SENTENZA N. 196
ANNO 2024
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta da:
Presidente: Augusto Antonio BARBERA
Giudici: Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN GIORGIO, Filippo PATRONI GRIFFI, Marco D’ALBERTI, Giovanni PITRUZZELLA, Antonella SCIARRONE ALIBRANDI,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 4, comma 1, del decreto-legge 29 gennaio 2024, n. 7 (Disposizioni urgenti per le consultazioni elettorali dell’anno 2024 e in materia di revisione delle anagrafi della popolazione residente e di determinazione della popolazione legale), convertito, con modificazioni, nella legge 25 marzo 2024, n. 38, promosso dalla Regione Liguria con ricorso notificato il 24 maggio 2024, depositato in cancelleria in pari data, iscritto al n. 19 del registro ricorsi 2024 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 24, prima serie speciale, dell’anno 2024.
Visto l’atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell’udienza pubblica del 29 ottobre 2024 il Giudice relatore Filippo Patroni Griffi;
uditi l’avvocato Aurelio Domenico Masuelli per la Regione Liguria e l’avvocato dello Stato Fabrizio Urbani Neri per il Presidente del Consiglio dei ministri;
deliberato nella camera di consiglio del 29 ottobre 2024.
Ritenuto in fatto
1.− La Regione Liguria, con il ricorso depositato il 24 maggio 2024 (reg. ric. n. 19 del 2024), ha promosso questioni di legittimità costituzionale dell’art. 4, comma 1, del decreto-legge 29 gennaio 2024, n. 7 (Disposizioni urgenti per le consultazioni elettorali dell’anno 2024 e in materia di revisione delle anagrafi della popolazione residente e di determinazione della popolazione legale), convertito, con modificazioni, nella legge 25 marzo 2024, n. 38, in riferimento agli artt. 3, 5, 48, 51, 97, secondo comma, 114 e 118 della Costituzione.
La Regione ricorrente premette di procedere all’impugnativa a seguito della relativa proposta del Consiglio delle autonomie locali della Regione Liguria, formulata ai sensi dell’art. 32, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale). La disposizione impugnata, che come subito si dirà incide sulla disciplina relativa al limite dei mandati dei sindaci, lederebbe infatti «fondamentali principi costituzionali posti a presidio delle autonomie locali», distinguendo irragionevolmente tra comuni: di qui la possibilità per la Regione di impugnarla a tutela delle attribuzioni degli enti locali (sono citate le sentenze n. 220 del 2021 e n. 298 del 2009 di questa Corte). Ciò anche in considerazione della circostanza che la nuova disciplina «produce effetti che ridondano in via generale sulla complessiva sfera di attribuzioni delle autonomie locali della Regione, da intendersi in un’ampia e completa accezione, non riferita cioè al solo profilo dell’esercizio delle singole, specifiche competenze amministrative, ma anche e soprattutto alla fondamentale componente di espressione politica, che ne costituisce presupposto indefettibile».
1.1.− Nel merito, la Regione Liguria osserva, innanzitutto, che a seguito della disposizione impugnata – che novella in parte l’art. 51, comma 2, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali) – per i sindaci dei comuni con popolazione fino a 5.000 abitanti non è previsto alcun limite di mandato, per i sindaci dei comuni con popolazione compresa tra 5.001 abitanti e 15.000 abitanti è previsto un limite di tre mandati consecutivi, per i sindaci dei comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti viene mantenuto il limite di due mandati consecutivi. La Regione reputa in contrasto con i parametri costituzionali la circostanza che sia mantenuto il limite del doppio mandato per i comuni più grandi, allorché per quelli con popolazione compresa tra 5.001 e 15.000 abitanti il limite è di tre mandati consecutivi.
