Corte di Giustizia delle Comunità europee (Prima
Sezione), 10 settembre 2009
C-445/07P e C-455/07P, Commissione
delle Comunità europee – Ente per le Ville Vesuviane
Nei procedimenti riuniti C‑445/07 P e C‑455/07
P,
aventi ad oggetto due impugnazioni ai sensi dell’art. 56 dello Statuto
della Corte di giustizia, proposte il 28 settembre 2007 e il 5 ottobre 2007,
Commissione delle Comunità
europee,
rappresentata dal sig. L. Flynn, in qualità di
agente,
assistito dall’avv. A. Dal Ferro, con domicilio eletto in
Lussemburgo,
ricorrente nella causa C‑445/07
P,
procedimento in cui l’altra parte è:
Ente per le Ville
Vesuviane,
con
sede in Napoli, rappresentato dall’avv. E. Soprano,
ricorrente in primo grado,
e
Ente per le Ville
Vesuviane,
con
sede in Napoli, rappresentato dall’avv. E. Soprano,
ricorrente nella causa C‑455/07
P,
procedimento in cui l’altra parte è:
Commissione delle Comunità
europee,
rappresentata dal sig. L. Flynn, in qualità di
agente,
assistito dall’avv. A. Dal Ferro,
con
domicilio eletto in Lussemburgo,
convenuta in primo grado,
composta dal sig. P. Jann, presidente di
sezione, dai sigg. M. Ilešič, A. Tizzano, A. Borg Barthet
e J.‑J. Kasel
(relatore), giudici,
avvocato generale: sig.ra J. Kokott
cancelliere: sig. R. Grass
sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 12
febbraio 2009,
ha
pronunciato la seguente
Sentenza
1 Con la propria impugnazione
2 Con la propria impugnazione l’Ente per le Ville
Vesuviane (in prosieguo: l’«Ente») chiede l’annullamento della sentenza impugnata,
con la quale il Tribunale ha respinto il suo ricorso diretto all’annullamento
della decisione della Commissione 13 marzo 2002, D (2002) 810111,
recante chiusura del contributo finanziario del Fondo europeo di sviluppo
regionale (FESR) per un investimento in infrastrutture in Campania relativo ad
un sistema integrato di valorizzazione a fini turistici di tre ville vesuviane
(in prosieguo: la «decisione controversa»).
Contesto normativo
3 Il FESR è stato istituito dal regolamento (CEE) del
Consiglio 18 marzo 1975, n. 724 (GU L 73, pag. 1; rettificativo in GU L 110, pag. 44),
modificato più volte e poi sostituito, a far data dal 1° gennaio 1985, dal
regolamento (CEE) del Consiglio 19 giugno 1984, n. 1787
(GU L 169, pag. 1). Nel 1988 il regime dei Fondi strutturali è
stato riformato dal regolamento (CEE) del Consiglio 24 giugno 1988,
n. 2052, relativo alle missioni dei Fondi a finalità strutturali, alla
loro efficacia e al coordinamento dei loro interventi e di quelli della Banca
europea per gli investimenti e degli altri strumenti finanziari esistenti
(GU L 185, pag. 9).
4 Il 19 dicembre 1988 il Consiglio ha adottato il
regolamento (CEE) n. 4254/88, recante disposizioni di applicazione del
regolamento [n. 2052/88] per quanto riguarda il Fondo europeo di sviluppo
regionale (GU L 374, pag. 15). Il regolamento n. 4254/88 ha
sostituito il regolamento n. 1787/84. Esso è stato modificato dal
regolamento (CEE) del Consiglio 20 luglio 1993, n. 2083 (GU L 193, pag. 34).
5 L’art. 12 del regolamento n. 4254/88,
rubricato «Disposizioni transitorie», così recita:
«Le parti delle somme impegnate a titolo di
concessione di contributo per i progetti decisi dalla Commissione anteriormente
al 1° gennaio 1989 nel quadro del FESR e che non hanno formato oggetto di
una richiesta di pagamento definitivo alla Commissione entro il 31 marzo 1995,
sono da quest’ultima disimpegnate automaticamente entro il 30 settembre 1995,
fatti salvi i progetti oggetto di sospensione per motivi giudiziari».
