SENTENZA N. 130
ANNO 2025
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta da:
Presidente: Giovanni AMOROSO;
Giudici: Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN GIORGIO, Filippo PATRONI GRIFFI, Marco D’ALBERTI, Giovanni PITRUZZELLA, Antonella SCIARRONE ALIBRANDI, Massimo LUCIANI, Maria Alessandra SANDULLI, Roberto Nicola CASSINELLI, Francesco Saverio MARINI,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 628, quinto comma, del codice penale, promosso dal Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale ordinario di Macerata, nel procedimento penale a carico di A. A., con ordinanza dell’8 maggio 2024, iscritta al n. 160 del registro ordinanze 2024 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 37, prima serie speciale, dell’anno 2024.
Udito nella camera di consiglio del 7 luglio 2025 il Giudice relatore Francesco Viganò;
deliberato nella camera di consiglio del 7 luglio 2025.
Ritenuto in fatto
1.– Con ordinanza dell’8 maggio 2024, il Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale ordinario di Macerata ha sollevato, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 628, quinto comma, del codice penale, censurandolo nella parte in cui non consente di ritenere prevalente o equivalente la circostanza attenuante del vizio parziale di mente, prevista dall’art. 89 cod. pen., allorché concorra con l’aggravante di cui al terzo comma, numero 3-quater), dello stesso art. 628.
1.1.– Il rimettente procede, con giudizio abbreviato, nei confronti di A. A., imputato, tra l’altro, di rapina aggravata ai sensi dell’art. 628, terzo comma, numeri 1) e 3-quater), cod. pen. oltre che dalla recidiva semplice, per essersi impossessato della somma di quaranta euro, mediante minaccia consistita nel puntare un coltellino contro la persona offesa, che aveva appena fruito dei servizi di uno sportello automatico adibito al prelievo di denaro; nonché di tentata rapina, sempre aggravata ex art. 628, terzo comma, numeri 1) e 3-quater), cod. pen. oltre che dalla recidiva semplice, per avere egli compiuto atti idonei diretti in modo non equivoco ad impossessarsi di ulteriori somme di denaro della medesima persona offesa, in particolare brandendo il coltello e successivamente spruzzando spray urticante all’interno dell’autovettura in cui questa si era rifugiata.
Dalla perizia disposta dal rimettente emerge che l’imputato era, all’epoca dei fatti, parzialmente incapace di intendere e di volere, a causa di un disturbo di personalità antisociale.
1.2.– Tanto premesso, il rimettente dubita della legittimità costituzionale dell’art. 628, quinto comma, cod. pen., nei termini sopra riferiti.
1.2.1.– Quanto alla non manifesta infondatezza della questione sollevata, il giudice a quo richiama estesi brani della sentenza n. 217 del 2023, con cui questa Corte ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 628, quinto comma, cod. pen., nella parte in cui non consentiva di ritenere prevalente o equivalente la circostanza attenuante prevista dall’art. 89 cod. pen., allorché concorra con l’aggravante di cui al terzo comma, numero 3-bis), dello stesso art. 628.
Il rimettente riporta in particolare le motivazioni con cui questa Corte ha ritenuto che l’art. 628, quinto comma, cod. pen. violasse il principio di eguaglianza (art. 3 Cost.), perché – nel prevedere un generale divieto di equivalenza o prevalenza delle attenuanti diverse dalla minore età rispetto a talune aggravanti, tra cui quella, allora rilevante, dell’aver commesso la rapina in un luogo di privata dimora – introduceva una deroga in favore dei soli condannati minorenni e non anche degli imputati affetti da vizio parziale di mente, benché per entrambe le categorie soggettive sussistesse una condizione di ridotta rimproverabilità e colpevolezza.
Ad avviso del giudice a quo, le considerazioni svolte dalla Corte sarebbero riferibili anche al caso di specie, in cui il testo vigente dell’art. 628, quinto comma, cod. pen. ancora prevede, al cospetto della circostanza l’aggravante di cui all’art. 628 terzo comma, numero 3-quater), una deroga al divieto di equivalenza o prevalenza delle attenuanti riferita solo alla minore età e non anche al vizio parziale di mente.
