Corte di Giustizia delle Comunità europee (Terza Sezione),
14 febbraio 2008
C‑244/06, Dynamic Medien Vertriebs GmbH - Avides Media AG
Nel procedimento C‑244/06,
avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai
sensi dell’art. 234 CE, dal Landgericht Koblenz (Germania) con decisione 25 aprile 2006,
pervenuta in cancelleria il 31 maggio 2006, nella causa tra
Dynamic Medien
Vertriebs GmbH
e
Avides Media AG,
composta dal sig. A. Rosas (relatore),
presidente di sezione, dai sigg. U. Lõhmus,
J. Klučka, A. Ó Caoimh e dalla sig.ra P. Lindh,
giudici,
avvocato generale: sig. P. Mengozzi
cancelliere: sig. J. Swedenborg, amministratore
vista
la fase scritta del procedimento e in seguito alla trattazione orale del
2 maggio 2007,
considerate le osservazioni presentate:
– per
– per l’Avides Media AG, dall’avv. C. Grau;
– per
il governo tedesco, dai sigg. M. Lumma e
C. Blaschke, nonché dalla sig.ra C. Schulze-Bahr, in qualità di agenti;
– per
l’Irlanda, dal sig. D. O’Hagan, in qualità
di agente, assistito dal sig. P. McGarry,
BL;
– per
il governo del Regno Unito, dalla sig.ra V. Jackson, in qualità di
agente, assistita dal sig. M. Hoskins, barrister;
– per
sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del
13 settembre 2007,
ha
pronunciato la seguente
Sentenza
1 La
domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione degli
artt. 28 CE e 30 CE, nonché della direttiva del Parlamento
europeo e del Consiglio 8 giugno 2000, 2000/31/CE, relativa a taluni aspetti
giuridici dei servizi della società dell’informazione, in particolare il
commercio elettronico, nel mercato interno («direttiva sul commercio
elettronico») (GU L 178, pag. 1).
2 Tale
domanda è stata presentata
nell’ambito di una controversia tra
Contesto normativo
Normativa comunitaria
3 Ai
sensi del suo art. 1, n. 1, la direttiva 2000/31 mira a contribuire
al buon funzionamento del mercato interno garantendo la libera circolazione dei
servizi della società dell’informazione tra gli Stati membri.
4 L’art. 2,
lett. h), della citata direttiva definisce la nozione di «ambito
regolamentato» come «le prescrizioni degli ordinamenti degli Stati membri e
applicabili ai prestatori di servizi della società dell’informazione o ai
servizi della società dell’informazione, indipendentemente dal fatto che siano
di carattere generale o loro specificamente destinati».
5 Il
suddetto art. 2, lett. h), sub ii),
precisa che l’ambito regolamentato non comprende le norme sulle merci in quanto
tali né le norme sulla consegna delle merci. Per quanto riguarda le norme
relative alle merci, il ventunesimo ‘considerando’ della direttiva 2000/31 cita
le norme in materia di sicurezza, gli obblighi di etichettatura e la
responsabilità per le merci.
6 L’art. 3,
n. 2, della stessa direttiva dispone che gli Stati membri non possono, per
motivi che rientrano nell’ambito regolamentato, limitare la libera circolazione
dei servizi della società dell’informazione provenienti da un altro Stato
membro. Il n. 4 del medesimo art. 3 prevede tuttavia che, a
determinate condizioni, tali Stati membri possano adottare, per quanto concerne
un determinato servizio della società dell’informazione, i provvedimenti
necessari per ragioni quali l’ordine pubblico, in particolare la tutela dei
minori, nonché la tutela della sanità pubblica e dei consumatori.
7 La
direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 20 maggio 1997, 97/7/CE,
riguardante la protezione dei consumatori in materia di contratti a distanza
(GU L 144, pag. 19), ha ad oggetto, ai sensi dell’art. 1,
l’armonizzazione delle disposizioni applicabili negli Stati membri a tali
contratti, conclusi tra i consumatori e i fornitori.