Fatti all’origine
della controversia
6 I fatti all’origine della controversia sono esposti
nei seguenti termini ai punti 4-16 della sentenza impugnata:
«4 Il
ricorrente è un consorzio di cui fanno parte lo Stato italiano,
5 Secondo
le indicazioni fornite dal ricorrente e non contestate dalla Commissione, nel
1986 lo Stato italiano, su istanza del consorzio, chiedeva a detta istituzione
l’erogazione di un contributo del FESR per realizzare un investimento in
infrastrutture avente ad oggetto un sistema integrato di valorizzazione del
parco inferiore di Villa Favorita, del giardino di Villa Ruggiero e del
complesso architettonico di Villa Campolieto. Villa
Favorita appartiene al demanio statale italiano. Le altre due ville sono di
proprietà del ricorrente.
6 Con
decisione 18 dicembre 1986, C (86) 2029/120, indirizzata alla
Repubblica italiana,
7 In
tale decisione il ricorrente veniva designato sia come beneficiario dell’aiuto
(terzo ‘considerando’ e art. 3) sia come responsabile della domanda e
della realizzazione del progetto (allegato alla decisione). Lo scadenzario
incluso nell’allegato alla decisione precisava che il periodo di ammissibilità
delle spese relative alla realizzazione del progetto iniziava nel gennaio 1987
e terminava nel giugno 1990. Ai sensi dell’art. 4 della suddetta
decisione,
8 In
esecuzione di tale decisione, e su richiesta delle autorità italiane, venivano
versati, rispettivamente nel 1988 e nel 1990, due anticipi, ognuno d’importo
pari a ITL 3 000 000 000.
9 Con
lettera 29 marzo 1995 lo Stato italiano chiedeva la proroga del termine per la
presentazione delle richieste di pagamento definitivo, fissato al 31 marzo 1995
dall’art. 12 del regolamento n. 4254/88 (...), adducendo che i lavori
erano stati sospesi a causa di “provvedimenti giudiziari di varia natura”
ovvero di “contenziosi con i soggetti espropriati”.
10 Con
lettera 15 febbraio 2000 le autorità italiane ricordavano di avere già
richiesto una proroga del suddetto termine. Esse chiedevano, inoltre, che si
procedesse al più presto alla liquidazione di un ulteriore acconto, facendo
valere che l’importo delle spese sostenute fino a quel momento era stato
significativamente superiore agli anticipi già versati. A sostegno delle loro
richieste esse trasmettevano alla Commissione la relazione, [a] data 16 giugno
1999, di una loro verifica del progetto. Tale relazione conteneva le seguenti
indicazioni: “data fine pagamenti” dei lavori relativi
a Villa Campolieto: 1994; “data ultimazione lavori
(effettiva)” di Villa Ruggiero: 1992 e “data ultimazione lavori (effettiva)”
del “primo stralcio” dei lavori relativi a Villa Favorita: 1993. Alla voce
“Motivi giudiziari che hanno determinato la sospensione” la relazione
riportava, a proposito di Villa Campolieto, che “non
[c’erano] stati problemi giudiziari”. A proposito di Villa Ruggiero, adduceva
“procedimenti per il rilascio del giardino da parte degli occupanti”. Quanto al
completamento dei lavori relativi a Villa Favorita, indicava l’“ottenimento
della concessione demaniale definitiva e [lo] sfratto [di] abusivi e container
[ospitanti i] terremotati”. La relazione indicava inoltre che l’eventuale
mancato versamento del contributo comunitario “[avrebbe posto] in serie
difficoltà finanziarie [il ricorrente], ove non [avesse trovato] compensazione
con altri finanziamenti esterni (ad esempio, [l’]eventuale inclusione del
progetto nel [quadro comunitario di sostegno] Campania 94/99), dato che [il
ricorrente] non dispone[va] di entrate proprie ad esso sostitutive”.
11 Con
lettera 8 marzo 2001 le autorità italiane presentavano una richiesta di
pagamento a saldo.
