Corte di Giustizia delle Comunità europee (Grande
Sezione), 11 dicembre 2007
C-438/05, International Transport
Workers’ Federation, Finnish Seamen’s Union – Viking Line ABP , OÜ Viking
Line Eesti
Nel procedimento C‑438/05,
avente ad oggetto la domanda di pronuncia
pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dalla
Court of Appeal (England & Wales) (Civil Division) (Regno Unito) con
decisione 23 novembre 2005, pervenuta in cancelleria il 6 dicembre 2005,
nella causa
International
Transport Workers’ Federation,
Finnish
Seamen’s Union
contro
Viking
Line ABP,
OÜ
Viking Line Eesti,
composta dal sig. V. Skouris,
presidente, dai sigg. P. Jann, A. Rosas, K. Lenaerts, U. Lõhmus e L. Bay Larsen,
presidenti di sezione, dal sig. R. Schintgen
(relatore), dalla sig.ra R. Silva de Lapuerta,
dai sigg. K. Schiemann, J. Makarczyk, P. Kūris,
E. Levits e A. Ó Caoimh,
giudici,
avvocato generale: sig. M. Poiares Maduro
cancelliere: sig.ra L. Hewlett,
amministratore principale
vista la fase scritta del procedimento e in seguito
alla trattazione orale del 10 gennaio 2007,
considerate le osservazioni presentate:
– per
– per
– per
– per il
governo del Regno Unito, dalla sig.ra E. O’Neill,
in qualità di agente, assistita dal sig. D. Anderson, QC, nonché dal
sig. J. Swift e dalla
sig.ra S. Lee, barristers;
– per il
governo belga, dalla sig.ra A. Hubert, in
qualità di agente;
– per il
governo ceco, dal sig. T. Boček, in
qualità di agente;
– per il
governo danese, dal sig. J. Molde, in
qualità di agente;
– per il
governo tedesco, dal sig. M. Lumma e dalla
sig.ra C. Schulze‑Bahr, in qualità di
agenti;
– per il
governo estone, dal sig. L. Uibo, in
qualità di agente;
– per il
governo francese, dal sig. G. de Bergues
e dalla sig.ra O. Christmann, in qualità di
agenti;
– per
l’Irlanda, dal sig. D. O’Hagan, in qualità
di agente, assistito dai sigg. E. Fitzsimons
e B. O’Moore, SC, e N. Travers, BL;
– per il governo
italiano, dal sig. I.M. Braguglia,
in qualità di agente, assistito dal sig. G. Albenzio,
avvocato dello Stato;
– per il
governo lettone, dalle sig.re E. Balode-Buraka e K. Bārdiŋa,
in qualità di agenti;
– per il
governo austriaco, dalla sig.ra C. Pesendorfer
e dal sig. G. Hesse, in qualità di agenti;
– per il
governo polacco, dai sigg. J. Pietras e
M. Korolec, in qualità di agenti;
– per il
governo finlandese, dalle sig.re E. Bygglin e A. Guimaraes-Purokoski,
in qualità di agenti;
– per il
governo svedese, dal sig. A. Kruse e dalla
sig.ra A. Falk, in qualità di agenti;
– per il
governo norvegese, dalle sig.re K. Waage e K. Fløistad, nonché
dal sig. F. Sejersted, in qualità di
agenti;
– per
sentite le conclusioni dell’avvocato generale,
presentate all’udienza del 23 maggio 2007,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 La
domanda di pronuncia pregiudiziale riguarda l’interpretazione, da un lato,
dell’art. 43 CE e, dall’altro, del regolamento (CEE) del Consiglio
22 dicembre 1986, n. 4055, che applica il principio della libera
prestazione dei servizi ai trasporti marittimi tra Stati membri e tra Stati membri
e paesi terzi (GU L 378, pag. 1).
2 La
domanda è stata proposta nell’ambito di una controversia tra
Contesto normativo
Normativa comunitaria
3 L’art. 1,
n. 1, del regolamento n. 4055/86 prevede quanto segue:
«La libera prestazione dei servizi di trasporto
marittimo tra Stati membri e tra Stati membri e paesi terzi è applicabile ai
cittadini degli Stati membri stabiliti in uno Stato membro diverso da quello
del destinatario dei servizi».
Normativa nazionale
4 Risulta
dalla decisione di rinvio che l’art. 13 della costituzione finlandese, che
riconosce a chiunque il diritto di costituire organizzazioni nell’ambito di una
professione, nonché la libertà di organizzarsi per la tutela di altri
interessi, è stato interpretato nel senso che esso consente ai sindacati di
intraprendere azioni collettive nei confronti di società per la tutela degli
interessi dei lavoratori.
