ORDINANZA N. 204
ANNO 2023
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente: Augusto Antonio BARBERA;
Giudici: Franco MODUGNO, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANO’, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Maria Rosaria SAN GIORGIO, Emanuela NAVARRETTA, Filippo PATRONI GRIFFI, Marco D’ALBERTI,
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato sorto a seguito della deliberazione della Camera dei deputati del 18 gennaio 2023, che approva la proposta della Giunta per le autorizzazioni (doc. IV-ter, n. 11-A) di ritenere insindacabili, ai sensi dell’art. 68, primo comma, della Costituzione, le dichiarazioni dell’on. Carlo Fidanza, promosso dal Tribunale ordinario di Milano, in composizione monocratica, sezione settima penale, con ricorso depositato in cancelleria il 4 aprile 2023 ed iscritto al n. 5 del registro conflitti tra poteri dello Stato del 2023, fase di ammissibilità.
Udito nella camera di consiglio del 25 ottobre 2023 il Giudice relatore Filippo Patroni Griffi;
deliberato nella camera di consiglio del 25 ottobre 2023.
Ritenuto che, con ricorso depositato il 4 aprile 2023 (reg. confl. poteri n. 5 del 2023), il Tribunale ordinario di Milano, in composizione monocratica, sezione settima penale, ha promosso conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato, in riferimento alla deliberazione del 18 gennaio 2023 della Camera dei deputati, con la quale, approvando la proposta della Giunta per le autorizzazioni (doc. IV-ter, n. 11-A), si è affermato che le dichiarazioni rese sulla propria pagina Facebook dall’allora deputato Carlo Fidanza, in data 2 dicembre 2018, fossero state espresse nell’esercizio delle funzioni parlamentari ai sensi dell’art. 68, primo comma, della Costituzione;
che il ricorso è promosso nell’ambito di un processo penale a carico di Carlo Fidanza, deputato all’epoca dei fatti, citato a giudizio per rispondere del reato di diffamazione aggravata di cui all’art. 595, terzo comma, del codice penale;
che, in particolare, in un video pubblicato sulla propria pagina Facebook il 2 dicembre 2018 l’imputato affermava: «Siamo qui a Milano, in viale Toscana davanti a Santeria Social Club, locali dati in concessione al Comune di Milano dove il 13 dicembre si sarebbe dovuta aprire questa fantastica mostra: “porno per bambini”. Una mostra che, con immagini di dubbio gusto e sicuramente ambigue, non avrebbe fatto altro che legittimare la pedopornografia. Non ci fermiamo qua! Chiediamo di vigilare su quello che viene svolto nei locali che d[à] in concessione, ma soprattutto vogliamo difendere i bambini e la loro innocenza da questi pazzi che la vogliono violare»;
che la Camera dei deputati – su richiesta del Tribunale ricorrente ai sensi dell’art. 3, comma 4, della legge 20 giugno 2003, n. 140 (Disposizioni per l’attuazione dell’articolo 68 della Costituzione nonché in materia di processi penali nei confronti delle alte cariche dello Stato) – il 18 gennaio 2023 ha deliberato che quelle dell’imputato sono opinioni espresse nell’esercizio delle funzioni parlamentari, ai sensi dell’art. 68, primo comma, Cost.;
che il Tribunale di Milano osserva, tuttavia, che, secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza costituzionale, «il sindacato sulla rilevanza penale delle dichiarazioni espresse da un parlamentare può essere sottratto all’autorità giudiziaria soltanto in costanza di un nesso funzionale tra le predette e specifici atti compiuti nell’esercizio delle funzioni pubbliche esercitate» (è citata la sentenza n. 241 del 2022);
che, nel caso di specie, le dichiarazioni dell’imputato sono state espresse extra moenia, sicché esse potrebbero ritenersi «non punibili ex art. 68 Cost. soltanto laddove presentino una sostanziale coincidenza con opinioni espresse in sede istituzionale e siano, altresì, cronologicamente successive a queste ultime», non essendo a tal proposito sufficiente né la comunanza di argomento, né la natura politica del contesto in cui siano pronunciate (è richiamata la sentenza della Corte di cassazione, sezione quinta penale, 7 maggio-22 luglio 2019, n. 32862);