12 Con
lettera 12 ottobre 2001
13 Con
lettera 21 novembre 2001 le autorità italiane rispondevano che “[l]’incidenza
finanziaria del [recupero di parte dei primi due stralci del contributo per un
importo di ITL 4 600 000 000] sul bilancio del beneficiario
finale […] risulta[va] molto onerosa, poiché lo stesso [aveva] operato utilizzando
le risorse già erogate dalla Commissione ai fini della completa realizzazione
delle opere previste, nella convinzione dell’accettazione della […] richiesta
di proroga dei termini [per la presentazione delle richieste di pagamento
definitivo]”. In proposito facevano osservare che dalla relazione di verifica
[del] 16 giugno 1999 risultava che la realizzazione del progetto era
stata suddivisa in tre stralci funzionali di cui soltanto il terzo, quello
relativo al completamento dei lavori di Villa Favorita, era stato interessato
da ritardi realizzativi per i quali esse avevano richiesto la sospensione del
termine per la presentazione della richiesta di pagamento definitivo. Al
contrario, le spese relative ai primi due stralci dei lavori, attinenti alle
ville Campolieto e Ruggiero, che sarebbero ammontate
a ITL 7 996 087 050, sarebbero state sostenute prima del
31 marzo 1995 e non sarebbero state oggetto di specifiche domande di
proroga.
14 Con
lettera 13 marzo 2002
15 Nella
decisione [controversa]
16 Nella
medesima decisione
Procedimento dinanzi al Tribunale e sentenza
impugnata
7 Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria
del Tribunale il 18 giugno 2002 l’Ente ha proposto un ricorso volto
all’annullamento della decisione controversa.
8 A sostegno di tale ricorso l’Ente ha dedotto una
serie di motivi vertenti, rispettivamente, su una violazione dell’art. 12
del regolamento n. 4254/88, su una violazione dei diritti della difesa ed
una carenza di motivazione nonché su un difetto di istruttoria da parte della
Commissione.
9 Nel controricorso
10 Con la sentenza impugnata il Tribunale ha respinto
l’eccezione di irricevibilità sollevata dalla
Commissione e ha dichiarato il ricorso ricevibile.
11 Dopo aver ricordato i presupposti che devono
sussistere perché una persona fisica o giuridica possa essere considerata
«direttamente» interessata da una decisione ai sensi dell’art. 230, quarto
comma, CE, il Tribunale ha considerato che la situazione giuridica dell’Ente
differisse notevolmente da quella dei ricorrenti in diverse cause definite con
sentenze della Corte che avevano accertato l’assenza di incidenza diretta sui
ricorrenti medesimi (v. sentenze 2 maggio 2006, causa C‑417/04 P,
Regione Siciliana/Commissione, Racc. pag. I‑3881, e 22 marzo 2007,
causa C‑15/06 P, Regione Siciliana/Commissione,
Racc. pag. I‑2591).
12 In primo luogo, il Tribunale ha sottolineato, al
punto 43 della sentenza impugnata, che, contrariamente alle decisioni di
concessione dei contributi comunitari oggetto delle due succitate sentenze 2
maggio 2006 e 22
marzo 2007, Regione Siciliana/Commissione, in cui
13 In secondo luogo, esso ha constatato, ai punti 44 e
48 della sentenza impugnata, che, nella fattispecie, le autorità italiane
avevano fatto presente chiaramente di non voler intervenire a sostegno del beneficiario
al fine di attenuare le conseguenze finanziarie di un’eventuale riduzione del
contributo comunitario, ragion per cui la possibilità che
14 Ai punti 51 e 52 della sentenza impugnata il
Tribunale ha aggiunto che, contrariamente alla situazione della ricorrente
nella causa SLIM Sicilia/Commissione (ordinanza del Tribunale 6 giugno 2002,
causa T‑105/01, Racc. pag. II‑2697), nel caso di specie
il ricorrente era designato nominativamente, nella decisione di concessione,
come beneficiario del contributo comunitario ed espressamente autorizzato a
presentare osservazioni alla Commissione prima dell’adozione di qualunque
decisione definitiva. La necessità di assicurare la tutela giurisdizionale
delle garanzie processuali così conferite confermerebbe il diritto del
ricorrente al riconoscimento della legittimazione ad impugnare la decisione
controversa.
15 Quanto al merito, il Tribunale ha respinto in quanto
infondati i tre motivi dedotti dall’Ente per le ragioni illustrate,
rispettivamente, ai punti 62‑77, 87‑100 e 101 della sentenza
impugnata.
Conclusioni delle
parti nei procedimenti d’impugnazione
L’impugnazione proposta dalla Commissione
(causa C‑445/07 P)
16
– annullare
la sentenza impugnata nella parte in cui dichiara ricevibile il ricorso di
annullamento proposto dall’Ente;
– dichiarare
irricevibile il ricorso di annullamento proposto dall’Ente contro la decisione
controversa;
– condannare
l’Ente alle spese.