5 Tuttavia,
in Finlandia il diritto di sciopero è soggetto a talune limitazioni. In tal
senso, secondo la giurisprudenza della Corte suprema di tale Stato, esso non
può essere esercitato, in particolare, nel caso di sciopero contrario al buon
costume o vietato dal diritto nazionale o dal diritto comunitario.
Causa principale e questioni pregiudiziali
6
7
8 Risulta
dalla decisione di rinvio che una delle principali politiche perseguite dalla
ITF è la sua campagna di lotta contro le bandiere di convenienza. Gli obiettivi
principali di tale politica sono, da un lato, la fissazione di un legame
sostanziale tra la bandiera di una nave e la nazionalità del suo proprietario
nonché, dall’altro lato, la tutela e il miglioramento delle condizioni di
lavoro degli equipaggi delle navi battenti una bandiera di convenienza.
9 Finché il
Rosella batte bandiera finlandese,
10 Ai sensi del diritto
finlandese,
11 Il 4 novembre 2003
12 Il 6 novembre 2003
13 L’accordo relativo
all’equipaggio del Rosella è scaduto il 17 novembre 2003, così che
14
15
16 Il 17 novembre 2003
17 Il 24 novembre 2003
18 Secondo il giudice
del rinvio,
19 Nell’ambito di una
procedura di conciliazione
20 Il 1° maggio
2004
21 Continuando il
Rosella ad operare in perdita,
22 Il 18 agosto 2004
23 Con decisione 16
giugno 2005 detto giudice ha accolto la domanda della Viking,
ritenendo che l’azione collettiva e le minacce di azione collettiva della ITF e
della FSU creassero restrizioni alla libertà di stabilimento contrastanti con
l’art. 43 CE e, in subordine, costituissero restrizioni illegittime
alla libera circolazione dei lavoratori e alla libera prestazione dei servizi
ai sensi degli artt. 39 CE e 49 CE.
24 Il 30 giugno 2005
25 Il richiamo, nella
disposizione citata, alla Carta sociale europea e alla Carta comunitaria dei
diritti sociali fondamentali dei lavoratori comporterebbe infatti un
riferimento al diritto di sciopero riconosciuto da tali strumenti giuridici. I
sindacati avrebbero dunque il diritto di intraprendere un’azione collettiva nei
confronti di un datore di lavoro stabilito in uno Stato membro al fine di
dissuaderlo dal trasferire tutta o parte della sua impresa in un altro Stato
membro.
26 Si porrebbe dunque
il problema di determinare se il Trattato intenda vietare un’azione sindacale
nel caso in cui la stessa abbia lo scopo di impedire ad un datore di lavoro di
avvalersi, per ragioni economiche, della libertà di stabilimento. Ebbene, per
analogia con quanto
27 In tale contesto,
ritenendo che la soluzione della controversia ad essa sottoposta dipenda
dall’interpretazione del diritto comunitario,
«Ambito di applicazione delle disposizioni in
materia di libera circolazione
1) Se, qualora un
sindacato o un’associazione di sindacati intraprenda un’azione collettiva
contro un’impresa privata al fine di indurre tale impresa a sottoscrivere un
contratto collettivo di lavoro negoziato con un sindacato che ha sede in un
particolare Stato membro, avente l’effetto di rendere inutile per tale impresa
cambiare a una sua nave la bandiera, per assumere quella di un altro Stato
membro, tale azione esuli dall’ambito di applicazione dell’art. 43 CE
e/o del regolamento n. 4055/86 a norma della politica sociale CE, che
include tra l’altro il titolo XI del Trattato CE e, in particolare,
per analogia con la motivazione della Corte nella sentenza (…) Albany [cit.],
punti 52‑64.
Effetto diretto orizzontale
2) Se
l’art. 43 CE e/o il regolamento n. 4055/86 abbiano un effetto
diretto orizzontale conferendo a un’impresa privata diritti invocabili nei
confronti di un altro soggetto privato e, in particolare, di un sindacato o di
un’associazione di sindacati in rapporto a un’azione collettiva da parte di
tale sindacato o associazione di sindacati.
Esistenza di restrizioni alla libera circolazione
3) Se, qualora un
sindacato o un’associazione di sindacati intraprenda un’azione collettiva
contro un’impresa privata al fine di indurre tale impresa a sottoscrivere un
contratto collettivo di lavoro negoziato con un sindacato che ha sede in un
particolare Stato membro, avente l’effetto di rendere inutile per tale impresa
cambiare a una sua nave la bandiera, per assumere quella di un altro Stato
membro, tale azione costituisca una restrizione ai fini
dell’art. 43 CE e/o del regolamento n. 4055/86.
