Corte di Giustizia delle Comunità europee (Terza
Sezione), 28 giugno 2007
C-467/05, Procedimento penale a carico di Giovanni Dell’Orto
Nel procedimento C‑467/05,
avente ad oggetto una domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai
sensi dell’art. 234 CE, dal giudice per le indagini preliminari
presso il Tribunale di Milano, con ordinanza 6 ottobre 2005, pervenuta in
cancelleria il 27 dicembre 2005, nel procedimento penale a carico di
Giovanni Dell’Orto,
con
l’intervento di:
Saipem SpA,
composta dal sig. A. Rosas, presidente di
sezione, dai sigg. J. Klučka, J.N. Cunha Rodrigues (relatore), A. Ó Caoimh
e dalla sig.ra P. Lindh, giudici,
avvocato generale: sig.ra J. Kokott
cancelliere: sig.ra C. Strömholm, amministratore
vista
la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 1º febbraio 2007,
considerate le osservazioni presentate:
– per
il sig. Dell’Orto, dall’avv. M. Brusa;
– per
il governo italiano, dal sig. I.M. Braguglia, in qualità di agente, assistito dal
sig. D. Del Gaizo, avvocato dello
Stato;
– per
l’Irlanda, dal sig. D. O’Hagan, in qualità
di agente, assistito dal sig. N. Travers,
BL;
– per
il governo dei Paesi Bassi, dalle sig.re H.G. Sevenster e
C. ten Dam nonché dal sig. M. de Grave, in qualità di
agenti;
– per
il governo austriaco, dal sig. H. Dossi, in qualità di agente;
– per
il governo del Regno Unito, dalla sig.ra E. O’Neill,
in qualità di agente, assistita dal sig. J. Turner, barrister;
– per
sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza dell’8
marzo 2007,
ha
pronunciato la seguente
Sentenza
1 La
domanda di pronuncia pregiudiziale riguarda l’interpretazione della decisione
quadro del Consiglio 15 marzo 2001, 2001/220/GAI, relativa alla posizione della
vittima nel procedimento penale (GU L 82, pag. 1; in prosieguo:
la «decisione quadro»), e della direttiva del Consiglio 29 aprile 2004,
2004/80/CE, relativa all’indennizzo delle vittime di reato (GU L 261,
pag. 15; in prosieguo: la «direttiva»).
2 Tale
domanda è stata presentata
nell’ambito di un procedimento penale di esecuzione successivo ad una sentenza
definitiva di condanna, promosso dinanzi al giudice per le indagini preliminari
presso il Tribunale di Milano, in funzione di giudice dell’esecuzione, e
riguardante la restituzione di beni sequestrati.
Contesto normativo
Il diritto dell’Unione europea
La decisione quadro
3 L’art. 1
della decisione quadro dispone che:
«Ai fini della presente decisione
quadro s’intende per:
a) “vittima”:
la persona fisica che ha subito un pregiudizio, anche fisico o mentale,
sofferenze psichiche, danni materiali causati direttamente da atti o omissioni
che costituiscono una violazione del diritto penale di uno Stato membro;
(…)
c) “procedimento
penale”: il procedimento penale conforme al diritto nazionale applicabile;
d) “procedimento”:
il procedimento inteso in senso lato, comprendente cioè, oltre al procedimento
penale, tutti i contatti, tra la vittima in quanto tale e qualsiasi autorità,
servizio pubblico o organizzazione di assistenza alle vittime, anteriormente,
durante o successivamente allo svolgimento del processo penale;
(…)».
4 L’art. 2
della decisione quadro prevede quanto segue:
«1. Ciascuno Stato membro prevede nel proprio
sistema giudiziario penale un ruolo effettivo e appropriato delle vittime.
Ciascuno Stato membro si adopererà affinché alla vittima sia garantito un
trattamento debitamente rispettoso della sua dignità personale durante il
procedimento e ne riconosce i diritti e gli interessi giuridicamente protetti
con particolare riferimento al procedimento penale.