Normativa nazionale
8 L’art. 1,
n. 4, della legge 23 luglio 2002 sulla tutela dei minori (Jugendschutzgesetz) (BGBl. 2002 I, pag. 2730) definisce la vendita per corrispondenza
come «ogni operazione a titolo oneroso effettuata tramite ordinativo e
spedizione di una merce per via postale o elettronica senza contatto personale
tra chi consegna e chi acquista o senza che sia garantito, attraverso
accorgimenti tecnici o di altro tipo, che quanto spedito non sarà consegnato a
bambini o adolescenti».
9 L’art. 12,
n. 1, della legge sulla tutela dei minori stabilisce che le cassette video
preregistrate e gli altri supporti di dati trasmissibili programmati per essere
riprodotti o visualizzati su schermo con film o giochi (supporti di immagini)
possano essere resi accessibili pubblicamente a un bambino o ad un adolescente
soltanto ove il programma sia stato autorizzato per la loro fascia di età e
contrassegnato dall’autorità suprema del Land o da un’organizzazione di
autoregolamentazione volontaria nell’ambito della procedura di cui
all’art. 14, n. 6, di questa stessa legge, oppure si tratti di
programmi d’informazione, di educazione o di insegnamento contrassegnati dal
fornitore come «programma d’informazione» o «programma educativo».
10 Il
n. 3 del citato art. 12 stabilisce che «i supporti di immagini non
contrassegnati o contrassegnati “vietato ai minori” ai sensi dell’art. 14,
n. 2, dall’autorità suprema del Land o da un’organizzazione di
autoregolamentazione volontaria nel quadro della procedura di cui
all’art. 14, n. 6, ovvero dal fornitore ai sensi dell’art. 14,
n. 7, non possono
1. essere
offerti, ceduti o altrimenti resi accessibili a un bambino o a un adolescente,
2. essere
offerti o ceduti nel commercio al dettaglio fuori dai locali commerciali, in
chioschi o altri punti vendita nei quali i clienti non entrino abitualmente,
ovvero per corrispondenza».
Causa principale e
questioni pregiudiziali
11 L’Avides Media vende supporti audio e video per
corrispondenza tramite il suo sito Internet e una piattaforma di commercio
elettronico.
12 Il giudizio a quo verte
sull’importazione da parte di tale società, dal Regno Unito in Germania, di
cartoni animati giapponesi, denominati «Anime», in versione DVD o
videocassetta. Prima di essere importati, tali programmi sono stati oggetto di
controllo da parte del British Board
of Film Classification
(commissione britannica di classificazione dei film; in prosieguo: il «BBFC»).
In applicazione delle disposizioni sulla tutela dei minori in vigore nel Regno
Unito, tale organismo ha verificato a quale pubblico fossero indirizzati tali
supporti video e li ha classificati nella categoria «vietato ai minori di anni
quindici». I supporti video in questione sono provvisti di un adesivo del BBFC
che indica che la loro visione è consentita ad adolescenti di quindici anni o
più.
13
14 Con
decisione 8 giugno 2004, il detto giudice ha ritenuto che la vendita per
corrispondenza di supporti video provvisti della sola indicazione di età minima
fissata dal BBFC fosse contraria alle disposizioni della legge sulla tutela dei
minori e che costituisse un comportamento anticoncorrenziale. In data
21 dicembre 2004, l’Oberlandesgericht Koblenz, pronunciandosi nell’ambito di un procedimento
cautelare, ha confermato tale decisione.
15 Il Landgericht Koblenz, investito
della controversia nel merito, dovendo esaminare la conformità del divieto
previsto dalla legge sulla tutela dei minori con l’art. 28 CE e con
le disposizioni della direttiva 2000/31, ha deciso di sospendere il
procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:
«[1)] Se il principio della libera circolazione
delle merci, ai sensi dell’art. 28 CE, osti ad una normativa tedesca
che vieta di vendere per corrispondenza supporti video (DVD, videocassette)
privi dell’indicazione che gli stessi sono stati sottoposti in Germania ad una
verifica dell’idoneità ai minori.