4) Se la politica
di un’associazione di sindacati, secondo la quale le navi devono battere la
bandiera del paese in cui sono situati la proprietà effettiva e il controllo
della nave, cosicché i sindacati nel paese della proprietà effettiva di una
nave hanno il diritto di concludere contratti collettivi in rapporto a tale
nave, costituisca una restrizione direttamente discriminatoria, indirettamente
discriminatoria o non discriminatoria ai sensi dell’art. 43 CE o del
regolamento n. 4055/86.
5) Se, per
stabilire se un’azione collettiva da parte di un sindacato o di un’associazione
di sindacati sia una restrizione direttamente discriminatoria, indirettamente
discriminatoria o non discriminatoria ai sensi dell’art. 43 CE o del
regolamento n. 4055/86, sia rilevante l’intenzione soggettiva del
sindacato che intraprende l’azione o se il giudice nazionale debba risolvere la
questione riferendosi unicamente agli effetti obiettivi dell’azione stessa.
Stabilimento / Servizi
6) Qualora una
società madre sia stabilita nello Stato membro A e intenda porre in essere un
atto di stabilimento facendo battere a una sua nave la bandiera dello Stato
membro B per farla gestire in tale Stato da una società controllata al 100%,
società che è soggetta alla direzione e al controllo della società madre,
a) se l’azione
collettiva minacciata o attuale da parte di un sindacato o di un’associazione
di sindacati, intesa a rendere inutile l’atto di cui sopra, possa costituire
una restrizione al diritto di stabilimento della società madre ai sensi
dell’art. 43 CE, e
b) se, dopo il
cambiamento di bandiera della nave, la controllata abbia il diritto di fondarsi
sul regolamento n. 4055/86 per quanto riguarda la prestazione di servizi
da parte sua dallo Stato membro B verso lo Stato membro A.
Giustificazione
Discriminazione diretta
7) Se un’azione
collettiva da parte di un sindacato o di un’associazione di sindacati, qualora
costituisca una restrizione direttamente discriminatoria ai sensi
dell’art. 43 CE o del regolamento n. 4055/86, possa in linea di
principio essere giustificata sul fondamento dell’eccezione di ordine pubblico
di cui all’art. 46 CE:
a) perché
intraprendere un’azione collettiva (compreso lo sciopero) è un diritto
fondamentale tutelato dal diritto comunitario; e/o
b) per ragioni di
tutela dei lavoratori.
Politica della ITF: giustificazione oggettiva
8) Se
l’attuazione della politica di un’associazione secondo cui le navi devono
battere la bandiera del paese in cui sono situati la proprietà effettiva e il
controllo della nave, cosicché i sindacati del paese della proprietà effettiva
di una nave hanno il diritto di concludere contratti collettivi di lavoro in
rapporto a tale nave, rappresenti il giusto equilibrio tra il diritto sociale
fondamentale ad intraprendere un’azione collettiva, da un lato, e la libertà di
stabilimento e di prestazione di servizi, dall’altro, e se sia obiettivamente
giustificata, appropriata, proporzionata e conforme al principio del
riconoscimento reciproco.
Azioni della FSU: giustificazione obiettiva
9) Qualora:
– una
società madre stabilita nello Stato membro A sia proprietaria di una nave
battente bandiera dello Stato membro A e presti servizi di traghetto tra lo
Stato membro A e lo Stato membro B usando tale nave;
– la
società madre intenda far battere alla nave la bandiera dello Stato membro B
per applicare condizioni di impiego inferiori a quelle dello Stato membro A;
– la
società madre nello Stato membro A sia proprietaria al 100% di una controllata
nello Stato membro B e la controllata sia soggetta alla sua direzione e al suo
controllo;
– sia
previsto che la controllata gestisca la nave una volta che questa batta la
bandiera dello Stato membro B con un equipaggio assunto nello Stato membro B,
coperto da un contratto collettivo di lavoro negoziato con un sindacato
affiliato alla ITF nello Stato membro B;
– la nave
debba restare nella proprietà effettiva della società madre e debba essere
noleggiata a scafo nudo alla controllata;
– la nave
debba continuare a prestare servizi di traghetto tra lo Stato membro A e lo
Stato membro B ad un ritmo giornaliero;
– un
sindacato stabilito nello Stato membro A intraprenda un’azione collettiva allo
scopo di indurre la società madre e/o la controllata a sottoscrivere un
contratto collettivo di lavoro che applichi all’equipaggio della nave
condizioni accettabili per il sindacato nello Stato membro A anche dopo il
cambiamento di bandiera e che abbia l’effetto di rendere inutile per la società
madre far battere alla nave la bandiera dello Stato membro B,
se tale sciopero collettivo rappresenti il giusto
equilibrio tra il diritto sociale fondamentale di intraprendere un’azione
collettiva, da un lato, e la libertà di stabilimento e di prestazione di
servizi, dall’altro, e se sia obiettivamente giustificato, appropriato,
proporzionato e conforme al principio del riconoscimento reciproco.