1.2.− Ricostruito il quadro normativo di interesse, anche alla luce della giurisprudenza della Corte di cassazione e del Consiglio di Stato, nonché della recente sentenza n. 60 del 2023 di questa Corte, la Regione Liguria, innanzitutto, ritiene che la nuova disciplina in materia, come determinata dalla disposizione impugnata, incida in termini rilevanti, e manifestamente irragionevoli, sui diritti fondamentali ex artt. 48 e 51 Cost.
Il limite del doppio mandato consecutivo, infatti, è mantenuto «per un esiguo numero di enti» e, dunque, diventa eccezione alla regola, senza che ci siano ragioni costituzionalmente valide che la giustifichino, posto che essa si basa «sul solo dato dimensionale».
Secondo la ricorrente, molte delle ragioni addotte dalla giurisprudenza in relazione al precedente assetto «perdono di consistenza alla luce della nuova disciplina».
In particolare, se il limite dei mandati è finalizzato ad assicurare «l’effettiva par condicio tra i candidati, la libertà di voto dei singoli elettori e la genuinità complessiva della competizione elettorale, il fisiologico ricambio della rappresentanza politica e, in definitiva, la stessa democraticità degli enti locali» (è citata la sentenza n. 60 del 2023 di questa Corte), non troverebbe alcuna valida giustificazione l’odierna distinzione tra comuni con popolazione tra 5.001 e 15.000 abitanti e comuni con popolazione oltre i 15.000 abitanti: tali esigenze, infatti, si porrebbero in termini esattamente identici per tutti i comuni. Semmai – sostiene la Regione Liguria – è proprio nei comuni dalle dimensioni più contenute che le finalità sottese al limite dovrebbero trovare ancor più ragion d’essere, stante che qui il rapporto tra eletto ed elettore «è certamente più intenso e diretto».
A conferma di quanto sin qui sostenuto, la Regione ricorrente rileva che, dall’esame dei lavori preparatori, si evince che la nuova disciplina è stata indotta dall’osservazione secondo cui «nei comuni di minore dimensione demografica risulta di fatto spesso problematico individuare candidature per la carica di primo cittadino, per cui il divieto di rielezione per un terzo mandato comporta rilevanti criticità». Ciò che, però, varrebbe per i «comuni effettivamente di minori dimensioni», ovvero quelli con popolazione sotto i 5.000 abitanti, non potendo essere considerati tali quelli fino a 15.000 abitanti, posto che «non risulta obiettivamente prospettabile l’argomento dell’asserita difficoltà di reperimento di candidati alla carica di sindaco riferito alla pressoché totalità dei comuni»: di qui l’irragionevolezza della nuova disciplina, che si fonderebbe su argomenti «erronei in fatto, incoerenti e implausibili».
Alla luce di quanto osservato, la disposizione impugnata sarebbe costituzionalmente illegittima nella parte in cui esclude la possibilità del terzo mandato consecutivo alla carica di sindaco «per una ristrettissima sfera di enti locali, individuati sulla base del solo riferimento al dato dimensionale»: sarebbero infatti irragionevolmente lesi tanto il diritto di elettorato passivo quanto il diritto di elettorato attivo, con incidenza anche sul funzionamento delle autonomie locali.
1.3.− La Regione Liguria lamenta, poi, che la disposizione impugnata sia in contrasto anche con gli artt. 3 e 97, secondo comma, Cost., in quanto irragionevolmente impedirebbe agli amministratori locali di svolgere compiutamente le funzioni proprie del mandato. La possibilità di «assicurare un periodo di continuità dell’azione politico-amministrativa», ove ovviamente ciò trovi il consenso dei cittadini, sarebbe infatti «sussistente ed apprezzabile» anche per i comuni con popolazione superiore ai 15.000 abitanti, in relazione ai quali, anzi, l’esigenza sarebbe «meritevole di ancor più attenta considerazione» in ragione della complessità degli interventi necessari in enti locali di tali dimensioni.
