Sentenza n. 20 del 1964
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SENTENZA N. 20

ANNO 1964

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Prof. GASPARE AMBROSINI, Presidente

Prof. GIUSEPPE CASTELLI AVOLIO

Prof. ANTONINO PAPALDO

Prof. NICOLA JAEGER

Prof. GIOVANNI CASSANDRO

Prof. BIAGIO PETROCELLI

Dott. ANTONIO MANCA

Prof. ALDO SANDULLI

Prof. GIUSEPPE BRANCA

Prof. MICHELE FRAGALI

Prof. COSTANTINO MORTATI

Prof. GIUSEPPE CHIARELLI

Dott. GIUSEPPE VERZÌ

Dott. GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI

Prof. FRANCESCO PAOLO BONIFACIO

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 12, primo comma, del D.P.R. 26 aprile 1957, n. 818, promosso con ordinanza emessa il 28 dicembre 1962 dal Tribunale di Matera nel procedimento civile vertente tra Di Tursi Filomena e l'Istituto nazionale della previdenza sociale, iscritta al n. 126 del Registro ordinanze 1963 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica, n. 187 del 13 luglio 1963.

Visto l'atto di costituzione in giudizio dell'Istituto nazionale della previdenza sociale;

udita nell'udienza pubblica dell'11 dicembre 1963 la relazione del Giudice Nicola Jaeger;

udito l'avv. Guido Nardone, per l'Istituto nazionale della previdenza sociale.

 

Ritenuto in fatto

 

Con atto di citazione notificato il 30 dicembre 1959 la signora Filomena Di Tursi conveniva davanti al Tribunale di Matera l'Istituto nazionale della previdenza sociale, esponendo che questo si era rifiutato di accreditarle i contributi figurativi per il periodo di interruzione del lavoro determinato da gravidanza e puerperio e durato dal 6 novembre 1956 al 25 febbraio 1957, e chiedendo che esso fosse dichiarato tenuto a provvedere all'accreditamento.

L'Istituto, costituitosi in giudizio, si opponeva alla domanda, osservando che il provvedimento definitivo di rigetto era stato motivato dal fatto che l'attrice risultava obbligatoriamente assicurata per il periodo, per il quale era chiesta l'attribuzione dei contributi figurativi, e che pertanto questi non potevano esserle attribuiti.

Rispondeva la difesa dell'attrice insistendo nella tesi del diritto di questa a che si aggiungesse al numero dei contributi corrispondenti alle giornate di lavoro attribuite il numero dei contributi corrispondenti al periodo di gravidanza e di puerperio, affinché l'astensione involontaria dal lavoro non si risolvesse in un danno per l'assicurata. Nell'ipotesi che non fosse accolta l'interpretazione proposta dell'art. 10, primo comma, del decreto presidenziale 26 aprile 1957, n. 818, in relazione all'art. 56, n. 3, del decreto 4 ottobre 1935, n. 1827, essa chiedeva che il Tribunale dichiarasse non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale di quella norma, rimettendo gli atti alla Corte costituzionale.

Il Tribunale, riconosciuta la rilevanza della questione, osservava che essa non poteva essere dichiarata manifestamente infondata, in quanto l'art. 12, primo comma, del decreto presidenziale 26 aprile 1957, interpretato in relazione all'art. 10, primo comma, apportava una evidente limitazione del diritto all'accreditamento dei contributi fittizi per i periodi di interruzione obbligatoria del lavoro durante lo stato di gravidanza e di puerperio ed era quindi ipotizzabile un eccesso di delega in riferimento all'art. 37 della legge 4 aprile 1952, n. 218, ed all'art. 76 della Costituzione. Pertanto rimetteva la questione all'esame della Corte costituzionale con ordinanza emessa il 28 dicembre 1962, ma pervenuta alla cancelleria della Corte, con inescusabile ritardo, solo l'11 giugno 1963, dopo essere stata notificata alle parti e al Presidente del Consiglio dei Ministri e comunicata ai Presidenti del Senato e della Camera dei Deputati il 4 aprile 1963, e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale, n. 187 del 13 luglio 1963.

Nel presente giudizio si é costituito soltanto l'Istituto nazionale della previdenza sociale, depositando tempestivamente le proprie deduzioni, nelle quali esso fa sostanzialmente richiamo a due recenti sentenze della Corte, n. 4 del 12 febbraio 1963 e n. 78 dell'8 giugno 1963, ed afferma che la questione ora proposta trova già in esse la più adeguata e corretta soluzione, posto che il dubbio sulla legittimità della norma denunciata é stato sollevato in relazione al contenuto del primo comma dell'art. 10 del decreto presidenziale 26 aprile 1957, n. 818.