2. Ciascuno Stato membro assicura che le vittime
particolarmente vulnerabili beneficino di un trattamento specifico che risponda
in modo ottimale alla loro situazione».
5 Ai
sensi dell’art. 8, n. 1, della decisione quadro:
«Ciascuno Stato membro garantisce un livello
adeguato di protezione alle vittime di reati ed eventualmente ai loro familiari
o alle persone assimilabili, in particolare per quanto riguarda la sicurezza e
la tutela dell’intimità della vita privata, qualora le autorità competenti
ritengano che esista una seria minaccia di atti di ritorsione o prova certa di
un serio intento di intromissione nella sfera della vita privata».
6 L’art. 9
della decisione quadro è così formulato:
«1. Ciascuno
Stato membro garantisce alla vittima di un reato il diritto di ottenere, entro
un ragionevole lasso di tempo, una decisione relativa al risarcimento da parte
dell’autore del reato nell’ambito del procedimento penale, eccetto i casi in
cui il diritto nazionale preveda altre modalità di risarcimento.
(…)
3. Tranne
quando il procedimento penale imponga altrimenti, i beni restituibili appartenenti
alla vittima e sequestrati nell’ambito del procedimento penale sono restituiti
alla vittima senza ritardo».
7 Ai
sensi dell’art. 17, terzo trattino, della decisione quadro, ciascuno Stato
membro doveva far entrare in vigore le disposizioni legislative, regolamentari
e amministrative necessarie ai fini dell’attuazione degli articoli citati nei
punti da
La direttiva
8 Ai
sensi dell’art. 1 della direttiva:
«Gli Stati membri assicurano che, se un reato
intenzionale violento è stato commesso in uno Stato membro diverso da quello in
cui il richiedente l’indennizzo risiede abitualmente, il richiedente ha diritto
a presentare la domanda [d’indennizzo] presso un’autorità o qualsiasi altro
organismo di quest’ultimo Stato membro».
9 L’art. 2
della direttiva stabilisce che:
«L’indennizzo è erogato dall’autorità competente
dello Stato membro nel cui territorio è stato commesso il reato».
10 L’art. 12
della direttiva è così formulato:
«1. Le
disposizioni della presente direttiva riguardanti l’accesso all’indennizzo
nelle situazioni transfrontaliere si applicano sulla base dei sistemi degli
Stati membri in materia di indennizzo delle vittime di reati intenzionali
violenti commessi nei rispettivi territori.
2. Tutti
gli Stati membri provvedono a che le loro normative nazionali prevedano
l’esistenza di un sistema di indennizzo delle vittime di reati intenzionali
violenti commessi nei rispettivi territori, che garantisca un indennizzo equo
ed adeguato delle vittime».
11 L’art. 17
della direttiva dispone che:
«La
presente direttiva non preclude agli Stati membri la possibilità di introdurre
o mantenere, nella misura in cui siano compatibili con la presente direttiva:
a) disposizioni
più favorevoli a vantaggio delle vittime di reato o di qualsiasi altra persona
lesa da un reato;
b) disposizioni
volte a indennizzare le vittime di reati commessi al di fuori del loro
territorio o qualsiasi altra persona lesa da tali reati, fatte salve le
condizioni che gli Stati membri possono specificare a tal fine».
12 L’art. 18,
nn. 1 e 2, della direttiva stabilisce quanto
segue:
«1. Gli
Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari ed
amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il
1° gennaio 2006, fatta eccezione per l’articolo 12, paragrafo 2,
per il quale tale data è fissata al 1° luglio 2005. Essi ne informano
immediatamente
2. Gli
Stati membri possono prevedere che le disposizioni necessarie per conformarsi
alla presente direttiva si applichino unicamente ai richiedenti le cui lesioni
derivino da reati commessi dopo il 30 giugno 2005».
La normativa nazionale
13 L’art. 263
del codice di procedura penale italiano, come modificato dalla legge
12 giugno 2003, n. 134 (in prosieguo: il «CPP»), prevede che:
«1. La
restituzione delle cose sequestrate è disposta dal giudice con ordinanza se non
vi è dubbio sulla loro appartenenza.