1.4.− Secondo la ricorrente, infine, la disciplina impugnata sarebbe altresì in contrasto con gli artt. 3, 5, 114 e 118 Cost., in quanto «non appare rispettosa dell’obbligo non solo di promozione delle autonomie locali in condizioni di eguaglianza, ma anche di assicurarne l’autonomia». La limitazione posta dal legislatore, infatti, inciderebbe ingiustificatamente «sulla stessa possibilità di assicurare a tutti i comuni ed ai relativi cittadini, mediante l’esercizio dei diritti di elettorato attivo e passivo, un adeguato livello di governo per una durata ragionevolmente stabilita dall’ordinamento in condizioni di eguaglianza». Il che, si sottolinea, produrrebbe effetti anche sulle funzioni che, ai sensi dell’art. 118, secondo comma, Cost., i comuni esercitano sulla base di attribuzioni conferite con legge regionale.
1.5.− La Regione Liguria conclude osservando che ci sarebbero i presupposti «per l’adozione di una sentenza di accoglimento ad effetto additivo, volta a dichiarare l’illegittimità costituzionale della norma impugnata nella parte in cui ammettendo la possibilità di un terzo mandato consecutivo per i sindaci di comuni con popolazione compresa tra 5.001 e 15.000 abitanti, analoga possibilità non prevede anche per i sindaci dei comuni con popolazione superiore». Il legislatore, infatti, avrebbe già esercitato la propria discrezionalità portando il limite di mandati consecutivi a tre per una larghissima parte dei comuni, limite che, per le ragioni anzidette, non potrebbe che essere esteso anche ai comuni con popolazione superiore ai 15.000 abitanti.
2.− Con atto depositato il 27 giugno 2024, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, si è costituito in giudizio, chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile o, comunque sia, non fondato.
2.1.− Secondo il resistente, innanzitutto, le questioni sarebbero tutte inammissibili perché volte a sindacare scelte di merito riservate alla discrezionalità del legislatore statale.
2.2.− Nel merito, richiamati i princìpi affermati da ultimo dalla sentenza n. 60 del 2023 di questa Corte, il Presidente del Consiglio dei ministri rileva che il legislatore, nella disciplina in discorso, ha tenuto conto, per un verso, della difficoltà di trovare figure di candidati nei comuni più piccoli e, per un altro, degli interessi «ad assicurare l’effettiva par condicio tra i candidati, la libertà di voto dei singoli elettori, il fisiologico ricambio della rappresentanza politica».
Il bilanciamento tra queste opposte esigenze ha sempre trovato un punto di equilibrio nella limitazione di mandati consecutivi per i comuni di maggiori dimensioni: limitazione che, a seguito della disciplina impugnata, resta «invariata» per i comuni con popolazione superiore ai 15.000 abitanti, ma viene «variamente calibrata» per i comuni con popolazione inferiore. Una tale scelta del legislatore non potrebbe allora considerarsi lesiva degli artt. 3, 48 e 51 Cost.
2.3.− Manifestamente infondata sarebbe la questione promossa in riferimento agli artt. 3 e 97, secondo comma, Cost., in quanto nessun limite di mandati consecutivi sarebbe costituzionalmente legittimo, ove dovesse riconoscersi prevalenza alla continuità dell’agire amministrativo.
2.4.− Del pari non fondati sarebbero i dubbi di legittimità costituzionale relativi al rispetto degli artt. 3, 5, 114 e 118 Cost.
La disciplina impugnata, infatti, sarebbe «neutra rispetto all’obiettivo di promozione delle autonomie locali»; determinerebbe una limitazione soltanto temporanea dell’elettorato passivo, funzionale ad assicurare la «effettività dell’esercizio dei diritti democratici dei cittadini»; assicurerebbe tutela alle esigenze di par condicio e di libertà di voto dei cittadini, senza limitare o alterare le funzioni e l’autonomia degli enti locali.
Il legislatore, in altri termini, avrebbe inteso garantire «il governo democratico delle autonomie locali» evitando il rischio che il sindaco, dopo due mandati consecutivi, «possa beneficiare di una posizione di vantaggio rispetto ad altri candidati».
