di pertinenza statale non può essere avulsa dalle altre parti, qui non é possibile che il controllo si eserciti rispettivamente, dallo Stato e dalla Provincia, limitatamente a una parte soltanto o a singole parti. E siccome il sistema instaurato dall'art. 6 del D.P.R. n. 28 non consente alla Provincia il sindacato sull'attività dell'Istituto relativa ai settori di pertinenza finanziaria dello Stato, é da ritenere che occorrono norme di attuazione destinate a coordinare controllo statale e controllo provinciale sui bilanci e sui conti consuntivi dell'Istituto.
Sussiste dunque, per il lo periodo del primo comma dell'art. 1, il contrasto col sistema dell'art. 6 D.P.R. n. 28. Onde va dichiarata l'illegittimità costituzionale della disposizione.
3. - In ordine ai successivi articoli della legge provinciale impugnata, l'illegittimità denunciata consiste, in sostanza, nel fatto che con essi la legge avrebbe valicato i limiti fissati alla legislazione provinciale dalle norme di attuazione emanate col D.P.R. 26 gennaio 1959, n. 28, dato che questo - come si esprime l'Avvocatura dello Stato - "conferma operante nella Provincia di Bolzano" la legge statale 9 agosto 1954, n. 640.
L'art. 2 della legge impugnata dispone: "La legge 9 agosto 1954, n. 640, si applica come legge della Provincia, salvo quanto disposto nel decreto del Presidente della Repubblica 26 gennaio 1959, n. 28, e negli articoli seguenti"; e gli artt. 3, 4, 5 e 6 apportano modificazioni al contenuto di vari articoli della stessa legge 640. In tal modo la Provincia ha ritenuto di essere sottentrata interamente allo Stato e di avere acquistato potere di legiferazione nel campo governato dall'anzidetta legge statale del 1954.
La Presidenza del Consiglio dei Ministri contesta alla Provincia - appellandosi al D.P.R. n. 28, e alla citata sentenza di questa Corte 22 gennaio 1960, n. 2, che ebbe a giudicare di esso - ogni potestà legislativa in detto settore.
Si potrebbe in primo luogo osservare - con riferimento a uno dei rilievi contenuti nel ricorso - che molte disposizioni della legge 640 attengono a materie estranee all'edilizia popolare ed economica. E di esse, mentre taluna rientra nella competenza provinciale (così la materia urbanistica, cui si riferiscono gli artt. 16 e 17 della legge, e che é riconosciuta alla Provincia dall'art. 11, n. 6, dello Statuto speciale), non ugualmente può dirsi per varie altre. Gli artt. 2, 10, li della legge attengono infatti, rispettivamente, alla dichiarazione di inabitabilità dei locali malsani e allo sgombero di essi, nonché alle misure per eliminare materialmente la possibilità che essi vengano ridestinati ad alloggio; mentre gli artt. 14 e 15 riguardano materia tributaria. Ciò solo potrebbe bastare a far dichiarare l'illegittimità costituzionale - quanto meno parziale - dell'art. 2 della legge impugnata. Ma, ad avviso della Corte, esiste una ragione unitaria e assorbente per escludere che la Provincia possa far propria qualsiasi parte del contenuto della legge statale del 1954, e quindi. modificare la relativa disciplina.
Se é vero, infatti - come sottolinea nel suo argomentare la difesa della Provincia di Bolzano -, che la recente sentenza n. 2 di questa Corte ha affermato che - salvo le riserve di competenza statale enunciate nell'art. 1 del D.P.R. n. 28 - le Province del Trentino-Alto Adige dispongono oggi nella materia dell'edilizia popolare di tutta la potestà normativa, occorre altresì tener presente che quella sentenza ha dichiarato inoltre non costituire lesione dell'autonomia delle Province il fatto che, per la necessità di soddisfare particolari interessi di carattere nazionale, lo Stato emani in materia proprie leggi destinate a favorire, a carico della propria finanza, l'incremento edilizio in singoli settori. Beninteso - e ciò va subito precisato - la sussistenza di tale potestà statale e l'esercizio di essa non escludono, né fanno venir meno in tutta la materia e nei singoli settori di essa - salvo quelli elencati nell'art. 1 D.P.R. n. 28 -, la potestà della Provincia di operare con proprie leggi e con propri mezzi.
Orbene, se in particolari settori - tra i quali appunto quello dell'edilizia destinata a consentire la sistemazione degli allocati in abitazioni malsane (art. 10 legge n. 640) - lo Stato ha ritenuto di assumere a totale suo carico le spese necessarie, evidentemente nel presupposto del preminente interesse nazionale dei relativi bisogni (e per lo più sollecitato da gravi ragioni contingenti delle quali non può non prendere diretta cura); e se, relativamente a tali settori, il D.P.R. n. 28, in occasione del trasferimento alle Province di Trento e di Bolzano dei poteri in materia di edilizia popolare ed economica, ha ritenuto di non trasferire anche il carico finanziario e la proprietà degli immobili (v. l'art. 3, comma secondo, del decreto n. 28, nonché la sentenza n. 2 citata) - con ciò dimostrando il perdurante interesse statale a che le esigenze in questione continuino a esser soddisfatte anche in quelle Province autonome - ; é da escludere che per i settori stessi lo Stato abbia voluto col decreto n. 28 rinunciare alla potestà normativa, e anzi addirittura (dato che ciò consegue necessariamente al trasferimento della potestà normativa ad altri enti) abbia voluto disinteressarsi della conservazione della normativa già instaurata e vigente.