[2)] In
particolare: se il divieto di commercializzare per corrispondenza tali supporti
video costituisca una misura di effetto equivalente ai sensi
dell’art. 28 CE.
[3)] In
caso di soluzione affermativa: se un simile divieto sia giustificato, ai sensi
dell’art. 30 CE e della direttiva [2000/31], anche nel caso in cui il
supporto video sia stato sottoposto ad una verifica di idoneità ai minori in un
altro Stato membro (…), e ciò sia indicato sullo stesso; o se un simile
controllo da parte di un altro Stato membro (…) costituisca un mezzo meno
restrittivo ai sensi di detta disposizione».
Sulle questioni
pregiudiziali
Osservazioni preliminari
16 Con
le sue questioni, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio
chiede se il principio della libera circolazione delle merci, ai sensi degli
artt. 28 CE ‑ 30 CE, quest’ultimo interpretato
eventualmente in combinato disposto con le norme della direttiva 2000/31, osti
ad una normativa nazionale, come quella di cui alla causa principale, che vieta
la vendita e la cessione per corrispondenza di supporti video che non sono
stati sottoposti al controllo e alla classificazione, ai fini della tutela dei
minori, da parte dell’autorità competente, e che sono sprovvisti
dell’indicazione, proveniente da tale autorità, dell’età a partire dalla quale
ne è consentita la visione.
17 Per
quanto attiene al contesto normativo nazionale nel quale si colloca la domanda
di pronuncia pregiudiziale, il governo tedesco sostiene che il divieto di
vendita per corrispondenza di supporti video non controllati non è assoluto.
Invero, siffatta tipologia di vendita sarebbe conforme al diritto nazionale
qualora sia garantito che l’ordinazione è stata effettuata da un adulto, e la
consegna del prodotto di cui trattasi a bambini o adolescenti sia impedita
efficacemente.
18 In
tale contesto, si pone il problema della definizione, nell’ordinamento
giuridico nazionale, della nozione di vendita per corrispondenza. Infatti, come
emerge dagli atti, tale nozione è definita all’art. 1, n. 4, della
legge sulla tutela dei minori come «ogni operazione a titolo oneroso effettuata
tramite ordinazione e spedizione di una merce per via postale o elettronica
senza contatto personale tra chi consegna e chi acquista o senza che sia
garantito, attraverso accorgimenti tecnici o di altro tipo, che quanto spedito
non sarà consegnato a bambini o adolescenti».
19 Tuttavia,
nell’ambito di un rinvio pregiudiziale, non spetta alla Corte pronunciarsi
sull’interpretazione delle disposizioni nazionali, né giudicare se
l’interpretazione che di queste dà il giudice del rinvio sia corretta (v., in
tal senso, sentenza 3 ottobre 2000, causa C‑58/98, Corsten, Racc. pag. I‑7919, punto 24).
Infatti,
20 Alla
luce di quanto esposto, occorre risolvere la questione pregiudiziale partendo
dalla premessa, accolta dal giudice del rinvio, secondo cui la normativa di cui
alla causa principale vieta qualsiasi vendita per corrispondenza di supporti
video non sottoposti al controllo e alla classificazione, ai fini della tutela
dei minori, da parte dell’autorità competente, e sprovvisti dell’indicazione,
proveniente da tale autorità, relativa all’età a partire dalla quale ne è
consentita la visione.
21 Occorre inoltre
rilevare che dagli elementi che figurano nel fascicolo si evince che la
normativa di cui alla causa principale si applica non soltanto ai fornitori
stabiliti sul territorio della Repubblica federale di Germania, bensì anche a
quelli stabiliti in un altro Stato membro.