che la relazione della Giunta per le autorizzazioni della Camera dei deputati (doc. IV-ter, n. 11-A), approvata con la deliberazione oggetto del conflitto, ha invece affermato l’insindacabilità delle opinioni per le quali si procede penalmente, in quanto l’allora deputato Fidanza ha presentato, due giorni dopo aver espresso dette opinioni, un’interrogazione parlamentare dello stesso tenore (n. 4-01794 del 5 dicembre 2018), indirizzata al Ministero per la famiglia e la disabilità;
che la Giunta rilevava, altresì, che il Fidanza era stato promotore di diverse iniziative legislative in tema di tutela dei minori, tra cui la proposta di legge AC n. 305, presentata in data 23 marzo 2018, con la quale aveva proposto «l’adozione di misure più severe contro la pedofilia e la pedopornografia»;
che, secondo il Tribunale ricorrente, l’atto tipico parlamentare deve essere compiuto sempre «prima (e non dopo, foss’anche di uno o due giorni) delle esternazioni incriminate» poiché altrimenti «si finirebbe per legittimare pretestuose iniziative istituzionali attuate ex post al solo fine di giustificare precedenti condotte potenzialmente diffamatorie»;
che, in proposito, la Giunta per le autorizzazioni, per giustificare il riferimento ad un atto tipico successivo alle opinioni extra moenia, avrebbe richiamato precedenti giurisprudenziali di questa Corte «abbondantemente superati dall’elaborazione successiva», secondo la quale «non possono avere rilievo […] gli atti parlamentari posteriori alla dichiarazione reputata insindacabile, perché, per definizione, quest’ultima non può essere divulgativa dei primi» (sono richiamate le sentenze n. 241 del 2022 e n. 55 del 2014);
che, ad ogni modo, il Tribunale di Milano ritiene che, «anche per quanto riguarda i contenuti, l’interrogazione parlamentare era ben più mite, nei toni, del video caricato due giorni prima»;
che, infatti, se nel video il deputato aveva esplicitamente accusato gli organizzatori della mostra e l’autore delle illustrazioni di «legittimare la pedopornografia» e di essere dei «pazzi» che intendevano «violare l’innocenza dei bambini», nell’interrogazione si sarebbe mostrato «molto più dubitativo e possibilista, affermando che “l’accostamento provocatorio dei termini ‘porno’ e ‘bambini’, nonché alcuni dei contenuti, rischiano di trasmettere un messaggio di legittimazione culturale di pratiche di natura pornografica e pedopornografica molto pericolose per i bambini” e che occorreva “difendere i bambini da messaggi culturali o commerciali aggressivi”»;
che, poi, a detta del ricorrente, non avrebbero alcun rilievo le iniziative legislative dell’allora deputato richiamate dalla Giunta, in quanto esse non varrebbero «a connotare in sé le dichiarazioni quali espressive della funzione» (è richiamata la sentenza di questa Corte n. 144 del 2015, oltre alla già citata sentenza della Corte di cassazione n. 32862 del 2019);
che, pertanto, il Tribunale ricorrente reputa che l’allora deputato Fidanza, esprimendo le opinioni per cui è imputato, «non osservava alcun mandato parlamentare, bensì esercitava il proprio diritto di critica ai sensi dell’art. 21 Cost., la sussistenza dei cui limiti è tuttavia demandata all’esclusivo accertamento da parte dell’A.G.»;
che la Camera dei deputati, con la deliberazione impugnata, avrebbe invece precluso detto vaglio, privando il Tribunale di Milano «delle proprie prerogative giurisdizionali»;
che, per tutto ciò, il ricorrente chiede a questa Corte di «accertare e dichiarare che il sindacato delle opinioni espresse dal deputato Carlo Fidanza» per il quale pende il procedimento penale «spetta all’autorità giudiziaria e non alla Camera dei deputati», in quanto dette opinioni non sono state espresse nell’esercizio della funzione parlamentare;
che, per l’effetto, il Tribunale di Milano richiede altresì l’annullamento della deliberazione impugnata.