17 L’Ente chiede che
– riunire
la causa C‑445/07 P, promossa dalla Commissione, e la causa C‑455/07 P,
promossa dall’Ente, trattandosi di giudizi oggettivamente e soggettivamente
connessi;
– respingere
in quanto infondata l’impugnazione proposta dalla Commissione;
– accogliere
l’impugnazione dell’Ente nella causa C‑455/07 P nei termini di cui
alle conclusioni rassegnate in tale impugnazione;
– porre
le spese del giudizio di appello e del procedimento di primo grado relativo
alla causa T‑189/02 a carico della Commissione.
L’impugnazione proposta dall’Ente (causa C‑455/07 P)
18 L’Ente chiede che
– annullare
in parte, secondo quanto evidenziato nei suesposti motivi di gravame, la
sentenza impugnata e, conseguentemente, dichiarare la nullità della decisione
controversa;
– in
subordine, annullare in parte, secondo quanto evidenziato nei suesposti motivi
di gravame, la sentenza impugnata e rimettere la causa al Tribunale affinché
giudichi nel merito la controversia alla luce delle indicazioni che
– porre
sia le spese del presente giudizio sia quelle del procedimento di primo grado
relativo alla causa T‑189/02 a carico della Commissione.
19
– dichiarare
irricevibile e/o infondata l’impugnazione presentata dall’Ente avverso la
sentenza impugnata;
– condannare
l’Ente alle spese del presente giudizio e del procedimento di primo grado.
20 Con ordinanza del presidente della Corte 12 marzo
2008 le cause C‑445/07 P e C‑455/07 P sono state riunite
ai fini della fase orale e della sentenza.
Sulle impugnazioni
Sull’impugnazione Commissione/Ente (causa C‑445/07 P)
Argomenti delle parti
21 In via preliminare
22 A tale riguardo
23 A sostegno della propria impugnazione
24 A torto il Tribunale avrebbe sollevato taluni
elementi che distinguerebbero la situazione dell’Ente da quella della parte
ricorrente nelle citate sentenze 2 maggio 2006 e 22 marzo 2007, Regione
Siciliana/Commissione.
25
26 La distinzione operata dal Tribunale fra
beneficiario finale e responsabile del progetto sarebbe peraltro contraria alla
logica e al linguaggio del sistema dei Fondi strutturali, il quale si fonda su
una stretta correlazione fra queste due funzioni. A tale proposito
27 In secondo luogo, sarebbe inconferente
per l’esame della ricevibilità del ricorso ai sensi dell’art. 230, quarto
comma, CE il fatto che nel caso di specie le autorità italiane abbiano
manifestato l’intenzione di voler riversare le conseguenze finanziarie della
decisione controversa sul beneficiario finale. Infatti, secondo
28
29 Secondo questa stessa giurisprudenza, spetterebbe agli
Stati membri prevedere un sistema di rimedi giurisdizionali e di procedure
idoneo a garantire il rispetto del diritto ad una tutela giurisdizionale
effettiva. Di conseguenza, l’Ente avrebbe dovuto far valere l’invalidità della
decisione controversa dinanzi ai giudici nazionali invitandoli a chiedere una
pronuncia pregiudiziale di validità ai sensi dell’art. 234 CE.
30 L’Ente, al contrario, è del parere che il Tribunale
lo abbia ritenuto a giusto titolo persona «direttamente» interessata ai sensi
dell’art. 230, quarto comma, CE.
31 Riguardo, innanzitutto, alla qualità di beneficiario di un
finanziamento comunitario, secondo l’Ente risulta chiaramente da una lettura a
contrario del punto 67 dell’ordinanza del Tribunale Regione Siciliana/Commissione,
cit., che il beneficiario finale di un contributo finanziario è direttamente
interessato da un provvedimento che sopprima o riduca detto contributo. Tale
interpretazione sarebbe conforme alla giurisprudenza in materia di aiuti di Stato
in base alla quale i beneficiari di aiuti vietati o
ridotti in virtù di decisioni della Commissione sono direttamente interessati
da tali decisioni e legittimati a chiederne l’annullamento ai sensi
dell’art. 230, quarto comma, CE (v., in particolare, sentenze 19 ottobre
2000, cause riunite C‑15/98 e C‑105/99, Italia e Sardegna Lines/Commissione, Racc. pag. I‑8855,
punti 34-36, e 29 aprile 2004, causa C‑298/00 P,
Italia/Commissione, Racc. pag. I‑4087, punto 39).