1.2.2.– La questione sarebbe, infine, rilevante nel giudizio a quo, in cui il rimettente è chiamato a «valutare le conseguenze in ordine alla determinazione della pena a seguito del raffronto tra la aggravante di cui all’art. 628 terzo comma, numero 3-quater) e la attenuante di cui all’art. 89 cp, non implausibilmente riconoscibile all’imputato alla luce della CTU e del complessivo quadro emergente dagli atti».
2.– Il Presidente del Consiglio dei ministri non è intervenuto in giudizio.
Considerato in diritto
1.– Con l’ordinanza indicata in epigrafe, il GUP del Tribunale di Macerata ha censurato – in riferimento all’art. 3 Cost. – l’art. 628, quinto comma, cod. pen., nella parte in cui non consente di ritenere prevalente o equivalente la circostanza attenuante del vizio parziale di mente (art. 89 cod. pen.), allorché concorra con l’aggravante di cui al terzo comma, numero 3-quater), del medesimo art. 628.
La disposizione censurata recita: «[l]e circostanze attenuanti, diverse da quella prevista dall’articolo 98, concorrenti con le aggravanti di cui al terzo comma, numeri 3), 3-bis), 3-ter) e 3-quater), non possono essere ritenute equivalenti o prevalenti rispetto a queste e le diminuzioni di pena si operano sulla quantità della stessa risultante dall’aumento conseguente alle predette aggravanti».
L’art. 628, terzo comma, numero 3-quater), cod. pen. prevede un’aggravante a effetto speciale a carico di chi abbia commesso una rapina nei confronti di una persona che si trovi nell’atto di fruire ovvero che abbia appena fruito dei servizi di istituti di credito, uffici postali o sportelli automatici adibiti al prelievo di denaro. Tale aggravante, in forza della disposizione censurata, è sottratta all’ordinario meccanismo di comparazione con eventuali circostanze attenuanti stabilite dall’art. 69 cod. pen., con l’effetto che le diminuzioni di pena discendenti dalle attenuanti devono operarsi sulla pena (della reclusione da sei a venti anni e della multa da euro 2.000 a euro 4.000) prevista dallo stesso art. 628, terzo comma, numero 3-quater), cod. pen.
2.– La questione è fondata.
2.1.– Con la sentenza n. 217 del 2023, questa Corte ha già dichiarato costituzionalmente illegittimo, per contrasto con l’art. 3 Cost., l’art. 628, quinto comma, cod. pen., nella parte in cui non consentiva di ritenere prevalente o equivalente la circostanza attenuante prevista dall’art. 89 cod. pen., allorché concorra con l’aggravante di cui al terzo comma, numero 3-bis), dello stesso art. 628, ritenendo sussistente un’irragionevole disparità rispetto al trattamento riservato alla circostanza attenuante della minore età di cui all’art. 98 cod. pen., espressamente sottratta dal legislatore al divieto di equivalenza o prevalenza rispetto alle circostanze aggravanti elencate dall’art. 628, quinto comma.
Questa Corte ha in particolare osservato che, essendo lo scopo perseguito con il quinto comma dell’art. 628 cod. pen. quello di assicurare a talune ipotesi di rapina aggravata – ritenute dal legislatore produttive di particolare allarme sociale – una pena più severa di quella cui condurrebbe, nella generalità dei casi, l’applicazione dell’ordinario meccanismo di bilanciamento tra circostanze eterogenee del reato previsto dall’art. 69 cod. pen., la ratio della deroga a tale disciplina in favore dei condannati minorenni «non può che sottendere la valutazione, da parte del legislatore, di una più ridotta meritevolezza di pena di chi abbia commesso il fatto essendo ancora minorenne, per quanto già giudicato imputabile dal giudice».
