Sentenza n. 33 del 1957
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SENTENZA N. 33

ANNO 1957

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Avv. Enrico DE NICOLA, Presidente

Dott. Gaetano AZZARITI

Avv. Giuseppe CAPPI

Prof. Tomaso PERASSI

Prof. Gaspare AMBROSINI

Prof. Ernesto BATTAGLINI

Dott. Mario COSATTI

Prof. Francesco PANTALEO GABRIELI

Prof. Giuseppe CASTELLI AVOLIO

Prof. Antonino PAPALDO

Prof. Mario BRACCI

Prof. Nicola JAEGER

Prof. Giovanni CASSANDRO

Dott. Antonio MANCA,

ha pronunziato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 121 del T.U. delle leggi di p.s. approvato col R.D. 18 giugno 1931, n. 773, promosso con ordinanza 16 maggio 1956 del Pretore di Montichiari nel procedimento penale a carico di Brunelli Giovanni e Brunelli Aldino, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 159 del 27 giugno 1956 ed iscritta al n. 211 del Reg. ord. 1956.

Udita nell'udienza pubblica del 5 dicembre 1956 la relazione del Giudice Gaetano Azzariti;

udito il sostituto avvocato generale dello Stato Raffaele Bronzini per il Presidente del Consiglio dei Ministri.

 

Ritenuto in fatto

 

Nel corso di un procedimento penale contro Brunelli Giovanni e Brunelli Aldino, imputati di contravvenzione all'art. 121 del T.U. delle leggi di p.s. per avere esercitata la vendita ambulante di giornali senza essere iscritti nei registri dell'autorità di pubblica sicurezza, la difesa sollevò eccezione di incostituzionalità dell'articolo 121 predetto in riferimento all'art. 21 della Costituzione e il Pretore di Montichiari, con ordinanza 16 maggio 1956, dispose la sospensione del giudizio e la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale per la decisione della questione di legittimità costituzionale così sollevata.

Nella ordinanza si osserva che l'eccezione della difesa "non é manifestamente infondata, in quanto giustificata dal contrasto tra la libertà di manifestazione del pensiero (che può ritenersi esplicato anche nella distribuzione di giornali, specialmente quando, come nella specie, la distribuzione é limitata a giornali di una sola corrente politica ed avviene per incarico della sezione cui l'imputato appartiene) e l'obbligo di chiedere ed ottenere preventivamente l'iscrizione nell'apposito registro, obbligo che può essere ritenuto pur sempre una limitazione alla libertà sancita dall'art. 21 della Costituzione, tanto più che la iscrizione può essere negata dall'autorità di pubblica sicurezza".

Detta ordinanza é stata regolarmente notificata il 22 maggio 1956, comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica.

Nel giudizio così proposto davanti a questa Corte non vi é stata costituzione delle parti, ma é tempestivamente intervenuto il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato dall'Avvocatura generale dello Stato, che ha presentato le sue deduzioni in data 11 giugno 1956 e, successivamente, in data 22 novembre, ha depositato nella cancelleria una memoria.

L'Avvocatura osserva:

a) che l'art. 121 impugnato disciplina una forma di attività economica e commerciale, che non ha niente da fare con la disciplina inerente ai mezzi di diffusione della manifestazione del pensiero;

b) che le valutazioni consentite all'autorità di pubblica sicurezza al fine di ricusare la iscrizione nel registro degli esercenti i mestieri ambulanti, come risulta dall'art. 122 della legge, riflettono unicamente esigenze di tutela dell'adolescenza e di pubblica sicurezza;

c) che l'art. 121 corrisponde ai principi fermati nell'art. 41 della Costituzione che, dichiarando libera l'iniziativa economica privata, aggiunge che questa non può svolgersi in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana.