32 L’Ente ritiene che la logica del sistema dei Fondi
strutturali invocata dalla Commissione sia inconferente
nell’ambito dell’esame del presente ricorso, dal momento che le norme che
codificano il principio di fusione tra le funzioni di autorità responsabile e
di beneficiario finale si applicano a periodi di programmazione successivi a
quello di cui trattasi nella fattispecie. In tale contesto, a nulla gioverebbe
richiamare altresì provvedimenti nazionali adottati a seguito della decisione
di concessione del contributo finanziario, non potendo tali provvedimenti
minimamente incidere sul diritto conferito dalla Commissione all’Ente,
beneficiario del contributo in questione.
33 L’Ente respinge, poi, l’argomentazione della
Commissione in merito all’esistenza di un potere discrezionale delle autorità
italiane. A tale riguardo esso fa valere principalmente che il ragionamento del
Tribunale si baserebbe sul fatto che la decisione controversa ha determinato,
oltre all’obbligo di restituire le somme indebitamente percepite, il disimpegno
di una somma inizialmente riconosciuta, ma non erogata. Ebbene, un simile
disimpegno produrrebbe effetti diretti in capo all’Ente, beneficiario del
finanziamento, senza che occorra un intervento apposito da parte delle autorità
italiane o del legislatore nazionale.
34 In ogni caso, come risulterebbe tanto dalla citata
ordinanza del Tribunale Regione Siciliana/Commissione quanto dalle conclusioni
dell’avvocato generale Ruiz-Jarabo Colomer nella causa definita dalla citata sentenza 2 maggio
2006, Regione Siciliana/Commissione, quando il potere discrezionale delle
autorità nazionali è di natura teorica, dal momento che non sussiste alcun
dubbio quanto alle intenzioni delle autorità nazionali incaricate
dell’attuazione della decisione comunitaria, il ricorrente si trova
direttamente interessato. Orbene, sarebbe questo il caso di specie, atteso che
le autorità italiane hanno formalmente annunciato alla Commissione, nella
lettera del 21 novembre 2001, la propria intenzione di ripetere dall’Ente le
somme da restituire alla Commissione in caso di chiusura del finanziamento. Ne
consegue che nessuna volontà autonoma di dette autorità verrebbe ad interporsi
tra la decisione controversa e le sue ripercussioni sul beneficiario del
contributo finanziario.
35 Per quanto riguarda, infine, il ragionamento svolto
dal Tribunale in merito al principio della tutela giurisdizionale effettiva,
l’Ente ricorda che, ai sensi della decisione di concessione, esso aveva diritto
ad essere sentito e che tale diritto è stato violato dalla Commissione in sede
di adozione della decisione controversa. L’esistenza di tale diritto
contribuirebbe peraltro a dimostrare la sussistenza di un rapporto giuridico
diretto tra la decisione della Commissione e la posizione dell’Ente.
36 Contrariamente a quanto afferma
37 L’Ente sottolinea che il rimedio suggerito dalla
Commissione, volto a far valere l’invalidità della decisione controversa
dinanzi ai giudici italiani invitandoli a sollevare una questione pregiudiziale
ai sensi dell’art. 234 CE, sfocerebbe, in realtà, nell’inammissibilità
di tale domanda processuale. Infatti, conformemente a una giurisprudenza
costante (sentenze 14 dicembre 1962, cause riunite 16/62 e 17/62, Confédération nationale des producteurs de fruits et légumes
e a./Consiglio, Racc. pag. 877, e Unión
de Pequeños Agricultores,
cit.), la competenza attribuita alla Corte ai sensi dell’art. 234, primo
comma, lett. b), CE si limiterebbe agli atti aventi
portata normativa o generale. La decisione controversa, in quanto atto
di portata individuale, non potrebbe costituire oggetto di un rinvio
pregiudiziale.
38 Del resto, ammettere che il ricorrente possa
opporsi, dinanzi ai giudici nazionali, all’esecuzione della decisione
controversa eccependo l’illegittimità della stessa equivarrebbe a riconoscergli
la possibilità di eludere il carattere definitivo di tale decisione nei suoi
confronti dopo la scadenza dei termini di ricorso stabiliti all’art. 230,
quinto comma, CE.