22 Per
quanto concerne le disposizioni di diritto comunitario applicabili in
circostanze come quelle di cui alla causa principale, occorre rilevare che
taluni aspetti relativi alla vendita di supporti video per corrispondenza
possono rientrare nell’ambito di applicazione della direttiva 2000/31.
Tuttavia, come emerge dall’art. 2, lett. h), sub ii), di tale direttiva, essa non detta le norme applicabili
alle merci in quanto tali. Lo stesso vale per quanto attiene alla direttiva
97/7.
23 Poiché
le disposizioni nazionali relative alla tutela dei minori in materia di vendita
di merci per corrispondenza non sono state oggetto di armonizzazione a livello
comunitario, la normativa di cui trattasi nella causa principale deve essere
valutata sulla base degli artt. 28 CE e 30 CE.
Sull’esistenza di una restrizione alla libera
circolazione delle merci
24 L’Avides Media, il governo del Regno Unito e
25
26 Secondo
una giurisprudenza costante, ogni normativa commerciale degli Stati membri che
possa ostacolare direttamente o indirettamente, in atto o in potenza, gli scambi
intracomunitari va considerata come una misura di effetto equivalente a
restrizioni quantitative e, a tale titolo, è vietata dall’art. 28 CE
(v., in particolare, sentenze 11 luglio 1974, causa 8/74, Dassonville,
Racc. pag. 837, punto 5; 19 giugno 2003, causa C‑420/01,
Commissione/Italia, Racc. pag. I‑6445, punto 25, e 8
novembre 2007, causa C‑143/06, Ludwigs-Apotheke,
non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 25).
27 Sebbene
un provvedimento non sia diretto a disciplinare gli scambi di merci tra gli
Stati membri, determinante è l’effetto che esso dispiega, in atto o in potenza,
sul commercio intracomunitario. In applicazione di tale criterio, costituiscono
misure di effetto equivalente gli ostacoli alla libera circolazione delle merci
derivanti, in mancanza di armonizzazione delle legislazioni nazionali,
dall’assoggettamento di merci provenienti da altri Stati membri, in cui siano
legalmente fabbricate e messe in commercio, a norme che dettino requisiti ai quali le merci stesse devono rispondere (come quelli
riguardanti la denominazione, la forma, le dimensioni, il peso, la
composizione, la presentazione, l’etichettatura o il confezionamento), anche
qualora tali norme siano indistintamente applicabili a tutti i prodotti,
laddove tale assoggettamento non risulti giustificato da finalità di interesse
generale tali da prevalere sulle esigenze della libera circolazione delle merci
(v., in tal senso, sentenze 20 febbraio 1979, causa 120/78, Rewe-Zentral,
detta «Cassis de Dijon»,
Racc. pag. 649, punti 6, 14 e 15; 26 giugno 1997, causa C‑368/95,
Familiapress, Racc. pag. I‑3689,
punto 8, nonché 11 dicembre 2003, causa C‑322/01, Deutscher Apothekerverband,
Racc. pag. I‑14887, punto 67).
28 Nella
sua giurisprudenza,
29 Per
contro, non può costituire ostacolo diretto o indiretto, in atto o in potenza,
agli scambi commerciali tra gli Stati membri, ai sensi della giurisprudenza
inaugurata dalla citata sentenza Dassonville,
l’assoggettamento di prodotti provenienti da altri Stati membri a disposizioni
nazionali che limitino o vietino talune modalità di vendita, sempreché tali
disposizioni valgano nei confronti di tutti gli operatori interessati che
svolgano la propria attività sul territorio nazionale e sempreché incidano in
egual misura, tanto sotto il profilo giuridico quanto sotto quello sostanziale,
sullo smercio dei prodotti sia nazionali sia provenienti da altri Stati membri
(v., in particolare, sentenze Keck e Mithouard, cit., punto 16; 15 dicembre 1993, causa C‑292/92,
Hünermund e a., Racc. pag. I‑6787,
punto 21, nonché 28 settembre 2006, causa C‑434/04, Ahokainen e Leppik,
Racc. pag. I‑9171, punto 19). Infatti, ove tali requisiti
siano soddisfatti, l’applicazione di normative di tal genere alla vendita di
prodotti provenienti da un altro Stato membro e rispondenti alle norme
stabilite da tale Stato non costituisce elemento atto ad impedire l’accesso di
tali prodotti al mercato o ad ostacolarlo in misura maggiore rispetto
all’ostacolo rappresentato per i prodotti nazionali (v. sentenza Keck e Mithouard, cit.,
punto 17).