Considerato che, con ricorso depositato il 4 aprile 2023 (reg. confl. poteri n. 5 del 2023), il Tribunale ordinario di Milano, in composizione monocratica, sezione settima penale, ha promosso conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato, in riferimento alla deliberazione del 18 gennaio 2023 della Camera dei deputati, con la quale, approvando la proposta della Giunta per le autorizzazioni (doc. IV-ter, n. 11-A), si è affermato che le dichiarazioni rese sulla propria pagina Facebook dall’allora deputato Carlo Fidanza, in data 2 dicembre 2018, fossero state espresse nell’esercizio delle funzioni parlamentari ai sensi dell’art. 68, primo comma, Cost.;
che, in questa fase del giudizio, questa Corte è chiamata a deliberare, in camera di consiglio e senza contraddittorio, in ordine alla sussistenza dei requisiti soggettivo e oggettivo prescritti dall’art. 37, primo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale), ossia a decidere se il conflitto sia insorto tra organi competenti a dichiarare definitivamente la volontà del potere cui appartengono e per la delimitazione della sfera di attribuzioni determinata per i predetti poteri da norme costituzionali, restando impregiudicata ogni ulteriore questione, anche in punto di ammissibilità;
che, sotto il profilo del requisito soggettivo, va riconosciuta la legittimazione attiva del Tribunale di Milano a promuovere conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato, in quanto organo giurisdizionale, in posizione di indipendenza costituzionalmente garantita, competente a dichiarare definitivamente, nell’esercizio delle funzioni attribuitegli, la volontà del potere cui appartiene (ex plurimis, ordinanze n. 191, n. 175, n. 154, n. 34 e n. 1 del 2023);
che, parimenti, deve essere riconosciuta la legittimazione passiva della Camera dei deputati a essere parte del presente conflitto, quale organo competente a dichiarare in modo definitivo la propria volontà in ordine all’applicazione dell’art. 68, primo comma, Cost. (ex plurimis, ordinanze n. 175, n. 154, n. 34 e n. 1 del 2023);
che, per quanto attiene al profilo oggettivo, il ricorrente lamenta la lesione della propria sfera di attribuzioni, costituzionalmente garantite, in conseguenza di un esercizio ritenuto illegittimo, per insussistenza dei relativi presupposti, del potere spettante alla Camera dei deputati di dichiarare l’insindacabilità delle opinioni espresse da un membro di quel ramo del Parlamento, ai sensi dell’art. 68, primo comma, Cost. (ex plurimis, ancora ordinanze n. 175, n. 154, n. 34 e n. 1 del 2023);
che, dunque, esiste la materia di un conflitto, la cui risoluzione spetta alla competenza di questa Corte.
Per Questi Motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
1) dichiara ammissibile, ai sensi dell’art. 37 della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale), il ricorso per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato indicato in epigrafe, promosso dal Tribunale ordinario di Milano, in composizione monocratica, sezione settima penale, nei confronti della Camera dei deputati;
2) dispone:
a) che la cancelleria di questa Corte dia immediata comunicazione della presente ordinanza al Tribunale ordinario di Milano;
b) che il ricorso e la presente ordinanza siano notificati, a cura del ricorrente, alla Camera dei deputati, in persona del suo Presidente, entro il termine di sessanta giorni dalla comunicazione di cui al punto a), per essere successivamente depositati, con la prova dell’avvenuta notifica, nella cancelleria di questa Corte entro il termine di trenta giorni previsto dall’art. 26, comma 3, delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 25 ottobre 2023.
F.to:
Augusto Antonio BARBERA, Presidente
Filippo PATRONI GRIFFI, Redattore
Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria
Depositata in Cancelleria il 14 novembre 2023