(…)
3. In
caso di controversia sulla proprietà delle cose sequestrate, il giudice ne
rimette la risoluzione al giudice civile del luogo competente in primo grado,
mantenendo nel frattempo il sequestro.
(…).
6. Dopo
la sentenza non più soggetta a impugnazione, provvede il giudice
dell’esecuzione».
14 L’art. 444
del CPP prevede quanto segue:
«1. L’imputato
e il pubblico ministero possono chiedere al giudice l’applicazione, nella
specie e nella misura indicata, di una sanzione sostitutiva o di una pena
pecuniaria, diminuita fino a un terzo, ovvero di una pena detentiva quando
questa, tenuto conto delle circostanze e diminuita fino a un terzo, non supera
cinque anni soli o congiunti a pena pecuniaria.
(…)
2. Se
vi è il consenso anche della parte che non ha formulato la richiesta e non deve
essere pronunciata sentenza di proscioglimento (…) il giudice, sulla base degli
atti, se ritiene corrette la qualificazione giuridica del fatto, l’applicazione
e la comparazione delle circostanze prospettate dalle parti, nonché congrua la
pena indicata, ne dispone con sentenza l’applicazione enunciando nel
dispositivo che vi è stata la richiesta delle parti. Se vi è costituzione di
parte civile, il giudice non decide sulla relativa domanda; (…).
(…)».
15 L’art. 665,
n. 1, del CPP prevede che:
«Salvo diversa disposizione di legge, competente a
conoscere dell’esecuzione di un provvedimento è il giudice che lo ha
deliberato».
La controversia nella causa principale e le
questioni pregiudiziali
16 Dall’ordinanza
di rinvio emerge che, dinanzi al Tribunale di Milano, è stato promosso un
procedimento penale contro il sig. Dell’Orto ed altri imputati per fatti
costituenti i reati di false comunicazioni sociali, posti in essere anche al
fine di commettere i reati di appropriazione indebita aggravata e di illecito
finanziamento ai partiti politici. Tra le parti lese da tali reati vi sono
diverse società appartenenti al gruppo italiano ENI, fra cui la società Saipem
SpA (in prosieguo: la «Saipem»), costituitasi parte civile nell’ambito del
procedimento penale di cui trattasi.
17 Dall’ordinanza
di rinvio risulta che il sig. Dell’Orto e gli altri imputati hanno
distratto ingenti somme di denaro, di proprietà delle dette società, mediante
il pagamento di consulenze fittizie fornite a società offshore legate
organicamente ad uno degli imputati, appropriandosi così una parte di tali
somme. In particolare, il sig. Dell’Orto si sarebbe appropriato una somma
pari a EUR l 064 069,78 di proprietà
della Saipem, somma in seguito posta sotto sequestro conservativo dall’autorità
giudiziaria italiana nel corso del procedimento penale. Siffatto provvedimento
conservativo avrebbe segnatamente la precipua e specifica finalità di garantire
il soddisfacimento delle obbligazioni civili derivanti dal reato.
18 Detto procedimento
penale si chiudeva con sentenza
del giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Milano,
pronunciata il 4 maggio 1999 e poi passata in giudicato il 5 giugno seguente,
con cui veniva irrogata una pena ai sensi dell’art. 444 CPP, ossia
attraverso il cosiddetto «patteggiamento». Con detta sentenza il
sig. Dell’Orto veniva condannato a una pena detentiva e a una multa, con
il beneficio della sospensione condizionale, mentre nulla era disposto riguardo
alla somma sequestrata.
19
20 A
seguito della sentenza 8 novembre 2001, il sig. Dell’Orto chiedeva al
detto giudice di ingiungere alla Saipem di restituire a sua volta la somma di
cui trattasi, poiché la medesima avrebbe potuto essere nuovamente sottoposta a
sequestro in attesa di una decisione in merito alla sua eventuale restituzione.