30 Successivamente,
31 Come
si evince dal punto 15 della sentenza 29 giugno 1995, causa C‑391/92,
Commissione/Grecia (Racc. pag. I‑1621), costituisce una
modalità di vendita, ai sensi della giurisprudenza citata al punto 29
della presente sentenza, una disciplina che limita la commercializzazione di
prodotti a determinati punti vendita e che comporta una limitazione della
libertà commerciale degli operatori economici senza incidere sulle
caratteristiche degli stessi prodotti contemplati. Pertanto, la necessità di
adeguare i prodotti di cui trattasi alla normativa in vigore nello Stato membro
di commercializzazione esclude che possa trattarsi di una tale modalità di
vendita (v. sentenza Canal Satélite Digital, cit., punto 30). Ciò vale, segnatamente, per
quanto riguarda la necessità di modificare l’etichettatura dei prodotti
importati (v., in particolare, sentenze 3 giugno 1999, causa C‑33/97, Colim, Racc. pag. I‑3175, punto 37,
nonché 18 settembre 2003, causa C‑416/00, Morellato,
Racc. pag. I‑9343, punti 29 e 30).
32 Nella fattispecie, si
deve constatare che la normativa nazionale in questione nella causa principale
non costituisce una modalità di vendita ai sensi della giurisprudenza
inaugurata dalla citata sentenza Keck e Mithouard.
33 Infatti,
tale normativa non vieta la vendita per corrispondenza di supporti video. Essa
prevede che questi ultimi, per poter essere commercializzati con tale modalità,
siano sottoposti ad una procedura nazionale di controllo e di classificazione
ai fini della tutela dei minori, indipendentemente dal fatto che una procedura
simile abbia già avuto luogo nello Stato membro di esportazione di tali
supporti video. Tale normativa stabilisce inoltre un requisito che questi
ultimi devono rispettare, ossia quello relativo al loro contrassegno.
34 È
giocoforza constatare che una siffatta normativa rende più ardua e dispendiosa
l’importazione di supporti video provenienti da Stati membri diversi dalla
Repubblica federale di Germania, e può pertanto dissuadere taluni interessati
dal commercializzare tali supporti video in quest’ultimo Stato membro.
35 Da
quanto precede emerge che la normativa di cui trattasi nella causa principale
costituisce una misura di effetto equivalente a restrizioni quantitative, ai
sensi dell’art. 28 CE, in linea di principio incompatibile con gli
obblighi da esso derivanti, salvo che essa non possa essere oggettivamente
giustificata.
Sull’eventuale giustificazione della normativa
di cui trattasi nella causa principale
36 Il governo del Regno
Unito e
37
38 L’Avides Media ritiene che la normativa di cui alla causa
principale sia sproporzionata, in quanto ha l’effetto di vietare
sistematicamente la vendita per corrispondenza di supporti video sprovvisti del
contrassegno da essa previsto, indipendentemente dal fatto che i supporti video
di cui trattasi siano stati sottoposti o meno, in un altro Stato membro, ad un
controllo ai fini della tutela dei minori. Il diritto tedesco non prevederebbe neppure una procedura semplificata nel caso in
cui un siffatto controllo sia stato effettivamente posto in essere.