Ma tale ratio, fondata sulla ridotta rimproverabilità e colpevolezza, «non può […] non essere affermata» anche con riferimento a chi, essendo affetto da vizio parziale di mente, abbia agito trovandosi in «tale stato di mente da scemare grandemente, senza escluderla, la capacità di intendere e di volere» (art. 89 cod. pen.). Una simile condizione «sottende, infatti, un’anomalia psichica significativa, che comprende – in base alla consolidata interpretazione della giurisprudenza di legittimità – le vere e proprie malattie mentali, nonché i disturbi della personalità “di consistenza, intensità, rilevanza e gravità tali da concretamente incidere sulla capacità di intendere e di volere” […] (Cass., n. 9163 del 2005)»; e comporta «una rilevante compromissione della capacità di intendere e di volere dell’agente […] sì da determinare un “minore grado di discernimento circa il disvalore della propria condotta” e una “minore capacità di controllo dei propri impulsi” (sentenza n. 73 del 2020, punto 4.2. del Considerato in diritto)».
Identica, dunque, risulta la ratio delle due diminuenti, così come la conseguenza sulla commisurazione della sanzione collegata alle due situazioni poste a raffronto; situazioni del resto equiparate, nell’ordinamento penale, a vari altri fini, tra cui, precipuamente, la disciplina del bilanciamento eterogeneo con circostanze aggravanti cosiddette privilegiate (art. 577, terzo comma, cod. pen., come introdotto dall’art. 11, comma 1, lettera c, della legge 19 luglio 2019, n. 69, recante «Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e altre disposizioni in materia di tutela delle vittime di violenza domestica e di genere»).
Questa Corte ne ha tratto che la scelta del legislatore «non super[asse] lo scrutinio di legittimità costituzionale al metro dell’art. 3 Cost.» e che «un imperativo di coerenza, per linee interne al sistema», imponesse l’applicazione della deroga prevista dall’art. 628, quinto comma, cod. pen. per gli imputati minorenni, anche a quelli affetti da vizio parziale di mente; imputati rispetto ai quali, anzi, «le ragioni dell’attenuazione di pena valgono a fortiori», dal momento che la notevole riduzione della capacità di intendere e di volere della persona è in questa ipotesi oggetto di un accertamento caso per caso da parte del giudice, mentre per il minorenne la minore colpevolezza è presunta in via generale dal legislatore.
2.2.– Questa Corte non vede ragioni per discostarsi, nell’esame della questione oggi sottopostale, da quanto affermato nella sentenza n. 217 del 2023.
La diversità tra la circostanza aggravante cosiddetta privilegiata che veniva allora in considerazione (commissione del fatto nei luoghi di cui all’art. 624-bis cod. pen. o in luoghi tali da ostacolare la pubblica o privata difesa: art. 628, terzo comma, numero 3-bis, cod. pen.) e quella oggi rilevante (commissione del fatto nei confronti di persona che si trovi nell’atto di fruire ovvero che abbia appena fruito dei servizi di istituti di credito, uffici postali o sportelli automatici adibiti al prelievo di denaro: art. 628, terzo comma, numero 3-quater, cod. pen.) non giustifica infatti una soluzione di segno differente.
In effetti, quella pronuncia ha censurato la mancata estensione all’attenuante del vizio parziale di mente della deroga – invece contemplata per la diminuente della minore età – al meccanismo di “blindatura”, ex art. 628, quinto comma, cod. pen., dell’aggravante cosiddetta privilegiata di cui al terzo comma, numero 3-bis), del medesimo articolo, sulla base di considerazioni fondate non già sulla natura di tale aggravante, ma sull’equiparabilità tra la condizione dell’infermo parziale di mente e quella del minorenne; considerazioni che risultano pienamente trasponibili anche al caso di specie.
2.3.– Deve, dunque, essere dichiarata l’illegittimità costituzionale, per contrasto con l’art. 3 Cost., dell’art. 628, quinto comma, cod. pen., nella parte in cui non consente di ritenere equivalente o prevalente la circostanza attenuante prevista dall’art. 89 cod. pen., allorché concorra con l’aggravante di cui al terzo comma, numero 3-quater), dello stesso art. 628.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 628, quinto comma, del codice penale, nella parte in cui non consente di ritenere equivalente o prevalente la circostanza attenuante prevista dall’art. 89 cod. pen., allorché concorra con l’aggravante di cui al terzo comma, numero 3-quater), dello stesso art. 628.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 7 luglio 2025.
F.to:
Giovanni AMOROSO, Presidente
Francesco VIGANÒ, Redattore
Igor DI BERNARDINI, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 25 luglio 2025
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