A parere del sig. Dell’Orto, detta decisione sarebbe spettata al giudice
civile in applicazione dell’art. 263, terzo comma, del CPP, trattandosi di
una controversia in merito alla proprietà della somma in questione.
21 Con
ordinanza 18 luglio 2003, il giudice per le indagini preliminari presso il
Tribunale di Milano disponeva la trasmissione del fascicolo al giudice civile,
respingendo per il resto la domanda del sig. Dell’Orto.
22 Quest’ultima ordinanza veniva annullata dalla Corte
suprema di cassazione con sentenza 21 aprile 2005, che disponeva il rinvio
della causa dinanzi al medesimo giudice. Secondo tale sentenza, qualora, in
applicazione dell’art. 263, terzo comma, CPP, la controversia sulla proprietà
delle cose sequestrate sia risolta dal giudice civile mediante procedimento
incidentale, non per questo viene meno la competenza del giudice penale a
provvedere in ordine alla custodia delle cose stesse fino a quando la
controversia sulla loro proprietà non sia stata risolta, cosicché spetta al
giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Milano «adottare i
provvedimenti occorrenti per far rientrare concretamente in sequestro la somma
nel frattempo restituita alla SAIPEM».
23 Il
procedimento dinanzi al giudice del rinvio si è quindi riaperto al fine di dare
esecuzione a tale seconda pronuncia della Corte suprema di cassazione.
24 Secondo
il giudice del rinvio, nel caso di specie della causa principale, non può
sussistere alcuna «controversia sulla proprietà» delle somme sequestrate tale
da giustificare l’apertura di un procedimento incidentale dinanzi al giudice
civile. Le somme sottoposte a sequestro rappresenterebbero un indebito da
restituire alla Saipem in forza dell’art. 2037 del codice civile e,
dall’esame degli atti processuali, risulterebbe che lo stesso
sig. Dell’Orto non ha mai contestato che la somma controversa fosse di
proprietà di tale società.
25 Il
giudice del rinvio ritiene che, per la verità, sia un ostacolo di carattere
solo procedurale ad impedirgli di disporre direttamente la restituzione di tali
somme alla Saipem, dal momento che la questione atterrebbe al potere del
giudice dell’esecuzione di adottare una decisione in merito a siffatta
restituzione delle somme sequestrate, a seguito della sentenza di applicazione
della pena ex art. 444 del CPP. Secondo la giurisprudenza della Corte
suprema di cassazione, quale risulta in particolare dalla citata sentenza 8
novembre 2001, il giudice dell’esecuzione non avrebbe il potere di decidere in
ordine alla restituzione alla parte offesa delle cose sequestrate dopo una
sentenza pronunciata sulla base del detto art. 444, che nulla prevede a
tal fine.
26 In
tale contesto, il giudice del rinvio si pone la questione dell’applicabilità
dei principi stabiliti dagli artt. 2 e 9 della decisione quadro.
27 In
particolare, detto giudice si chiede se tali articoli della decisione quadro
siano applicabili sotto il profilo del loro ambito di applicazione ratione personae, posto che la
vittima non è una persona fisica, ma una persona giuridica.
28 Ai
sensi dell’art. 1, lett. a), della decisione quadro, questa si
applica ad una «persona fisica» che ha subito un pregiudizio. Il giudice del
rinvio si domanda tuttavia se sia possibile interpretare la
decisione quadro, letta alla luce degli artt. 12 e 17 della
direttiva, nel senso che essa si applichi anche a qualsiasi altra persona lesa
da reato, in particolare alle persone giuridiche. Se così fosse, il principio
di cui all’art. 9, n. 3, della decisione quadro,
in base al quale i beni appartenenti alla vittima e sequestrati nell’ambito del
procedimento penale sono restituiti a quest’ultima senza ritardo, troverebbe
applicazione nella causa principale. Conformemente alla giurisprudenza della
Corte (sentenza
16 giugno 2005, causa C‑105/03, Pupino,
Racc. pag. I‑5285), da ciò conseguirebbe l’obbligo per il
giudice nazionale d’interpretare, per quanto possibile, le disposizioni del CCP
concernenti la portata dei poteri di decisione del giudice dell’esecuzione in
materia di restituzione di cose sequestrate nell’ambito del procedimento penale
in senso conforme al citato art. 9, n. 3, della
decisione quadro, che autorizza una procedura semplificata al fine di
raggiungere gli obiettivi stabiliti dalla normativa relativa al risarcimento
delle vittime.