39 A
tale riguardo, occorre rammentare che la tutela dei diritti del minore è
sancita da svariati atti internazionali ai quali gli Stati membri hanno
cooperato o aderito, quali il Patto internazionale sui diritti civili e
politici adottato dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite il 19 dicembre
1966, ed entrato in vigore il 23 marzo 1976, nonché
40 In
tale contesto occorre rilevare che, ai sensi dell’art. 17 della
Convenzione sui diritti dell’infanzia, gli Stati firmatari riconoscono
l’importanza della funzione svolta dai media, e vigilano affinché i minori
possano accedere ad informazioni e materiali provenienti da fonti nazionali ed
internazionali diverse, in particolare quelle dirette a promuovere il loro
benessere sociale, spirituale e morale, nonché la loro salute fisica e
psichica. Lo stesso articolo, lett. e), precisa che tali Stati promuovono
l’elaborazione di principi direttivi appropriati destinati a proteggere il
minore dalle informazioni e dai materiali che nuocciono al suo benessere.
41 La tutela del minore
è altresì sancita da atti elaborati nell’ambito dell’Unione europea, quali
42 Se
la tutela del minore rappresenta un interesse legittimo che giustifica, in
linea di principio, una limitazione ad una libertà fondamentale garantita dal
Trattato CE, quale la libera circolazione delle merci (v., per analogia,
sentenza 12 giugno 2003, causa C‑112/00, Schmidberger,
Racc. pag. I‑5659, punto 74), è pur vero che tali
limitazioni possono essere giustificate solo se sono idonee a garantire la
realizzazione dell’obiettivo perseguito e se non eccedono quanto necessario per
conseguirlo (v., in tal senso, sentenze 14 ottobre 2004,
causa C‑36/02, Omega, Racc. pag. I‑9609,
punto 36, nonché 11 dicembre 2007,
causa C‑438/05, International Transport Workers’ Federation e Finnish Seamen’s Union, non ancora pubblicata nella Raccolta,
punto 75).
43 Dalla
decisione di rinvio risulta che la normativa nazionale di cui alla causa
principale è diretta a tutelare il minore contro le informazioni e i materiali
che nuocciono al suo benessere.
44 A
tale riguardo occorre rilevare che non è necessario che le misure restrittive
emanate dalle autorità di uno Stato membro per tutelare i diritti del minore,
di cui ai punti 39-42 della presente sentenza, corrispondano ad una concezione
condivisa da tutti gli Stati membri rispetto al livello o alle modalità di tale
tutela (v., per analogia, sentenza Omega,
cit., punto 37). Poiché tale concezione può variare da uno Stato membro
all’altro in funzione, in particolare, di considerazioni di carattere morale o
culturale, si deve riconoscere agli Stati membri un margine discrezionale
certo.
45 Se
è vero che, in mancanza di armonizzazione a livello comunitario, spetta a
questi ultimi valutare il livello di tutela che essi intendono garantire
all’interesse in questione, è altrettanto vero che tale potere discrezionale
deve essere esercitato nel rispetto degli obblighi derivanti dal diritto
comunitario.
46 Anche
se la normativa di cui alla causa principale corrisponde al livello di tutela
del minore che il legislatore tedesco ha inteso garantire sul territorio della
Repubblica federale di Germania, i mezzi da esso impiegati devono inoltre
essere atti a garantire la realizzazione di tale obiettivo, senza eccedere
quanto necessario per il suo raggiungimento.
47 È
pacifico che vietare la vendita e la cessione per corrispondenza di supporti
video non sottoposti al controllo e alla classificazione, ai fini della tutela
dei minori, da parte dell’autorità competente, e sprovvisti dell’indicazione,
proveniente da tale autorità, dell’età a partire dalla quale ne è consentita la
visione, rappresenta una misura volta alla tutela del minore contro le
informazioni e i materiali che nuocciono al suo benessere.
48 Per
quanto attiene alla portata materiale del divieto di cui trattasi, occorre
osservare che la legge sulla tutela dei minori non è contraria a qualsivoglia
forma di commercializzazione di supporti video non sottoposti a controllo.