10) Se sia in
grado di produrre alcuna differenza rispetto alla soluzione della questione
n. 9 la circostanza che la società madre si sia impegnata dinanzi a un
giudice, per suo conto e per conto di tutte le società del medesimo gruppo, nel
senso che le stesse non porranno fine, per effetto del cambiamento di bandiera,
al rapporto di lavoro di alcuna persona da esse occupata (impegno che non
richiedeva il rinnovo di contratti dei lavoro di breve durata e non impediva il
reimpiego di qualsiasi dipendente a condizioni equivalenti)».
Sulle questioni
pregiudiziali
Osservazioni preliminari
28 Si deve ricordare
che, secondo una giurisprudenza costante, nell’ambito della collaborazione tra
29 Nella fattispecie,
la domanda di pronuncia pregiudiziale riguarda l’interpretazione, da un lato,
delle disposizioni del Trattato relative alla libertà di stabilimento e,
dall’altro, del regolamento n. 4055/86, che applica il principio della
libera prestazione dei servizi ai trasporti marittimi.
30 Si deve tuttavia
osservare che, dal momento che la questione relativa alla libera prestazione
dei servizi può porsi solo successivamente al cambiamento di bandiera del
Rosella prospettato dalla Viking, e dal momento che,
all’epoca in cui le questioni pregiudiziali sono state sottoposte alla Corte,
tale cambiamento non era ancora avvenuto, la domanda di pronuncia pregiudiziale
ha carattere ipotetico ed è quindi irricevibile nella parte in cui riguarda
l’interpretazione del regolamento n. 4055/86.
31 Alla luce di quanto
sopra, le questioni poste dal giudice del rinvio devono essere risolte solo
nella parte relativa all’interpretazione dell’art. 43 CE.
Sulla prima questione
32 Con la prima
questione, il giudice del rinvio chiede in sostanza se l’art. 43 CE
debba essere interpretato nel senso che esula dal suo ambito di applicazione
un’azione collettiva intrapresa da un sindacato o un raggruppamento di
sindacati nei confronti di un’impresa al fine di indurre quest’ultima a
sottoscrivere un contratto collettivo il cui contenuto sia in grado di
dissuadere la stessa dall’avvalersi della libertà di stabilimento.
33 Si deve in proposito
ricordare che, secondo una costante giurisprudenza, gli artt. 39 CE,
43 CE e 49 CE non disciplinano soltanto gli atti delle autorità
pubbliche, ma si applicano anche alle normative di altra natura dirette a
disciplinare collettivamente il lavoro subordinato, il lavoro autonomo e le
prestazioni di servizi (v. sentenze 12 dicembre 1974, causa 36/74, Walrave e Koch, Racc. pag. 1405, punto 17;
14 luglio 1976, causa 13/76, Donà, Racc. pag. 1333,
punto 17; Bosman, cit., punto 82; 11 aprile
2000, cause riunite C‑51/96 e C‑191/97, Deliège,
Racc. pag. I‑2549, punto 47; 6 giugno 2000, causa C‑281/98,
Angonese, Racc. pag. I‑4139,
punto 31, e 19 febbraio 2002, causa C‑309/99, Wouters
e a., Racc. pag. I‑1577, punto 120).
34 Dal momento che le
condizioni di lavoro nei vari Stati membri sono disciplinate sia mediante
disposizioni legislative o regolamentari, sia mediante contratti collettivi e
altri atti conclusi o adottati da soggetti privati, una limitazione dei divieti
previsti da tali articoli agli atti delle autorità pubbliche rischierebbe di
creare inuguaglianze nell’applicazione degli stessi
(v., per analogia, citate sentenze Walrave e Koch,
punto 19; Bosman, punto 84, e Angonese, punto 33).
35 Nella fattispecie,
si deve rilevare, da un lato, che l’organizzazione di azioni collettive da
parte dei sindacati dei lavoratori deve essere considerata come rientrante
nell’autonomia giuridica di cui tali enti, che non sono di diritto pubblico, dispongono
grazie alla libertà sindacale loro riconosciuta, in particolare, dal diritto
nazionale.
36 D’altra parte, come
rilevano
37 Ne consegue che
azioni collettive come quelle indicate nella prima questione pregiudiziale
sollevata dal giudice del rinvio rientrano, in linea di principio, nell’ambito
applicativo dell’art. 43 CE.
38 Questa conclusione
non è rimessa in discussione dai vari argomenti dedotti dalla FSU, dalla ITF e
da taluni degli Stati membri che hanno presentato alla Corte osservazioni a
sostegno della posizione opposta a quella indicata nel punto precedente.