29 Il
giudice del rinvio osserva peraltro che
30 Posto che, nella causa principale, la controversia sulla
restituzione delle somme sequestrate è posteriore alla chiusura del
procedimento penale, avvenuta con la sentenza 4 maggio 1999, il giudice del
rinvio si pone altresì la questione dell’applicabilità dei principi di cui agli
artt. 2 e 9 della decisione quadro nell’ambito specifico di un
procedimento penale di esecuzione successivo alla chiusura del procedimento
penale vero e proprio.
31 In
tale contesto, il giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di
Milano ha deciso di sospendere il giudizio e di sottoporre alla Corte le
seguenti questioni pregiudiziali:
«1) Se
le regole di cui agli artt. 2 e 9 della decisione quadro (…) possono
applicarsi nell’ambito del procedimento penale in generale a qualsiasi parte
lesa da reato, per effetto delle disposizioni di cui agli artt. 1 e
seguenti della direttiva (…) o di altre disposizioni di diritto comunitario.
2) Se
le regole di cui agli artt. 2 e 9 della decisione quadro (…) possono applicarsi
nell’ambito del procedimento penale di esecuzione successivo alla sentenza
definitiva di condanna (e, quindi, anche alla sentenza di applicazione della
pena ex art. 444 c.p.p.) a qualsiasi parte
lesa da reato, per effetto delle disposizioni di cui agli artt. 1 e
seguenti della direttiva (…) o di altre disposizioni di diritto comunitario».
Sulle questioni pregiudiziali
Sulla ricevibilità
32 Diversi
governi che hanno presentato osservazioni nell’ambito del procedimento in esame
hanno sollevato dubbi riguardo alla ricevibilità della domanda di pronuncia
pregiudiziale.
33 Il
governo del Regno Unito sostiene che l’irricevibilità
della domanda di pronuncia pregiudiziale risulta dalla circostanza che tale
domanda è proposta ai sensi dell’art. 234 CE, laddove
l’interpretazione richiesta riguarda la decisione quadro, e cioè un atto
adottato in forza del titolo VI del
Trattato UE. In un caso del genere, la domanda dovrebbe essere fondata
unicamente sull’art. 35, n. 1, UE, mentre l’art. 234 CE non
sarebbe applicabile. L’Irlanda osserva che, essendo soddisfatte nel caso di
specie le condizioni per l’applicazione dell’art. 35 UE, l’erroneo
richiamo all’art. 234 CE come fondamento della domanda non dovrebbe
impedire alla Corte di risolvere le questioni proposte dal giudice del rinvio.
34 Occorre
rilevare innanzi tutto che, in conformità dell’art. 46, lett. b), UE,
le disposizioni dei Trattati CE e CEEA relative alle competenze della
Corte ed all’esercizio di tali competenze, tra le quali figura l’art. 234 CE,
sono applicabili a quelle del titolo VI del
Trattato UE, alle condizioni previste all’art. 35 UE.
Contrariamente a quanto sostenuto dal governo del Regno Unito, ne risulta che
il regime previsto all’art. 234 CE è destinato ad applicarsi alla competenza
pregiudiziale della Corte ai sensi dell’art. 35 UE, fatte salve le
condizioni previste da tale disposizione (v., in questo senso, sentenza Pupino, cit., punti 19 e 28).