3.− In prossimità dell’udienza pubblica, la Regione Liguria ha depositato una memoria con la quale ha insistito per l’accoglimento delle questioni di legittimità costituzionale.
3.1.− La ricorrente, nel ribadire gli argomenti già spesi nell’atto introduttivo, osserva in particolare che, secondo la nuova disciplina, la regola generale è quella per cui è possibile un terzo mandato consecutivo, del resto valevole per la quasi totalità dei comuni; la regola del doppio mandato è dunque speciale ma, basandosi sul solo dato dimensionale dell’ente locale, sarebbe priva di giustificazione.
3.2.− Non fondata sarebbe l’eccezione d’inammissibilità avanzata dal Presidente del Consiglio dei ministri in ordine alla discrezionalità del legislatore, perché ciò che viene contestata è la manifesta irragionevolezza della scelta legislativa di non consentire il terzo mandato anche nei comuni con un numero di abitanti superiore a 15.000.
3.3.− La Regione Liguria, poi, contesta gli argomenti utilizzati dal resistente per contestare la fondatezza dei dubbi di legittimità costituzionale.
In particolare, da un lato, sarebbe una «petizione di principio» quella secondo cui sarebbe maggiormente avvertita, nei comuni di maggiori dimensioni, la necessità di evitare un numero eccessivo di mandati consecutivi; dall’altro, la paventata violazione dell’art. 97, secondo comma, Cost. sarebbe stata dedotta assieme a quella dell’art. 3 Cost., perché si contesta non il limite in sé ai mandati consecutivi, ma la diversità di trattamento tra comuni, che si riverbera pertanto sul principio di continuità amministrativa, ancor più rilevante per gli enti locali di maggiori dimensioni.
Considerato in diritto
1.− La Regione Liguria, con il ricorso in epigrafe, ha promosso questioni di legittimità costituzionale dell’art. 4, comma 1, del d.l. n. 7 del 2024, come convertito, in riferimento agli artt. 3, 5, 48, 51, 97, secondo comma, 114 e 118 Cost., nella parte in cui non prevede, anche per i sindaci dei comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti, la possibilità di un terzo mandato consecutivo.
1.1.− La disposizione impugnata ha modificato l’art. 51, comma 2, t.u. enti locali, prevedendo, in particolare, che il secondo periodo sia sostituito dai seguenti: «Per i sindaci dei comuni con popolazione fino a 15.000 abitanti, il limite previsto dal primo periodo si applica allo scadere del terzo mandato. Le disposizioni di cui ai precedenti periodi non si applicano ai comuni con popolazione fino a 5.000 abitanti».
Secondo la ricorrente, l’intervento legislativo – il quale, fermo il limite di due mandati consecutivi per i sindaci dei comuni con popolazione superiore ai 15.000 abitanti, porta a tre il limite di mandati consecutivi per i sindaci dei comuni tra 5.001 e 15.000 abitanti e lo rimuove per i sindaci dei comuni al di sotto dei 5.000 abitanti – si fonderebbe su un mero dato dimensionale, in sé non in grado di giustificare la diversità di trattamento tra gli enti locali. La disposizione impugnata violerebbe, pertanto, gli artt. 3, 48 e 51 Cost., in quanto sarebbero irragionevolmente limitati i diritti di elettorato attivo e passivo dei cittadini dei comuni con popolazione superiore a 15000 abitanti; lederebbe gli artt. 3 e 97, secondo comma, Cost., dal momento che sarebbe irragionevolmente impedito ai cittadini di avere un periodo di continuità dell’azione politico-amministrativa nei comuni di maggiori dimensioni; infine, violerebbe gli artt. 3, 5, 114 e 118 Cost., in quanto l’ingiustificata discriminazione tra comuni non sarebbe rispettosa dell’obbligo costituzionale di promuovere le autonomie locali e assicurarne l’eguaglianza.