Infatti, dalla decisione di rinvio emerge che è lecito importare e vendere ad
adulti tali supporti video tramite canali di distribuzione comportanti un
contatto personale tra chi consegna e chi acquista, e che consentano quindi di
vigilare affinché i minori non abbiano accesso ai supporti video in questione.
Alla luce di tali elementi, risulta che la normativa di cui trattasi nella
causa principale non ecceda quanto necessario per raggiungere l’obiettivo
perseguito dallo Stato membro interessato.
49 Per
quanto concerne la procedura di controllo prevista dal legislatore nazionale
per tutelare il minore dalle informazioni e dai materiali che lo danneggino, il
solo fatto che uno Stato membro abbia scelto modalità di tutela differenti da
quelle adottate da un altro Stato membro non può rilevare ai fini della
valutazione della proporzionalità delle disposizioni nazionali stabilite in
materia. Queste vanno valutate soltanto alla stregua dell’obiettivo in
questione e del livello di tutela che lo Stato membro interessato intende
assicurare (v., per analogia, sentenze 21 settembre 1999, causa C‑124/97,
Läärä e a., Racc. pag. I‑6067,
punto 36, e Omega,
cit., punto 38).
50 Tuttavia,
una tale procedura di controllo deve essere facilmente accessibile, deve
potersi concludere entro termini ragionevoli e, in caso di esito negativo, il
diniego deve poter formare oggetto di ricorso esperibile in via giurisdizionale
(v., in tal senso, sentenze 16 luglio 1992, causa C‑344/90,
Commissione/Francia, Racc. pag. I‑4719, punto 9, nonché 5
febbraio 2004, causa C‑95/01, Greenham e Abel,
Racc. pag. I‑1333, punto 35).
51 Nella
fattispecie, dalle osservazioni presentate alla Corte dal governo tedesco
sembra emergere che la procedura di controllo, classificazione e contrassegno
di supporti video prevista dalla normativa di cui trattasi nella causa
principale soddisfi i requisiti citati al punto precedente. Spetta tuttavia al
giudice del rinvio, che è investito della causa principale e che deve assumersi
la responsabilità dell’emananda decisione
giurisdizionale, verificare se ciò avvenga nel caso di specie.
52 Alla
luce di tutte le considerazioni precedenti, occorre risolvere le questioni
sollevate dichiarando che l’art. 28 CE non osta ad una normativa
nazionale, come quella di cui trattasi nella causa principale, che vieta la
vendita e la cessione per corrispondenza di supporti video non sottoposti al
controllo e alla classificazione, ai fini della tutela dei minori, da parte
dell’autorità competente, nonché sprovvisti dell’indicazione, proveniente da
tale autorità, dell’età a partire dalla quale ne è consentita la visione, salvo
che risulti che la procedura di controllo, classificazione e contrassegno di
supporti video prevista da tale normativa non sia facilmente accessibile, ovvero
non possa concludersi entro termini ragionevoli, ovvero il diniego non possa
formare oggetto di ricorso esperibile in via giurisdizionale.
Sulle spese
53 Nei
confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento
costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta
quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per
presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.
Per questi motivi,
L’art. 28 CE non osta ad una
normativa nazionale, come quella di cui trattasi nella causa principale, che
vieta la vendita e la cessione per corrispondenza di supporti video non
sottoposti al controllo e alla classificazione, ai fini della tutela dei minori,
da parte di un’autorità regionale superiore o di un organismo nazionale di
autoregolamentazione volontaria, nonché sprovvisti dell’indicazione,
proveniente da tale autorità o da tale organismo, dell’età a partire dalla
quale ne è consentita la visione, salvo che risulti che la procedura di
controllo, classificazione e contrassegno di supporti video
prevista da tale normativa non sia facilmente accessibile, ovvero non
possa concludersi entro termini ragionevoli, ovvero il diniego non possa
formare oggetto di ricorso esperibile in via giurisdizionale.
(Seguono le firme)