35 È
pacifico che
36 In
tale contesto, e a prescindere dalla circostanza che le questioni pregiudiziali
concernono altresì l’interpretazione di una direttiva adottata in forza del
Trattato CE, il fatto che la decisione di rinvio non richiami
l’art. 35 UE, ma si riferisca invece all’art. 234 CE, non
può, da solo, determinare l’irricevibilità della
domanda di pronuncia pregiudiziale. Ciò a maggior ragione in quanto il
Trattato UE non stabilisce, né espressamente, né implicitamente, in quale
forma il giudice nazionale debba presentare la domanda di decisione
pregiudiziale (v., per analogia, relativamente all’art. 234 CE,
sentenza 6 aprile 1962, causa 13/61, De Geus,
Racc. pag. 87, in particolare pag. 100).
37 Il
governo olandese nutre dubbi sulla ricevibilità della domanda di pronuncia
pregiudiziale, dal momento che nell’ordinanza di rinvio il contesto fattuale e
quello normativo non sarebbero definiti a sufficienza. A parere di tale
governo, risulta in particolare come sia poco chiara l’utilità delle questioni
poste, poiché, in mancanza di precisazioni sulle disposizioni di diritto
nazionale applicabili, è impossibile verificare, come sostenuto dal giudice del
rinvio, se si ponga una questione d’interpretazione di tali disposizioni in conformità della decisione quadro, decisione peraltro
priva di efficacia diretta.
38 Il
governo austriaco osserva che la normativa italiana non consente al giudice del
rinvio di decidere nell’ambito della causa principale in merito alle domande
riguardanti il diritto civile, di modo che le questioni pregiudiziali
presentano un carattere ipotetico.
39 Occorre
rilevare che, analogamente all’art. 234 CE, l’art. 35 UE
subordina l’adizione della Corte in via pregiudiziale
alla condizione che il giudice nazionale «reputi necessaria una decisione su
tale punto per emanare la sua sentenza», di modo che la giurisprudenza della
Corte relativa alla ricevibilità delle questioni pregiudiziali proposte ai
sensi dell’art. 234 CE è, in linea di principio, trasponibile
alle domande di pronuncia pregiudiziale proposte alla Corte in forza
dell’art. 35 UE (sentenza Pupino, cit., punto 29).
40 Ne
consegue che la presunzione di pertinenza che inerisce alle questioni proposte
in via pregiudiziale dai giudici nazionali può essere esclusa solo in casi
eccezionali, qualora risulti manifestamente che la sollecitata interpretazione
delle disposizioni del diritto dell’Unione considerate in tali questioni non
abbia alcun rapporto con la realtà o con l’oggetto della causa principale o
qualora il problema sia di natura ipotetica o
41 Peraltro,
l’esigenza di giungere ad un’interpretazione del diritto comunitario che sia
utile per il giudice nazionale impone che quest’ultimo definisca il contesto di
fatto e di diritto in cui si inseriscono le questioni sollevate o che esso
spieghi almeno l’ipotesi di fatto su cui tali questioni sono fondate. A tal
proposito, è indispensabile che il giudice nazionale fornisca un minimo di
spiegazioni sulle ragioni della scelta delle norme di diritto dell’Unione di
cui chiede l’interpretazione e sul rapporto che egli ritiene esista fra tali
disposizioni e il diritto nazionale applicabile alla controversia (v., in
particolare, relativamente all’art. 234 CE, sentenza 19 aprile 2007,
causa C‑295/05, Asemfo, Racc. pag. II‑2999,
punti 32 e 33).
42 Le
informazioni fornite nelle decisioni di rinvio servono non solo a consentire
alla Corte di fornire soluzioni utili, ma altresì a dare ai governi degli Stati
membri, nonché alle altre parti interessate, la possibilità di presentare
osservazioni ai sensi dell’art. 23 dello Statuto della Corte di giustizia
(v., in particolare, sentenza
3 maggio 2007, causa C‑303/05, Advocaten voor de Wereld,
Racc. pag. II‑3633, punto 20).
43 Come
risulta dai punti da
44 Contrariamente
alla tesi sostenuta dal governo austriaco, non è evidente che, nella causa
principale, un’interpretazione del diritto nazionale conforme alla decisione
quadro sia impossibile, il che spetta al giudice nazionale verificare (v., in
questo senso, sentenza
Pupino, cit., punto 48).