La difesa dello Stato rileva inoltre che l'obbligo di iscrizione nei registri di pubblica sicurezza per l'esercizio dei mestieri ambulanti é mantenuto in tutti i progetti sottoposti all'esame del Parlamento, anche ad iniziativa parlamentare, per la riforma delle leggi di p.s. e conclude chiedendo che sia dichiarata insussistente l'asserita incompatibilità dell'art. 121 del T.U. delle leggi di p.s. con l'art. 21 della Costituzione.

Nella pubblica udienza del 5 dicembre 1956 il rappresentante dell'Avvocatura dello Stato ha confermato le precedenti deduzioni.

 

Considerato in diritto

 

L'art. 121 del T.U. delle leggi di p.s. dispone che non possono essere esercitati mestieri girovaghi senza previa iscrizione in un registro apposito presso l'autorità locale di pubblica sicurezza. I mestieri ai quali si riferisce il detto articolo sono moltissimi. Tra gli altri vi é il mestiere ambulante di venditore o distributore di merci, generi alimentari o bevande, di scritti o disegni e, poi ancora, i mestieri di cenciaiolo, saltimbanco, cantante, suonatore, servitore di piazza, facchino, cocchiere, conduttore di autoveicoli di piazza, barcaiuolo, lustrascarpe e mestieri analoghi.

A tutti questi mestieri ambulanti, per quanto diversi nel loro oggetto, si applica egualmente la norma dell'art. 121, che richiede la previa iscrizione nel registro presso l'autorità di pubblica sicurezza; e il successivo art. 122 precisa che la iscrizione deve essere ricusata alle persone sfornite di carta di identità e può essere ricusata ai minori degli anni diciotto idonei ad altri lavori e alle persone pregiudicate e pericolose.

La norma dell'art. 121 della legge di p.s. é quindi di carattere generale, ispirata alla tutela della adolescenza e ad esigenze preventive di pubblica sicurezza, per le quali la legge ritiene opportuno che non manchi un certo controllo sulle persone che esercitano mestieri girovaghi. In proposito si può ricordare, in via generale, che l'art. 41 della Costituzione dopo avere premesso che "l'iniziativa economica privata é libera", soggiunge che essa "non può svolgersi. . .in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana" ed affida alla legge di determinare "i controlli opportuni".

Il carattere generale della norma e la sua finalità escludono un qualsiasi rapporto diretto di essa con l'art. 21 della Costituzione che afferma la libertà di manifestare il proprio pensiero con le parole, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. Da tale principio costituzionale non può derivare evidentemente che alla disciplina posta dalla legge per tutti i mestieri ambulanti di venditore o distributore di ogni specie di cose: merci, alimenti, bevande, debba essere sottratto il mestiere ambulante di venditore o distributore di scritti disegni o stampati. É l'esercizio del mestiere ambulante e non l'oggetto specifico di esso, vale a dire la distribuzione di scritti o disegni, che l'art. 121 prende in considerazione, a differenza di quanto fanno altre norme della stessa legge di pubblica sicurezza, come quelle dettate nell'art. 113, le quali ultime possono effettivamente venire in contrasto col principio della libertà di manifestazione del pensiero, enunciato nell'art. 21 della Costituzione, e sono state perciò già dichiarate illegittime costituzionalmente da questa Corte con la sentenza n. 1 del 5 giugno 1956, appunto perché, richiedendo apposita licenza dell'autorità di pubblica sicurezza per la distribuzione o la messa in circolazione in luogo pubblico o aperto al pubblico di scritti o disegni o lasciando in piena discrezionalità della medesima la facoltà di concedere o negare la licenza, finivano per rimettere alla detta autorità il potere di consentire o vietare caso per caso la diffusione di determinati scritti o disegni, cioè, praticamente, la manifestazione del pensiero.