Tali conclusioni sono state ribadite dalla difesa dell'Istituto all'udienza di discussione della causa.

 

Considerato in diritto

 

Il richiamo, che la difesa dell'Istituto nazionale della previdenza sociale ha fatto nelle proprie deduzioni scritte e ripetuto nella discussione orale, alla recente giurisprudenza della Corte nella materia che costituisce oggetto del presente giudizio, é esatto e rilevante.

La questione sottoposta alla Corte dal Tribunale di Matera nell'ordinanza del 28 dicembre 1962 concerne infatti la legittimità costituzionale di disposizioni, le quali escludono in taluni casi l'accreditamento dei contributi cosiddetti fittizi per i periodi di interruzione obbligatoria del lavoro durante lo stato di gravidanza e di puerperio. Senonché il Tribunale non ha preso nella dovuta considerazione un aspetto essenziale del regolamento della materia, che, se sottoposto ad un attento esame, avrebbe potuto indurlo a decidere senz'altro il merito della controversia sottoposta al suo giudizio.

I principi informatori del sistema della pensione di invalidità e vecchiaia si ricollegano, come questa Corte ha esplicitamente riconosciuto già nella sentenza n. 34 del 24 maggio 1960, ad uno stato di bisogno del lavoratore, al quale la legislazione previdenziale intende garantire il soddisfacimento delle necessità vitali al verificarsi di quegli eventi, che ne annullino o riducano le capacità di lavoro e di guadagno. E nel sistema si inserisce il beneficio dei contributi figurativi, in virtù del quale si computano ai fini assicurativi anche determinati periodi, durante i quali sia venuta meno la possibilità di versare i contributi a causa di eventi meritevoli di speciale considerazione, e comunque non imputabili né al lavoratore, né al datore di lavoro.

Questi eventi - osservava la Corte nella successiva sentenza n. 78 del 25 maggio 1963 - attengono tutti a situazioni straordinarie o patologiche della vita del lavoratore, quali il servizio militare, le malattie di una certa durata, la gravidanza e il puerperio, la disoccupazione, il cui particolare rilievo le rende degne di speciale tutela.

Aggiungeva però, testualmente: "Deriva logicamente, e ciò non può non avere rilevanza sul terreno giuridico, che la concessione dei contributi figurativi, intesi - come si é detto - ad eliminare le conseguenze dannose dei fatti accennati riguardo alla realizzazione della più completa difesa sociale contro l'invalidità e la vecchiaia, non ha ragione di permanere qualora i soggetti che ne dovrebbero beneficiare si trovino ad avere assicurato un trattamento previdenziale, uguale a quello dell'assicurazione obbligatoria in questione, che li pone al coperto dalle conseguenze della diminuita o cessata capacità di guadagno, garantendo un minimo vitale".

Nel settore del lavoro agricolo, in particolare, venuta meno la norma dell'art. 17, primo comma, del D.P.R. 26 aprile 1957, n. 818, che poneva un limite al numero dei contributi computabili in favore dei lavoratori agricoli giornalieri per il conseguimento del diritto alla pensione di invalidità o di vecchiaia o per i superstiti, per effetto della sentenza n. 84 dell'8 giugno 1963 di questa Corte, che ne ha dichiarato la illegittimità costituzionale, i diritti dei lavoratori agricoli sono regolati dall'art. 9 del R.D.L. 14 aprile 1939, n. 636, modificato dall'art. 2 della legge 4 aprile 1952, n. 218, e si considerano utili ai fini dei requisiti richiesti per il conseguimento della pensione tanti contributi giornalieri quante sono le giornate di lavoro attribuite dalla Commissione provinciale di cui all'art. 2 del R.D. 24 settembre 1940, n. 1949.

Si avvera pertanto in siffatti casi proprio la situazione descritta sopra, e prevista dalla citata sentenza n. 78 del 1963, nella quale i soggetti che dovrebbero beneficiare della assicurazione conseguono un trattamento previdenziale uguale a quello previsto, anche nei casi di forzata assenza dal lavoro;

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 12, primo comma, del D.P.R. 26 aprile 1957, n. 818, in relazione all'art. 77 della Costituzione.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 26 febbraio 1964.

Gaspare AMBROSINI - Giuseppe CASTELLI AVOLIO - Antonino PAPALDO - Nicola JAEGER - Giovanni CASSANDRO - Biagio PETROCELLI - Antonio MANCA - Aldo SANDULLI - Giuseppe BRANCA - Michele FRAGALI - Costantino MORTATI - Giuseppe CHIARELLI – Giuseppe VERZì - Giovanni Battista BENEDETTI -  Francesco Paolo BONIFACIO.

 

Depositata in Cancelleria il 14 marzo 1964.