2.− Il Presidente del Consiglio dei ministri, costituitosi in giudizio, ha eccepito l’inammissibilità di tutte le questioni, perché sarebbero volte a sindacare scelte di merito riservate alla discrezionalità del legislatore statale.
2.1.− L’eccezione deve essere rigettata.
La Regione Liguria espressamente riconosce che la normativa relativa al limite dei mandati consecutivi per i sindaci sia espressione della discrezionalità del legislatore: ritiene, tuttavia, che tale discrezionalità sia stata esercitata in modo irragionevole e che, per rimediare al vulnus costituzionale che ne deriva, sia necessario estendere il limite di tre mandati consecutivi anche ai sindaci dei comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti.
In altri termini, viene chiesto a questa Corte di estendere una scelta già compiuta dal Parlamento – quella del limite di tre mandati consecutivi per i sindaci dei comuni con popolazione tra i 5.001 e i 15.000 abitanti – ad altra fattispecie per la quale – irragionevolmente, a parere della ricorrente – la disciplina prevista è diversa. Ogni valutazione sulla correttezza di siffatta prospettazione concerne, tuttavia, il merito delle questioni di legittimità costituzionale e non la loro ammissibilità (in termini analoghi, sentenze n. 134 del 2024, n. 200 del 2023 e n. 171 del 2022).
3.− Nel merito, le questioni sono tutte non fondate.
Esse possono essere trattate unitariamente in quanto, nonostante evochino diversi parametri costituzionali, ruotano tutte, invero, attorno alla presunta irragionevolezza della scelta legislativa di prevedere limiti diversi ai mandati consecutivi per i sindaci, a seconda della dimensione della popolazione dei comuni.
3.1.− Un limite ai mandati consecutivi, nel numero di due, è stato introdotto per la prima volta con l’art. 2 della legge 25 marzo 1993, n. 81 (Elezione diretta del sindaco, del presidente della provincia, del consiglio comunale e del consiglio provinciale), contestualmente alla previsione dell’elezione diretta del sindaco. L’art. 51, comma 2, t.u. enti locali, in attuazione della delega a «riuni[re] e coordina[re] le disposizioni legislative vigenti in materia di ordinamento dei comuni e delle province e loro forme associative» (art. 31, comma 1, della legge 3 agosto 1999, n. 265, recante «Disposizioni in materia di autonomia e ordinamento degli enti locali, nonché modifiche alla legge 8 giugno 1990, n. 142»), ha confermato la regola del cosiddetto doppio mandato consecutivo.
Negli anni successivi, il legislatore ha progressivamente ritenuto di introdurre alcuni temperamenti al divieto di terzo mandato consecutivo.
L’art 1, comma 138, della legge 7 aprile 2014, n. 56 (Disposizioni sulle città metropolitane, sulle province, sulle unioni e fusioni di comuni) ha previsto che «[a]i comuni con popolazione fino a 3.000 abitanti non si applicano le disposizioni di cui ai commi 2 e 3 dell’articolo 51 del testo unico; ai sindaci dei medesimi comuni è comunque consentito un numero massimo di tre mandati».
Successivamente, l’art. 3 della legge 12 aprile 2022, n. 35 (Modifiche al testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, in materia di limitazione del mandato dei sindaci e di controllo di gestione nei comuni di minori dimensioni, nonché al decreto legislativo 8 aprile 2013, n. 39, in materia di inconferibilità di incarichi negli enti privati in controllo pubblico) ha abrogato la disposizione introdotta nel 2014 e ha modificato l’art. 51, comma 2, t.u. enti locali, prevedendo il limite di tre mandati consecutivi per i sindaci dei comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti e mantenendo il limite di due per tutti gli altri.