Nulla di simile può ripetersi per l'art. 121, il quale non richiede autorizzazione o licenza per distribuire o mettere in vendita scritti, disegni o giornali. La iscrizione nel registro, come si é detto, é richiesta per l'esercizio del mestiere ambulante di venditore o distributore. Qualora manchi l'esercizio del mestiere, l'art. 121 non é applicabile e quindi la vendita o la distribuzione é libera, non essendovi nemmeno altre norme legislative che la vietino, come la giurisprudenza ha più volte messo in rilievo decidendo che la vendita e la distribuzione di giornali fatte occasionalmente, senza continuità di carattere professionale, sono fuori delle previsioni del detto art. 121.

Né la iscrizione nel registro potrebbe costituire un mezzo per stabilire discriminazioni tra giornali o periodici secondo che appartengano ad uno o ad altro partito politico, ovvero seguano determinate tendenze, in modo che per alcuni la vendita o la distribuzione siano agevolate e per altri ostacolate dalla autorità di pubblica sicurezza. Non può essere dubbio che colui il quale sia iscritto nel registro degli esercenti il mestiere di venditore ambulante può liberamente vendere o distribuire o altrimenti mettere in circolazione, senza bisogno di alcuna licenza dell'autorità, qualsiasi giornale o periodico, purché ben inteso edito regolarmente secondo le prescrizioni vigenti, come é stato deciso anche dalla Corte di cassazione.

Infine é da notare che in relazione all'art. 121 l'autorità di pubblica sicurezza non ha piena discrezionalità di rifiutare l'iscrizione nel registro, perché, a differenza di quanto fu di sopra notato per le licenze richieste nell'art. 113, la legge nell'art. 122 stabilisce criteri precisi ai quali l'autorità deve attenersi nel ricusare la iscrizione nel registro.

Sotto nessun aspetto può quindi essere considerata costituzionalmente illegittima la norma dettata nell'art. 121 della legge di p.s. per asserito contrasto con l'art. 21 della Costituzione, come nell'ordinanza del Pretore di Montichiari viene prospettato. Giova inoltre qui ricordare quanto questa Corte ha avuto occasione di osservare nella sua precedente sentenza n. 1. Con la enunciazione del diritto di libera manifestazione del pensiero la nostra Costituzione non ha inteso né consentite attività le quali turbino la tranquillità pubblica, né sottrarre alla polizia di sicurezza la funzione di prevenzione dei reati. In conseguenza, non può essere invocato l'art. 21 della Costituzione per impedire quei controlli anche preventivi dell'autorità di pubblica sicurezza che il legislatore ritenga necessari su determinate forme di attività economiche, quale é quella dei mestieri ambulanti.

Esula poi dai limiti del giudizio di legittimità costituzionale, di competenza di questa Corte, l'esame dei profili particolari relativi al caso concreto che forma oggetto del giudizio penale, nel corso del quale fu emanata l'ordinanza del Pretore di Montichiari. Se possa o meno esservi esercizio di mestiere a sensi dell'art. 121 della legge di p.s., allorché la vendita sia limitata a giornali di una sola corrente politica ed avvenga per incarico della sezione del partito al quale il venditore appartiene, é questione che riguarda non già la legittimità costituzionale della norma, ma solo l'applicazione concreta di essa.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara non fondata la questione, proposta con ordinanza del Pretore di Montichiari in data 16 maggio 1956, sulla legittimità costituzionale dell'art. 121 del T.U. delle leggi di p.s. approvato col R.D. 18 giugno 1931, n. 773, in riferimento all'articolo 21 della Costituzione.  

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 23 gennaio 1957.

 

 Enrico DE NICOLA - Gaetano AZZARITI - Giuseppe CAPPI - Tomaso PERASSI - Gaspare AMBROSINI - Ernesto BATTAGLINI - Mario COSATTI - Francesco PANTALEO GABRIELI - Giuseppe CASTELLI AVOLIO - Antonino PAPALDO  

Mario BRACCI - Nicola JAEGER - Giovanni CASSANDRO - Antonio MANCA

 

Depositata in cancelleria il 26 gennaio 1957.