39 In primo luogo, il
governo danese sostiene che il diritto di associazione, il diritto di sciopero
e quello di serrata esulano dall’ambito di applicazione della libertà
fondamentale di cui all’art. 43 CE, dal momento che, ai sensi
dell’art. 137, n. 5, CE, come modificato dal Trattato di Nizza,
40 Si deve in proposito
ricordare che, sebbene nei settori che non rientrano nella competenza della
Comunità gli Stati membri restino in linea di principio liberi di determinare
le condizioni di esistenza dei diritti in questione e i modi di esercizio degli
stessi, resta tuttavia il fatto che, nell’esercizio di tale competenza, tali
Stati sono comunque tenuti a rispettare il diritto comunitario (v. per
analogia, per quanto riguarda l’ambito della previdenza sociale, sentenze 28
aprile 1998, causa C‑120/95, Decker,
Racc. pag. I‑1831, punti 22 e 23, e causa C‑158/96, Kohll, Racc. pag. I‑1931, punti 18 e
19; per quanto riguarda la fiscalità diretta, sentenze 4 marzo 2004, causa
C‑334/02, Commissione/Francia, Racc. pag. I‑2229,
punto 21, e 13 dicembre 2005, causa C‑446/03, Marks
& Spencer, Racc. pag. I‑10837, punto 29).
41 Di conseguenza, il
fatto che l’art. 137 CE non si applichi né al diritto di sciopero né
a quello di serrata non è in grado di sottrarre un’azione collettiva come
quella in esame nella causa principale all’applicazione
dell’art. 43 CE.
42 Inoltre, secondo le
osservazioni dei governi danese e svedese, il diritto di intraprendere
un’azione collettiva, ivi compreso il diritto di sciopero, costituirebbe un
diritto fondamentale, sottratto, in quanto tale, all’applicazione
dell’art. 43 CE.
43 Si deve in proposito
osservare che il diritto di intraprendere un’azione collettiva, ivi compreso il
diritto di sciopero, è riconosciuto sia da svariati strumenti internazionali ai
quali gli Stati membri hanno cooperato o aderito, come
44 Se dunque è vero che
il diritto di intraprendere un’azione collettiva, ivi compreso il diritto di
sciopero, deve essere riconosciuto quale diritto fondamentale facente parte
integrante dei principi generali del diritto comunitario di cui
45 A tale proposito
46 Tuttavia, nelle
citate sentenze Schmidberger e Omega
47 Deriva da quanto
precede che il carattere fondamentale del diritto di intraprendere un’azione
collettiva non è tale da escludere le azioni collettive in questione nella
causa principale dall’ambito di applicazione dell’art. 43 CE.
48 Infine,
49 Occorre a tale
proposito ricordare che, al punto 59 della citata sentenza Albany,
50
51 Si deve tuttavia
rilevare che tale ragionamento non può essere applicato alle libertà
fondamentali sancite dal titolo III del Trattato.
52 Infatti,
contrariamente a quanto sostengono
53 Si deve peraltro
sottolineare che il fatto che un accordo o un’attività siano estranei
all’ambito applicativo delle disposizioni del Trattato relative alla
concorrenza non comporta che tale accordo o tale attività siano altresì esclusi
dall’ambito delle disposizioni del medesimo Trattato relative alla libera
circolazione delle persone o dei servizi, dal momento che tali disposizioni
possiedono ciascuna proprie condizioni di applicazione (v., in tal senso,
sentenza 18 luglio 2006, causa C‑519/04 P, Meca-Medina
e Majcen/Commissione, Racc. pag. I‑6991).
54 Occorre infine
ricordare che
55 Sulla base di quanto
precede, la prima questione va risolta dichiarando che l’art. 43 CE
deve essere interpretato nel senso che, in linea di principio, non è esclusa
dall’ambito di applicazione di tale articolo un’azione collettiva intrapresa da
un sindacato o da un raggruppamento di sindacati nei confronti di un’impresa al
fine di indurre quest’ultima a sottoscrivere un contratto collettivo il cui
contenuto sia tale da dissuaderla dall’avvalersi della libertà di stabilimento.
Sulla seconda questione
56 Con tale questione
il giudice del rinvio chiede in sostanza se l’art. 43 CE conferisca a
un’impresa privata diritti opponibili a un sindacato o a un’associazione di
sindacati.
57 Al fine di risolvere
la questione è necessario ricordare che, come risulta dalla giurisprudenza
della Corte, l’abolizione fra gli Stati membri degli ostacoli alla libera
circolazione delle persone e alla libera prestazione dei servizi sarebbe
compromessa se l’eliminazione delle barriere di origine statale potesse essere
neutralizzata da ostacoli derivanti dall’esercizio dell’autonomia giuridica di
associazioni ed enti di natura non pubblicistica (v. citate sentenze Walrave e Koch, punto 18; Bosman,
punto 83; Deliège, punto 47; Angonese, punto 32, e Wouters
e a., punto 120).