Con la disposizione impugnata, come si è già detto, il legislatore è nuovamente intervenuto sull’art. 51, comma 2, t.u. enti locali. All’esito di tale modifica legislativa, per i sindaci dei comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti resta fermo il divieto di un terzo mandato consecutivo; per i sindaci dei comuni con popolazioni compresa tra 5.001 e 15.000 abitanti il limite di mandati consecutivi è pari a tre; per i sindaci dei comuni con popolazione fino a 5.000 abitanti non è previsto alcun limite di mandati. Tale ultima modifica legislativa è stata espressamente motivata – in sede di relazione illustrativa del Governo al disegno di legge di conversione della legge n. 38 del 2024 – con riferimento alla difficoltà di individuare candidature per la carica di primo cittadino nei comuni di minore dimensione demografica.
3.2.− Questa Corte ha di recente affermato che «[l]a previsione del numero massimo dei mandati consecutivi – in stretta connessione con l’elezione diretta dell’organo di vertice dell’ente locale, a cui fa da ponderato contraltare – riflette […] una scelta normativa idonea a inverare e garantire ulteriori fondamentali diritti e principi costituzionali: l’effettiva par condicio tra i candidati, la libertà di voto dei singoli elettori e la genuinità complessiva della competizione elettorale, il fisiologico ricambio della rappresentanza politica e, in definitiva, la stessa democraticità degli enti locali» (sentenza n. 60 del 2023).
Proprio perché è frutto di un bilanciamento tra diversi interessi costituzionali, la individuazione del punto di equilibrio tra gli stessi ad opera della normativa in materia è espressione della discrezionalità del legislatore, che può essere sindacata da questa Corte solo se manifestamente irragionevole (sentenze n. 114 e n. 47 del 2024, n. 88 e n. 73 del 2023): ciò che, nel caso di specie, non è.
Con la disposizione impugnata, infatti, il legislatore ha ritenuto necessario, sulla base dell’esperienza, spostare lo «specifico punto di equilibrio» (ancora, sentenza n. 60 del 2023) tra i contrapposti interessi costituzionali in gioco, bilanciandoli diversamente a seconda della dimensione demografica dell’ente locale, sul presupposto che tra le classi di comuni nei quali si articola l’attuale disciplina vi siano rilevanti differenze, in ordine agli interessi economici e sociali che fanno capo agli stessi.
Il novellato art. 51, comma 2, t.u. enti locali è ispirato, così, a una logica graduale: nessun limite di mandato nei comuni demograficamente più piccoli, un limite di tre mandati consecutivi per i comuni intermedi, un limite di due mandati consecutivi per i comuni più popolosi. Si tratta di una scelta non manifestamente irragionevole, che, pur secondo una logica e una struttura diverse rispetto alle precedenti, intende realizzare un equo contemperamento tra i diritti e i princìpi costituzionali che vengono in considerazione. Ciò tanto più vale in relazione al profilo specificamente contestato dalla Regione Liguria, ovvero quello di prevedere, per i sindaci dei comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti, un limite di due mandati consecutivi, anziché tre come è invece per i sindaci dei comuni con popolazione tra i 5.001 e i 15.000 abitanti: rientra, come si è detto, nella discrezionalità del legislatore prevedere, a seconda delle dimensioni demografiche dell’ente locale e in ragione delle differenze conseguentemente esistenti, un diverso limite di mandati consecutivi.
4.− Le questioni di legittimità costituzionale promosse dalla Regione Liguria devono dunque essere dichiarate non fondate.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 4, comma 1, del decreto-legge 29 gennaio 2024, n. 7 (Disposizioni urgenti per le consultazioni elettorali dell’anno 2024 e in materia di revisione delle anagrafi della popolazione residente e di determinazione della popolazione legale), convertito, con modificazioni, nella legge 25 marzo 2024, n. 38, promosse, in riferimento agli artt. 3, 5, 48, 51, 97, secondo comma, 114 e 118 della Costituzione, dalla Regione Liguria con il ricorso indicato in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 29 ottobre 2024.
F.to:
Augusto Antonio BARBERA, Presidente
Filippo PATRONI GRIFFI, Redattore
Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria
Depositata in Cancelleria il 10 dicembre 2024