Giudizio della Corte
39 In via preliminare occorre rammentare che, in forza
dell’art. 56, secondo comma, dello Statuto della Corte di giustizia,
un’impugnazione può essere proposta da qualsiasi parte sia rimasta parzialmente
o totalmente soccombente nelle sue conclusioni.
40 Secondo una costante giurisprudenza, è ricevibile
l’impugnazione di una sentenza del Tribunale allorché quest’ultimo ha disatteso
un’eccezione d’irricevibilità di un ricorso sollevata
da una parte, mentre, nel prosieguo della stessa sentenza, ha respinto il
ricorso in quanto infondato (sentenze Consiglio/Boehringer,
cit., punto 50; Commissione/max.mobil, cit.,
punti 50 e 51, e 7 giugno 2007, causa C‑362/05 P, Wunenburger/Commissione, Racc. pag. I‑4333,
punto 37).
41 Nel caso di specie è assodato che, come emerge dal
punto 23 della sentenza impugnata,
42 Al fine di statuire sulla fondatezza
dell’impugnazione proposta dalla Commissione si deve sottolineare che, in forza
dell’art. 230, quarto comma, CE, un ente regionale o locale, nei limiti in
cui gode di personalità giuridica in base all’ordinamento nazionale, può proporre
un ricorso contro le decisioni prese nei suoi confronti e contro le decisioni
che, pur apparendo come un regolamento o una decisione presa nei confronti di
altre persone, lo riguardano direttamente ed individualmente (v. sentenze 22
novembre 2001, causa C‑452/98, Nederlandse Antillen/Consiglio, Racc. pag. I‑8973,
punto 51, e 10 aprile 2003, causa C‑142/00 P, Commissione/Nederlandse Antillen,
Racc. pag. I‑3483, punto 59).
43 Poiché la decisione controversa è stata notificata
dalla Commissione alla Repubblica italiana, si deve accertare se l’Ente sia
legittimato a proporre un ricorso di annullamento avverso tale decisione e, più
in particolare, se quest’ultima lo riguardi direttamente e individualmente.
44 Non essendo stato contestato che la decisione
controversa riguarda l’Ente individualmente, l’esame del Tribunale si è
limitato alla questione dell’incidenza diretta.
45 A tale proposito risulta da una costante
giurisprudenza che la condizione di cui all’art. 230, quarto comma, CE,
secondo cui una persona fisica o giuridica dev’essere
direttamente interessata dalla decisione che costituisce oggetto del ricorso,
richiede la compresenza di due criteri cumulativi, vale a dire che il
provvedimento comunitario contestato, in primo luogo, produca direttamente
effetti sulla situazione giuridica del singolo e, in secondo luogo, non lasci
ai propri destinatari alcun potere discrezionale quanto alla sua applicazione,
la quale ha carattere meramente automatico e deriva dalla sola normativa
comunitaria, senza intervento di altre norme intermedie (v. sentenze 5 maggio
1998, causa C‑404/96 P, Glencore Grain/Commissione, Racc. pag. I‑2435,
punto 41; 29
giugno 2004, causa C‑486/01 P, Front national/Parlamento, Racc. pag. I‑6289,
punto 34; 2 maggio 2006, Regione Siciliana/Commissione, cit.,
punto 28, e 22
marzo 2007, Regione Siciliana/Commissione, cit., punto 31).
46 Lo stesso vale qualora la possibilità per i
destinatari di non dare seguito all’atto comunitario di cui trattasi sia
puramente teorica perché la loro volontà di trarre conseguenze ad esso conformi
è indubbia (sentenza 5 maggio 1998, causa C‑386/96 P, Dreyfus/Commissione, Racc. pag. I‑2309,
punto 44; v. anche, nel medesimo senso, sentenza 17 gennaio 1985, causa
11/82, Piraiki-Patraiki e a./Commissione,
Racc. pag. 207, punti 8-10).
47 Riguardo al primo criterio
48 Peraltro, neanche il fatto che tale ente sia
menzionato come autorità responsabile della domanda di contributo finanziario
ha la conseguenza di mettere lo stesso in un rapporto diretto con l’aiuto
comunitario, il quale – come precisa la decisione – è stato richiesto dallo
Stato membro interessato ed è stato concesso a quest’ultimo (sentenza 22 marzo
2007, Regione Siciliana/Commissione, cit., punto 36).