58
59 Ebbene, analoghe
considerazioni devono valere altresì per l’art. 43 CE, il quale
sancisce una libertà fondamentale.
60 Nella fattispecie si
deve osservare che, come risulta dai punti 35 e 36 della presente
sentenza, le azioni collettive intraprese dalla FSU e dalla ITF hanno come
obiettivo la sottoscrizione di un accordo che deve disciplinare collettivamente
il lavoro dei dipendenti della Viking, e che tali due
sindacati costituiscono enti sprovvisti di natura pubblicistica e che
esercitano l’autonomia giuridica loro riconosciuta, in particolare, dal diritto
nazionale.
61 Ne consegue che
l’art. 43 CE deve essere interpretato nel senso che, in circostanze
come quelle della causa principale, esso può essere direttamente invocato da
un’impresa privata nei confronti di un sindacato o di un raggruppamento di
sindacati.
62 Tale interpretazione
è del resto rafforzata dalla giurisprudenza vertente sulle disposizioni del
Trattato relative alla libera circolazione delle merci, da cui risulta che le
restrizioni possono avere origine non statale ed essere il risultato di azioni
svolte da persone private o da raggruppamenti di persone private (v. sentenze
9 dicembre 1997, causa C‑265/95, Commissione/Francia,
Racc. pag. I‑6959, punto 30, nonché Schmidberger,
cit., punti 57 e 62).
63 Né l’interpretazione
esposta al punto 61 della presente sentenza è rimessa in discussione dal
fatto che la restrizione all’origine della controversia sottoposta al giudice del
rinvio sia la conseguenza dell’esercizio di un diritto conferito dal diritto
nazionale finlandese, come, in questo caso, il diritto di intraprendere
un’azione collettiva, ivi compreso il diritto di sciopero.
64 Si deve aggiungere
che, contrariamente a quanto sostiene in particolare
65 Tale giurisprudenza
non contiene infatti alcun elemento in base al quale si possa ragionevolmente
sostenere che essa sarebbe limitata alle associazioni o agli enti che svolgono
una funzione di regolamentazione o che dispongono di un potere quasi
legislativo. Si deve del resto rilevare che, nell’esercitare il potere autonomo
di cui dispongono grazie alla libertà sindacale di trattare con i datori di
lavoro o le organizzazioni professionali le condizioni di lavoro e di
retribuzione dei lavoratori, le organizzazioni sindacali dei lavoratori
partecipano alla formazione degli accordi finalizzati a disciplinare
collettivamente il lavoro dipendente.
66 Alla luce di tali
considerazioni, la seconda questione deve essere risolta dichiarando che
l’art. 43 CE conferisce a un’impresa privata diritti opponibili a un
sindacato o a un’associazione di sindacati.
Sulle questioni dalla terza alla decima
67 Con tali questioni,
che è opportuno esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede in
sostanza alla Corte se azioni collettive come quelle in esame nella causa
principale costituiscano restrizioni ai sensi dell’art. 43 CE e, in
caso affermativo, in quale misura simili restrizioni possano essere giustificate.
Sull’esistenza di restrizioni
68 Si deve in primo
luogo ricordare, come
69 Del resto,
70 Giova in secondo
luogo rilevare che, come risulta dalla giurisprudenza della Corte, la nozione
di stabilimento di cui ai citati articoli del Trattato implica l’esercizio
effettivo di un’attività economica mediante l’insediamento in pianta stabile in
un altro Stato membro per una durata di tempo indeterminata, e che
l’immatricolazione di una nave non può essere scissa dall’esercizio della
libertà di stabilimento nell’ipotesi in cui la nave costituisca un mezzo per
l’esercizio di un’attività economica implicante un insediamento in pianta
stabile nello Stato membro di immatricolazione (sentenza 25 luglio 1991, causa
C‑221/89, Factortame e a.,
Racc. pag. I‑3905, punti 20‑22).
71
72 Nella fattispecie,
da un lato, non si può negare che un’azione collettiva come quella progettata
dalla FSU ha l’effetto di scoraggiare, se non addirittura di vanificare, come
ha rilevato il giudice del rinvio, l’esercizio da parte della Viking della sua libertà di stabilimento, poiché essa
impedisce a quest’ultima, nonché alla sua controllata Viking
Eesti, di beneficiare, nello Stato membro ospitante,
del medesimo trattamento degli altri operatori economici stabiliti in tale
Stato.