45 In
tale contesto, non risulta evidente che la sollecitata interpretazione delle
disposizioni della decisione quadro considerate nelle questioni sollevate non
abbia alcun rapporto con la realtà o con l’oggetto della causa principale, che
il problema sia di natura ipotetica o che
46 Infine,
le indicazioni contenute nell’ordinanza di rinvio sono altresì sufficienti per
garantire la possibilità, di cui dispongono le parti della causa principale,
gli Stati membri, il Consiglio dell’Unione europea e
47 Nella
fase scritta del procedimento seguito dinanzi alla Corte, è stata posta la
questione se la decisione quadro possa considerarsi applicabile dal punto di
vista temporale ad un complesso di circostanze venute in essere, come nella
causa principale, ben prima dell’adozione della decisione quadro il 15 marzo
2001, senza contare il termine per l’attuazione di quest’ultima, che, per
quanto riguarda segnatamente l’art. 9 della medesima, scadeva il 22 marzo
2002.
48 A
tale proposito occorre ricordare che, secondo la costante giurisprudenza, le
norme di procedura si applicano, come si ritiene in generale, a tutte le controversie
pendenti all’atto della loro entrata in vigore, a differenza delle norme
sostanziali, che, secondo la comune interpretazione, non riguardano, in linea
di principio, situazioni maturate anteriormente alla loro entrata in vigore
(v., in particolare, sentenza 9 marzo 2006, causa C‑293/04, Beemsterboer Coldstore Services, Racc. pag. I‑2263, punto 21
e giurisprudenza ivi citata).
49 Orbene,
la questione al centro della causa principale, e cioè quella della competenza
giurisdizionale ai fini della decisione sulla restituzione alla parte lesa dei
beni sequestrati nell’ambito del procedimento penale, rientra nella materia
delle norme di procedura, cosicché non vi è alcun ostacolo relativo
all’applicazione della legge nel tempo che osti alla presa in considerazione,
nell’ambito della controversia in esame, delle disposizioni pertinenti della
decisione quadro al fine di interpretare la normativa nazionale in conformità a
quest’ultima.
50 La
domanda di pronuncia pregiudiziale è pertanto ricevibile.
Sulle questioni pregiudiziali
51 Con
le sue due questioni, che vanno esaminate congiuntamente, il giudice del rinvio
chiede in sostanza se la decisione quadro debba essere interpretata nel senso
che, nell’ambito di un procedimento penale e, più specificamente, di un
procedimento di esecuzione successivo ad una sentenza definitiva di condanna,
quale quello di cui trattasi nella causa principale, la nozione di «vittima» ai
sensi della decisione quadro include le persone giuridiche che hanno subito un
pregiudizio causato direttamente da atti o omissioni che costituiscono una
violazione del diritto penale di uno Stato membro.
52 L’art. 1,
lett. a), della decisione quadro, ai fini della medesima, definisce la
vittima come la persona «fisica» che ha subito un pregiudizio, anche fisico o
mentale, sofferenze psichiche, danni materiali causati direttamente da atti o
omissioni che costituiscono una violazione del diritto penale di uno Stato
membro.
53 Dal
tenore letterale di tale disposizione risulta che la decisione quadro riguarda
unicamente le persone fisiche che hanno subito un pregiudizio causato
direttamente da comportamenti contrari alla legge penale di uno Stato membro.
54 Interpretare
la decisione quadro nel senso che essa riguarderebbe anche le persone
«giuridiche» che, come la parte civile nella causa principale, asseriscono aver
subito un pregiudizio causato direttamente da una violazione del diritto penale
sarebbe contrario al dettato stesso dell’art. 1, lett. a), della
decisione quadro di cui trattasi.
55 Inoltre,
non vi è alcun’altra disposizione della decisione quadro contenente
un’indicazione secondo cui il legislatore dell’Unione europea avrebbe inteso
estendere la nozione di vittima alle persone giuridiche ai fini
dell’applicazione della decisione quadro in parola. Ben al contrario, diverse
disposizioni di quest’ultima confermano che lo scopo del legislatore è stato
quello di prendere in considerazione unicamente le persone fisiche vittime di
un pregiudizio causato da una violazione del diritto penale.