La verità é che, se non può negarsi che anche nei settori di cui trattasi - e in particolare in quello dell'edilizia destinata a dare alloggio agli occupanti di abitazioni malsane - le Province del Trentino-Alto Adige hanno acquistato il potete di provvedere autonomamente con proprie leggi e con propri mezzi, non per questo deve considerarsi venuto meno il potere dello Stato di provvedere anche in quella Regione con proprie leggi e con propri mezzi alla soddisfazione dei perduranti interessi nazionali, sia per integrare le provvidenze previste dalla legislazione provinciale, sia per sopperire alla carenza di esse.
Alla stregua delle considerazioni che precedono, e in armonia col secondo comma, il primo comma dell'art. 3 del decreto n. 28, per la parte che riguarda il trasferimento alle Province di Trento e di Bolzano delle "attribuzioni amministrative che la legge 9 agosto 1954, n. 640, demanda agli organi centrali e periferici del Ministero dei lavori pubblici in materia di edilizia popolare ed economica", non va dunque inteso - come vorrebbe la Provincia di Bolzano - come una norma di attuazione dello Statuto regionale volta a operare il trasferimento alle Province delle funzioni amministrative statali inerenti a una materia passata (ai sensi degli artt. 11 e 13 St. spec.) alla competenza legislativa e amministrativa delle Province stesse. Esso va invece considerato (in armonia con le disposizioni attinenti allo stesso settore contenute nell'art. 11 del decreto n. 28) come una norma (emanata in base a un potere discrezionale) di contenuto specificativo delle disposizioni statutarie (norma cioè del tipo di quelle comprese nell'art. 1 dello stesso decreto n. 28), volta ad attribuire alle Province la sola potestà amministrativa in un settore del quale lo Stato ritiene di non disinteressarsi, e nel quale continua a operare con proprie leggi e propri mezzi. Norma destinata dunque (al pari delle disposizioni contenute nell'art. 11) a trasferire alle Province attribuzioni amministrative, che, volendo, lo Stato avrebbe anche potuto ritenere. Le potestà amministrative delle Province nello specifico settore regolato dalla legge 640 del 1954 traggono quindi il titolo non dallo Statuto regionale, bensì dal decreto n. 28 del 1959.
Una volta operato, da quest'ultimo provvedimento, il trapasso alle Province delle attribuzioni amministrative anzidette, é evidente che le Province hanno anche il potere (ex art. 11, n. 1 e n. 11, St. spec.) di dettare le norme di organizzazione occorrenti per distribuire tra i propri organi e uffici le attribuzioni in precedenza esercitate dagli organi e uffici statali. Tuttavia ciò non le autorizza in alcun modo a por mano alle disposizioni statali del 1954 in materia di alloggi popolari per gli occupanti di abitazioni malsane.
Quanto precede dimostra peraltro, a un tempo, l'infondatezza dell'affermazione contenuta nella memoria dell'Avvocatura dello Stato, secondo la quale, nel campo regolato dalla legge del 1954, le Province del Trentino-Alto Adige, oltre a non possedere potestà legislativa, non possederebbero neanche potestà amministrativa. Nonostante l'univoco dettato del primo comma dell'art. 3 decreto n. 28 del 1959, l'Avvocatura invoca, a sostegno della sua affermazione, la sentenza n. 2 di questa Corte, più volte citata. Ma il richiamo non é appropriato. La sentenza n. 2 infatti ha negato alla Provincia non qualsiasi potestà amministrativa nel settore in questione, bensì semplicemente quella specifica potestà della quale si .dibatteva nel giudizio da essa deciso: e cioé la potestà amministrativa strettamente inerente alla conservazione, al patrimonio statale, delle case di cui trattasi - conservazione sancita nel secondo comma dello stesso articolo, e contro la quale appunto (e soltanto) era rivolto il motivo di impugnativa esaminato e deciso al punto 50 (cui l'Avvocatura dello Stato si richiama) della sentenza della Corte.
Va pertanto dichiarata l'illegittimità costituzionale dell'art. 2, nonché degli artt. 3, 4, 5, 6 della legge impugnata e, in conseguenza, anche dell'art. 7, il quale ha riguardo alla copertura degli oneri finanziari derivanti appunto dagli artt. da 2 a 6.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara l'illegittimità costituzionale: a) della disposizione, contenuta nella prima parte del comma primo dell'art. 1 della legge approvata per la seconda volta dal Consiglio provinciale di Bolzano nella seduta del 13 novembre 1959, avente a oggetto "Norme per l'attuazione delle competenze provinciali in materia di case popolari", in base alla quale "sono sottoposti all'approvazione della Giunta provinciale il bilancio preventivo ed il conto consuntivo dell'Istituto autonomo per le case popolari"; b) degli artt. 2, 3, 4, 5, 6, 7 della stessa legge;
dichiara non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale delle rimanenti disposizioni dell'art. 1 dell'anzidetta legge, in riferimento all'art. 130 Cost., all'art. 48, n. 5, St. spec. T.A.A., e al D.P.R. 26 gennaio 1959, n. 28.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 31 marzo 1960.
Gaetano AZZARITI - Giuseppe CAPPI - Tomaso PERASSI - Gaspare AMBROSINI - Ernesto BATTAGLINI - Mario COSATTI - Francesco PANTALEO GABRIELI - Giuseppe CASTELLI AVOLIO - Antonino PAPALDO - Nicola JAEGER - Giovanni CASSANDRO - Biagio PETROCELLI - Antonio MANCA - Aldo SANDULLI - Giuseppe BRANCA.
Depositata in Cancelleria il 4 aprile 1960.