49 Nel caso di specie emerge dal punto 4 della sentenza
impugnata che l’Ente è stato costituito con una legge italiana per la
salvaguardia e la valorizzazione di taluni complessi monumentali nella Regione
Campania, che rappresenta un gruppo eterogeneo di enti pubblici italiani, fra
cui lo Stato, e che
50 Dal punto 5 della medesima sentenza risulta, poi,
che la domanda di contributo FESR, in vista della realizzazione da parte
dell’Ente delle infrastrutture progettate, è stata presentata alla Commissione
dalla Repubblica italiana e che il contributo è stato concesso dalla
Commissione a tale Stato membro.
51 Pertanto, come ha già rilevato l’avvocato generale
al paragrafo 50 delle conclusioni, è
52 Peraltro, dalla sentenza impugnata non risulta che
l’Ente sia tenuto, in forza della stessa decisione controversa o di una
qualunque disposizione del diritto comunitario idonea a disciplinarne gli
effetti, a rimborsare la somma corrispondente all’importo del saldo del
contributo comunitario disimpegnato.
53 Al contrario, dal punto 7 della sentenza impugnata
risulta che, nella decisione controversa,
54 Ne consegue che, contrariamente a quanto dichiarato
dal Tribunale al punto 43 della sentenza impugnata, il semplice fatto che
l’Ente sia stato nominativamente designato, al terzo ‘considerando’ e
all’art. 3 della decisione di concessione, come beneficiario del
contributo comunitario non è sufficiente a distinguere la sua situazione giuridica
da quella degli enti coinvolti nelle cause definite dalle citate sentenze 2
maggio 2006 e 22
marzo 2007, Regione Siciliana/Commissione, e non implica, pertanto, che
l’Ente medesimo sia titolare del diritto a detto contributo.
55 Quanto al secondo criterio richiesto perché sussista
l’incidenza diretta, risulta dalla giurisprudenza citata al punto 45 della
presente sentenza che esso è soddisfatto quando il provvedimento comunitario ha
carattere automatico e la sua applicazione deriva dalla sola normativa
comunitaria, senza intervento di altre norme intermedie.
56 Nella fattispecie, il fatto stesso che le autorità
italiane abbiano manifestato l’intenzione di recuperare le somme indebitamente
percepite dall’Ente esprime l’esistenza di una loro volontà autonoma, in
assenza di obblighi in tal senso posti dal diritto comunitario.
57 Ne discende che, contrariamente a quanto il
Tribunale ha dichiarato ai punti 46-48 della sentenza impugnata, la circostanza
che le autorità italiane abbiano espresso, in una lettera indirizzata alla
Commissione, l’intenzione di riversare sull’Ente le conseguenze finanziarie di
un’eventuale decisione della Commissione di sopprimere il contributo
comunitario non è sufficiente per dimostrare l’interesse diretto richiesto
dall’art. 230, quarto comma, CE.
58 È certamente vero che
59 Si deve tuttavia constatare che questa
giurisprudenza non si applica al caso di specie.
60 Come ha sottolineato, infatti, l’avvocato generale al
paragrafo 64 delle conclusioni, gli accertamenti operati dal Tribunale non sono
sufficienti per trarre conclusioni in merito al comportamento successivo del
destinatario della decisione controversa. La circostanza che l’Ente sia
direttamente interessato non può essere dedotta dal mero annuncio,
giuridicamente non vincolante, delle autorità italiane di voler chiedere
all’Ente la restituzione del contributo, atteso che, in particolare, non si può
escludere che circostanze specifiche possano indurre
61 È altresì inconferente la
giurisprudenza in materia di aiuti di Stato citata dall’Ente nell’ambito della
sua impugnazione. Infatti, contrariamente alla prassi generalmente seguita
dalla Commissione in materia di aiuti di Stato dichiarati incompatibili con il
mercato comune di adottare decisioni che ingiungono agli Stati membri di
procedere al recupero delle somme non dovute presso i beneficiari degli aiuti,
la decisione controversa non ha affatto imposto allo Stato membro interessato,
come è stato ricordato già al punto 52 della presente sentenza, l’obbligo di
recuperare le somme dai beneficiari finali.
62 A tale riguardo, contrariamente a quanto sostiene
l’Ente, neppure l’obbligo d’informare il beneficiario finale può essere
assimilato a una tale ingiunzione.