56 A
tale riguardo, oltre all’art. 1, lett. a), della decisione quadro,
che si riferisce, quali elementi del danno, al pregiudizio fisico o mentale,
nonché alle sofferenze psichiche, occorre menzionare l’art. 2, n. 1,
della decisione quadro, il quale impone agli Stati membri di adoperarsi
affinché alla vittima sia garantito un trattamento debitamente rispettoso della
sua dignità personale, il n. 2 del medesimo art. 2, che menziona il
trattamento specifico di cui devono beneficiare le vittime particolarmente
vulnerabili, così come l’art. 8, n. 1, della decisione quadro, che
impone agli Stati membri di garantire un livello adeguato di protezione ai
familiari o alle persone assimilabili ai familiari della vittima.
57 La
direttiva non è tale da inficiare siffatta interpretazione. La
decisione quadro e la direttiva regolano materie diverse. La direttiva
istituisce un sistema di cooperazione volto a facilitare alle vittime di reato
l’accesso all’indennizzo in situazioni transfrontaliere. Essa intende
assicurare che, se un reato intenzionale violento è stato commesso in uno Stato
membro diverso da quello in cui la vittima risiede abitualmente, quest’ultima
sia indennizzata da tale primo Stato. Per contro, la
decisione quadro si propone di ravvicinare le legislazioni degli Stati
membri relativamente alla salvaguardia degli interessi della vittima
nell’ambito del procedimento penale. Essa è diretta a garantire il
risarcimento, da parte dell’autore del reato, del pregiudizio subito dalla vittima.
58 Di
conseguenza, anche supponendo che le disposizioni di una direttiva adottata sul
fondamento del Trattato CE possano in qualche modo incidere
sull’interpretazione delle disposizioni di una decisione quadro fondata sul
Trattato UE e che la nozione di vittima ai sensi della direttiva possa
essere interpretata nel senso che essa riguarda le persone giuridiche, la
direttiva e la decisione quadro non si trovano comunque in un rapporto tale da
imporre un’interpretazione uniforme della nozione di cui trattasi.
59 Peraltro,
una fattispecie quale quella oggetto della causa principale non rientra
nell’ambito di applicazione della direttiva. Come risulta dal punto 57
della presente sentenza, la direttiva prevede un indennizzo unicamente nel caso
di un reato intenzionale violento commesso in uno Stato membro diverso da
quello in cui la vittima risiede abitualmente, mentre la causa principale
riguarda i reati di false comunicazioni sociali, di appropriazione indebita
aggravata e di illecito finanziamento ai partiti politici, commessi
sostanzialmente sul territorio dello Stato membro di residenza della vittima.
60 Occorre
pertanto risolvere le questioni proposte dichiarando che la decisione quadro dev’essere interpretata nel senso che, nell’ambito di un
procedimento penale e, più specificamente, di un procedimento di esecuzione
successivo ad una sentenza definitiva di condanna, quale quello di cui trattasi
nella causa principale, la nozione di «vittima» ai sensi della decisione quadro
non include le persone giuridiche che hanno subito un pregiudizio causato
direttamente da atti o omissioni che costituiscono una violazione del diritto
penale di uno Stato membro.
Sulle spese
61 Nei
confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento
costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta
quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per
presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.
Per questi motivi,
La decisione quadro del Consiglio 15 marzo
2001, 2001/220/GAI, relativa alla posizione della vittima nel procedimento
penale, dev’essere interpretata nel senso che,
nell’ambito di un procedimento penale e, più specificamente, di un procedimento
di esecuzione successivo ad una sentenza definitiva di condanna, quale quello
di cui trattasi nella causa principale, la nozione di «vittima» ai sensi della
decisione quadro non include le persone giuridiche che hanno subito un
pregiudizio causato direttamente da atti o omissioni che costituiscono una
violazione del diritto penale di uno Stato membro.
(Seguono
le firme)