73 Dall’altro lato,
un’azione collettiva intrapresa per mettere in pratica la politica di lotta
contro le bandiere di convenienza perseguita dalla ITF, mirante principalmente,
come risulta dalle osservazioni di quest’ultima, a impedire agli armatori di
immatricolare le loro navi in uno Stato diverso da quello di cui sono cittadini
i proprietari effettivi di tali navi, deve essere considerata quantomeno in
grado di limitare l’esercizio, da parte della Viking,
della sua libertà di stabilimento.
74 Ne consegue che
azioni come quelle in esame nella causa principale costituiscono restrizioni
alla libertà di stabilimento ai sensi dell’art. 43 CE.
Sulla giustificazione delle restrizioni
75 Risulta dalla
giurisprudenza della Corte che una restrizione alla libertà di stabilimento può
essere ammessa soltanto qualora persegua un obiettivo legittimo compatibile con
il Trattato e sia giustificata da ragioni imperative di interesse generale. È
tuttavia anche necessario, in tali casi, che essa sia idonea a garantire la
realizzazione dell’obiettivo perseguito e che non vada al di là di ciò che è
necessario per conseguirlo (v., in particolare, sentenze 30 novembre 1995,
causa C‑55/94, Gebhard, Racc. pag. I‑4165,
punto 37, e Bosman, cit., punto 104).
76
77 Occorre in proposito
osservare che il diritto di intraprendere un’azione collettiva che ha come
scopo la tutela dei lavoratori costituisce un legittimo interesse in grado di
giustificare, in linea di principio, una restrizione a una delle libertà
fondamentali garantite dal Trattato (v., in tal senso, sentenza Schmidberger, cit., punto 74), e che la tutela dei
lavoratori rientra tra le ragioni imperative di interesse generale già
riconosciute dalla Corte (v., in particolare, sentenze 23 novembre 1999,
cause riunite C‑369/96 e C‑376/96, Arblade
e a., Racc. pag. I‑8453, punto 36; 15 marzo 2001,
causa C‑165/98, Mazzoleni e ISA,
Racc. pag. I‑2189, punto 27, e 25 ottobre 2001, cause
riunite C‑49/98, C‑50/98, da C‑52/98 a C‑54/98 e da C‑68/98
a C‑71/98, Finalarte e a.,
Racc. pag. I‑7831, punto 33).
78 Si deve aggiungere
che, ai sensi dell’art. 3, n. 1, lett. c) e j), CE, l’azione
della Comunità comporta non soltanto «un mercato interno caratterizzato
dall’eliminazione, fra gli Stati membri, degli ostacoli alla libera
circolazione delle merci, delle persone, dei servizi e dei capitali», ma anche
«una politica nel settore sociale». L’art. 2 CE afferma infatti che
79 Poiché dunque
80 Nella fattispecie
spetterà al giudice del rinvio verificare se gli obiettivi perseguiti dalla FSU
e dalla ITF mediante l’azione collettiva da esse intrapresa riguardassero la
tutela dei lavoratori.
81 A tale proposito,
per quanto riguarda in primo luogo l’azione collettiva intrapresa dalla FSU,
sebbene tale azione, finalizzata alla tutela dei posti e delle condizioni di
lavoro dei membri di tale sindacato a rischio di essere lesi dal cambiamento di
bandiera del Rosella, potesse a prima vista essere ragionevolmente considerata
connessa all’obiettivo di tutela dei lavoratori, tale qualificazione non
potrebbe tuttavia essere conservata se fosse accertato che i posti o le
condizioni di lavoro in questione non erano compromessi o seriamente
minacciati.
82 È quanto avverrebbe,
in particolare, nel caso in cui l’impegno citato dal giudice del rinvio nella
sua decima questione si rivelasse, dal punto di vista giuridico, tanto
vincolante quanto le disposizioni di un contratto collettivo e se esso fosse
tale da garantire ai lavoratori il rispetto delle disposizioni legislative e la
conservazione delle disposizioni del contratto collettivo relative al loro
rapporto di lavoro.
83 Dal momento che non
risulta chiaramente dalla decisione di rinvio quale sia il valore giuridico che
si deve riconoscere a un impegno come quello citato nella decima questione,
spetta al giudice del rinvio determinare se i posti o le condizioni di lavoro
dei membri di tale sindacato che potevano essere lesi dal cambiamento di
bandiera del Rosella fossero compromessi o seriamente minacciati.
84 Nel caso in cui, al
termine di tale valutazione, il giudice del rinvio giungesse alla conclusione
che, nella controversia ad esso sottoposta, i posti o le condizioni di lavoro
dei membri della FSU che potevano essere lesi dal cambiamento di bandiera del
Rosella erano realmente compromessi o seriamente minacciati, detto giudice
dovrà ancora verificare se l’azione collettiva intrapresa da tale sindacato sia
adeguata per garantire la realizzazione dell’obiettivo perseguito e non vada al
di là di ciò che è necessario per conseguirlo.