63 Da tutte le considerazioni sin qui svolte consegue
che l’Ente non era interessato «direttamente», ai sensi dell’art. 230,
quarto comma, CE, dalla decisione controversa e che il suo ricorso dinanzi al
Tribunale era pertanto irricevibile.
64 Questa
conclusione non è inficiata
dall’argomento accolto dal Tribunale al punto 52 della sentenza impugnata secondo
cui la necessità di assicurare la tutela giurisdizionale delle garanzie
processuali conferite all’Ente, segnatamente quella di essere espressamente
autorizzato a presentare osservazioni alla Commissione, confermerebbe che gli
deve essere riconosciuta la legittimazione ad agire contro la decisione di
quest’ultima.
65 Infatti, anche se i singoli devono poter beneficiare
di una tutela giurisdizionale effettiva dei diritti che traggono
dall’ordinamento giuridico comunitario (citate sentenze Unión
de Pequeños Agricultores/Consiglio,
punto 39; Commissione/Jégo-Quéré, punto 29, e 22 marzo 2007, Regione
Siciliana/Commissione, punto 39), invocare il diritto a tale tutela
non può rimettere in causa le condizioni poste all’art. 230 CE.
66 Conformemente a una giurisprudenza costante, la
tutela giurisdizionale delle persone fisiche o giuridiche che non possono, a
causa dei requisiti di ricevibilità di cui all’art. 230, quarto comma, CE,
impugnare direttamente atti comunitari del tipo della decisione controversa
deve essere assicurata in maniera efficace dai rimedi giurisdizionali innanzi
ai giudici nazionali. Questi ultimi, in conformità al principio di leale
collaborazione sancito dall’art. 10 CE, sono tenuti
per quanto possibile a registrare e ad applicare le norme procedurali
nazionali che disciplinano l’esercizio delle azioni in maniera da consentire a
dette persone fisiche o giuridiche di contestare in sede giudiziale la
legittimità di ogni decisione o di qualsiasi altro provvedimento nazionale relativo
all’applicazione nei loro confronti di un atto comunitario come quello de quo,
eccependone l’invalidità e inducendo così i giudici ad interpellare a tale
proposito
67 Il Tribunale ha pertanto commesso un errore di
diritto considerando che l’Ente fosse direttamente interessato dalla decisione
controversa. La sentenza impugnata va quindi annullata.
Sulla ricevibilità del ricorso dell’Ente
68 Ai sensi dell’art. 61, primo comma, del proprio
Statuto,
69 Nel caso di specie
70 Per i motivi esposti ai punti 49-66 della presente
sentenza l’Ente non può essere ritenuto direttamente interessato dalla
decisione controversa.
71 Occorre perciò respingere in quanto irricevibile il
ricorso presentato dinanzi al Tribunale dall’Ente.
Sull’impugnazione Ente/Commissione (causa C‑455/07
P)
72 Considerata l’irricevibilità
del ricorso presentato dinanzi al Tribunale dall’Ente, l’impugnazione di
quest’ultimo, relativa alla pronuncia di merito del Tribunale, è divenuta priva
di oggetto, sicché non occorre esaminarla.
Sulle spese
73 Ai sensi dell’art. 69, n. 2, del regolamento
di procedura della Corte, applicabile ai procedimenti di impugnazione ai sensi
dell’art. 118 del medesimo regolamento, la parte soccombente è condannata
alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché
Per questi motivi,
1) La
sentenza del Tribunale di primo grado delle Comunità europee 18 luglio 2007,
causa T‑189/02, Ente per le Ville Vesuviane/Commissione, è annullata
nella parte in cui ha dichiarato ricevibile il ricorso proposto dall’Ente per
le Ville Vesuviane volto all’annullamento della decisione della Commissione 13
marzo 2002, D (2002) 810111, recante chiusura del contributo
finanziario del Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR) per un investimento
in infrastrutture in Campania relativo ad un sistema integrato di
valorizzazione a fini turistici di tre ville vesuviane.
2) Il
ricorso dell’Ente per le Ville Vesuviane volto all’annullamento di tale
decisione è respinto in quanto irricevibile.
3) Non
occorre statuire sull’impugnazione proposta dall’Ente per le Ville Vesuviane.
4) L’Ente
per le Ville Vesuviane è condannato alle spese del presente procedimento nonché
a quelle relative al primo grado di giudizio.
(Seguono
le firme)