SENTENZA N. 32
ANNO 1959
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
Dott. Gaetano AZZARITI, Presidente
Avv. Giuseppe CAPPI
Prof. Tomaso PERASSI
Prof. Gaspare AMBROSINI
Prof. Ernesto BATTAGLINI
Dott. Mario COSATTI
Prof. Francesco PANTALEO GABRIELI
Prof. Giuseppe CASTELLI AVOLIO
Prof. Antonino PAPALDO
Prof. Nicola JAEGER
Prof. Giovanni CASSANDRO
Prof. Biagio PETROCELLI
Dott. Antonio MANCA
Prof. Aldo SANDULLI
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 3 della legge 5 febbraio 1934, n. 327, sulla disciplina del commercio ambulante, promosso con ordinanza del 21 gennaio 1958 del Pretore di Grosseto nel procedimento penale a carico di Di Caprio Francesco, iscritta al n. 6 del Registro ordinanze 1958 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 53 del lo marzo 1958.
Vista la dichiarazione di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri;
udita nell'udienza pubblica del 4 marzo 1959 la relazione del Giudice Biagio Petrocelli;
udito il sostituto avvocato generale dello Stato Raffaello Bronzini.
Ritenuto in fatto
Nel procedimento penale pendente davanti al Pretore di Grosseto a carico di Di Caprio Francesco, imputato, fra l'altro, di violazione dell'art. 3 della legge 5 febbraio 1934, n. 327, in riferimento all'art. 669 Cod. pen., per avere esercitato il commercio ambulante fuori dell'ambito della provincia per la quale era munito di licenza, all'udienza del 21 gennaio 1958, il Pretore, ritenuta non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale del citato art. 3, sollevata dalla difesa e dal P.M., ordinava la trasmissione degli atti a questa Corte. La norma impugnata, col limitare la facoltà del titolare della licenza all'esercizio del commercio ambulante soltanto nell'ambito della provincia di origine e di cinque province confinanti, sarebbe in contrasto con l'art. 41 della Costituzione, che garantisce la libertà della iniziativa privata con l'unico limite che essa non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale od in modo nocivo alla sicurezza, libertà e dignità umana.
L'ordinanza fu regolarmente notificata, e quindi pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica del 1 marzo 1958, n. 53.
Il 19 febbraio 1958 si costituiva in giudizio il Presidente del Consiglio dei Ministri con atto di intervento e deduzioni dell'Avvocatura dello Stato, la quale il 19 febbraio 1959 depositava anche una memoria illustrativa. Il Di Caprio non si é costituito.
Nelle sue deduzioni l'Avvocatura dello Stato sostiene la infondatezza della proposta questione, in quanto il denunciato contrasto non esiste. La limitazione disposta dalla norma impugnata, come si deduce dall'art. 4, é ispirata a superiori esigenze economiche e sociali, in quanto tende a garantire un disciplinato ed equilibrato svolgimento dei traffici nelle varie zone del territorio nazionale, e soddisfa altresì ad una esigenza di sicurezza, in relazione all'opportunità di agevolare il controllo di polizia su chi esercita un mestiere girovago. La mancanza delle limitazioni territoriali stabilite dall'impugnato art. 3 renderebbe impossibile la disciplina dell'afflusso di venditori ambulanti provenienti da tutto il territorio nazionale, con particolari ripercussioni dannose per le province aventi scarse risorse economiche. L'autorità comunale, competente a rilasciare la licenza, inoltre non sarebbe in grado di valutare l'opportunità economica di una licenza valida per tutto il territorio nazionale, in relazione alle esigenze della produzione, del commercio e del consumo di ciascuna provincia. D'altra parte la estensione territoriale assicurata al commercio ambulante é, pur con quelle limitazioni, sufficientemente ampia, in ispecie se si tenga conto che il venditore ambulante che intenda esercitare la sua attività anche in altre province potrà chiederne l'autorizzazione in base all'art. 11 della legge.
Non esiste, pertanto, secondo l'Avvocatura dello Stato, alcuna violazione della Costituzione, dovendosi ritenere che le limitazioni disposte dalla norma impugnata rientrino, conformemente anche all'indirizzo segnato da questa Corte, nell'ambito degli opportuni programmi e controlli che, ai sensi dell'art. 41 della Costituzione, il legislatore ordinario può stabilire per la iniziativa privata.
Considerato in diritto
Questa Corte, più volte investita di questioni di legittimità costituzionale in riferimento all'art. 41 della Costituzione, ha costantemente affermato (sentenze nn. 29, 33, 50, 103, 129 del 1957, 47, 52, 78 del 1958) il principio che la libertà della iniziativa economica privata dichiarata invia generale dalla Costituzione non esclude, anzi espressamente prevede in materia, l'intervento del legislatore ordinario; e ciò affinché siano appunto realizzate nel miglior modo le finalità stesse di quella norma costituzionale. Le quali vanno considerate insieme, coordinate tra loro, in modo tale che la libertà della iniziativa economica privata, dichiarata nel primo comma dell'art. 41, si svolga in armonia con le altre fondamentali esigenze espresse nei commi secondo e terzo dello stesso articolo, vale a dire che da un lato essa non deve trovarsi in contrasto con l'utilità sociale né recar danno alla sicurezza alla libertà e alla dignità umana, e, dall'altro, dev’essere, insieme all'attività economica pubblica, indirizzata e coordinata ai fini sociali, mercé gli opportuni programmi e controlli determina dalla legge.
Nella impugnata norma dell'art. 3 della legge 5 febbraio 1934 sulla disciplina del commercio ambulante non si riscontra nulla che possa dirsi in contrasto con tali principi. Le limitazioni da essa disposte al commercio ambulante sono ispirate a una evidente necessità di disciplina economica e sociale, e tendono a garantire che lo svolgimento di un tale commercio si ripartisca in modo equilibrato fra le varie zone del territorio nazionale, sì da impedire il verificarsi di un disordinato afflusso di venditori ambulanti di ogni provenienza. Né va omesso di rilevare infine che la limitazione in questione trova il suo correttivo nella facoltà, attribuita al venditore ambulante dall'art. 11 della legge, di richiedere l'autorizzazione all'esercizio del commercio anche in altre province non indicate nella licenza.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione, proposta con ordinanza del 21 gennaio 1958 del Pretore di Grosseto, sulla legittimità costituzionale dell'art. 3 della legge 5 febbraio 1934, n. 327, in riferimento all'art. 41 della Costituzione.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 12 maggio 1959.
Gaetano AZZARITI - Giuseppe CAPPI - Tomaso PERASSI - Gaspare AMBROSINI - Ernesto BATTAGLINI - Mario COSATTI - Francesco PANTALEO GABRIELI - Giuseppe CASTELLI AVOLIO - Antonino PAPALDO - Nicola JAEGER - Giovanni CASSANDRO - Biagio PETROCELLI - Antonio MANCA - Aldo SANDULLI.
Depositata in cancelleria il 18 maggio 1959.