85 Si deve in proposito
ricordare che, se è vero che spetta in ultima analisi al giudice nazionale, che
è il solo competente a valutare i fatti e interpretare la normativa nazionale,
determinare se e in quale misura l’azione collettiva in parola sia conforme a
tali esigenze,
86 Per quanto riguarda
l’adeguatezza delle azioni intraprese dalla FSU per raggiungere gli obiettivi
perseguiti nella causa principale, occorre ricordare che è pacifico che le
azioni collettive, come le trattative e i contratti collettivi, possono
costituire, nelle specifiche circostanze di una controversia, uno dei mezzi
principali attraverso cui i sindacati tutelano gli interessi dei loro membri
(Corte eur. D. U.,
sentenze Sindacato nazionale della polizia belga c. Belgio del 27 ottobre
1975, serie A n. 19, e Wilson, National Union of Journalists e a. c. Regno
Unito del 2 luglio 2002, Recueil des arrêts et
décisions 2002‑V, § 44).
87 Per quanto riguarda
il problema di determinare se l’azione collettiva in esame nella causa
principale vada al di là di ciò che è necessario per conseguire l’obiettivo
perseguito, spetta al giudice del rinvio valutare in particolare, da un lato,
se, ai sensi della normativa nazionale e delle norme contrattuali applicabili a
tale azione,
88 Per quanto riguarda,
in secondo luogo, le azioni collettive finalizzate a garantire la realizzazione
della politica perseguita dalla ITF, si deve sottolineare che, se tale politica
produce il risultato di impedire agli armatori di immatricolare le proprie navi
in uno Stato diverso da quello di cui sono cittadini i proprietari effettivi
delle navi stesse, le restrizioni alla libertà di stabilimento derivanti da
tali azioni non possono essere oggettivamente giustificate. Si deve tuttavia
constatare che, come osserva la decisione di rinvio, tale politica ha altresì
l’obiettivo della tutela e del miglioramento delle condizioni di lavoro dei
marittimi.
89 Tuttavia, come
risulta dagli atti sottoposti alla cognizione della Corte, nell’ambito della
sua politica di lotta contro le bandiere di convenienza
90 Sulla base di tali
considerazioni, le questioni dalla terza alla decima vanno risolte dichiarando
che l’art. 43 CE deve essere interpretato nel senso che azioni
collettive come quelle in esame nella causa principale, finalizzate a indurre
un’impresa stabilita in un certo Stato membro a sottoscrivere un contratto
collettivo di lavoro con un sindacato avente sede nello stesso Stato e ad
applicare le clausole previste da tale contratto ai dipendenti di una società controllata
da tale impresa e stabilita in un altro Stato membro, costituiscono restrizioni
ai sensi dell’articolo in parola. Tali restrizioni possono, in linea di
principio, essere giustificate da una ragione imperativa di interesse generale
come la tutela dei lavoratori, purché sia accertato che le stesse sono idonee a
garantire la realizzazione del legittimo obiettivo perseguito e non vanno al di
là di ciò che è necessario per conseguire tale obiettivo.
Sulle spese
91 Nei confronti delle
parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente
sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese.
Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non
possono dar luogo a rifusione.
Per questi motivi,
1) L’art. 43 CE
deve essere interpretato nel senso che, in linea di principio, non è esclusa
dall’ambito di applicazione di tale articolo un’azione collettiva intrapresa da
un sindacato o da un raggruppamento di sindacati nei confronti di un’impresa
privata al fine di indurre quest’ultima a sottoscrivere un contratto collettivo
il cui contenuto sia tale da dissuaderla dall’avvalersi della libertà di
stabilimento.
2) L’art. 43 CE
conferisce a un’impresa privata diritti opponibili a un sindacato o a
un’associazione di sindacati.
3) L’art. 43 CE
deve essere interpretato nel senso che azioni collettive come quelle in esame
nella causa principale, finalizzate a indurre un’impresa privata stabilita in
un certo Stato membro a sottoscrivere un contratto collettivo di lavoro con un
sindacato avente sede nello stesso Stato e ad applicare le clausole previste da
tale contratto ai dipendenti di una società controllata da tale impresa e stabilita
in un altro Stato membro, costituiscono restrizioni ai sensi dell’articolo in
parola.
Tali restrizioni possono,
in linea di principio, essere giustificate da una ragione imperativa di
interesse generale come la tutela dei lavoratori, purché sia accertato che le
stesse sono idonee a garantire la realizzazione del legittimo obiettivo
perseguito e non vanno al di là di ciò che è necessario per conseguire tale
obiettivo.
(Seguono le firme)